IX
Il lettore che, dopo i fatti di Roma, vide già il Baroggi
alla caccia di Lainate impegnato in un grave alterco con Foscolo, che finì poi
colla più calda amicizia per parte d'ambedue, ed oggi lo rivede in casa Aquila;
avrà desiderio di sapere che cosa è avvenuto di lui e di donna Paolina in tutto
il tempo decorso. Il Baroggi, subita l'operazione della spalla, guarì
compiutamente in capo a due mesi. Il colonnello S... in quell'occasione fu più
volte a visitarlo, e ne' giorni che, dopo l'operazione chirurgica, parve che il
capitano versasse in grave pericolo di vita, esso fu il primo a proporre,
sposasse dal letto donna Paolina. Le destre furon congiunte, tra le lagrime
degli sposi e degli astanti e il dolore più cupo del conte S...; chè in quel dì
appunto, infierendo l'infiammazione, il chirurgo avea quasi tolta ogni speranza
di guarigione. Ma tante angosce si rivolsero nella più schietta gioja quando il
pericolo cessò. Il conte S... parve trasmutato in tutt'altr'uomo e non v'erano
carezze che non facesse alla figliuola. Ma venne il dì del distacco. La
divisione del general Massena lasciò Roma; e il colonnello S... dovette partire
col reggimento.
Il capitano Baroggi, perfettamente ristabilito in salute,
raggiunse il presidio di Bologna, lasciando la moglie in Roma, dove diede in
luce un figliuolo. Nei rovesci del 99 lasciò l'Italia con lei. Nel 1800 passò
il gran San Bernardo col primo console; alla battaglia d'Austerlitz ebbe il
piacere di rivedere il suocero, allora generale di brigata, ma dal dì stesso
divise colla moglie il dolore per la morte di lui sul campo di battaglia, dove
una palla da cannone lo rovesciò da cavallo. Venuto a Milano, nell'occasione
che Eugenio Beauharnais fu fatto vicerè d'Italia, entrò nel suo stato maggiore.
In quel tempo collocò a pensione nel collegio Calchi-Taeggi il proprio figlio,
raccomandato alle cure speciali della contessina Ada, che, rimasta sola a
Milano, per esser morta nel 1801 in vecchissima età la contessa Clelia, ripose
in quel fanciullo ogni affetto, ed ebbe per lui tutte le sollecitudini. Seguito
il vicerè in tutte le battaglie in cui questo si trovò, ebbe parte con esso
anche nella campagna di Russia, dove fu colto nel braccio da una palla di
fucile rimbalzata.
L'accoglimento che il conte fece al colonnello fu quello di
un re non costituzionale e affetto dal mal di fegato, che adempie
all'etichetta, senza dire nessuna parola confortevole a chi si presenta
all'udienza. Discorsero della campagna di Russia; del generale Pino e de' suoi
disgusti col vicerè; il conte domandò al colonnello in che luogo e in che modo
egli era stato ferito; parlarono anche del testamento, e il conte non mancò di
significare al colonnello che la protezione del vicerè gli pareva dover
riuscire più di danno che di vantaggio; gli chiese inoltre se esso sapeva da
che parte e da che mani quel testamento aveva potuto sbucar fuori. Dal lato suo
il Baroggi, disgustato di quell'accoglimento, rispose secco e stando sempre
sulle generali, e infine si accommiatò, soggiungendo che si recava negli
appartamenti della signora contessa a levare la propria moglie. Il conte
allora, spinto dalla curiosità più che dai riguardi del galateo, si alzò
anch'esso, e seguì il colonnello, dicendo che gli piaceva di far la conoscenza
di una donna ch'era stata di sì forte animo da seguir sempre
il marito alla guerra.
Donna Paolina, vestita nella sua completa divisa di dragone,
stava seduta accanto alla contessina Aquila, e teneva la mano di lei nella
propria, quando il conte ed il colonnello entrarono. Chi non avesse conosciuto
l'esser suo, l'avrebbe creduto un giovinotto amante, tutto intento a
corteggiare la propria dama. Donna Paolina si alzò all'improvvisa comparsa del
conte; alta e snella e leggiadra, e cogli occhi saettanti come quelli della
Camilla di Virgilio. Il conte, che non l'aveva mai veduta, fu colpito da quello
spettacolo. Esso era duro e non avea cuore; ma il sangue lo aveva, e quella
donna, vestita in quella foggia e così diversa da tutte le altre, gli mise
sossopra il sangue. Se non che, considerandola una conquista impossibile,
l'ebbe tosto in avversione, come un fatto che umiliava il suo orgoglio; e
parendogli, sotto il lavoro di quella stessa umiliazione, ch'ella fosse altera
e sprezzante, sentì crescere la tentazione di nuocere a lei e a suo marito in
quanto poteva. Il conte Aquila era un perfetto cavaliere, nè mai sarebbesi
degnato adoperare armi oblique e insidiose a danno di chicchessia; ma in
quell'occasione, anche perchè gli premeva che la ricchezza rimanesse al
patriziato e non alla gente oscura, si sentì irresistibilmente portato a volere
il loro danno.
In quel giorno non avvenne altro di considerevole; i coniugi
Baroggi si recarono dall'avvocato Falchi, per sentire in che posizione si
mettevano i loro interessi; l'avvocato Falchi diede loro le più belle parole
del mondo; ma in quel dì stesso invitò a pranzo l'avvocato Gambarana, perchè
non c'è legge la quale proibisca ad un avvocato di mangiare un boccone in
compagnia dell'avversario.
Il conte Aquila, incumbenzato dal marchese F..., fece una
visita al giudice a cui dal presidente del tribunale era stata affidata la
trattazione dell'eredità Baroggi; quel giudice, che era il cavaliere F...,
aveva tanto ingegno e criterio e sapere legale quant'era scialacquatore e
dissestato ne' proprj affari; circostanza di cui il conte Aquila era stato
informato, e della quale avea pensato di trar profitto. Il signor giudice fece
intendere al conte che quell'affare era stato chiamato espressamente dal
ministro Luosi; non ommettendo però di conchiudere, con quell'arte fina che
accenna senza lasciar traccie le quali possano compromettere, che il Luosi
doveva pensare ai casi proprj, per la medesima ragione onde il vicerè non era
ben sicuro sul proprio cavallo. Per questo affare privato, che pure doveva
avere la sua influenza sulla pubblica cosa, il conte non ebbe dunque motivo di
lagnarsi in quel giorno; come ebbe assai ragioni di portar la testa più alta e
di avere gli occhi più provocanti del solito, allorchè, parlando cogli amici,
sentì da tutte le parti che gli elementi del pubblico malumore erano
sufficienti a rovesciare due governi, non che uno. Sentì con gioja i fallimenti
colossali di tre o quattro case commerciali, che avevano rovinato per consenso
tutto il piccolo commercio dipendente; tra gli altri quello del negoziante
Bignami, che dovette fuggire perchè già da un anno era creditore verso il
governo di più di un milione, e il suicidio d'un fratello di lui; sentì con
piacere come il ministro Prina, con acutissimo ingegno, inventando sempre
nuovi modi vessatorj per cavar danaro, fosse stato cagione che in quei giorni
una grossa mano di popolo tumultuasse minaccioso innanzi al palazzo del
Broletto; e in più borgate e villaggi contemporaneamente i contadini
insorgessero, e si presentassero al Comune armati di badili e forche per
l'accrescimento del testatico.
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