III
Come quando, appena alzato il sipario, alla rappresentazione
di un'opera in musica, si sente al di là delle quinte, come se venisse da un
camerino, il vocalizzo di una voce femminile, che si sospetta esser quello
della prima donna e della quale il pubblico è in grande aspettazione; così,
senza vederla, noi abbiam già sentita la presenza della giovinetta Stefania
Gentili; ne abbiamo udito gli elogj; e in parte, per bocca del pubblico, ne
abbiam conosciute anche le qualità dell'ingegno e del cuore. Ma ora è tempo che
anch'essa compaja in iscena, col privilegio quasi sempre
accordato dai drammaturghi convenzionali al protagonista, di lasciarsi vedere,
cioè, dopo che tutti gli altri personaggi hanno fatta la loro comparsa, e
piuttosto al second'atto che al primo, per dar tempo al pubblico di condensare
la propria impazienza.
Nella via dei Mercanti d'oro, in una di quelle case dove il
portinajo è impossibile; case vecchie, sudice e fetenti; piene zeppe
d'inquilini da sembrare alveari, la notte del
10 luglio dell'anno 1803, Caterina Frigerio, ricamatrice in oro, moglie di
Giacomo Gentili, impiegato d'ordine presso il tribunale civile di Milano, diede
in luce una bambina. Una certa Stefania Corali, cantante in quiescenza, e che
alloggiava i virtuosi e le virtuose di terzo ordine che venivano a cantare nei
teatri di Milano, fu la matrina che la tenne a battesimo. Il battezzatore della
neonata, già lo sappiamo, fu monsignor Opizzoni parroco della metropolitana,
notissimo fin d'allora per la sua vita rigorosamente ascetica e per
l'instancabile zelo adoperato nella cura delle anime. Monsignore volle egli
stesso battezzar la fanciulla, per una predilezione speciale in cui aveva i
conjugi Gentili; due ottimi cristiani, di costumi irreprensibili e di esemplare
pietà. Essi si confessavano e si comunicavano una volta al mese; piuttosto che
mangiare una fetta di salame in venerdì o in sabato, si sarebbero messi in nota
per la palma del martirio; astinenza che praticavano rigorosamente tutte le
vigilie dei santi di gran riguardo, nelle quattro tempora, tutta la quaresima,
tutto il mese di Maria, ecc. Della settimana santa non parliamo; il signor Giacomo,
che era piuttosto gracile e cui lo star tante ore al tavolino dell'ufficio a
trascriver minute, aveva fiaccato lo stomaco, ebbe spesso in quella settimana
turbate le digestioni dal troppo olio. Ascritto alla confraternita del
Santissimo, sospirò, con un ardore che non è facile concepire, il felice
momento di poter essere uno degli otto che portano il baldacchino; e per un
intero anno si astenne dal bere vino, mettendo tutti i giorni nel salvadanaio i
risparmiati otto soldi onde in capo all'anno avere i danari per farsi un
completo abito nero. Il primo giorno che vestì quell'abito, e che, nella
sacrestia occidentale del Duomo, infilò i guanti bianchi di filugello colla
rosetta ricamata, la sua gioja fu una di quelle che non comprende umana idea.
La signora Caterina era perfettamente della stoffa del
marito, e basta così. Queste due perle, che avevano quasi la medesima età,
s'eran sposati trentenni. Avevano passati tre anni senza aver prole, con vero
rammarico di tutti e due; ma il dì della Madonna della Ceriola, avendo fatto
accendere in Duomo due candele, di quelle di cera fina miniate, una mattina la
signora Caterina, così tra il pudore e la soddisfazione, sussurrò all'orecchio
del suo Giacomino, ch'ella credeva finalmente d'avere avuta la grazia per cui
tanto erasi rallegrata la moglie d'Abramo. In quel giorno i colleghi di ufficio
del Gentili s'accorsero ch'egli aveva in corpo una allegrietta insolita, e si
dava spesso delle vivacissime fregatine di mano; onde taluno dei più celiatori
si fe' di domandargli se aveva vinto al lotto. E veramente la signora Caterina
aveva indovinato; la gestazione fu delle meno incomode; il parto fu un
capolavoro di spontaneità; e venne in luce una bambina che si chiamò Stefania;
fu data a balia, e dopo venti mesi tornò a casa, bella, tonda e grassina come
un puttino dell'Albani; bianca e rasata che parea carta da scrivere, con due
occhi poi che parevan due stelle. Siccome il signor Giacomino era piuttosto
brutto, fors'anche per le abitudini devote che gli avevan tolto ogni attraenza;
e la signora Caterina, ad eccezione di una certa aggiustatezza d'ossatura, non
aveva nulla di straordinario, così avrebbero dovuto esultare di quel piccolo
prodigio; ma, tant'egli è vero che se si ottiene molto, subito si vuole aver di
più, essi trovarono d'affliggersi perchè, in mezzo a tante bellezze, la
ragazzina avesse il nasino troppo piccolo e alquanto schiacciatello. Bene le
donnicciuole blaterone del vicinato li assicuravano che tutti i nasi, quando
sono destinati a diventar belli, i fanciulli debbono averli a quel modo. Bene
lor citavano molti quadri di chiesa, dove gli angiolini avevano il naso simile
a quello della loro bambina; ma essi non si capacitarono di ciò se non
allorquando, verso gli anni otto, il nasino di Stefania si mise nel più
perfetto accordo colle altre parti del suo viso, e, a tutti i sintomi, dava
indizio di diventar ancora più bello.
Che te ne pare, Caterina? disse un dì il marito a sua
moglie; avevan proprio ragione quelle donne.
Sì davvero, Giacomino. Ma bada che Stefania non ci senta,
perchè comincia a mettersi in superbia.
Non ancora tredicenne, Stefania aveva raggiunta una sì
compiuta armonia di bellezza e di leggiadria, con tale espressione nello
sguardo, innocente e affatto inconscia, ma per ciò stesso esercitante un caro
fascino su quanti la vedevano, che divenne l'oggetto della predilezione di
tutti. A ciò si aggiunga, che, trovandosi nella casa dell'ex-cantante Corali,
dove provavansi ogni giorno sul pianoforte i pezzi delle opere in musica allora
più celebri, ella, per sola virtù d'imitazione, ripeteva tutto quello che
sentiva, con una voce così toccante nella sua acerbezza, con una intonazione sì
perfetta e una espressione tanto superiore alla sua età, da fermar l'attenzione
di quei medesimi cantanti che nelle stanze della Corali attendevano alle loro
esercitazioni mattinali. Se non che, dobbiamo qui tener conto di un fatto
strano, ed è che, in ragione che ella diventava sempre
più cara e interessante a quanti la vedevano, veniva per contrapposto a perdere
sempre più della benevolenza di un uomo.
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