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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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VII Giova intanto sapere che questa festa fu posteriore di qualche mese alla caccia di Lainate. In tale frattempo le passioni dei personaggi principali del nostro dramma subirono quelle modificazioni e alterazioni che il tempo suol sempre produrre. La contessina Amalia Aquila era stata fatta dama di corte, annuente il marito che non volle nulla per sè, ma che attendeva ben altre cose dall'avvenire, e fiutava gli eventi come il leone fiuta il vento che investe la selva; la viceregina Amalia Beauharnais supplicò ella stessa il conte Aquila perchè concedesse alla moglie di accettare il posto di dama di corte. Veramente fu il vicerè che indusse la vicereale consorte a far quella preghiera; ma anche essa ebbe piacere di accondiscendere al marito, perchè, ingenua e virtuosissima qual era, vedeva nella contessina Aquila una delle più splendide e gloriose eccezioni in quella schiera di voluttuose donne che stavano alla contessina come le abitatrici olimpie a qualcuna delle martiri cristiane. Quella martire però, degna d'essere dipinta dal Beato Angelico, da qualche tempo volgeva e rivolgeva nell'animo pensieri ed aspirazioni e desii e voti che non eran certamente quelli del paradiso celeste, ma di quell'altro paradiso che si trova dappertutto, anche in un tugurio, anche nelle lande della pianura, anche in una risaja, purchè vi siano un uomo e una donna che si vogliano bene con ardore e con gentilezza. Davvero che la contessina fece malissimo a riposarsi troppo su quei pensieri; davvero ch'ella avrebbe fatto meglio a gettarsi ai piedi di un confessore oblato, e a flagellarsi sette volte al giorno per trenta giorni; ma in conclusione ella non uscì mai dal segreto de' suoi pensieri; ma in tutto e per tutto si ridusse a far dei conti senza l'oste. Tornando indietro, abbiamo vista la contessina a ballare la sua quadriglia d'obbligo col vicerè; però possiamo congetturare le parole che il vicerè le deve aver dette all'orecchio nei riposi alternati della danza. Quando una donna ha pensato molto ad un uomo nella solitudine non mai svegliata della casa; ed è stata gran tempo senza vederlo, e col desiderio di vederlo, la prima volta che si trova con lui subisce una tale ebbrezza vertiginosa, che non è più capace di governare sè stessa, malgrado di tutta la sua virtù nativa. Ella si lascia trascinare dal suo affascinatore come una bambina infatuata. La stessa innocenza della vita, la stessa ingenuità dell'indole, invece di essere armi di difesa, espongono i lati più deboli alle ferite. La contessina dunque danzò e ascoltò le parole del vicerè senza sapere quel che si facesse; senza ricordarsi più in che mondo si fosse. Vi fu persino un momento in cui si lasciò andare ad un abbandono così spensierato, che il vicerè medesimo si fece guardingo e riservato per paura che troppi se ne accorgessero. Tanto l'innocenza assume talvolta la sembianza del suo opposto. Alle altre dame e alla Falchi non sarebbe mai capitato di trovarsi come la povera Amalia nella condizione del rosignuolo che trepidando e inconscio sbatte l'ali per volare sulla lingua del crotalo. Ma non si scansa che chi conosce il pericolo; e se è un pericolo ambito, lo vuol rendere più appetitoso protraendolo! Più d'una volta, anche senza essere stati il vicerè, nè avere avuta un'assisa tutta carica d'oro, sarà capitato a voi tutti, i miei cari giovinetti, che oggimai, al pari di me, siete in liquidazione, d'avere avuto sotto il braccio o tra le braccia taluna di quelle care giovinette o donne sature di sentimento e d'indole ingenua, che per un momento, nell'entusiasmo dell'affetto, vanno soggette ad una specie di sincope mentale; e, se siete stati galantuomini, non avrete abusato di quei momenti, perchè non c'è nè coraggio nè gloria a vincere chi non è in parata. Ebbene, la contessina Amalia, alla festa del 1810, assomigliò appunto per un istante ad una di codeste donne; nel medesimo tempo che il vicerè non pensò nemmeno per un minuto a sfoggiare quel galantomismo del quale voi ed io, probabilmente, avremmo dato un così bel saggio. Egli si mise soltanto in gran riguardo, finchè stette nell'affollatissima sala delle Cariatidi, ma appena cessò la musica, e i danzatori ricondussero agli aurei sedili le sudate Alfesibee, egli passo passo, dopo aver dette due parole al generale ajutante, tirò di lungo colla bella contessina sotto il braccio e, adagio adagio, scivolò con essa attraverso ad una delle porte e passò nelle altre sale. Fu allora che l'avvocatessa Falchi, come fu già detto, attaccatasi sotto al braccio del pittor Bossi, seco lo trasse sui passi della povera contessina. Venite con me un momento, avea detto la Falchi al Bossi. Dove? Si sa; a far un giro per le sale. Rechiamoci allora nella sala del buffet, che ci ristoreremo di questo caldo africano. Al buffet ci andremo dopo. Venite ora con me... Sempre disposto all'obbedienza. Ma di che si tratta? Di nulla o di molto. Ma non vorrei che stanotte nascesse qualche tragedia. Il conte Aquila è qui, e non è cieco; la contessina ha perduta la testa; e quella frasca di vicerè vuol comprometterla in ogni modo. Vivere e lasciar vivere, cara signora. Che cosa vuol ella fare? Il conte è là che parla con Marmont da più di un'ora. Ella sa ch'ei non bada più a nulla quando è sprofondato in una disputa. Lasci dunque andare. Il pittor Bossi conosceva troppo la Falchi e non si fidava, e comprendeva che tutte quelle premure non derivavano da buone intenzioni. Sa ella che cosa dovremo fare piuttosto? soggiunse poi. Recarci là presso al conte, e quando Marmont si staccasse da lui, metterci tosto al posto del generale; e non lasciar solo il conte, e trattenerlo e annaspargli la vista, e dar tempo al tempo per lasciare che chi vuol cavarsi un piacere se lo cavi senza pericolo e senza conseguenza. Ma che propositi son questi, signor pittore? Per chi mi credete? O propositi o spropositi, io non disfaccio mai il piatto altrui. Chi ha appetito mangi, e buona notte. Ho altro per la testa io. Il pittor Bossi non parlò certo con gentilezza cavalleresca, ma disprezzava la Falchi, di cui non poteva sopportare la capricciosa e vanitosa burbanza. In quanto a lei, con sgarbo plebeo e da fantesca si staccò da lui, lo piantò in mezzo alla sala, e mosse incontro, imponendo il proprio braccio a un giovane patrizio, il quale allora poteva avere dai ventiquattro ai venticinque anni, e oggi vive ancora con quasi sessant'anni di più, e sta benone di salute. Questo vecchio, che nel 1810 era un giovane, veniva da' suoi conoscenti soprannominato il Milordino, perchè aveva fatto due volte il viaggio di Londra, perchè aveva portato dall'Inghilterra tutte le caricature che là si erano diffuse contro Bonaparte generale, console, imperatore; perché preferiva il roast-beef alla nostrana coppa di manzo, e perchè portava nel taschino del panciotto, che aveva dovuto far ingrandire, un grosso orologio inglese da capitano di nave, comperato a Londra da un ajutante di Nelson. Non era troppo ben veduto dal governo; ma siccome era tutto dato a cavalli, a donne, al giuoco, così non era per nulla temuto, e lo lasciavan fare, o, per esprimerci più giusto, lo lasciavan dire. Fra tutti quelli che da qualche tempo avevano sulle corna il vicerè, egli primeggiava incontestabilmente, e ciò per il disdoro toccato d'essere stato messo alla porta, senza nemmeno il ben servito nè la concessione degli otto giorni di pratica, dalla sua troppo bella amante, che riuscì troppo cara a Beauharnais. La Falchi sapeva questi antecedenti, onde quando lo vide spuntar da una porta, pensò tosto di abbandonare il buon Bossi per attaccarsi a un confederato più disposto ad una lega offensiva e difensiva. Nè ancora la sua mano era appoggiata al braccio del Milordino, che già questi le aveva detto: Ha visto, madama? quasi quasi sarei tentato di andare ad avvisare il conte e di farlo venir qui. È facile ingannarsi, caro conte. È meglio prima accertarsi... Accertarvi?.. ecco... avete visto? Davvero che ho visto... Ma, sapete che se da una parte la petulanza ha passato ogni ritegno, dall'altra l'inesperienza e la leggerezza sono tali che una collegiale di S. Filippo potrebbe darle dei pareri!... Queste parole furono provocate dal fatto che il vicerè, quando fu in quella camera che precede l'attuale stanza da letto, nonostante che le livree di corte stessero immobili a guardia delle porte, nonostante che alcuno degli intervenuti fossero là per trovare qualche ristoro al caldo soffocante delle sale affollate, non seppe vincersi così, che non baciasse sulla gota la trasognata contessina Amalia. Fu l'atto di un minuto secondo; ma fu tale che la contessina parve come svegliarsi di colpo da quello stato di trasognamento deliro in cui versava da qualche tempo. Si svegliò, sottrasse la gota alla bocca del vicerè, e si sciolse dalle braccia di lui con un movimento così risoluto e quasi guerriero, che il vicerè non valse a trattenerla. I servitori di corte che stavan là immobili addossati agli stipiti delle porte, come statue di terra cotta, videro ogni cosa; ma gl'intervenuti, i quali erano aggruppati in un angolo confabulando in crocchio, non ebbero il tempo di voltarsi, che la contessina, inseguita dal vicerè, era già uscita. La Falchi e il lord-contino tirarono di lungo come se fossero dell'altro mondo, e, ritornando nelle sale affollate, si confusero al mare magno. Un'ora dopo la contessina Aquila, dama di corte, era seduta presso la viceregina Amalia; che, nella sua angelica bontà, le diceva le più gentili parole, le faceva le più affettuose carezze. Il vicerè, in altra parte, diventato di mal umore e asprissimo, si rendeva, senza volerlo, antipatico e uggioso a quanti ebbero a parlar seco. La Falchi, seduta col ministro Prina, gli stava narrando e descrivendo quanto aveva veduto, e il ministro, crollando la testa: Che queste cose, osservava, le diciate a me, cara signora Teresa, sta bene, ma per carità non vi venga la tentazione di dirle ad altri... È già una disgrazia che abbiate avuto un testimonio, e che testimonio!... A proposito, voi dovreste fare una cosa: pregare il conte a non dir niente a nessuno di quanto ha visto. Capisco che sarà difficile chiuder la bocca a un farfallino tale... In ogni modo, giacchè voi avete dell'ascendente su costui, perchè le belle donne fanno fare tutto quello che vogliono ai giovanotti, potreste indurlo, per lo meno, ad essere un po' circospetto... In conclusione, quando avesse parlato e avesse fatto in modo che il conte venisse a saper tutto... su chi verrebbe a cadere la tempesta?... Sulla più innocente di tutti... Nè stia mai a credere di poter vendicarsi del vicerè... Pretendereste che il vicerè potesse aver paura del conte? Ma non state mai a credere una simile corbelleria. Tutto quello che potrebbe succedere, avuto riguardo all'indole superba e terribile del conte, sarebbe di far nascere uno scandalo inaudito da far parlare tutto il paese; il conte potrebbe sfidare il vicerè... e il vicerè, come vicerè, non accetterebbe, e lascerebbe il conte scornato più che mai, e in tale stato d'esacerbazione da far nascere una tragedia domestica. È sempre la povera contessina che ne va di mezzo; la sola contessina. Abbiate pietà di lei, per carità; fate capire al Milordino che a parlare commetterebbe un atto di viltà inaudito... Pigliatelo da questo lato... Lusingatelo nel suo carattere di gentiluomo e di cavaliere... Vedrete che vi ubbidirà; facendo credere agli uomini che noi siamo intimamente persuasi che essi possedono qualche virtù che non hanno, finiscono ad assumerla, per il momento almeno. Ditegli adunque che un cavaliere onorato e squisito come lui non può trovare nessuna compiacenza a compromettere una povera donna, che è già infelice abbastanza. Che se poi volesse vendicarsi del vicerè... è subito fatto. Si faccia innanzi, e gli rubi alcuna delle sue amanti... È questo il solo genere di sfida e di duello che il vicerè non può rifiutare. Guardate che il contino è lì. Non perdete tempo. Attendete ch'io gli faccia cenno. Eccolo... parlategli chiaro e forte, come sapete far voi. Addio siamo intesi; e si alzava dicendo al contino che si avvicinava: Madama ha bisogno di parlarvi. Io vi lascio con lei. Il ministro Prina, da uomo di mondo e di retto senso e buono di quella bontà che non vuole gli scandali e le sventure inutili, perorò così fortemente perchè l'avvocatessa serbasse il silenzio, che ella infatti, quantunque fosse d'una caparbietà per lo più invincibile, obbedì per allora e indusse anche il Milordino ad obbedire. Egli è vero che il giovinotto aveva già detto qualche cosa a taluno de' suoi amici, egli è vero inoltre che anche altri in quella notte s'accorsero che qualche cosa c'era stato tra il vicerè e la contessina. Ma le dicerie si fermarono tutte a molti passi di distanza dal conte; ma se il bel mondo parlò e sparlò dell'avvenuto, il conte per assai tempo visse nella più profonda oscurità, e la contessina, ritornata nei silenzj casalinghi, dopo aver ripensato con orrore al pericolo fuggito, giurò, per quanto il cuore le gemesse e la passione la straziasse in mille modi, di non mettersi mai più al punto di trovarsi da sola a solo col vicerè. E attenne la promessa e il giuramento; e non ebbe in seguito ad incolparsi d'altro che di pensieri ed aspirazioni sentimentali, e fu tanto modesta seco, che non si ascrisse a merito, come bene avrebbe potuto, l'essere fuggita così deliberatamente dal vicerè che volea trarla a perdizione. Tutto adunque sembrò finito in quella notte. Il dramma incominciato con grande aspettazione erasi sciolto in nulla, tra un pentimento, un dispetto fuggitivo, uno sbadiglio e un consiglio prudenziale. Ma sinchè si è vivi, se durano le speranze, sono anche incessanti i timori e ognor presenti i pericoli: e dovevano trascorrere due anni prima che quel bacio fatale, come una morsicatura di cane idrofobo, avesse a ricomparire nelle sue conseguenze con sintomi i più esiziali. Chi avrebbe detto al ministro Prina, quando perorò a vantaggio della felicità domestica dei conjugi Aquila, che più che mai aveva perorato per sè? Chi avrebbe detto ai più veggenti, che la prima volta che fosse giunta all'orecchio del conte la notizia di quell'avventura galante, il destino avrebbe in quel dì stesso segnata una sentenza di morte; e che del famoso eccidio sarebbesi in quel giorno cominciata a tessere la prima trama? Saltiamo ora dunque due anni di piè pari, per trovarci in sul principio dell'anno 1813, sotto la luce sinistra della stella tramontante di Napoleone.
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