III
Chi dovesse definire il cattolicismo, non tenendo conto che
del valore pratico che gli comunicarono gli ultimi pontefici, potrebbe farlo
consistere nell'intento di perseguitare la civiltà, ovunque ella si manifesta o
in sostanza o in apparenza; ossia di perseguitarla universalmente, vivendo in
sospetto di tutti i popoli e col proposito costante di staccarsi da quelli che,
in virtù della parola dei savj, più si lasciano riscaldare dal calore della
ragione, e più son fatti capaci di usufruttare i tesori che la divinità donò
agli uomini; e che una scienza gelosa, tiranna, tentò involare e disperdere.
Pio VI in ciò, più forse che i suoi predecessori, ha passato
il segno; esso ha mostrato evidentissimamente a che deplorabili esiti doveva
ridursi il poter temporale, dacchè lo si lasciò infettare la purezza del
cristianesimo.
Pio VI è il nemico di tutti, fuorchè dei nemici della
civiltà, fuorchè dei nemici della religione di Cristo. Il suo cuore non ha
simpatie per nessuno; oggi è nemico dell'Austria, domani lo è della Francia; e
se nell'odio è volubile con tutte le nazioni straniere, solo è costante
coll'Italia. La prima volta poi che si risolve a stendere il braccio a
qualcuno, egli si volge alla Turchia e patteggia con Maometto.
Quando Giuseppe II, con
un'attività ed un'irrequietudine febbrile, stava tentando e operando riforme,
sebbene tedescamente; e inoculava all'Austria Voltaire e Rousseau, per salvarla
da un'esplosione violenta, e, comunque si comportasse, mostrava, se non altro,
di aver compreso che l'umanità, corrosa da tabe senile, aveva bisogno di essere
tutta quanta rifatta, Pio VI protestò contro le tante innovazioni di quel
sovrano in materia di disciplina e di culto, dispettoso di veder prossimo il
fine del traffico delle sue carte e delle pergamene della Dateria. Fu allora
che si mise in viaggio per Vienna, col proposito di riuscire a spaventare Giuseppe
II, e farlo desistere dalle prescritte formole di giuramento pei vescovi,
dall'abolizione dei monasteri e dei conventi. Se non che andò per ispaventare,
ma ritornò spaventato; e due anni dopo, quando lo stesso Giuseppe
II recossi a Roma, piuttosto che mettere in pericolo i proprj interessi terreni
minacciati da quel sovrano, rinunciò alla nomina dei vescovadi della Chiesa
milanese e mantovana. Si vide allora a che veramente si riducesse il poter
temporale. Si vide allora come codesta assurda larva non avesse efficacia che
nel contaminare, non diciamo la dignità della Chiesa, ma quella dell'uomo;
perchè se la ipocrisia, se le menzogne, se le false accuse, se le insidie
oblique rendono detestabile qualunque uomo, quando anche costituito in privata
e non autorevole condizione; che cosa si dovrà dire di chi le adopera essendo
costituito in qualche dignità; che parole basteranno a qualificare l'uomo che,
salito al grado più eccelso della gerarchia, offende sè e la dignità propria
col ricorrere costantemente a tali armi? Pio VI incaricò dunque i suoi
cardinali, i suoi vescovi; incaricò preti e frati d'ogni risma; incaricò i suoi
cortigiani, i maestri di camera, i curiali d'inventare calunnie e satire d'ogni
genere, e spargerle pel mondo ad ingannare i credenti intorno alla verità dei
fatti. Egli intanto sottomano cercava stringersi sempre
più coi due rami borbonici di Francia e Spagna; soffiava sul fuoco della
domestica discordia acceso tra le due regine di Napoli e di Madrid. E
allorquando l'imperatore intraprese la guerra contro i Turchi a favore di
Caterina di Russia, permise che in Roma per la prima volta s'invocassero Cristo
e Maometto, uniti in istrana mescolanza, e si invocassero ai danni di chi aveva
voluto sottrarre una parte dell'umanità alle funeste consuetudini della
barbarie.
Monsignore Saluzzo, che era nunzio a Varsavia, e che era un
agente di cambio politico e un mestatore de' più scaltri e de' più subdoli, fu
incaricato di tentare ogni mezzo per indurre i Prussiani e i Polacchi ad
attraversare le imprese dei nemici della Turchia. Gli ex-gesuiti, capitanati
dall'energumeno Spedalieri, magnificavano per le stampe le imprese dei
Musulmani; esageravano l'importanza dell'irruzione che operarono nel banato di
Temeswar; nel tempo stesso che il papa spediva un breve iniquo e sovversivo al
primate di Malines perchè incoraggiasse la sollevazione dei Paesi Bassi; e
l'Arteaga, prezzolato da lui, faceva affiggere su tutti i canti delle vie di
Roma la notizia della provvidenziale malattia di Giuseppe
II, colla consueta epigrafe sempre abusata
dagli impostori Ecco la mano dell'Altissimo. Se non che un nuovo e più
terribile sgomento venne a sconsigliare tanto odio; e la corte pontificia,
colla sua abituale ipocrisia, tentò a un tratto di riavvicinarsi alla casa
d'Austria; e fu quando giunse a Roma la notizia della rivoluzione di Francia.
Pio VI dissimulò allora i suoi rancori verso un nemico, per garantirsi colla
forza del medesimo contro le idee dei filosofi che, trasmutatesi in fatti,
minacciavano l'esterminio degli affigliati alla confraternita della vecchia
menzogna. Quel che allora fece Pio VI, cooperato dal satellizio dei cardinali,
dei frati e dei curiali, non è che un complesso di violenze e di morali
deformità. Si perseguitarono, s'imprigionarono, si assassinarono tutti coloro
che venivano accusati di esser seguaci delle nuove idee. Il Sant'Uffizio ebbe
un lavoro incessante e crudele. Promiscuamente col famigerato Cagliostro fu
arrestato il Balio dell'ordine de' cavalieri di Malta, per l'accusa d'aver
tentato di rimettere in piedi le così dette Logge egiziane; e sarebbe stato
arrestato anche il marchese Vivaldi, se non fosse giunto in tempo a fuggire e a
porsi in salvo a Trieste. Quasi tutti gli scultori, pittori ed architetti
francesi (riportiamo le parole di una relazione storica allora stampata, la
quale non è che una replica di ciò che è detto nel citato Diario), spogliati di
tutto, vennero arrestati ed accompagnati ai confini della Toscana.
Intanto quei medesimi predicatori e missionarj, che già
avevano tentato di esaltare i popoli a favore del trionfo della Mezzaluna
contro i Fedeli, d'improvviso, mutato proposito, si misero a girar per le vie e
per le piazze, esortando il popolo stesso a star saldo nella fede cattolica,
dipingendo alle menti coi più vivi tocchi gli errori dell'anarchia e della
disobbedienza. Mattina, giorno e sera rimbombavano per ogni angolo le stesse
voci, le stesse tetre descrizioni, ingrandite dalle più artificiose ipotiposi.
Si vedevano stampe e quadri ove i membri dell'assemblea
nazionale stavan dipinti colle ale di pipistrello e gli altri segni dati dal
vulgo al demonio; ed al contrario si osservavano i più famosi borbonici
effigiati colle ali e colle attribuzioni beate degli angeli. E se qui non
occorre di richiamare l'assassinio famosissimo di Bassville, inspirato
dall'atroce cardinale Zelada, il braccio destro allora di Pio VI, ben giova
riferire le cose che pochissimi oggi e forse nessuno conosce, vogliam dire le
vessazioni a cui fu segno il medico Bussan, per la colpa di avere assistito il
ferito, sino al punto di morte; e l'imprigionamento e le esasperazioni crudeli
inflitte allo speziale Meli e al chirurgo Liborio Angelucci per la medesima
ragione.
Come locuste assassine si moltiplicarono allora le spie del Sant'Uffizio
e del governo, che si trovavano dappertutto, s'introducevano dappertutto; onde
riuscì innumerevole la quantità delle vittime o innocenti o incaute;
incredibile la diffidenza e la paura penetrata in tutte le classi della società
romana, di modo che l'amico più non si fidava dell'amico, il fratello del
fratello, il marito della moglie, il devoto del confessore, il figlio degli
stessi genitori.
E allora quella simpatia che il Santo Padre avea mostrato
per i Turchi e per Maometto, fu tutta quanta concessa alla Casa d'Austria e a
Francesco II: al quale, essendo Pio VI venuto nella determinazione di valersi
delle armi temporali, chiese ufficiali per addestrare le avvilite sue truppe e
un comandante per guidarle in campo; e li ottenne col profondere a quel giovane
sovrano, destinato a far pesare sull'Austria l'antonomasia di spavento della
civiltà, tanti elogi quanti vituperj avea scagliati a suo padre e a suo zio.
Se non che la pessima amministrazione interna dello Stato
non concedendo di erogare sufficiente denaro, nemmeno coi balzelli duplicati,
per mantenere un esercito proporzionato e allo Stato e al bisogno, si dovette
ordinar tosto un disarmamento generale, lasciando come per l'addietro allo
scellerato Barbèri, che era il Nardoni di quel tempo, l'esecuzione dei decreti
dei tribunali di giustizia.
Magnificavano intanto le solite penne venali, come già s'era
fatto coi Turchi, i vantaggi riportati dagli Austriaci sul Reno. Ma i fatti
erano più eloquenti delle parole, e le vittorie di Bonaparte fecero ammutolire
il pontefice, e consigliarono la fuga al cardinale Hertzan, ministro
plenipotenziario cesareo. Ora se ognuno sa (chè tutte le storie ne parlano)
come Bonaparte, per mediazione dell'Azara, accordasse allora al papa
l'armistizio di Bologna, dietro la pattuita provvisione di cinque milioni di
scudi, delle due provincie di Bologna e Ferrara, ecc.; non fu molto divulgata
la notizia che, dopo il pagamento della prima rata, nel punto medesimo che il
ministro francese Miot entrava in Roma, per adempiere e far adempiere ai patti
del trattato; Pio VI con fede peggiore della greca incaricò il numeroso suo
satellizio di sollevare il basso popolo per spingerlo all'eccidio e del
ministro e dei commissarj francesi. E per ottener ciò si ricorse alle solite
armi della barbara superstizione. Versò allora lagrime vive la Maria Vergine di
Ancona, della realtà delle quali il vescovo Calcagnini rilasciò un attestato,
di cui vennero diffuse per le vie di Roma migliaja di copie a stampa. Fu allora
che tutte le Madonne di Roma, messe in puntiglio da quella d'Ancona e gelose e
invidiose, quasi fossero prime donne di teatro (a queste turpissime, derisioni
l'ipocrisia del santissimo Pio VI martire ed eroe esponeva la madre del
Cristo!), piansero lagrime bianche e lagrime rosse. E affinchè il popolo in
quelle lagrime vedesse la virtù del miracolo, si fece circolare una falsa
lettera di monsignore Albani, auditore di Rota, dimorante a Venezia, che
raccontava la compiuta disfatta delle truppe francesi e Massena ucciso e
Bonaparte fatto prigioniero; e perchè l'ipocrisia pontificale fosse ancora più
squisita, mentre quelle sconce e bugiarde scene si macchinavano in segreto, in
pubblico si fece comparire un editto col quale, sotto comminatoria delle più
gravi pene, s'intimava alla popolazione di rispettare ogni persona che fosse
addetta alla Francia.
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