Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Rovani
Cento anni

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SETTIMO
    • VI
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

VI

Intanto, prima di assistere al dialogo tra il Galantino e il figlio della Baroggi, e a sapere in che modo incominci la relazione tra l'uno e l'altro ed inoltre com'erano riuscite infruttuose le cure del prevosto di san Nazaro e dell'avvocato Agudio per far constare la paternità del defunto marchese F... a favore del fanciullo stato battezzato nella parrocchia di san Nazaro sotto il nome della madre; così avendo voluto il marchese stesso, previa una dichiarazione orale fatta dal medesimo al prevosto, colla quale avea promesso di volere a tempo migliore dargli il proprio nome. È a sapere altresì come la testimonianza solitaria del prete non avea avuto nessun peso in giudizio, perchè la consuetudine voleva che insieme col parroco testimoniasse anche il padrino il quale mancò; e nemmeno ebbe valore la testimonianza del notajo Macchi, quello ch'era stato chiamato a stendere il testamento nel quale veniva istituito erede il figlio della Baroggi, pur nominato qual figlio dal marchese testatore, ed assunto al diritto e all'obbligo di portarne la parentela; e tutto questo ad onta del patrocinio dell'avvocato Agudio, che invano aveva adoperato tutta la sua sapienza e sagacia legale per far che quelle due testimonianze avessero valore a provare la paternità che si negava dagli avversarj. Ma gli avversarj erano riusciti a convincere i giudici, o almeno i giudici avevano avuto il loro interesse a lasciarsi convincere, come quelle testimonianze dovessero valutarsi separatamente e al cospetto di due circostanze diverse e che però, prese isolatamente, non dovevano e non potevano avere nessuna forza di prova; e tanto meno, in quanto il registro battesimale era il solo atto scritto legittimo e pubblico a cui doveva aversi riguardo nella trattazione di quella causa. Bene l'Agudio aveva insistito nella dimostrazione che, sebbene fosse vero, per essere la testimonianza del notajo Macchi relativa alla scritturazione d'un testamento, e quella del parroco relativa ad una dichiarazione orale fatta dal marchese in tutt'altra circostanza e per tutt'altro intento, che dovessero prendersi isolatamente; non di meno venivano esse come a confederarsi ed a costituire la validità della duplice testimonianza quando si guardava al solo ed esclusivo fatto della paternità.

Perduta adunque la lite dalla Baroggi, sentenziate insussistenti le sue pretese a favore del di lei figlio, ella si venne a trovare nella più deplorabile condizione.

Il prevosto che l'avea presa a proteggere, erale sempre stato liberale di qualche soccorso, anche dopo svanita ogni speranza; ed avea provveduto eziandio a far educare convenientemente il fanciullo. Ma, per disgrazia, venuto a morte anch'esso, nel 1761, la Baroggi si trovò derelitta del tutto, con un figlio che avea sedici anni, non in posizione di continuare nell'educazione incominciata, non atto a guadagnarsi tosto il vitto per e per la madre, dimostrando bensì le più belle attitudini, ma nell'incapacità di poterle far maturare e condurre a perfezione.

Allora la sventurata Baroggi erasi rivolta allo stesso conte Alberico, il quale, per levarsi l'importuna d'attorno, ordinò che il maggiordomo le contasse qualche danaro. Ma il maggiordomo, sborsato per quella volta la somma di che aveva avuto l'ordine, provvide da quell'ora in poi a sbarrar la porta alla sventurata, e a spuntare gl'improvvisi affetti di quella pietà superficiale e sbadata che pur sorgeva in petto al giovine conte ogni qualvolta gli perveniva qualche supplica straziante di quella povera donna.

Questo fatto provocò un certo rumore nella città, tanto che giunse all'orecchio anche del Galantino, il quale di quella faccenda ne sapeva qualche cosa più di tutti. Ora la notizia della condizione deplorabile in cui versavano la Baroggi e il figlio di lei (e difficile a dire se per un senso di pietà spontanea, o per qualche altra causa meno generosa benchè più forte), gli fece una profonda impressione, tanto profonda che pensò di mandare un suo commesso dalla madre a proporle se voleva impiegare in qualche modo il figlio presso gli ufficj della Ferma, che gli sarebbe dato un salario sufficiente onde provvedere a ed alla madre. In tal guisa il giovinetto Giulio Baroggi fu impiegato in prima siccome scrivano; poi avendo mostrata assai svegliatezza e solerzia, venne promosso a commesso delle esattorie, infine a sotto-tenente nelle guardie della Ferma; carica che gli fruttava un non dispregevole salario, una bella divisa, e molti di que' guadagni che soglionsi chiamare incerti, sia per le quote che gli eran contate sulle perquisizioni e contrabbandi, sia pel soprassoldo che toccava quando aveva il mandato di percorrere alla testa di un numeroso drappello di guardie tutta la linea del confine.

Se non che la necessità di vegliare le notti, di vivere tra la più rozza gentaglia, e più di tutto, i tristi pensieri che gli derivavano dal confronto tra quello che era e quello che avrebbe potuto essere, gli fecero contrarre la mala abitudine della gozzoviglia, del bere, dell'uso e dell'abuso dell'acquavite, per dar tono alla vita, per mettersi all'unisono e acquistar baldanza tra quelli a cui comandava, e più ancora per scacciare i molesti pensieri, che si facevano sempre più intensi quando la reazione che succedeva all'esaltazione provocata dalle bevande spiritose, gli lasciava infiacchita la fibra e più disposta a subir l'influenza della tristezza. Codeste sue abitudini non gl'impedivano però di essere zelantissimo alle sue incumbenze, perchè la natura gli aveva pur concesso saldezza di mente e saldezza di carattere. Bensì lo avevano condotto al punto d'impegolarsi nei debiti e tanto, che non sempre i suoi guadagni poteano bastare a conservare alla madre quella vita modestamente provveduta che pure fervorosamente egli desiderava nella quiete dell'animo suo, ma di cui si dimenticava tra i bicchieri e tra i compagni. Da ciò dovettero originare disgusti e malumori e alterchi tra lui e la madre, la quale finiva in pianto le sue querele, lasciando il figlio desolato e pentito e pieno di proponimenti di cangiar vita. Però la tristezza gli si era confitta nell'anima al punto, che la giocondità anche passeggiera non era più una condizione naturale del suo spirito, ma un effetto artificiale delle bevande spiritose, delle quali ormai non poteva più far senza, perchè erano il solo mezzo che gli era rimasto a dar qualche istante di requie all'anima travagliata, press'a a poco come chi fa tacere lo stridore dei denti col versarvi sopra l'alcool addormentatore.

Insistendo sul qual fatto, egli è a considerare come dall'infanzia alla fanciullezza, alla giovinezza, avendo egli sempre avuta dinanzi la figura turbata e piagnolosa della povera sua madre, necessariamente gli si venne invelenando l'esistenza; sentendo a parlar sempre di miserie, e vedendo sempre la disgrazia in casa, il suo spirito avea, per questo lato, contratta quasi l'abitudine del timore, come que' fanciulli che, percossi continuamente da madri spietate, si rannicchiano tremanti ad ogni alzar di braccio che pur si mova per tutt'altro. Così anche allora che non v'erano occasioni che potessero presagire infortunj, egli viveva col sangue agitato, e paventava miserie che non solo non eran probabili, ma impossibili. Su questa condizione, diremo fondamentale, della sua esistenza, si vennero poi radicando altri sentimenti profondi. Un odio implacabile contro ai ricchi e ai nobili, che usciva affatto dalla ragionevolezza e dalla giustizia, ma che pur troppo era spiegabile in chi era stato ed era ancora la vittima d'uno di loro, e pareva dovesse portarne le conseguenze in perpetuo. Il marchese F... aveva ingannato sua madre, e sebbene il Baroggi credesse che colui avesse testato a favor suo, temeva tuttavia non fosse stato anche quello un giuoco ingannatore per togliersi d'attorno gl'importuni, i quali volevano impedirgli di lasciar tutte le sue ricchezze al fratello, e di appagar la boria coll'accrescer sempre più l'importanza del casato. In quanto al conte Alberico, è inutile a dire com'egli lo abborrisse con tutta l'esaltazione di un sentimento implacabile. Se non che d'accosto a tant'odio contro di un ceto in genere e di que' due uomini in ispecie, quasi per concedere un po' di riposo al suo spirito, il quale sarebbe stato consumato da quell'assidua acredine, venne spuntando, lo abbiamo già detto, il sentimento della gratitudine per colui che solo fra tutti - egli poi ne ignorava la vera cagione - aveva pur provveduto a sostenerlo, ad ajutarlo, a beneficarlo. E questa potrebbe parere una fortuna, se la disgrazia non avesse fatto che un tal protettore fosse di quelli appunto che si chiamano piaghe e vituperi dell'umanità.

Questi poi alla sua volta tenevasi caro il Baroggi, perchè si valeva di lui in quelle circostanze dove era necessaria una stoffa d'uomo più sopraffina del consueto, una cera più gentile e modi più delicati di quelli che mostravano comunemente i bassi impiegati e le guardie della Ferma. Dopo tutto alfine è a confessare che il Suardi si compiaceva dei beneficj che faceva al suo giovane protetto, e che in cuor suo lo compiangeva, e non pensava e non guardava a quel giovine senza sentirsi tanto quanto commosso. La natura del Galantino era tristissima, il lettore ne ha delle prove per fin soverchie; ma avendo il dono di una mente svegliata, questa di tanto in tanto mandava sul cuore di lui un raggio benefico, che lo rendeva migliore. Si addomestica il leone e l'orso nero, perchè un certo loro istinto d'intelligenza permette all'uomo di ammansarne la ferocia. Ma l'orso bianco è implacabile, perchè è il più torbido di tutte le fiere. Il Galantino tristissimo aveva pur pensato a cercare e della Baroggi e del figlio suo. Il conte Alberico invece, dopo un pugno d'oro concesso per forza, li aveva lasciati alla loro miseria.

Ben è vero che il Galantino più di tutti doveva misurare l'infortunio di quella madre e di quel figlio. Ma il conte Alberico sapeva pure che il defunto marchese ne era il padre, sapeva pure che un testamento era stato scritto a suo favore, sapeva pure che quel testamento era stato trafugato, e che credeva che fosse distrutto; sapeva pure che la fortuna, il solo giuoco della fortuna aveva messe a sua disposizione le ricchezze che avrebbero dovuto appartenere al figlio Baroggi. Ma una volta che si sentì protetto e salvo e assolto dalla legge, e che la legge avea alzato un muro di divisione tra lui conte e il Baroggi finanziere, non pensò mai che dalle sterminate sue rendite che ascendevano a lire milanesi seicentotrentamila, poteva levarne, senz'accorgersi, una lievissima annata, che pure avrebbe bastato a sostentar due vite e a stornare la maledizione dal capo dello zio defunto, e da quello del padre e dal proprio. Or chi dunque può dirsi più tristo, tra l'ex-lacchè Galantino e il conte Alberico F...?

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License