V
Or piegando dai fatti pubblici ai privati, alcune pagine
addietro abbiamo udito il Suardi a dar gli ordini ad un suo commesso per una
perquisizione da farsi nel monastero di san Filippo Neri. Pare adunque che il
tabacco di contrabbando sia per aver qualche relazione coll'adolescente beltà
che già abbiamo delineato con matita color di rosa, e che forse avrebbe avuto
tutt'altro avviamento nella vita se non ci fosse stata la Ferma generale del
tabacco, e se non fossero stati pubblicati i ventotto capitoli dell'editto del
66. Gli amanti delle salsette piccanti, che odiano il tabacco ed hanno in
orrore i capitolati, vogliano compiacersi a credere qualche volta che alle cose
più scabre si connettono le più vaghe e gentili, e che se un libro dovesse
tutto quanto essere, cosparso di amori e sospiri e baci, provocherebbe una
sazietà, da far desiderare l'abolizione dei baci, dei sospiri e degli amori.
Dopo di ciò, il nome di quella beltà adolescente era Ada,
nome che, per quanto ci consta, non fu portato che da due donne celebri, vale a
dire dalla moglie giovinetta di Caino e da una figliuola di lord Byron. Come
poi le sia stato imposto quel nome, pochissimo usato adesso e allora forse
ignoto, non essendo ancora uscito il mistero di Byron a renderlo popolare,
bisogna domandarlo a sua madre, che un dì, leggendo la Bibbia per consigliarsi
coi proverbj di Salomone, nello sfogliare il libro, le corse all'occhio la
parola Ada che è nella Genesi e fu così colpita da quella parola soave pel
duplice a e per la consonante di greca mollezza, che ricercando da qualche
tempo un bel nome da imporre a chi ella doveva mettere in luce fra pochi dì: -
Ecco quel che cercava, disse fra sè, pel caso che chi nascesse avesse la
fortuna sì poco benigna da essere piuttosto femmina che maschio. - E così
avvenne di fatto, e la fanciulla fu chiamata Ada. Portata al sacro fonte, la
neonata, quando l'inconscia sua testolina sentì il freddo battesimale, mandò
guaiti sì acuti, che pareano persino presaghi di futuri affanni. Dopo, per
tutto il tempo ch'ella pendette dalle poppe materne, fragranti come quelle
d'Andromaca, obbedì saporitamente alle leggi fisiologiche di quel periodo di
sedici mesi. Indi subì le malattie inevitabili dell'infanzia; subì un croup
assalitore che mise in disperazione l'amor materno e in moto tutta la facoltà
medica di Milano; ebbe le ferse che minacciarono di rientrare per un colpo
d'aria infesto. Poi fu divisa da sua madre che andò a Bologna, perchè sua madre
era donna Clelia, come il lettore sa sebbene non glielo abbiamo ancor detto.
Quando la contessa passò in quella città (perchè, in conseguenza di talune
bizzarrie del conte-colonnello, che non basterebbe chiamar tali, essendo state
piuttosto atti pericolosi di feroce escandescenza, ella dovette abbandonare
Milano), la fanciulla aveva cinque anni; quattro ne scorsero prima che donna
Clelia vi ritornasse, per rivederla di passaggio e di gran premura, cogliendo
la propizia occasione che il conte V... era andato per diporto a Parigi. E
allorchè la vide, ammirò beata quel suo capolavoro di bellezza infantile; tanto
più beata quanto più le pareva di veder nel lume di quegli occhi giovinetti
balenare un raggio d'altri occhi, benchè nell'insieme la fanciulla fosse tanto
somigliante a sua madre come la parte più piccola somiglierebbe alla parte
maggiore di una gemma preziosa che si potesse dividere in due. E la passione
che, pel lavoro del tempo, s'era in lei tanto quanto attiepidita rispetto a
colui che sa il lettore, riproruppe nell'intimo suo un dì che la fanciulla,
dandosi a ridere, riprodusse una lieve e fugace alterazione delle linee del
viso, che era caratteristica in suo padre; diciamo - in suo padre, non nel
conte V...
È cosa dolorosissima a pensarsi, ma, troppo spesso, ella è
vera. Le passioni nate e cresciute e alimentate in onta al grido dell'opinione
pubblica, e al decreto dell'assoluto dovere, e al soliloquio assiduo della
coscienza, sono le più ardue a sradicarsi da un cuore, e spesso non si
sradicano che colla vita. Un amore invece che sia stato protetto anche dalle
sospettose madri, e benveduto dai padri perplessi, e che abbia meritato le
congratulazioni di tutto il parentorio, per quanto ei sia fervido agli esordj,
è destinato a svampare, ad addormirsi, a morire, appena abbia percorso il suo
periodo fisiologico; a morire in pace bensì e a suo letto, come suol dirsi, ma
pur sempre a morire; press'a poco forse come i
conforti incessanti di una vita agiata afflosciano l'esistenza, e i leni tepori
del caminetto ponno addormentare dopo il pranzo anche uomini attivi e
impazienti come Giulio Cesare e Napoleone. Davvero che c'è da gettar via la
testa meditando su codesti arcani del cuore umano, ma la colpa non è nostra se
gli amori benedetti muojono in pace, mentre le maledette passioni vivono in
guerra. Ora quella indefinita alterazione nelle vaghe linee della fanciulletta
Ada, che riprodusse al vivo il sorriso di Amorevoli, fece nel cuore della
contessa l'effetto di un metallo rovente che, immerso nell'acqua alquanto
sbollita, ritorni a farla stridere. O cara e sventurata Clelia, indarno
protetta dai logaritmi e dalle ipotenuse! Divisa da colui da otto anni,
troncato ogni carteggio seco per uno sforzo violento della sua volontà, ossia
per un atto di virtù vera..., che brividi ella sentì corrersi pel sangue nel
sorprendere il fuggitivo baleno di quell'antico sorriso! Fu allora che
l'affetto antico, risorto tutt'intero, non trovò altra via di sfogo salutare
che nell'abbracciare e baciare e stringere a sè quella soave sua Ada, per la
quale in quel momento, sentì cresciuta la tenerezza al punto, che l'amor
materno sembrò quasi assumere, per un istante,
i fervori di una violenta passione! Ma ora dovevan dividersi.
La contessa tornò a Bologna; Ada fu ricondotta in monastero.
Or che lume d'intelletto risplendeva entro al leggiadro velo di quella
fanciulletta? che spontanea virtù di natura avea sortito? che cuore, che
sentimenti, che istinti? Ahi, nata di passione, pur troppo, il germe di essa le
si depose inavvertito nel sangue, quasi come avviene de' malori gentilizj!
germe destinato a dar subite espansioni e precoci, a guisa di un fiore che,
affidando all'aria ancor fredda le sue prepostere fragranze, precorra,
annunciandola, la primavera; - e all'occulto germe doveva dar forza e riceverne
a gara, per le consuete rispondenze arcane, una non comune svegliatezza di
mente, recando essa nell'ingegno un abito spontaneo a manifestarsi col
linguaggio dell'arte! Tutte queste cose, quando la fanciulla non avea che otto
anni, non furono intravedute che dalla penetrazione profonda di donna Paola; ma
a dieci anni vennero considerate, e con inquietudine sospettosa, anche dalla
madre superiora del monastero di san Filippo. L'ingegno straripava in insolita
vivacità, e certe baldanzose interrogazioni della fanciulletta turbarono spesso
l'insipienza bigotta delle monache maestre. Per di più, come voleva l'uso del
tempo e la consuetudine dei monasteri, alla fanciulla fu insegnata la musica;
domandando ella stessa un tale studio, perchè un naturale istinto ve la
portava, e desiderandolo anche donna Paola Pietra, per essere ella medesima,
come sa il lettore, tanto insigne in quest'arte.
Un bello e acuto ingegno, ma piuttosto amico del paradosso,
s'è messo in testa di voler provare che la musica, fra tutte, sia l'arte
religiosa per eccellenza. Il valent'uomo ha sfoggiata a ciò molta dialettica e
maggior dottrina, ma non è riuscito a persuaderci, quantunque abbia santa
Cecilia per sua naturale protettrice. La musica, onde giungere all'intelletto,
deve attraversare necessariamente i sensi; e non rendendo essa nessun concetto
preciso e determinato che attragga l'intelletto con velocità, spesso avviene
che, indugiandosi troppo a lungo coi sensi stessi, smarrisca poi la via di
pervenire allo spirito. Però non a caso ha detto un savio dell'antichità, che
la musica feconda il senso prima del tempo; onde, stando così le cose, non
vediamo come la teologia possa giovarsi troppo del suo ajuto. Ma, comunque
sieno per sentenziare i saggi su di ciò, e limitando la questione ad un solo esempio,
a quello esibitoci dalla giovinetta Ada, ella mostrò in sè stessa che quel
savio dell'antichità aveva pronunciato il vero. Anzi, or che ci rammenta, ella
non vien nè sola nè prima a dar ragione a colui; ma vien seconda a una certa
duchessa Elena, di nostra intrinseca conoscenza. Al pari di questa adunque,
come la fanciulla Ada toccò i tredici anni, ossia come le si dischiuse il
periglioso crepuscolo dell'adolescenza, allorchè per istudio e per diporto
facea scorrere la mano sui tasti dell'organo, più non istette paga ai suoni
tesi ed agli accompagnamenti solenni del Tantum ergo; ma con estro inventivo
traendone suoni della più fantastica inspirazione, questi le rivelarono la
confusa iride di una vita di cui non aveva ancora notizia. Siamo sempre
ai soliti misteri della vita.
In seguito a tali idee, la fanciulla, uscendo al giovedì dal
monastero per recarsi alla casa di donna Paola, cominciò a guardare il mondo
circostante con un occhio che non era più quello dell'infanzia; così l'anno
tredicesimo sfumò, e spuntò il quattordicesimo; e trascorse anch'esso, e la
bellezza intanto cresceva e il lago del cuore non era più calmo, e vennero gli
anni quindici. Ahi! che un giorno il Suardi, il quale già l'aveva adocchiata
altre volte, e aveva notizia di lei e dell'origine sua, si fermò a contemplarla
con perfida intenzione, guardandolo pur essa con innocenza mal presaga; chè il
volto e gli occhi del Suardi erano di quella fatale qualità che dove cadono
lasciano il segno, quantunque non fosse più giovinetto; ma anche Adalgisa
cantava:
E tutta assorta in quel leggiadro aspetto
Un altro ciel mirar credetti in lui.
pensando a Pollione, il quale aveva trentacinque anni,
giusta un computo esattissimo. Del rimanente, guai se una giovinetta trova di
riposar l'occhio in un giovane che tramonta. Ella è perduta, se altri non la
strappano. Un giovane che quasi ha finito d'esser giovane, e annuncia già la
calva e bigia virilità, aduna tutte le sue forze e i suoi prestigj in
sull'estremo, e combatte come un soldato il quale sa che il ponte gli fu
tagliato alle spalle. Però guardatevi, o giovinette care, dalle tentazioni di
un giovane che a momenti non sarà più tale. Il diavolo stesso vi potrà essere
men funesto. Fuggite, o fanciulle, i giovani-vecchi. È questo un parere da vero
amico, che vi scongiuro di ascoltare.
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