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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO DECIMONONO
    • VI
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VI

Premesse queste considerazioni, proseguiamo con fiducia la nostra narrazione. Non per obliquo desiderio di offendere un uomo di chiesa, abbiamo stimato a proposito di mettere in iscena quel monsignore di popolarissima fama, ma per un intento che, a parer nostro, ben ci può dare il permesso di rinnovare il sindacato su tutti gli uomini che esercitarono una forte influenza sul pubblico e privato costume, sulla pubblica e privata felicità.

Or tornando alla fanciulla Stefania, essa per molto tempo stette zitta e non cantò più. Il signor Giacomo e la signora Caterina, dopo che eran rimasti in asso una volta coll'assoluzione, provarono una specie di terrore nel pensiero che quel fatto potesse mai ripetersi. In casa della signora Corali però continuavasi a far musica, come suol dirsi; ed or dall'una or dall'altra cantante venivan ripetute, per esercizio, tutte le cavatine e tutte le arie del repertorio musicale allora più in voga. È inutile il dire che trattavasi quasi sempre di qualche pezzo di Rossini. La piccola Stefania poteva bensì, per obbedienza, tener chiusa la bocca; ma l'orecchio era indipendente da qualunque comando, precetto e volontà, e non poteva rifiutarsi a sentire; e la memoria, per suo mezzo, non poteva rifiutarsi a ricevere le successive impressioni delle note e delle frasi e dei concetti musicali. Ora avvenne che quando la sua memoria fu piena di quella folla di motivi deliziosi onde rigurgitano le opere di Rossini della prima maniera, ella provasse come una specie di replessione dolorosa a contenerle con violenza entro di . Allora si verificò anche in lei quella legge di natura espressa così bene dall'expellas furca del poeta. Seguendo così il sistema delle capinere e delle filomele e di tutti gli augelli canori, che stanno muti e muti un pezzo, per dar fuori poi tutt'a un tratto con una piena repentina di pipillamenti e di gorgheggi e note tenute, a svegliare il vicinato; la fanciulla una sera, essendo salita su un terrazzo insieme con alcune sue amiche, credendo di non essere sentita dai genitori, si mise a eseguire per la prima volta, quasi a titolo di prova, la famosa aria del Tancredi:

Di tanti palpiti,

Di tante pene,

Dolce mio bene, ecc.

E la prova le riuscì così a meraviglia, che tutte le sue giovinette amiche smisero ogni lor giuoco, per stare attente a udirla a bocca aperta; i casigliani che avevano qualche pratica del teatro e del loggione della Scala, e vi avevano spesso fatto capolino per sentire o la Belloc o la Camporesi o la Catalani, ecc. ecc., si fecero tutti alle finestre e alle loggie, attratti irresistibilmente dall'incanto che esercita una voce soave quando esprime soavi concenti musicali. E il signor Giacomo e la signora Caterina ascoltarono anch'essi, e come no? In que' sei mesi che la fanciulla aveva taciuto, dal gennajo al giugno circa, essa aveva varcati i tredici anni e s'innoltrava ai quattordici; in tutto il suo organismo era avvenuto, sebben precocissimo, uno sviluppo completo; la voce non era più acerba, ma erasi fatta rotonda e flautata. Quel riposo di sei mesi fece sì che il suo svolgersi non venisse menomamente offeso da un soverchio esercizio, che poteva riuscire funesto in que' mesi della crisi corporea. Il più guardingo maestro di canto non avrebbe potuto essere più sapiente del semplice caso. Monsignor Opizzoni, condannandola al silenzio, ottenne effetti non sempre concessi al prof. Bordogni. Quando la fanciulla cessò di cantare, uomini, donne, vecchi, fanciulli, dalle finestre, dalle loggie, dai poggiuoli, si diedero a batter le mani con quella sincera esplosione d'entusiasmo, così raramente accordata anche agli artisti di professione. In quanto al signor Giacomo e alla signora Caterina, avvenne un fatto singolare. Al primo udir la voce della figliuola, si sentiron tentati a salire per sgridarla; ma Stefania aveva cantato in modo, che essi, contro voglia, stetter fermi al loro posto; poi, quando risuonò per il recinto della casa quello strepitoso e concorde applauso, l'uno e l'altra, guardandosi scambievolmente in faccia, si trovarono gli occhi pieni di lagrime.

 




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