VII
In una tragedia, celebre e mediocre nel tempo stesso, perchè
fu il lavoro di un giovane ignaro della mappa del cuore umano, fu scritto che
chi sostenne d'aver amato due volte, non ha mai amato. Queste cose si possono
dire a sedici anni, anche a venti, anche dopo, se la faccia di un galantuomo sia
così eteroclita da stornare l'ago calamitato delle femminili beltà; ma in
circostanze ordinarie, e allorchè e uomini e donne abbiano qualità sufficienti
da provocare e mantenere la corrente elettrica, quante volte, in una vita di
trent'anni ed anche di quaranta, la specie umana può amare, senza compromettere
il vivo interesse di ciascun amore! anzi noi pregheremmo gli uomini e le donne
di molta esperienza, e che dalla indulgente natura sortirono delle doti
appetitose, a saperci dire, in tutta segretezza già s'intende, se non è
possibile manovrare due, tre, anche una mezza dozzina di amori simultaneamente,
conservando il nativo galantomismo, e un cuore ben fatto e, ad un bisogno,
anche poetico.
C'è una condizione però da osservare (di questo almeno ci
assicurano gli esperti), ed è che bisogna guardar bene di perdere l'equilibrio
nel governo di codesti amori. Se un giorno solo, di quei tre o quattro affetti
che si hanno nella propria giurisdizione, uno sorge più alto degli altri e,
senz'avvedercene, ci lasciamo andare a star con lui in troppo lunga
domestichezza, allora, correndo esso il pericolo di diventar solitario, può
tramutarsi in quell'amore acuto al quale è più conveniente un posto in un
trattato di patologia. Ciò premesso veniamo ai fatti. Il capitano Geremia
Baroggi avendo ventitrè anni, ed essendo, come fu notato, bellissimo, e per di
più esercitando una professione che allora era di ultima moda, e appartenendo
alla cavalleria, e perciò avendo il diritto di portar gli speroni, era appunto
nella opportunità di poter manovrare la sua mezza dozzina d'amori senza
turbarsi, come una volta l'incomparabile Cocchi della compagnia Guerra guidava
imperterrito la sua mezza dozzina di cavalli bianchi a dorso nudo. Non so per
che cosa, ma, a parte anche la giovinezza e la beltà e gli altri fascini, gli
speroni hanno un potere irresistibile sui nervi delle donne, tanto maritate che
zitelle. È un fatto provatissimo che, a parità di circostanze, un ufficiale di
fanteria passerà ai secondi posti e andrà soggetto a delle mortificazioni
inaspettate, se appena balzerà fuori a mettersi in suo confronto un ufficiale
di cavalleria. Il suono dell'arpa era indicatissimo una volta perchè i
giovinetti si trovassero bell'e innamorati, senza vedere nè la faccia nè le
mani della bella incognita; ma anche il suono semplice
e puro degli speroni bastò più d'una volta a far risolvere dei cuori femminili
a battere a favore di un ignoto che a caso passasse sotto le finestre cogli
stivali tintinnanti. È un fenomeno strano e d'origine arcana; ma non per questo
cessa di esser vero.
Lasciando ora gli speroni, è a sapere che il capitano
Baroggi, senza che fosse vagheggino, nè vanitoso, nell'ultima volta che venne a
Milano di presidio, e fu per tre mesi, si trovò, senza accorgersi, ingaggiato
in tre amori che gli serrarono addosso in pochi dì l'uno dopo l'altro. Non eran
molti, a dir vero, per la pace del cuore, ma siccome le donne che lo avevano
inspirato erano tutte belle a perfetta vicenda, ed egli aveva saputo dividere
equabilmente le sue ore d'ozio con ciascuna di esse, così avea vissuto
felicissimo i suoi novanta giorni. Nell'ultimo mese però s'era incontrato nella
signora R..., che gli penetrò, non dirò nel cuore, ma nella simpatia un po' più
delle altre, ed egli stesso se ne accorse, ciò che fu un eccellente indizio.
Però quando il signor Andrea Suardi gli propose di fare una visita alla
contessa A..., che per turno divideva colla R... il seggio della regina del
torneo milanese, fu contentissimo, presentendo che a quel modo ei si sarebbe rimesso
in equilibrio. Ma non si perde mai l'equilibrio quando si sente e si vede il
pericolo. L'affare bensì diventa seriissimo allorchè, frugando così a caso
intorno a qualche rosaio, ti si ficca inavvertita una spina nel dito. Un bel
giorno, non si sa da che cosa dipende, ma la mano è gonfia e il braccio è al
collo. Ora il nostro bel capitano, mentre era contento di potere colla
bellissima e voluttuosissima contessa A..., fintanto almeno che sarebbe rimasto
a Milano, farsi scudo e riparo contro alle invasioni ognora più minacciose
della bella R..., non sapeva che appunto una spina gli era penetrata tra pelle
e pelle pochi giorni prima.
Nel carnevale dello stesso anno 97 si diede, come fu detto,
un corso di rappresentazioni drammatiche in un collegio femminile, fondato
nell'anno antecedente in Milano da una dama francese, per nome, Blanchard,
venuta da Parigi con fama di gran letterata, di grande sventurata, perchè suo
padre era stato ghigliottinato e le di lui ricchezze, almeno così ella
asseriva, si erano dileguate in mezzo ai furori popolari. Quella donna,
capitata in momenti opportuni, venditrice insigne di vento e di fumo, e
nominatasi direttrice del nuovo collegio, ottenne di vederlo in breve popolato
dalle figliuole appartenenti alle più ricche famiglie di Milano. Parve alla
maggior parte che colà potessero ricevere un'educazione più liberale, più
sciolta, più svariata, più conveniente insomma ai tempi nuovi. I parenti
stessi, messisi d'accordo per giovare a quello stabilimento con laute
contribuzioni, in breve gli diedero un impianto così ricco e fastoso, che
quando trattavasi di esami, di accademie, di musica, di ballo, pareva di
trovarsi piuttosto nelle sale di un ricco pomposo, che tra le pareti di una
sala di educazione. Le giovani mammine vi accorrevano in gara di bellezza e di
ricchezza; e col pretesto dell'educazione e dell'amor materno, velate di devota
incontinenza, non tutte già s'intende, ma alcune e non poche, s'ingegnavano a
piantare qualche mirto tra le innocenti ajuole di quel giardino. Siccome poi un
passo ne chiama un altro, così la vivace ufficialità dell'esercito
repubblicano, che aveva alloggio e tavola presso le più facoltose case di
Milano, accompagnando qualche volta le mammine a quei domenicali e serali
ritrovi, trovavano il loro conto a fermarsi colà; tanto eran fatti premurosi
del buon'andamento della pubblica istruzione!
Allorchè poi s'intavolò la storia di un corso di
rappresentazioni drammatiche per la stagione di carnevale, nelle sere del
giovedì e della domenica, riusciva un'impresa molto affannosa quella di
ottenere un biglietto di ingresso a quel collegio; perchè vi erano poi anche
rinfreschi, e pei brillanti ufficiali s'introdusse così un po' per volta anche
il fervido sciampagna, il quale verso mezzanotte metteva in giro un'allegria
bacchica tutt'altro che irreprensibile.
In quel collegio v'erano, come accade, giovinette di
quattordici, di quindici, di sedici anni.
A queste erano affidate le parti più difficili e importanti
delle commedie scelte a rappresentarsi.
Le mamme di quelle giovinette, non potendo vincere nella
gara muliebre, le mamme delle bambine di quattro o cinque anni, quantunque
amassero le loro figliuole, pure erano le meno assidue a quei trattenimenti
serali. Ora, quando le fanciulle quindicenni si trovano lontane dall'occhio
della mamma e subiscono l'influsso diabolico di altri occhi, sono, parliamoci
schietti, molto vicine all'orlo del precipizio. Quelle ragazze, negli
intermezzi, escivano come puledre sbrigliate, a precipitarsi qualche volta perfino
nel giardino, perchè v'era anche il giardino.
Certo che venivano seguite e vegliate dalle governanti. Ma
le governanti erano o troppo vecchie o troppo giovani. Nel primo caso
riuscivano lente alla corsa e un po' balorde; nel secondo caso pensavano tanto
a sè, che dimenticavan le alunne. Queste poi, per legge di galateo, dovevano
spesso fermarsi ad ascoltar gli elogi di quelli fra i più gentili intervenuti
che si godevano a intrattenerle. Non a caso ci arrestiamo a lungo su queste
cose, e le assennate madri ci comprenderanno. Ad ogni modo, anche disprezzando
ciò che in queste righe si adombra a combattere certe consuetudini, dovevamo
dir tutto per far vedere in che collegio donna Paolina aveva passato gli ultimi
diciotto mesi della sua educazione, e su che palco scenico, nella sua qualità
d'allieva emerita, era venuta a rappresentar la parte di protagonista nel
Dragone benefico del prof. Ghedini.
Richiameremo ora al lettore come la prima sera che essa andò
in iscena, in quel costume, suscitò, plasticamente considerata, un tale
capogiro, che, nelle successive rappresentazioni, il teatro della Scala e della
Canobbiana e di Sant'Anna e di San Martino rimasero abbandonati dalla parte più
scelta della cittadinanza, e dalla parte più giovane e più brillante dell'ufficialità,
di modo che le mammine leggiadre si trovarono spostate e punte, e si
lamentarono di avere edificato a vantaggio altrui.
Donna Clelia, allorchè nel segreto delle pareti domestiche
vide, a titolo di prova, quel diabolico angelo di diciasette anni in quel
costume provocatore, il quale faceva risaltare voluttuosamente delle forme, il
cui obbligo era quello di rimaner celate; protestò altamente, e disse che non
ne voleva altro, e che la signora direttrice provvedesse a cambiare il
protagonista. Ma la fanciulla, che era già stata lodata alle prove, perchè
possedeva un talento drammatico assai distinto; e guardandosi nello specchio,
quando le fu recato l'abito, scoperse di esser molto più avvenente di quello
ch'ella stessa credeva, diede in tali escandescenze a sentire quel veto
inatteso della nonna, che la mamma, la nostra cara Ada, la quale era meno
rigida di donna Clelia, e aveva il suo amor proprio, e sentiva la compiacenza
d'aver ella stessa messo insieme quella leggiadra figura, compiacenza che era
un misto d'amor di madre e d'amor d'artista; si sentì commossa alle lagrime
iraconde e agli strepiti della sua Paolina; e tanto disse e fece, che la
contessa Clelia, crollando la testa, lasciò che la cosa andasse.
E così non fosse andata! I consigli dei vecchi, più che non
si crede, vogliono essere ascoltati. Come dicemmo adunque, e per il suo talento
drammatico, e per le sue qualità plastiche, donna Paolina fece un tal furore
(non possiamo sostituire altre parole a questo motto convenzionale), che diventò
l'idolo della platea. Allorchè poi, negli intermezzi, ella discendeva
nell'anticamera del palco scenico a ricevere i complimenti delle mammine, i
cavalieri serventi, tanto militari che borghesi, si affollavano intorno ad essa
per poter vederla da vicino.
Non occorre che qui ci diffondiamo in minuti particolari per
mostrare come donna Paolina, allieva emerita, e le altre fanciulle adolescenti,
ancora convitte e prigioniere, potessero discendere nelle anticamere della sala
che serviva di platea e ne' corridoj dove la folla si stipava, e scivolassero
così di contrabbando anche nel giardino. Chi ha avuto pratica di collegi e
conservatorj dove il pubblico può penetrare, e dove l'adolescenza, tenuta in
soggezione con ferule più o meno indulgenti, aspira impaziente, e talvolta
rivoluzionaria, alla libertà, sa benissimo in che modo avviene quel che non dee
avvenire, e come spesso anche l'oculatezza la più insistente è sopraffatta
dalla malizia giovanile che, come un fluido imponderabile, sguiscia e fugge e
va dappertutto. Nei principj del marzo di quell'anno 1797, soffiando i venti
che una volta annunziavano la primavera, e che oggi, non sappiamo perchè, si
son come involati dalle nostre spiagge, quelle fanciulle che sentivano la
primavera anche di gennajo, per mille ragioni, si godevano a recarsi di
soppiatto nel giardino. Nè, perchè fosse la maggiore delle altre, donna Paolina
si stava nascosta. La contessa Clelia, quando interveniva a que' trattenimenti,
fermavasi in platea; e la nostra soave Ada si teneva dietro le scene, intenta a
sorvegliare la toilette delle giovinette artiste. Colla lestezza adunque del
contrabbandiere, che misura il tempo e fiuta l'aria, donna Paolina, quando le
pareva il momento acconcio, recavasi lontana dagli occhi della mamma e della
direttrice.
Non è a dire quanto, sebbene innocentissimamente, si
ringalluzzasse, allorchè una schiera di giovani le si aggirava intorno in
corona a colmarla di elogi e di motti leggiadri e di ambidestre espressioni,
che ella non comprendeva interamente, ma comprendeva abbastanza! Di quello
sciampagna che, nella sala, correva in giro per gli spettatori mascolini, le
sue compagne, trionfanti di qualche furto tentato in cucina, facevano parte a
lei come a maggiore, come a protagonista, e sopratutto come a dragone. Ora
quella spuma gasosa le metteva nel sangue una vivacità così balda, così
imperterrita, che le concedeva di lasciarsi andare ad atti briosi e alquanto
scomposti, e di movere in giro, su quelle faccie marziali, delle occhiate
affascinanti, e che parevano significar quello di cui ella, possiamo giurarlo,
non aveva nemmeno la coscienza.
Quando abbiamo detto che nel collegio si recavano alquanti
ufficiali, non abbiamo detto che vi andasse tutta la guarnigione. La fortuna
dunque e il destino che spesso si mettono d'accordo per tender le reti ai
mortali, concertarono fra loro di far che il Baroggi fosse, tra gl'intervenuti,
il solo che appartenesse all'arma dei dragoni. Spesso un'inezia basta per
avvincere due persone dell'uno e dell'altro sesso. Una sera, che il giovane
capitano potè uscire un momento di fazione, a cui era obbligato, colla bella
signora R... si recò dove si recaron gli altri; e naturalmente si trovò
anch'esso in giardino a far corona intorno al suo commilitone femminile. Lo
sguardo della fanciulla corse di preferenza all'elmo del giovine capitano, e
spiritosa com'era e un po' eccitata, le venne detto:
Ecco finalmente un camerata.
Così fosse, rispose il Baroggi. Sul campo di battaglia, con
un tal camerata, sarei invulnerabile, chè mi proteggerebbe un angelo custode
cogli stivali e cogli speroni.
La fanciulla non rispose, ma guardò il bel capitano con una
occhiata lenta e piena d'espressione.
Gli astanti, uomini e donne, a quelle parole, a
quell'occhiata, provarono unanimi un senso di simpatia, e, cosa strana, le
donne a favore della fanciulla, gli uomini a favore del giovane soldato. Ogni
sentimento d'invidia era scomparso e negli uni e nelle altre, chè l'invidia non
sorge se non quando spunta l'idea della gara. Bensì corse in tutti simultaneo e
concorde il giudizio: non potersi dar coppia più adatta e più attraente di
quella.
E tutto finì per quella sera; donna Paolina venne chiamata
dalla voce stridula della governante. Rapida s'involò da quel crocchio,
guadagnando la gradinata che metteva nelle scale, con un salto a piedi giunti,
che fece risuonar gli speroni sulla pietra percossa.
È singolare che, nel tempo in cui il Baroggi si staccava
dalle sue quattro Aspasie, delle quali era pur tenerissimo, per tornare alle
sue occupazioni militari, o alla manovra in piazza Castello, o alla cancelleria
del colonnello Landrieux, o alla scuola di maneggio, egli dimenticavasi
compiutamente e della prima, e della seconda, e delle altre donne che
usufruttavano in quote proporzionali il suo cuore di convenzione; e questo
avveniva anche perchè, oltre alla simpatia esplicita e dichiarata e documentata
di quelle quattro signore, strada facendo, e al passeggio, e ne' pubblici
ritrovi, e nei teatri quotidianamente, avea occasione di compiacersi di cento
altre dichiarazioni, fatte cogli occhi se non col labbro. Di quelle care e
bellissime signore si occupava dunque con fervidissima espansione finchè
trovavasi con loro; ma, dopo, il suo pensiero rimaneva sgombro e netto come una
tavola rasa. Questo salutare fenomeno era quello che, ad onta delle molte
fatiche di campo e di camera, gli conservava quella vivacità e freschezza di
colorito, il quale, forse un quarto di secolo dopo, gli sarebbe stato ascritto
a difetto e quasi a colpa dalle donne sentimentali, che nell'Ildegonda di
Grossi e nel Tu vedrai la sventurata di Bellini, appresero a mettere in voga i
colori sepolcrali e la tisi tubercolare. Ma, pur troppo, il sereno non può
essere perpetuo. Nella sera stessa dello spettacolo, quando accompagnò a casa
la signora R... nella stessa carrozza di lei, non ebbe tempo di ricordarsi
dell'allieva emerita. Dormì anche, com'è naturale, tranquillissimo tutta la
notte; si alzò dal suo letto di caserma, lieto, florido, raggiante e con
quell'appetito modello che può avere un giovane di ventitrè anni, il quale nel
trotto e nel galoppo trova il tocca e sana, indarno promesso dalle acque
ferruginose. Ma, che volete, lettori carissimi? allorchè egli discese nel
Maneggio ad assistere il sergente istruttore di cavallerizza, e prese egli
stesso il frustone per comandare una ballottata, nel guardare a' giovani
coscritti che duri e inerti stavano sul cavallo come fantocci inchiodati; al
pari di un'apparizione diafana e vaporosa gli si presentò alla memoria la
figurina leggiadra del dragone del collegio di madama Blanchard, gli si
presentò alla memoria insieme col desiderio di vederla seduta in sella
caracollare sotto alla di lui istruzione. Quella comparsa improvvisa assimigliò
molto (volendo trattar l'amore come una malattia, convien ricorrere a similitudini
ippocratiche), assimigliò molto a quegli esantemi fatali che compajono
inaspettati per significare a un povero infelice che non ha potuto involarsi
all'invasione di una epidemia o di un contagio.
Per colpa adunque della sua memoria e della sua fantasia,
sentì il desiderio di tornare un'altra sera al collegio di madama Blanchard, e
con certi sotterfugi riuscì d'andarci solo. Ma si preparò troppo bene a quella
comparsa, perchè la fortuna gli arridesse. Si postò ne' corridoj, si recò nelle
anticamere, s'introdusse fino alla soglia del palco scenico sotto alla
protezione di due mammine alle quali ei non dispiaceva nient'affatto; andò in
giardino: ma tutto fu invano; per quella sera donna Paolina non gli si mostrò
che sul palco scenico; ond'egli si partì di là rovesciato e lento, traendosi
dietro il lungo squadrone, come Fingallo, l'eroe di Ossian. Uno dei segreti
perchè una ragazza si fissi in pianta stabile nella testa di un giovinotto, è
il non averla veduta dopo aver desiderato ed essersi tenuta in tasca la
certezza di poterla rivedere. Il capitano stette dunque di malumore tutta
notte, stette di perfido umore il giorno dopo... e non mancò di chiedere
informazioni e di colei e della famiglia, e che so io. Ma ciò che seppe non
valse a rasserenarlo; perchè la quasi clausura onde la contessa Clelia aveva
circondato e sè e la figlia e la fanciulla non era molto opportuna a mettere di
buon umore un giovinotto intraprendente. Ma, tanto era destinato l'intreccio e
la catastrofe di un dramma serio, che si apprestò in que' giorni appunto la
prima delle due sontuose feste da ballo che si dovevano dare nel palazzo
Busca-Serbelloni.
Il nostro capitano vi andò in calzoni di spinone e in
calzettine di seta; perchè il giovane Bonaparte, in fondo in fondo alla sua
ambizione fiutando già l'impero, in quel breve anno di vittorie favolose,
dall'irta Sparta erasi già converso alla geniale Atene, e gli scapigliati e
squallidi sanculotti aveva cangiati in damerini ad allettamento delle
moltitudini. Ora noi non sappiamo come sien corse le cose tra donna Clelia
rigidissima e donna Ada; ma il fatto sta che, in mezzo alle belle dame e alle
fanciulle che sedevano intorno intorno alla sala da ballo sui bianchi sedili,
trovavansi donna Ada appunto e donna Paolina. Questa anzi, nell'istante che il
capitano Baroggi mise piede nella sala, stava sorgendo perchè un gentile
ufficiale le porgeva la mano invitandola ad un perigordino. Il Baroggi non la
conobbe al primo, perchè le vesti femminili la facevano parer diversa da quella
che a lui era comparsa nella verde giubba e nei calzoni di pelle di daino; ma
la ravvisò poi, e si ravvisarono e danzarono insieme e contradanze e
perigordini e monferrine, e si parlarono a lungo e concertarono...
Madri amorose e sollecite, le quali vivete in timore d'ogni
nonnulla che mai possa avvenire alle vostre figliuole, ascoltate un nostro
parere: tenetele ben lungi dalle feste da ballo. Nell'ebbrezza della danza
vorticosa, in quel tepore che, al pari di una corrente elettrica, è mandato e
rimandato da corpo a corpo stretti in artistico abbraccio, v'è un veleno
assassino che basta per intorbidare le pure sorgenti dell'innocenza
inconsapevole!...
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