II
Questa nobil dama, supplicata per lettera, qualche ora
prima, dalla reverenda badessa a recarsi al monastero, senza perdere un minuto
di tempo, aveva sentito con grande indignazione il gravissimo disordine
avvenuto, e con stupore la scomparsa delle due fanciulle educande.
- E l'avea pur avvisata io quella signora donna Paola,
esclamò al racconto; l'avea pure avvisata a ritirare la fanciulla dal convento.
Ma colei vuol sempre fare a modo suo, e non
m'ha dato ascolto, ed ora ecco che cos'è avvenuto.
- Questo può andare per donna Ada, nobilissima contessa,
avea risposto la madre badessa, ma chi può spiegare la scomparsa della
Crivello, la perla delle educande? Ah, che disonore, che smacco per il
convento, nobile contessa, per questo convento che godeva di una così grande e
meritata riputazione!
- Pur troppo, madre reverenda, pur troppo! Ed or che si
fa?... Quella signora donna Paola, che entra dappertutto, che dà consigli a
tutti, che dispensa grazie e favori e soccorsi a tutti, vedremo, vedremo ora
quel che saprà fare. Senza perder tempo io mi recherò da lei. Voi intanto,
madre reverenda, spedite tosto qualcuno del convento de' cappuccini ad avvisare
i signori Crivello... Oh che diranno mai quegli egregi signori, quell'ottima
marchesa! ah, è questo un grande scompiglio, madre reverenda! E così dicendo,
aveva lasciata la superiora e le altre suore in lagrime; e messasi in carrozza,
se ne venne alla casa Pietra.
Donna Paola era veduta con segreto rancore dalla contessa
Arese, e da tutte quelle altre dame segnalate per titoli, e investite di
qualche importante incarico relativo alla carità od alla beneficenza pubblica,
priore di sacre congregazioni, protettrici d'orfanotrofj, raccoglitrici di
largizioni della carità privata, e che, in virtù di tali incarichi, erano
ossequiate, supplicate, temute. La cagione di quel segreto rancore era che
quella donna singolare non aveva mai voluto appartenere a nessuno di quei corpi
morali, avendo sempre preferito di esercitare
la beneficenza in un modo eccezionale e ne' casi eccezionali, perchè soleva dir
sempre: "ai bisogni e alle disgrazie
comuni e di tutti i giorni v'è chi ci pensa; e perciò è necessario che qualcuno
provveda a quei casi a cui, per essere insoliti o per trovarsi in contrasto con
qualcuno dei pregiudizi più radicati nel mondo, nessuno vuol pensare". Sin
qui però quelle donne esimie si sarebbero anche tranquillate, ma il loro
dispetto più forte nasceva da ciò, che sebbene donna Paola non avesse veste
nessuna di pubblico incarico, nè titolo sonoro che la distinguesse fra le dame,
nè croci stellate, nè altro, pure ogni qualvolta si mostrava in pubblico o
appariva tra la minuta gente, a preferenza di tutte loro, raccoglieva le più
segnalate dimostrazioni d'affetto; e spesse volte i poveri e gl'infelici che
ricorrevano ad esse, se mai insorgeva qualche difficoltà di soccorso, mettevano
innanzi il nome di donna Paola, quasi lor domandando consiglio, se era il caso
di ricorrere a quella come a suprema autorità. Codesto fatto era il colpo più
crudo per quelle esimie dame; e spesso i poveretti che, per inesperienza
ingenua, avevano proferito quel nome venerato, si sentivano licenziati con
solenni rabbuffi e peggio. Tanto s'infiltra ovunque il perfido amor proprio, e,
quand'è offeso, mette il turbamento persino negli atti di carità!
Ma tornando ai fatti, donna Paola, affannata ed ansiosa,
salì le scale preceduta da tutti gli altri. Il servo gallonato della contessa
Arese era in anticamera, e con esso un servo di donna Paola, alla quale e l'uno
e l'altro contemporaneamente dissero:
- La signora contessa Arese è nella sala di ricevimento.
Il rumore dei passi e delle voci fecero alzare la contessa
dal seggiolone, ove erasi messa per meditare la formola migliore da dare al
tristo annuncio, di modo che, quando donna Paola entrò, quella gli moveva
incontro:
- Qual grave motivo vi ha costretta a venire da me in ora
così tarda?
La voce di donna Paola, la qual non s'era per nulla turbata
quando il Parini le aveva narrato il fatto di suo figlio, tremava
nell'esprimere quella domanda.
Un vago presentimento l'affannava e, per di più, vedevasi
innanzi una donna colla quale non s'era mai trovata d'accordo un momento solo.
V'hanno persone che, relativamente o assolutamente, nella faccia, nei modi,
nelle parole, serbano un'impronta indefinibile che arrovescia l'anima di chi,
senza volerlo, è costretto a trovarsi con esse. E donna Paola era precisamente
in questa condizione al cospetto della contessa, e per quell'impulso naturale
ed invincibile dell'antipatia, la quale spesso è un'ingiustizia, ma qualche
volta è pur salutare come l'istinto; ed anche perchè sapeva come l'Arese, di
cheto e sott'acqua, fosse la sua perpetua avversaria, e si adoperasse a
mantenere contro di lei i rancori delle dame vegliarde sue degne consocie, e
soffiasse astutamente nelle ire, velate di pretesti devoti.
Quando una persona versa in tali relazioni affettive con
quella a cui deve annunciare una disgrazia, non è possibile che trovi in quel
punto il modo da farsi ben volere.
- Donna Paola si ricorderà dell'ultima mia visita, rispose
dopo qualche pausa la contessa.
- Me ne ricordo, sì, soggiunse con impazienza donna Paola.
- Si ricorderà anche del consiglio che rimessamente mi son
permessa di darle... Ahi!... perchè mai, nella sua saviezza, donna Paola, non
ha creduto bene di ascoltarmi! e mandò un grave e lungo sospiro.
Davvero che si potrebbe forse scommettere che in fondo
all'animo della contessa c'era un sentimento di compiacenza, che le faceva
trovare una, quasi diremo, vendetta nel dar quell'annunzio a donna Paola; un
sentimento irresistibile e che, per mancanza di espressioni più proprie e
precise, si potrebbe chiamar fisico. Infatti, se non fosse così, perchè incominciare
il suo discorso a quel modo?
- Ma in nome di Dio, parlate, continuava donna Paola; che
cosa c'entra il vostro consiglio di tanti giorni fa, colla vostra visita di
quest'oggi?
- Se quella fanciulla da voi protetta fosse stata ritirata
dal monastero in tempo...
- Che?...
- Quest'oggi non sarebbe scomparsa...
- Scomparsa!... Ma chi scomparsa? ma da dove? ma parlate più
chiaro e più spiccio.
- Donna Paola si tranquillizzi... Vi deve essere nota la
visita de' fermieri in convento e il parapiglia con alcuni... non dirò cattivi,
ma certo turbolenti e avventati giovinotti... Lord Guglielmo, vostro figlio, ha
voluto onorarli della propria complicità... e ciò mi rincresce, mi rincresce
davvero... un così distinto giovane! Ma per non lasciarvi in pene, vi dirò che,
mentre avveniva il più strano e terribile caso che mai abbia sconvolta e
funestata la santa tranquillità di un convento, scomparvero due educande; donna
Ada, figlia della contessa Clelia, e una Crivello... della quale poi non mi so
far capace in nessun modo... perchè era chiamata la perla delle educande.
- Scomparsa!!!... esclamò donna Paola, lasciandosi cadere
sul seggiolone, e girando lo sguardo attonito su tutti gli astanti che,
percossi e muti e immobili, guardavano lei.
Allora il più profondo silenzio si prolungò sino al punto
che donna Paola, alzandosi da sedere e stringendo le mani della marchesa
Ottoboni colle proprie convulse e tremanti:
- Povera infelice contessa proruppe... or che le diremo?...
Ah! è una disgrazia maggiore di tutte le disgrazie!
E il silenzio continuò ancora, finchè fu rotto dalle parole
della contessa Arese:
- Donna Paola, non v'è chi misuri e trovi giusto il vostro
dolore più di me... ma se è permessa una riflessione in così tristo punto,
lasciate ch'io ridica quello che ho sempre
pensato e detto. Non era conveniente, per nessun conto, che una donna vostra
pari si desse tanto pensiero della contessa, che Dio però le perdoni; nè che vi
pigliaste tanta cura di quella fanciulla... molto meno poi fu conveniente il
metterla ad educare nel monastero... La nobil donna che m'antecedette come
protettrice e conservatrice di quel santo luogo... ha voluto fare a modo suo...
ha trovato giusto che voi... che la contessa... ma in conclusione fu uno
scandalo, uno scandalo inaudito che... e molti infatti dei nobili ed ottimi
genitori che misero ad educare le loro fanciulle là dentro... se ne lamentarono
e se ne lamentano.
Donna Paola, sprofondata nel doloroso suo pensiero, a tutta
prima non aveva prestato orecchio alla contessa Arese; ma arrestata da quella
parola scandalo, si scosse e comprese e si mise a guardar fissa la contessa,
aspettando attonita la conclusione delle sue parole; se non che non le bastò la
pazienza di lasciarla finire, e:
- Che mi tocca di sentire? proruppe; di che scandalo mi parlate,
di che lamenti? Vorrei che parlassero a me questi signori padri e queste
signore madri che voi mi nominate! Ma dov'è la legge del perdono? ma che nuova
dottrina è la vostra, ma chi ve l'insegna? La contessa Clelia è oggi un esemplare
di virtù e di scienza. Ella ha provato al mondo che, se si può fallire, ben si
può rompere una mala pratica, ed oggi, esponendo altrui il tesoro faticoso de'
suoi studi severi, è più utile al mondo che voi tutte colla vostra carità
falsa, per la quale vorreste messa alla gogna anche in fasce una creatura
innocente perchè... ma che perchè? La fanciulla Ada è la figlia del conte V...,
chi può negarlo? voi sole, egregie dame della carità, siete state a far sorgere
gli scandali, gettando nel mondo le avventate congetture che la coscienza,
l'onestà, la bontà dovrebbero sempre
respingere. Ma sta a vedere, contessa, che voi sareste capace di pensare, e
anche di volerlo far credere a me, che questa sventura possa essere un indizio
dell'ammonizione, della punizione del cielo; perchè tra le altre vostre
abitudini avete anche quella di dar ad intendere di essere confederata al cielo
in tutto quello che dite e fate, e siete per dire e per fare; così il cielo, al
cospetto del povero vulgo ingenuo, ingannato dalle false apparenze, quasi
parrebbe complice della cecità, per non dire del pervertimento del vostro
giudizio. Ed ora vi debbo dire, che, dacchè il monastero di san Filippo Neri fu
eretto dalla sua pia fondatrice, la vigilanza fu sempre
così esemplare che non è mai avvenuto che scomparissero
o vi si trafugassero fanciulle. L'esimia signora che vi ha preceduto
nell'incarico di proteggere quel sacro asilo, lo mise in tanta floridezza, che
da tutte le parti del Ducato fu una gara il mandarvi ad educar fanciulle. Ora è
sotto la vostra tutela, ed è per la prima volta che avviene una sventura di tal
fatta, una sventura la quale non può ascriversi che a disordine di regolamento,
a incompleta sorveglianza, a incapacità tollerata nelle superiore, alla
insufficiente custodia del luogo, cose tutte di cui voi, voi sola dovete render
ragione... Ed ora che diremo, che dirò io a quella povera contessa Clelia, la
cui vita travagliata e, adesso, di tutto sacrificio, non aveva altro conforto
che l'esistenza di quella sua unica ed angelica figliuola?... che le dirò io?
con che parole le scriverò? Ah!... avrei voluto morir prima, piuttosto che
sentire una simile disgrazia...
E così dicendo, cadde spossata sulla seggiola.
- Condono al dolore, disse la contessa rivolta agli astanti,
dignitosamente burbanzosa, l'amarezza delle sue espressioni; e additava donna
Paola; ma nè la conservatrice del monastero nè la priora, nè le suore maestre
potevano rispondere dell'ordine consueto del monastero in una notte di tanto
trambusto. Chi poteva prevedere una perquisizione in convento?... chi, e fu il
peggio, la venuta di que' giovani armati che tramutarono il monastero in un
campo di battaglia? E non posso tacere la voce che ormai circola per Milano...
che quei giovani siano entrati in quel sacro asilo per coprire un colpevole
intento con un atto coraggioso... Non posso dissimulare essere generale la
persuasione che quei giovani fossero appartenenti alla pericolosa e iniqua
società dei Liberi-Muratori... Vi fu perfino chi... ma io non voglio credere...
vi fu dunque chi mise innanzi a tutti il nome di lord Crall...
Donna Paola si volse a quelle parole, e un lampo le balenò
nel pensiero e un sospetto. Ella, avendo letto in cuore al figlio Guglielmo
l'amore per Ada, era la sola che di necessità doveva essere più vicina ad ammettere
quell'accusa, ripensando la quale e misurandola in tutta la sua gravezza si
trasmutò in viso, ed essendosi sforzata a parlare, non potè.
Allora corsero diverse parole tra la marchesa Ottoboni, la
contessa Arese, il Parini, il Frisi e gli altri. In fine la contessa,
avvicinandosi a donna Paola, con accento dignitoso, ma in cui fremeva l'aria
del trionfo:
- Io ho fatto il mio dovere, le disse, se fui sollecita nel
venirvi ad avvisare di tutto. Credo che non avrete rancore con me, se ho
manifestato le mie opinioni, come io non ho nulla con voi se avete manifestate
le vostre. Io vi lascio intanto, pregando il cielo perchè vi dia buoni pensieri
e la calma di sostenere un tal colpo.
- Abbiate i miei ringraziamenti, rispose donna Paola,
alzandosi e stringendo sbadata la mano che quella le porse. E la contessa uscì
accompagnata dalla marchesa Ottoboni sin sulla soglia della sala. Quando la
marchesa tornò indietro, donna Paola stava interrogando il Parini se fosse
conveniente o no avvisare la contessa Clelia di quella sventura.
- Bisogna scriverle senza perder tempo, rispose il Parini,
anzi supplicarla di venir tosto a Milano. Io non m'arrogo, donna Paola, di dar
consigli a voi; ma per quanto segnalata sia la vostra prudenza e feconda di
consigli la vostra esperienza e operoso il vostro amore, pure è necessario che
in tal caso la madre sia qui. L'amor materno serba delle virtù arcane, che
talvolta arrivano ad ottenere quel che parrebbe impossibile ad ogni altra
volontà intelligente e infervorata. Io ho un presentimento, torno a ripeterlo,
che soltanto la madre troverà sua figlia.
- Scrivetele dunque subito, disse donna Paola, ma non
spaventatela. Un pretesto... una malattia... che so io?... ma badate di non
spaventarla... Povera Clelia!! ed abbassando la voce e facendosi all'orecchio
di Parini: - Ed ora, soggiunse, io sono più povera di lei!
Poco tempo dopo, la carrozza venne a prendere la marchesa
Ottoboni, a cui donna Paola diede un bacio; anche gli altri partirono; e noi
pure usciremo all'aperto.
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