V
Poche pagine addietro abbiamo parlato d'un colonnello
Landrieux, capo dello stato maggiore della cavalleria, stato eletto dalla
congregazione segreta stabilita in Milano per volere di Bonaparte, quale
operatore principale onde promuovere rivoluzioni nello Stato di Venezia.
.Questo colonnello Landrieux abitava in casa Annoni, e là
quotidianamente si radunava la congregazione bonapartista. Qui si rivolse
dunque il cittadino Suardi.
Entrato nel palazzo, quando mise il piede sul primo gradino
dello scalone, sentito che alcuno parlava al disopra della propria testa, si
fermò per un atto macchinale, e ascoltò il seguente dialogo:
Tutto va bene, tutto procede colla sicurezza di un esito
felice. Ma, prima di venire agli atti definitivi, c'è un passo da fare.
Che passo?
È necessario lasciar da parte il banchiere Suardi. Io non so
ancora come costui abbia potuto introdursi nella nostra società.
Il Suardi naturalmente aguzzò le orecchie, anche per sentire
se gl'interlocutori discendevano.
Tu hai ragione, continuava uno di quegli interlocutori; ma
come si fa adesso?
Come si fa? Non gli si dice più nulla, e si fa tutto senza
di lui. Se le cose andassero bene, come pare, il Suardi ne menerebbe gran
vanto, perchè costui non fa nulla senza il suo perchè; e il general Bonaparte
non mancherà di rimproverarci d'aver messo a parte di un'impresa così solenne
un uomo che... già non è possibile che il generale non venga a sapere
all'ultimo la vita e i miracoli di questo furfante milionario.
Il Suardi si ritrasse, perchè sentiva che gli interlocutori
discendevano. Si nascose in un androne, e stette là sin che vide a partire i
due maldicenti, che eran Porro e Caleppio.
Quando il Suardi entrò nel palazzo Annoni, non aveva nessun
disegno nuovo in testa; era venuto là per assistere alle dispute della
congregazione, a cui era stato ammesso dal colonnello Landrieux, e nulla più.
Ma le parole udite e il dispetto che ne provò, gli fecero spuntare in testa
improvviso e adulto un pensiero.
Avendo potuto stringersi in amicizia col colonnello
Landrieux per mezzo del capitano Baroggi, volontieri aveva fatto parte della
congregazione, perchè, col conoscere per disteso i piani degli avversarj, egli
avrebbe potuto governare più sicuramente i proprj. Ma dopo ciò per lui sarebbe
stato meglio che la congregazione bonapartista non potesse dare effetto ai suoi
maneggi; per la qual cosa sarebbe stato necessario che chi ne aveva la
direzione principale, all'insaputa dei colleghi, virasse di bordo e cangiasse
strada. Il colonnello Landrieux era stato introduttore al Suardi per gli
appalti dell'esercito, e però aveva avuto dal Suardi stesso il suo lauto
boccone da mangiare.
Quel colonnello non era più dunque nè trasparente nè liscio
come uno specchio, bensì presentava delle scabrosità, alle quali un uomo abile
poteva attaccarsi.
Un'altra qualità distingueva quel colonnello, qualità che
poteva riuscire eccellente nelle mani del Galantino. Esso era un giuocatore
disperato. Bensì, per essere piuttosto valente e fortunato, non esibiva sempre
quegli angosciosi alti e bassi che offrono il cuore insanguinato agli avoltoj
di professione. Il Galantino si ricordò pertanto del passato, e rammentatasi la
propria abilità, risolse di tenerla in pronto per il bisogno.
Improvvisato così a mezzo un progetto, il Suardi ascese
lentamente lo scalone, e quando fu alla porta dell'appartamento del colonnello,
s'incontrò negli altri soci della congregazione segreta, che uscivano in quel
punto.
Troppo tardi, cittadino Suardi.
Non è mai troppo tardi. Quel che avrei dovuto dire a voi
tutti lo dirò al colonnello, che poi ve ne farà comunicazione. Ma dov'è il
capitano Baroggi?
S'è fermato col colonnello, per cose che riguardano il
reggimento.
A rivederci dunque stasera in teatro, dove ci sarà un
chiasso del diavolo, perchè so che è stato proibito il nuovo ballo di Lefèvre.
A rivederci, tutti risposero; e il Suardi, fattosi
annunziare, entrò dal colonnello.
Quando fu in camera, salutato in prima il colonnello, si
rivolse poscia al Baroggi, e:
- Ho un'incumbenza da darti, gli disse.
Il capitano Baroggi si alzò da sedere, spiegando, senza
volerlo e senza pensarci, tutta l'aitanza disinvolta e leggiadra della sua
giovanile figura, nata fatta per l'assisa e gli spallini e i calzoni di pelle e
gli stivali alti. Aveva nel corpo quella eleganza poderosa e accentata del
discobulo greco; con una di quelle faccie, care le mie donne, che non si sanno
definire; perchè c'era in quelle vaghe linee la sprezzatura del soldato, la
severità e persino l'asprezza, se, a un guizzo repentino dei muscoli, tutte
quelle impronte non fossero scomparse per dar luogo ai loro opposti; perchè la
fronte, se si spianava, era serena come quella d'una fanciulla; e se l'occhio
perdea il lampo virile e crudo di chi, a cavallo, eccita alla carica e alla
strage lo squadrone, assumeva una soavità quasi infantile, nella quale tuttavia
parevano nuotare l'arguzia e la seduzione. Il ritratto in miniatura che noi
possediamo di questo bel capitano, eseguito in allora dal distinto pittore ed
incisore Evangelisti, ci fa trovare qualche somiglianza tra la sua faccia e
quella del Tancredi, che il pittore Riva dipinse nel suo quadro di concorso,
premiato dall'Accademia di belle arti tanti anni sono.
Ma com'è, dirà taluno, codesta strana combinazione per la
quale tutti i giovani personaggi che entrano successivamente in iscena in
questo libro, hanno tutti ricevuto dall'autore l'obbligo di essere bellissimi e
carissimi e interessantissimi?
Il tenore Amorevoli faceva diventar matti soltanto a
vederlo; il Galantino, quando fu spogliato, per esser messo alla corda, mostrò un
tal collo e un tal petto e braccia tali, che persino il senator Morosini ne
mandò un'esclamazione di maraviglia. La contessa Clelia pareva una Minerva
perfezionata. La contessina Ada era sua madre ingentilita. La ballerina
Gaudenzi aveva i capelli, gli occhi e il naso della Diana Efesia. Recentemente,
ovvero sia nella sera del ballo del papa, il tumulto della folla fu placato
dalla comparsa di tre donne in costume di libertà, delle quali se l'una era
bella, l'altra era più bella ancora.
Ed ora compare in iscena questo capitano dei dragoni, il cui
volto e la cui persona son fatti cogli ingredienti degli dei e degli eroi più
riputati; e precisamente col sistema onde fu messa insieme la Venere greca, che
ebbe in prestito le cosce appetitose di Taide, la schiena provocatrice di Frine
e le diverse bellezze di sette fanciulle.
Com'è dunque questa faccenda? La faccenda è naturalissima; e
se il lettore ne stupisce, vuol dire che l'ultima fase dell'arte, che ha messo
in trono il brutto, dal Triboletto e del Quasimodo di Victor Hugo al gobbo
Esopo di Bartolini, lo ha preparato a credere impossibile la bellezza perfetta.
Ma questa bellezza c'è e, per trovarla, basta cercarla.
Nel caso nostro poi, oltre la testimonianza del Bruni, che
sta garante per noi, di alcuni dei nostri personaggi esistono ancora i
ritratti, eseguiti per mano di pittori più o meno distinti, compreso appunto
questo del capitano Baroggi.
Or, tornando ai fatti, il Galantino, col permesso del
colonnello, disse al Baroggi:
Ho un'incumbenza da darti, la quale chi sa quanti te la
invidieranno.
Di che genere ella è?
Del miglior genere. Si tratta di portare un mazzo di viole
ad una signora.
È proprio necessario per questo la persona di un capitano di
cavalleria?
Non è necessario, ma è utile; seppure è utile far la
conoscenza della più bella donna di Milano.
Ma chi è questa donna?
È la contessa A..., che desidera proteggerti. Ella stessa me
lo disse ora colla sua bocca di rose. Va e ringraziami; trent'anni fa avrei
finto di non capire, e ci sarei andato io stesso.
Il colonnello Landrieux, messosi a ridere, ed entrato a far
parte di quel discorso:
Ah, ah, disse, se a voi dispiace l'incumbenza, il mio caro
capitano, passate il mazzo di viole a monsieur Chapier, l'intendente di guerra,
che è innamorato pazzo di questa vostra bella contessa, la quale, mentre sciala
con tutti, s'è messa in testa di far l'avara e la pinzochera con lui. Tanto che
tutti ridono alle sue spalle, ed egli si dà per disperato, e dice di voler
uccidere tutti gli amanti di lei.
Il Galantino era benissimo informato di tutto questo, e
allorchè s'incontrò colla contessa, se fu sollecito a prometterle che le
avrebbe mandato il bel capitano, fu perchè aveva bisogno e della contessa e del
capitano per tirare in ballo l'intendente Chapier, il solo che gli fosse
d'impaccio nel fatto degli appalti. Però, seguendo le parole del colonnello:
Se la cosa è così, disse, allora bisogna essere pietosi, il
mio bel capitano, e tentar di placare la bella contessa, e introdurre da lei
monsieur Chapier.
Perchè no? disse il giovine Geremia; e così sbadatamente
rispondendo, si calcò l'elmo in testa, e mosse per uscire.
Va dunque entr'oggi da colei, gli replicò il Suardi, e fa in
modo che lo Chapier sia introdotto in quella casa. Certo che ci divertiremo.
Intanto che il capitano partiva, il colonnello Landrieux
disse al Suardi:
Voi volete che quell'istrice d'intendente, oltre alla ferita
della contessa, riceva qualche colpo anche dallo squadrone del capitano.
Oh! soggiunse ghignando il Suardi, non ne avrei nessun
dispiacere. Ed ora parliamo dei nostri affari, colonnello.
Ma intanto che que' due parlano, pensiamo che or ora entrò
in scena un personaggio nuovo, anzi più d'un personaggio; e coi nuovi
personaggi, nuovi annunzj di curiose combinazioni. Prima una congiura; poi una
contro-congiura; poi un amore non platonico subodorato; poi la minaccia di
qualche duello che faccia chiasso; poi il Galantino che va tentando
successivamente varj uomini, per ottenere, almeno pare, di farli lavorare tutti
in una evoluzione grandiosa. Davvero che, mettendoci nei panni dei lettori, ci
par di camminare colla benda agli occhi, tenuti a mano da gente maliziosa; ma
possiamo anche assicurare, che è vicinissimo il momento che lor si toglierà il
fazzoletto, e vedranno chiarissimamente dove si trovano.
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