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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO OTTAVO
    • III
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III

La calunnia è un tema inesauribile, press'a poco come quello dell'amore. Si credeva che essa, dopo essere stata svergognata nell'ideale di don Basilio, e messa in musica da Rossini, avrebbe cessato di somministrar nuovi concetti al filosofo ed all'artista. Ma siccome gli uomini, se appena appena si elevano di tanto, quanto basta a destare invidia, ne hanno sentito nelle reni il coltello traditore, così, anche dopo il fa diesis che Rossini applicò al colpo di cannone, vi si fecero intorno degli studj, i quali se non valgono ad esprimere con novità il concetto generale della calunnia, ne mostrano però sempre qualche nuovo carattere speciale e peregrino degno sempre di un paragrafo in un trattato di patologia sulla natura intellettuale e morale degli uomini.

Il figlio di Lorenzo Bruni che fanciullo conobbe donna Paola di persona, ci raccontò come anch'essa, a sessantasei anni, dovette sentirsi avvolta dalla bufera della calunnia. Un nuovo modo della quale, e si manifestò la prima volta allora per ferire quella donna singolare, consistette in ciò che, ad assalirla, colse il punto in cui la virtù di lei aveva mandato il suo raggio più vivo e più caratteristico. Noi abbiamo veduto che, allorquando l'abate Parini le annunciò guardingo la cattura di lord Guglielmo, ella, invece di provare quella costernazione che tutte le madri nella sua condizione avrebbero provata a quella notizia, mostrò invece un vivo soddisfacimento, e disse tali parole, per cui fu manifesto che posponeva la tranquillità del suo carissimo figlio all'idea generosa di vederlo in pericolo per essersi adoperato a vantaggio altrui. In quel secolo, o per dir meglio, in quel periodo di secolo poltrone, la madre romana che uccise il proprio figlio in punizione d'aver gettato lo scudo in battaglia non potea avere dall'opinione codarda dei più che un grado distinto tra le pazzie celebri; e però doveano fare uno strano senso le parole di donna Paola. Gli intelletti e i cuori squisiti, che, come sempre e dovunque, costituivano una desolata minoranza anche nella società di casa Ottoboni, rimasero ammirati e commossi a tanto slancio d'insolita magnanimità; ma gli altri, ovvero sia i nove decimi di quella società stessa, subirono una meraviglia ottusa e cretina, per la quale non poteano capacitarsi che una madre, e una madre di quel senno tanto decantato, dovesse esprimere così avventati sentimenti.

Guai se un atto qualunque, sia pur originato dal più generoso impulso e venga dall'uomo più incorrotto, si eleva oltre la sfera delle abitudini vulgari, in modo da non poter essere più seguito dall'ala del senso comune! quell'atto, di repente, girando di bocca in bocca, è soggetto a mille esami fiscali; i più vili, che non possono nemmeno concepire le buone azioni comuni, si rivoltano come serpenti alla buona azione eccezionale, la quale è gettata innanzi al tribunale della pubblica opinione come una colpa vituperosa.

Ma per vedere come la calunnia abbia lavorato ai danni di quella donna insigne, entreremo nel caffè Demetrio per assistere al processo con cui l'ozio, onde canzonare il tempo, si spassa a far rotolare innocentemente le accuse a cui diedero la prima spinta i vili.

Dopo quella tal giornata memorabile del mese di marzo del 1750, noi non siamo mai più entrati nel caffè del Greco o Demetrio. Bensì, in sedici anni, non mancarono di intervenirvi quotidianamente quasi tutti coloro che abbiamo udito a far commenti intorno al tenore Amorevoli, stato colto dal barigello nel giardino di casa V... Continuava ad intervenirvi anche quel tal che, fin d'allora, abbiam veduto sedere, quasi al banco presidenziale, in quell'assemblea di sfaccendati, a tener la paletta e a ventilare il braciere delle novità e della maldicenza. Colui, se nelle rughe agli angoli esterni degli occhi, spiegatesi in forma di ventaglio, mostrava che i tre lustri non avevano mancato di fare il loro dovere, nel rimanente, per salute, abitudini, spirito e parlantina, si conservava perfettamente lo stesso. Ai vecchi avventori se ne erano poi aggiunti di nuovi, tra gli altri un tal Carlantonio Baserga, stato già ragioniere-maggiordomo in casa Origo, poi venuto agli stipendj del monsignor G..., ricchissimo prelato, primicerio della Metropolitana. Quel signor Baserga veniva dopo mezzodì a sorbire la cioccolata al caffè Demetrio, e per essere un collo torto, e per aver fama d'essersi arricchito nell'amministrare le altrui sostanze, ingannando i buoni padroni coll'ostentazione delle più devote pratiche, coll'abbandonare, per esempio, un pranzo in venerdì o in sabato, se mai avesse veduto qualche cappone mostrare i suoi pingui gheroni sulla tavola di un ricco gaudente; per essere, insomma, tenuto in conto d'astuto ipocrita e d'indefesso procacciatore d'acqua pel suo mulino, era malissimo veduto da quella società di gente allegra e un po' libertina.

Con tutto ciò, guardate caso strano, la prima volta che colui, sentendo a commentare in caffè l'avvenimento del monastero e a parlare di lord Crall e degli altri, pronunciò blandamente una parola, che cangiando di punto in bianco tutta la direzione delle congetture, schizzò uno spruzzo di veleno risolvente sulla riputazione del figlio di donna Paola e su quella di lei medesima, in quell'occasione tutti, o quasi tutti, aguzzarono l'orecchio e lo ascoltarono ansiosi e, osiamo dire, con piacere; con tanto piacere che tacque pel momento l'invidiabile antipatia che avevano per esso.

Donna Paola dovette allo slancio più luminoso della sua generosa indole, se nella maggior parte che l'ascoltarono nacque un primo senso di maraviglia diffidente e di ripulsione. Il collarone Baserga, esoso a tutti, nel punto che con più ardimento spiegava la sua mala natura, precisamente in quel punto i credenzoni gli si volsero più benigni. A seguire colla riflessione codeste bizzarre contraddizioni della società che si piega ad ogni vento, chi vive d'entrata può divertirsi tanto, quanto basta per purgarsi delle amarezze che vi si raccolgono ad ogni minuto!

Un'ora dopo mezzodì, i nostri vecchi avventori erano dunque tutti seduti in caffè; il nostro amico presidente passeggiava innanzi e indietro, colle braccia conserte al petto, come se il mondo posasse tutto quanto sovra i suoi larghi omeri. Solo in un angolo l'amico collarone, il signor ragioniere Baserga, sorseggiava la cioccolata.

A quell'ora, com'è naturale, tutta la città era piena dei fatti avvenuti la notte antecedente, figuriamoci poi se non ne doveva essere completamente informata quella società di compagnoni, cacciatori instancabili di notizie e di pettegolezzi.

- Avete ragione, diceva il presidente; il fatto, anzi l'intreccio de' fatti, è strano, è curioso, è avviluppato fino a parere inverosimile, ma è ancora un niente per stesso. Quel che fa strabiliare si è che, per questi fatti, tornino oggi in ballo precisamente coloro che tanti anni fa provocarono tali e tante ciarle da andarne sottosopra tutto il Ducato. Che la signora contessa Clelia abbia dato al mondo una bella figliuola... niente di più naturale. Ma quel che fa senso è, che da un monastero dove non è mai avvenuto scandalo di sorta, debba scomparire una fanciulla, e che questa fanciulla sia precisamente la figlia della contessa! Se ciò fosse successo nel monastero di Santa Radegonda... non poteva andar meglio... Donna Paola lo rese celebre per esserne fuggita, e per aver avuta tanta drittura di cervello e forza e coraggio da farsi dar ragione anche dal papa... onde la fuga della figliuola di donna Clelia avrebbe fatto di quel monastero un istituto sui generis, da essere di preferenza visitato dai forastieri.

- Se mi permetti di contraddirti, soggiungeva un altro, sarebbe stato ben più strano e inconcepibile che donna Paola avesse mandato ad educare la sua, dirò, pupilla in quel convento stesso, dove ella aveva passata una gioventù tanto infelice, e che la pupilla fosse poi fuggita di appunto per imitare chi l'aveva in tutela.

- Come vuoi tu...? Ma tornando alla scomparsa o alla fuga della ragazza, non poteva al certo avvenire in un modo più clamoroso; perchè gli ingredienti e della Ferma e delle guardie e delle schioppettate nel recinto, e dell'intervento dei Frammassoni, se sarà vero, e del giovane lord Crall, precisamente di un figlio di donna Paola, fanno un tal garbuglio e un tal nodo, che sfido la fantasia del prete Passeroni a inventarmene uno più intricato... e scommetto che, coll'andar del tempo, qualche bizzarro ingegno, se mai verrà a conoscere tutta questa matassa, e sia di quelli che o bene o male sanno tenere una penna in mano, ne stenderà la storia in modo, che i nipoti dei. nostri nipoti sentiranno il desiderio di essere nati tanti anni prima.

- Ah, è una gran donna quella donna Paola...

- Cosa c'entra adesso la gran donna?

- C'entra tanto che, senti un po', caro mio, giacchè ti dispiace che una notizia venga da una bocca che non sia la tua, ma l'ho sentita stamattina nello studio dell'avvocato Fogliardi....

- Sentiamo; che cosa?

- Che invece di lamentarsi della disgrazia toccata al figliuolo, donna Paola, jeri sera, in casa Ottoboni, se ne gloriava. e diceva che esso aveva fatto benissimo a comportarsi a quel modo...

Colui che parlava non incontrava di solito l'approvazione dei compagnoni affaccendati. Può darsi che forse rappresentasse il solitario buon senso in perpetua lotta col senso comune; però fu contraddetto anche in questa occasione.

- Oh... tu la dici grossa... bada che donna Paola non avrà detto così... non è possibile....

- Se lo dico, è perchè lo so....

- Allora si vede che anche donna Paola può dir delle sciempiaggini... e che, per distinguersi dalle altre dame, ha voluto far la parte di Spartana. Io abborro tutto ciò che sa di ostentazione...

- Ma che ostentazione?...

- Rallegrarsi perchè il figliuolo va in galera... ma sai tu che è nuova di conio?

- Cosa c'entra la galera?... È motivo che la si deve guardare.

- Che motivo?... Già io non sarò mai per approvare che coloro siano andati con violenza a portar il campo di battaglia in un monastero, per fare il bulo coi finanzieri. Non si potevano aspettar in istrada... od assalirli nel loro nido?

- Bravo! per rimanere schiacciati dal numero. Saresti un generale assai astuto... Bravo!

- Ma che bravo! Credi tu ch'io solo sia di questo parere?... tutti lo dividono con me... E sfido io a pensar altro, chi ha la testa sulle spalle....

- Grida pure a tua posta; ma intanto ti prego a considerare che non basta aver la testa sulle spalle... quel che importa è di avere una buona testa.

- Signor buona testa... mi perdoni, dunque.... ma quando tu mi proverai che la prepotenza di quei giovinotti...

- Ma ho da sentir a parlar di prepotenza, quando si trattava di sbarrar le bocche a quei cani de' fermieri...

- La questione non è sui fermieri... la questione è se sia stato bene entrar in un monastero a fare il gradasso... e a far strillar le monache... bel gusto!... bell'onore!...

- Sono andati a cercarli dove si trovavano, e per coglierli nel punto che, per la prima volta, ebbero la sfrontatezza di entrar in un luogo consacrato alle sante vergini.

- Ma che sante vergini!...

- Sta a vedere che adesso l'hai colle sante vergini!... mentre prima disapprovavi chi aveva loro turbato il sonno. Ma dov'è la connessione delle idee?

Il presidente, messo alle strette, faceva gli occhiacci all'avversario, quando l'amico collarone entrò a parlare:

- Con buona pace di loro signori... se mi permettono, dirò anch'io il mio parere.

Tutti si volsero.

- Trovo che il signore ha ragione nell'asserire che donna Paola non aveva poi tanto a gloriarsi che suo figlio siasi cacciato in monastero per calar la spada sulla testa de' fermieri.

- Diavolo!... si può pensar diversamente?... e il presidente chiacchierone guardò con amabilità insolita l'ipocrita collarone, a cui aveva pur sempre e fatto e detto delle scortesie. Ma, per un'altra delle tante debolezze umane, quando uno è a capegli con un avversario in una disputa qualunque, e, volendo aver ragione ad ogni costo, si sente a dar torto con virulenza, non tarda un minuto a farsi amico del primo che venga in suo soccorso, fosse pure colui il peggiore suo nemico.

- E trovo inoltre di dire, continuava il signor Baserga, che lord Crall nell'entrare armata mano in monastero ha commesso una solenne prepotenza.

- Diavolo, non si può avere un'altra opinione.

- E i fermieri, che Dio però li tenga lontani dalla mia casa, dovevano essere attratti in altro modo, e sfidati, se pur si volevano sfidare, in altro luogo.

- Così è certissimamente; allora avrebbe potuto dire di aver saputo respingere la violenza stando sul terreno della legge. È chiara come il sole.

- Sicuro, certo, non c'è che dire, soggiunsero allora tutti in coro.

- Non c'è che dire? Adagio, soggiungeva l'uomo del buon senso; c'è da dir qualche cosa, perchè quando sento a parlar di legge, ho l'onore di dire che a bastonare le guardie della Ferma anche in un'osteria, il terreno della legge sarebbe stato invaso tanto, quanto ad averli percossi in convento... e che dall'istante che si doveva dar di cozzo e nella legge e nell'autorità viva e recente e calda di un editto che non parla a mezzabocca, tanto valeva un'osteria quanto un monastero; anzi il monastero spiega la ragione e della difesa e della protezione dei deboli; e l'osteria invece avrebbe presentato il sospetto di una rissa plebea e villana, e tutt'altro che degna di gentiluomini...

- Se il signore mi ascolta... sentirà che non si trattava di difesa... bensì era una trappola tesa da lontano...

- Che? come?

- Ma innanzi tutto devo dire che, se loro signori sono tra i caldi ammiratori di donna Paola, io ho l'obbligo di tacere.

- Ma parli, ma parli, gridava il presidente. Oh, sarebbe bella che... Vi rammentate quel che ho detto un giorno in cui abbiam veduto donna Paola nel carrozzone scoperto, seduta insieme colla figlia della contessa Clelia che le stava presso, e col giovane lord sdraiato dirimpetto?... Io le vedo da lontano le cose... Ma se sta il sospetto, la contentezza mostrata da donna Paola deve aver bene la sua ragione.

- In fatti non è senza ragione. Ascoltino.

 




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