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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO DECIMOTERZO
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Venne l'alba; il capitano e donna Paolina si alzarono. Di a pochi minuti due carrozze entrarono nell'albergo dov'essi alloggiavano. I due padrini salirono. Donna Paolina, indossata l'assisa di dragone, passò nel salotto dove il Baroggi erasi già recato a salutare e ringraziare e stringer la mano ai due ufficiali. Donna Paolina ebbe moti e accenti tranquilli e solenni. Perduta ogni speranza di riconciliazione, in lei era cessato l'orgasmo dell'aspettazione e dell'incertezza; d'altra parte, anche l'affanno avendo la sua stanchezza, aveva dato luogo a un sentimento tutto interno e senza espansione, a un sentimento molto simile a quello di un ammalato che, essendosi illuso di poter riacquistare la salute, sente invece che per lui non ci sono che pochi giorni di vita; e in questo pensiero, per le arcane leggi della natura compensatrice, s'adagia in silenzio, e aspetta l'ora del proprio fine. Essa dunque era muta e immobile. I due ufficiali la guardavano con ammirazione e con pietà; nulla v'ha di più bello e affascinante della bellezza femminile e della gioventù, quando, ad onta della calma, rivela nel proprio aspetto le impronte di un immenso dolore.

Vedrete che tutto finirà bene, le disse uno degli ufficiali.

Non spero nulla. Soltanto vi supplico a ottenermi qui dal capitano il permesso di venir anch'io presso al luogo del duello. Vi prometto che starò immobile al mio posto, come uno de' sepolcri che stanno lungo la via Appia. Qui sola non potrei resistere allo spasimo. , a due passi dal sito fatale, la notizia dell'esito potrà essermi recata da voi in pochi minuti. Non credo che ci sia nessuna sconvenienza in ciò.

Capitano, soggiunse allora, uno de' due padrini, noi portiamo la persuasione ch'ella possa ben venire a pochi passi di distanza da noi. Costei è una donna-uomo. Vi supplichiamo a concederle quanto ella chiede.

Essa faccia quel che più desidera, rispose il Baroggi, prendendo per mano e baciando la sua Paolina. Costei non sarà mai per far cosa che possa compromettere d'un punto la fama dell'uomo di cui ebbe la generosa bontà di voler dividere i destini.

Proferendo queste parole, preceduto dagli altri, uscì e discese; poi, quando fu al piede dello scalone, riabbracciando e ribaciando e salutando la sua donna, la mise a star sola in una carrozza, ponendo a' suoi ordini un uomo che serviva nell'albergo, ed egli salì nell'altra, insieme coi due ufficiali padrini.

Da porta Pinciana dovendo attraversar tutta Roma per andare a porta S. Sebastiano, e poi percorrere quasi due miglia e mezzo della via Appia per recarsi al sepolcro di Cecilia Metella, il viaggio durò qualche tempo. Il capitano Baroggi, ad ostentare indifferenza, la quale nelle ore che precedono un duello è comandata dalla consuetudine e dalla prammatica, per quanto le più legittime apprensioni debbano travagliare un animo giusto e non spensierato, s'intrattenne con gran disinvoltura, lungo il cammino, delle rovine di Roma; del come, in poco tempo, dovendo essa diventare la capitale d'Italia, la popolazione avrebbe potuto ascendere facilmente a cinquecento, a seicento mila anime, e tutta la parte desolata dell'eterna città, che dal suo centro per più di due miglia si prolunga fino alla porta Appia, avrebbe potuto empirsi di grandiose abitazioni. Fuori di porta, poi, considerò poeticamente e storicamente, come sullo stesso acciottolato su cui rumoreggiava la carrozza in cui esso trovavasi, avevano già rotolato i carri degli antichi Romani, e le bighe e le quadrighe trionfali di Cesare e di Pompeo; e, dimenticandosi per poco della propria condizione, fece voti che la grandezza futura di Roma e dell'Italia potesse divenir tale, che a poco a poco dovesse poi scemare il culto idolatra che si aveva per ogni minima pietra infranta del suo passato. Di tal modo esso giunse a distrarre e a dissimulare l'intima preoccupazione. Ma non potè fare altrettanto donna Paolina; sola nella propria carrozza, dalla campagna solitaria che le si stendeva dintorno, e dai ruderi e dai cippi e dagli avelli infranti, che ad ineguali intervalli profilano la vetusta via, non le derivavano che tetre sensazioni che sempre più l'accasciavano; oltredichè l'abbattimento fisico per la notte vegliata nell'irrequietudine del pensiero l'avevan ridotta sin quasi alla condizione febbrile; e presto sul cielo essa vide staccarsi l'antico sepolcro di Cecilia in sembianza di un torrione merlato, e pochi momenti dopo vide due carrozze ferme nella campagna a sinistra del mausoleo. Mandò un lungo sospiro, volse gli occhi al cielo, si contorse le mani, colle quali poscia si cinse le tempia, e si rannicchiò, come per spavento, in un angolo della carrozza.

Il Baroggi e i due ufficiali discesero, e fecero fermare la carrozza presso all'altra dove stava donna Paolina, alla quale il capitano strinse fortemente la mano incoraggiandola collo sguardo senza aggiunger parola. S'avviarono nel campo dove eran già gli altri. I padrini delle due parti si salutarono, stettero insieme a consulta qualche momento; uno dei padrini del conte S..., presi due squadroni di identica forma e lunghezza, li porse ad uno dei padrini del capitano Baroggi dalla parte dell'elsa, perchè a caso scegliesse il suo. I due avversarj, svestita l'assisa, levato il fazzoletto dal collo, rimboccate le maniche della camicia, si piantarono rimpetto l'uno dell'altro nei due punti della zona determinata dai padrini. Un medico, un chirurgo, due soldati d'ordinanza delle due armi dei dragoni e degli usseri stavano a qualche distanza.

Se lo spettacolo di un duello, per minima che sia la cagione che l'ha provocato, per indifferenti che sieno i combattenti, per poca o nessuna che sia la valentia ch'essi abbiano nell'uso dell'arma, desta sempre un vivo interesse, e tiene sempre gli astanti in affannosa apprensione, è facile immaginare che interesse, che ansia, quali emozioni debba suscitare quando le cagioni onde nacque sieno gravissime, quando sia noto che gli avversari devono essere agitati da fortissimi sentimenti; quando per di più la fama ch'essi hanno di valentissimi, comunichi all'interesse consueto l'interesse e l'aspettazione, quasi diremmo, di uno spettacolo d'arte! Di questo genere era il duello che sotto il cielo di Roma, presso ad uno dei più famosi e vetusti monumenti di quella classica terra che delle proprie memorie investe e fa grandeggiare anche il presente, stava per incominciare.

Un amante, anzi un marito, marito in faccia alle eterne leggi della natura, se non in cospetto delle transitorie consuetudini sociali, stava a fronte al padre della propria sposa; la gioventù nel primo suo vigore, la bellezza nel massimo suo splendore, di contro alla virilità che, presso alla sua decadenza, sembrava riassumere in un estremo sforzo i varj momenti dell'età trascorsa, e celare i guasti del tempo sotto un aspetto affatto eccezionale di jattanza poderosa. Da un lato un raggio calmo di onesta bontà, che rendeva più interessante la gioventù, la bellezza, la sventura; dall'altro un'apparenza fiera e provocatrice, che stornava da ogni simpatia ed ogni indulgenza.

Dato e ricambiato il saluto di costume, gli squadroni si toccarono. Il tintinnio risuonò nella profondità del silenzio generale. Quel sonito passò il cuore della sciagurata Paolina, che si gettò in ginocchio, fermandosi in questa posa come un'estatica.

Ma noi non riferiremo tutti gli accidenti del duello, tutti i colpi, le mosse, le gare tra la forza e la destrezza. Soltanto diremo che, senza ferir colpo, i combattenti dovettero riposarsi fino a cinque volte, riuscendo manifesto agli astanti ed allo stesso conte S..., che il capitano avrebbe potuto percuoterlo gravemente una volta alla testa, un'altra al petto. Gli squadroni al sesto assalto si toccaron di nuovo.

Il Baroggi, in tanti assalti rinnovati, aveva studiato i tiri abituali del conte, e scoperto le vie d'entrata per aggiustargli quel colpo che lo ferisse, senza fargli gran danno; ed in ciò consisteva quella suprema e quasi già prodigiosa valentia nell'arte, di cui nessuno può esser sicuro... e l'ingresso fu lasciato aperto, ed egli fu lesto ad approfittarne; ma, nel misurargli il fendente con tal arte da scemargli la gravezza del colpo, perdette quel prezioso minuto secondo che può dar la vittoria; e il conte in quel punto gli calò sulla spalla un forte colpo, pur riparato in tempo, ma non così che non gli ferisse la spalla destra.

Sangue! gridarono ad una voce i padrini; fermi, basta.

Il conte abbassò lo squadrone, il capitano fe' altrettanto, e si volse verso il padrino che gli denudava la spalla. Macchinalmente alzò poi gli occhi al cielo con quell'atto che dinota ira e disprezzo, e lasciò cadere a terra lo squadrone. Accorsero il chirurgo e il medico, e il conte, appoggiato sull'elsa del proprio squadrone, guardava e non si moveva, e quasi non respirava. Vi fu un momento solenne di silenzio generale... ma a romperlo con violenza, dal ciglio della via balzò nel campo donna Paolina... fu tosto presso al capitano, guardò la ferita, guardò nella faccia del chirurgo, e lettavi la espressione di chi teme più che di chi spera, balzò in piedi come una demente, e, sguainato lo squadrone, fu sì prestamente addosso al padre, che questo appena ebbe il tempo di parare il colpo, e certo avrebbe dovuto pararne altri, se la figliuola nel gridare: Morite ora voi, scellerato, non fosse caduta sul terreno istantaneamente e priva di sensi; caduta come piombo, come una statua marmorea che d'improvviso si rovesci; e colà stette.

Ad eccezione del medico e del chirurgo, che non si staccarono dal capitano ferito, tutti furono allora intorno a quella sventurata. Solo il conte... puntato lo squadrone a terra, si appoggiò di nuovo sull'elsa, e stette immobile così. Se non che, venuto a lui, dopo alcuni secondi, il colonnello Ballabio, questi con pietosa meraviglia vide che dagli occhi fissi e attoniti cadevangli a dirotta le lagrime sulla corrugata faccia, ancora atteggiata alla fierezza. Il cuore, impietrito, gli si era come smosso e squagliato sotto a quel colpo estremo. Le emozioni provate da tante ore continue, perfino il suo orgoglio lusingato dall'apparente vittoria, avendogli ammorbidita la fibra, aprirono di repente un varco a que' sentimenti che la natura pareva avergli negati. In un baleno il suo pensiero percorse infinite cose; si rifece indietro tanti e tanti anni; comprese tutti i proprj torti; avrebbe voluto aver presente la dolce e pur sempre a lui cara Ada; avrebbe dato tutto il suo sangue perchè non fosse avvenuto tanto disastro; si tormentava di non aver consolata la propria figliuola nel punto ch'ella, supplicante, erasi gettata a' suoi ginocchi; di non averle detto: Sii la moglie felice del tuo felice marito. Pensò a tutte queste cose, che in folla gli si addensavano in petto tremendamente affannose. Pensò e pianse, e dopo aver fissato per qualche istante il Ballabio:

È viva? esclamò. Oh, faccia Dio ch'ella sia viva!

Ogni cura possibile in que' momenti fu amministrata. La fanciulla, dopo assai tempo, diè segni di vita. Era stata una sincope pericolosa e quasi mortale... Ma il padre non osò avvicinarsi a lei... Soltanto, con parole che non parevano compatibili con quella sua natura di ferro e di fuoco, pregò il Ballabio di chiedere al ferito capitano se gli permetteva di stringergli la mano. Il Baroggi, alla domanda del Ballabio, il quale prima aveagli detto che la donna sua stava riavendosi, presentava pericolo alcuno, chinò la testa in segno di adesione. Il conte S... si avvicinò, s'inchinò a lui, gli prese la mano... Il Baroggi se la lasciò stringere, ma non disse nulla.

Il conte interrogò poscia il chirurgo sulla condizione della ferita.

La ferita è grave... forse sarà indispensabile la disarticolazione, che è una delle più difficili operazioni.

Il conte tacque e si fe' cupo.

Donna Paolina fu messa in carrozza; in una lettiga fatta venire dalla città fu posto a giacere il Baroggi.

Così finì quella triste giornata.

Ed ora dovrà passare assai tempo prima di trovarci ancora con questi personaggi.

 

 




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