III
La condizione in cui, nell'ultimo libro, lasciammo il
Baroggi e donna Paolina rispettivamente all'ava e alla madre, erasi presentata
come una delle più felici risoluzioni di una crisi pericolosa. Pareva che
l'intromissione del vecchio Lorenzo e di Giocondo Bruni avesse in realtà fatto
un miracolo. L'orgoglio di donna Clelia, che in lei era andato crescendo colla
vecchiaia al pari delle sue folte sopracciglia; la paura che Ada avea de' suoi
rimbrotti, e peggio del lontano marito, aveano ceduto innanzi allo spettacolo
presente della figliuola, che avrebbe potuto soccombere all'affetto e al dolore
e, più ancora, al fatto del grave pericolo in cui ella s'era messa, fuggendo
così imprudentemente dalla casa. Sotto all'azione di una gioja inaspettata, e
nel primo istante che cessa la causa di un grande dolore, tutti gli uomini,
anche i più ostinati, sono disposti a concedere quello che mai non vorrebbero
in nessun altro momento della vita; un avaro può fare un atto di carità; un
uomo aspro e intrattabile può diventar pietoso; a un padre snaturato può essere
strappata una parola indulgente. Tuttavia, se questo è vero, è anche verissimo
che quegli atti, imposti dalla violenza, diremo così, del fatto eccezionale,
portano con sè il carattere della violenza stessa, che è quello di non poter
durare. Cessate le cagioni che agli uomini fecero come cangiar natura, la
natura ritorna tosto alla prova, e spesso con più fierezza di prima; quasi a
vendicarsi di chi avea saputo sopraffarla e domarla.
La contessa Clelia, dopo aver concesso che il capitano
Baroggi sposasse donna Paolina, tentò ogni cosa per trarre in lungo l'atto
indiscutibile del matrimonio. Sperava che il tempo e la fortuna potessero
improvvisare e mettere innanzi qualche ostacolo ugualmente indistruttibile.
L'orgoglio del sangue, pur troppo, era in lei tenacissimo. Diremo di più: la
rivoluzione di Francia e le nuove idee e le leggi nuove che decretarono
l'abolizione della nobiltà, le avevano inasprito quell'orgoglio stesso; come
avviene sempre di un sentimento antico e
profondo che vien contraddetto e vietato dal comando della forza pubblica.
Donna di forte ingegno, convalidava l'opposizione al nuovo
ordine di cose con tutto l'apparato del sofisma scientifico. Però sosteneva le
idee vecchie delle caste privilegiate col duplice elemento, e del sentimento
naturale che non può distruggere sè stesso, e dell'amore del sistema, che,
nelle persone di scienza, si pone innanzi a tutto il resto, con ostinazione e
persino con ira. Non si ricordava, la vecchia contessa, diventata crudele, che
nei giovani anni non aveva consultato il blasone allorchè la voce di un tenore,
figliuolo di un sarto, le sussurrò all'orecchio parole d'amore. Quando pensiamo
alla tenerezza speciale che noi sentivamo per questa donna allorchè aveva
venticinque anni; quando pensiamo che avremmo fatta moneta falsa per lei onde
aiutarla in quell'amore di contrabbando, non ci par vero che dovesse venir il
tempo d'odiarla; di odiarla, sì, perchè noi odiamo con tutta l'enfasi di un
odio implacabile tutti coloro che vogliono distruggere, colla violenza di una
falsa legge, l'unica legge legittima della natura, che suscita gli affetti, e
li riscalda e s'affanna perchè trovino il loro adempimento. Ah! vecchia
contessa scellerata, e come, riandando nella memoria tutti gli spasimi atroci
della tua violenta passione, non imparasti ad avere pietà delle passioni
altrui! come anzi imparasti a farti torturatrice longanime di due cuori
predestinati ad intendersi! E doveva egli esser questo il modo di compensarci
della cura assidua che ponemmo nel tentare di renderti in addietro così cara e
attraente ai lettori?
Ma ella, che comandava in casa e dominava la figliuola, e
quando parlava metteva a tacere tutti quelli che non volevano quel ch'ella
voleva, trovò dunque il modo di trarre in lungo il matrimonio, senza quasi
accorgersi, perchè la crudeltà pregiudicata è cieca, che la povera Paolina
languiva e consumava in quella comandata aspettazione di ciò che era la
condizione della sua vita. Del rimanente, le considerazioni della contessa non
in tutto derivavano da male intenzioni; bensì da quella consueta falsissima
credenza, che il tempo, se mai si riusciva a dividere quelle due creature,
avrebbe fatta la cura radicale d'ogni piaga, e impedito chi sa quanti guai
possibili nell'avvenire. Modo assurdo di ragionare, che è invalso nei padri,
nelle madri, negli zii e nei tutori, onde s'affannano a provocare nel presente
un dolore fortissimo e inevitabile, per stornare dei dolori futuri ipotetici,
che forse non nasceranno mai, e che non vivono se non nell'immaginazione di
quanti abusano dell'autorità che la legge umana loro ha accordato. Ma il fatto
è tale, e per ora non c'è rimedio.
E la contessa si appose nelle sue speranze, chè l'accidente
preparò infatti l'occasione di prolungare di più quel matrimonio.
Siccome eran tempi di guerra, venne al capitano Baroggi
l'ordine improvviso di partire col reggimento entro ventiquattr'ore per
Piacenza. Oh Dio! che colpo orrendo fu quello per la fanciulla, che colpo per
il Baroggi, quantunque se l'aspettasse.
Quel distacco sembrò loro
non una sospensione più o meno lunga dei loro desiderj, ma un colpo di scure,
una condanna di morte; e si tennero perduti, perduti irremissibilmente. Chi
considera codesti affanni nella calma di un'anima indifferente, può riderne e
crollare il capo di pietà sprezzante, ma chi soffre e si tormenta, non per
questo cessa di soffrire e di tormentarsi. Il mondo ha pattuito di sentir
compassione e di attestarla perfino in pubblico, anche fingendo, se uno è
assalito da una fiera malattia corporale; ma le malattie dell'animo, il mondo
ha stabilito di pigliarle in canzone; a meno che la portantina dell'infermiere
non venga a trasportare al desolato manicomio chi ha smarrita la ragione
spaventata dal peso insopportabile della sventura.
Un ordine di guerra non potendosi trasgredire per nessun
conto, il capitano Baroggi dovette partire, e partì. Al pari dell'accusato
innocente, che sente chiudersi dietro l'uscio del carcere, dove ha da rimanere
Dio sa per quanto tempo, così rimase donna Paolina nella casa materna,
disperata, trasognata, quando all'ora consueta della visita quotidiana non vide
entrar più il suo giovane amico dalla solita porta, alla quale il suo sguardo
irrequieto volgevasi più e più volte, se la sfera dell'orologio mai avesse
segnato un minuto di più!
Prima di partire, com'è naturale, ella e il Baroggi
fermarono di scriversi, per trovarsi in quella comunicazione spirituale e
d'immaginazione, che è l'unico sollievo nel dolore della lontananza. Ma anche
qui nacque un incaglio, che la nonna pretese di legger prima le lettere così
del capitano, come della nipote. Pretesa assurda e tirannica, e tale da rendere
illusoria ai fidanzati la consolazione dello scrivere. Le lettere ove due
innamorati si versano interi nell'effervescenza dell'affetto e dell'affanno,
possono elle subire prima la censura dei vecchi rugiadosi e dei giudici
indifferenti e spietati? Di quelle lettere adunque non ne furono scritte che un
pajo, e anche queste per obbedienza; poi donna Paolina, nella più fiera
desolazione dell'animo, si concentrò in sè stessa e si tacque. Piuttosto che
scrivere quello che non pensava e non sentiva, piuttosto che distruggere la
parte più viva di ciò che le dettava il sentimento in tumulto, si accontentò
del silenzio. Ma che nacque da ciò? Nacque che il Baroggi, per molti e molti
giorni aspettando lettere indarno, colla immaginazione inesausta dell'amore che,
non pago de' suoi naturali affanni, inventa sciagure e miserie che non ci sono
e fantastica sospetti d'ogni sorta, si mise in testa che donna Paolina, in quel
breve lasso di tempo, si fosse cangiata a suo riguardo. Già qualcuno che
praticava in casa V..., ed altri che conoscevan lui e la famiglia, avevangli
sussurrato all'orecchio qualche amoretto che la fanciulla aveva avuto fin da
quando trovavasi in collegio; gli avevan nominato qualche giovane patrizio,
che, nelle vacanze autunnali, trovandosi a villeggiare sul Lario, s'era inteso
con lei molto bene, onde eran corse lettere, e si erano ricambiati saluti e
sospiri e addii.
Qualcuno pretese persino d'essere stato testimonio
accidentale di colloquj furtivi, e d'aver visto la fanciulla a notte alta
uscire clandestinamente sull'aereo terrazzo ad aspettar l'amante. Avevano
esagerato l'indole troppo espansiva e tumultuosa della fanciulla, e i bollori
del suo sangue adolescente, più forti di quello che comportasse l'età e
l'educazione casalinga. Avean gettato sospetti di una eccessiva volubilità, per
cui la fanciulla potè avere molti amanti in poco tempo. Il bel mondo, insomma,
com'è suo costume, non avendo a far altro, si dilettò anche allora, come sempre,
a passare il tempo lacerando, senza darsene per inteso, quella giovinetta
riputazione; come una mano villana, quasi senza saperlo, va sfogliando una rosa
appena sbocciata.
Il Baroggi, finchè s'era trovato in compagnia della
fanciulla, bevendo la voluttà dell'affetto corrisposto non aveva mai dato
importanza a quelle dicerie, solo accagionando di mal animo e d'invidia quelli
che gli avevan parlato in quel modo. Ma tutte quelle accuse, che non gli avevan
lasciato che una traccia lieve nella memoria, quando vennero a mancar le
lettere, levarono il volo repentino, come augelli di sinistro augurio, ad
oscurargli la vista e a circondarlo di sospetti orrendi. Un sospetto basta che
appena spunti, che tosto è gigante e veloce, e trascina la immaginazione
spaventata a inventar fatti, che non stanno nemmeno al possibile.
La cosa si prolungò per qualche tempo. Il capitano non
scrisse più lettere nemmeno lui. Il silenzio del Baroggi provocò in donna
Paolina i medesimi sospetti ch'egli provava per lei. Ella ricordavasi degli
amori galanti che aveva avuto colla contessa A..., colla R..., con altre di
Milano. "Quel che ha fatto qui, potrà farlo altrove", pensava; e si
tormentava pensandolo, e non aveva requie e non mangiava e non dormiva, e
dimagrava un giorno più dell'altro... ma continuava in lei l'ostinazione di tacere
e di non scriver più lettere... Codesta ostinazione era generata dall'idea che
il suo Baroggi (e ciò avveniva nei momenti meno infelici, che non dubitava di
lui), stanco di quella lontananza senza corrispondenza, avrebbe preso qualche
partito disperato e risolutivo.
In casa, intanto, la contessa Clelia, vedendo quella sosta
delle lettere, quel silenzio della fanciulla, che non parlava mai, che non si
lamentava mai, perchè il dolore, quand'è profondissimo, è muto, si argomentò di
poter finalmente tentare una parola per dissuaderla da quel matrimonio.
Ma lo sguardo onde la disgraziata fanciulla saettò la nonna,
appena si accorse dove andava a finire il suo discorso, fu tale, che la
contessa non ebbe più il coraggio d'andare avanti, e non ne fece altro per
allora, senza però dimettere la speranza che un giorno o l'altro si sarebbe
piegata al suo volere.
Quanto al Baroggi, dopo aver continuato per tanti giorni a
sopportare un dolore morale superiore a qualunque spasimo fisico, risolse di
mandare a Milano un giovane, col quale erasi stretto in amicizia a Piacenza e
al quale aveva confidato la condizione deplorabile in cui trovavasi. L'amico
accettò l'incarico, e venne a Milano. Recossi in casa V..., perchè non c'era
nessuna ragione che la visita fosse clandestina. Trovò le tre donne insieme.
Naturalmente il discorso cadde sul Baroggi, e sul quando sarebbero finite le
pratiche per conchiudere il matrimonio. La contessa Clelia colse un pretesto
per far uscir di camera la fanciulla, la quale obbediente in apparenza, come una
pecora avvilita, uscì senza far motto. Ma quanta disperazione l'amico del
Baroggi lesse in quell'obbedienza muta!
Questa volta però la contessa, volendo troppo, ruppe
l'incantesimo della sua inesorabile autorità. Se donna Paolina non fosse uscita
in quel punto, non sarebbe nato quello che nacque.
|