V
Berthier ebbe dunque dal Direttorio l'incarico della
spedizione romana, perchè così avea consigliato Bonaparte; e l'italiano di Corsica,
Cervoni, fu l'alter ego di Berthier, perchè Bonaparte avea voluto che Berthier
lo volesse.
Il vincitore di tante battaglie deve aver previsto che
quella non doveva essere una spedizione nè disastrosa nè difficile, ma soltanto
un viaggio militare.
Ciò per altro non aveva pensato Berthier, che si mise alla
testa delle truppe affidategli come se andasse ad una assai ardua impresa, e
passato Ancona, dove non accolse i messi del papa, e inoltratosi in mezzo alle
gole degli Appennini, trasse innanzi con grande circospezione, temendo ad ogni
piè sospinto ostacoli ed agguati. Ma, con grande sua meraviglia, giunse fin
sotto a Roma senza trovare un drappello di soldati papalini, tanto che vide non
rimanere a lui per allora altra cura che di provvedere all'ingresso trionfale.
Nel Diario del Camillone leggiamo, che primi ad entrare in
città per la porta del Popolo furono due squadroni di usseri. Ei si diffonde a
parlare del colonnello che li comandava, "il quale, soggiunge, era un
milanese di Milano, il più bel soldato che mai si vedesse al mondo". E
poco appresso gli fa il nome; così che non abbiamo nessun dubbio di asserire,
ch'esso era nientemeno che il conte S..., il marito di donna Ada e il a padre
di donna Paolina.
Qui comincia per noi l'opportunità di far camminare di pari
passo e senza fatica i pubblici avvenimenti coi fatti privati.
Chi volesse sapere in che modo esso venne a trovarsi a Roma
in quel tempo, noi siamo in grado di poter dare delle notizie anche su questo.
Il lettore sa come, negli ultimi mesi dell'anno 1797, improvvisamente, e per
cagione ancora misteriosa, sia venuto a morire appena ventottenne il generale
Hoche, che comandava l'esercito del Reno. Il capitano S..., per la sua indole
procellosa e pe' suoi disordini d'ogni maniera, non aveva mai potuto andar
d'accordo con nessuno dei suoi capi; tanto che, sebbene essi non potessero
disconoscere la sua straordinaria prodezza, pure tutti, l'uno dopo l'altro,
pensarono a disfarsi di lui, cercando pretesti per farlo girare di luogo in
luogo, e passare d'uno in altro corpo d'armata. Il solo Hoche aveva saputo
ammansarlo; tanto che egli stette ben volontieri sotto quel giovine eroe, il
quale lo promosse al grado di capo-squadrone. Allorché dunque Hoche morì e
Augereau venne in suo luogo, il capo-squadrone S..., che già avea avuto mille
alterchi con quel generale, d'indole difficilissima e irrequieta al pari e più
della sua, se fosse stato possibile, sollecitò di uscire dal corpo dov'era; e
ottenuto il permesso d'andare a Parigi, si trattenne colà qualche tempo,
finchè, saputo che Berthier era stato preposto all'impresa romana, e che lo
seguiva il generale Cervoni, col quale se l'era sempre
intesa assai bene, forse per una certa eguaglianza d'indole; tanto si adoperò,
che ottenne non solo di seguirlo nel suo grado di capo-squadrone, ma di essere
innalzato a colonnello, e posto al comando di due squadroni di un corpo di
usseri di recente formazione.
E si può asserire che Bonaparte favorì questa destinazione,
desiderando per quelle ragioni che son facili a comprendere che non mancassero
italiani a far parte della spedizione di Roma.
Il lettore vedrà in appresso come un tal fatto, il quale nel
cumulo de' pubblici avvenimenti non era tale da lasciar gran traccia di sè,
fosse destinato ad essere occasione di tremende sventure domestiche.
Or, ritornando al governo di Roma, giova che il lettore si
rammenti come, ancorchè Berthier non avesse ammessi a colloquio i messaggieri
da quel governo mandatigli incontro, e ad Ancona avesse promulgato un bando, in
cui aveva minacciate cose terribili, pure il pontefice erasi lusingato che il
generale francese, pago di ottenere una compensazione pei tragici fatti di
Bassville e Duphot, non sarebbe entrato in Roma altrimenti; e come per ciò sia
stato tanto più grande lo stupore, lo sgomento e l'ira di lui, quando seppe
che, contemporaneamente all'intimazione data al presidio romano di abbandonare
Castel Sant'Angelo e all'occupazione fatta dalle armi repubblicane dei bastioni
di quel forte, il resto delle truppe era entrato in città.
A questo punto dell'occupazione di Roma cominciano le
declamazioni furibonde di quasi tutti gli storici che narrarono quel periodo
caratteristico e famoso con intenzioni partigiane.
Il Botta, pur tanto avverso al governo pontificale, e che
nella sua continuazione della storia di Guicciardini, quando parla delle
nequizie di qualche papa, ha la cura assidua di far campeggiare il predicato di
Padre Santo, a titolo di scherno e a significazione efficace di idee, perchè
alla mente del lettore risalti crudamente la scandalosa antitesi tra la parola
e la cosa; a questo punto par cangiare a un tratto opinioni e convinzioni; par
diventare a un tratto e papista e bigotto, e cieco, e smemorato; e si compiace
a sfoggiare indignazione pietosa, e si ferma con insistenza d'autore tragico e
d'artista che vuol fare effetto, sulla tarda età, sul venerabile aspetto, sulla
inferma salute di Pio VI; e prorompe furiosamente perchè alcuni dei cardinali,
i quali avean sempre sostenuto dei loro
obliqui consigli l'obliqua ragione di quel papa, e all'uopo eransi fatti
provocatori di popolari ferocie e di eccidj, sieno stati messi sotto vigile
custodia dalle armi repubblicane.
Ma il repentino mutamento di quello storico tanto celebrato,
si spiega con ciò, ch'egli era così pregiudicato estimatore di quei tempi
rivoluzionarj e odiatore tanto astioso di Bonaparte e de' suoi seguaci, che
tutti gli altri suoi odj dovevano tacere in faccia a questo; e al suo occhio,
in confronto d'ogni impresa e d'ogni atto di Bonaparte e delle armi rivoluzionarie,
anche le colpe altrui parevano trasmutarsi in virtù.
E Alessandro Verri non si dilunga da lui. Ben è vero che
egli si mostrò veneratore sempre costante
dell'autorità temporale della Chiesa, ed è per questo appunto che le accuse
scagliate da lui contro la vita privata di Pio VI fanno testo autorevolissimo;
ma le sue idee fisse e i suoi sistemi e i suoi amori e i suoi odj sono così
tenaci e implacabili, che la memoria del passato pare che gli annebbii nella
valutazione dei fatti posteriori, e il lavoro della logica gli proceda a
rovescio; talmente che non par vero che chi ha detto tanto male di Pio VI, dopo
si affanni, al pari di Botta, a metterlo nella miglior luce possibile; ed
esprima un'ira spasmodica contro tutte le idee rigeneratrici che, tradotte in
fatti, vennero ad assalire l'errore nella sua sede più antica e più
formidabile. Perchè bisogna bene che i galantuomini tentennanti si persuadano
di questo, che, siccome abbiam fatto vedere, il germe rivoluzionario portato a
Roma colle armi, era e doveva riuscire un'impresa salutare all'Italia e
all'umanità e al medesimo sacerdozio, se non si fosse trasmodato
nell'esecuzione, la quale, siccome avviene spesso anche nelle opere dell'arte,
guasta e snatura le più squisite invenzioni della mente. Facendo uso adunque
con somma precauzione di questi autori, d'altra parte meritamente
reputatissimi, e continuando a far loro la più oculata controlleria colla
scorta di coloro che parlarono e scrissero e stamparono senza speranze, senza
timori, senza pregiudizj, senza aver riguardo a chi sta in alto, senza le
funeste paure dei giudizj del pubblico, senza i pericolosi intenti della
gloria, entriamo anche noi in Roma a vedere e a sentire quel che vi succede.
E innanzi tutto, non bisogna credere che le idee rivoluzionarie
fossero penetrate in Roma, e avessero attecchito con quel rigoglio legittimo di
sviluppo che si verificò a Milano. A Milano i nostri pensatori avevano tentate
e sciolte le questioni più connesse alla vita pratica, e però avevan saputo
illuminare le masse; a Roma per contrario la scienza, limitandosi
all'archeologia, alla filologia e all'erudizione in genere, era rimasta
perfettamente oligarchica, ed aveva lasciato il popolo qual era. Bensì avvenne
colà un fenomeno singolare.
Gli artisti di Francia, pensionati e dimoranti in Roma,
furono i primi a mettere in circolazione le idee francesi; ma queste non
passando per lo staccio dei pensatori, invece di migliorare, temperandosi nel
trapasso, peggiorarono esagerandosi. Eran giovani bollenti ed esaltati dalla
natura stessa de' loro studj, che si trovarono aver nelle mani delle armi, le
quali, adoperate senza riflessione, potevano diventare pericolosamente
micidiali. Quanto ai popolani di Roma, senza che fosse stata necessaria
l'Enciclopedia e Voltaire e Robespierre ad aizzarli contro il clericalismo,
odiavano i preti, non per l'effetto delle idee importate e trovate nei libri;
ma perchè erano scaltriti dallo spettacolo quotidiano, e da mille fatti di cui
erano testimonj e vittime; era un odio cresciuto per virtù spontanea, e però
più potente d'ogni altro.
Che effetto dovesse dunque produrre la domestichezza che,
siccome se chi è stato a Roma, è di vecchia consuetudine tra gli studenti di
belle arti e la plebe di Trastevere, ognuno lo può pensare. Diciamo questo perchè
di molte enormità che avvennero nel tempo in cui le truppe repubblicane
stettero in Roma, bene spesso complice e guida fu quella plebe appunto;
l'inettezza colpevole del governo temporale del papa aveva fomentata in
anticipazione l'ira dei popolani, i quali, anche allora quando nella vendetta
passarono il segno, non fecero che continuare ad esser vittima di un'autorità
assurda e corruttrice.
Al disopra di questa classe v'era poi quella schiera
numerosa d'uomini, che non manca mai in tutti i paesi di questo mondo, perchè è
la natura che li mette insieme. Uomini che hanno il privilegio di veder giusto
nelle cose, ed hanno in sè l'antidoto sicuro contro i pregiudizj e le cattive
istruzioni; ma che nel paese ove stanno, arrischiano qualche volta di essere
odiati dai partiti estremi non per altra ragione che perchè tengono la media
proporzionale. Costoro sono sempre disposti a
festeggiare tutte le novità, per l'istinto che hanno del progresso, e tanto
più, quanto più si accorgono di vivere in mezzo ad uomini e cose sopraffatti da
una decrepitezza incurabile. Costoro dunque, seguiti da quella parte di popolo
che nella prima allegrezza è sempre buono, ma
che può imperversare nell'ubbriachezza, fecero festa all'esercito repubblicano
quando entrò in città; fecero festa a Berthier, a Cervoni, al colonnello S...,
e a tutti quegl'Italiani militanti che, parlando la lingua comune, dicevano di
essere venuti a infondere sangue nuovo nella vecchia Roma.
|