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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO DECIMONONO
    • VIII
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VIII

Allorchè monsignore Opizzoni capitò in casa dei conjugi Gentili, questi, dopo una lunga titubanza, gli fecero motto della proposta del maestro Brambilla. L'Opizzoni salì sulle furie al sentire quello, per lui, più che strano progetto; e disse cose che persino al signor Giacomo parvero eccessive. In altri casi, se il reverendo personaggio avesse trasmodato nel suo rigoroso ascetismo, egli non si sarebbe mai accorto della stortura di quel cervello; ma nel caso presente, il paterno orgoglio e le straordinarie attitudini della figliuola e la conseguente idea della ricchezza stata così asseverantemente promessa dal maestro Brambilla (le informazioni assunte sul quale lo avevano pienamente rassicurato) gli servirono come di lume e di scorta per distinguere il vero dal falso, e per comprendere che nel modo di vedere del venerabile uomo c'era qualche cosa di esagerato e di stravolto. Quest'idea lo padroneggiò al punto che per la prima volta da che era nell'intimità di monsignore, si fece lecito, quantunque rimessamente, di fare qualche opposizione alle sue parole. È facile immaginarsi come siasi risentito monsignore a quell'inattesa resistenza; se non che a portare un improvviso ajuto al signor Giacomo gli entrò in casa il maestro Brambilla, il quale, avendo visto salir l'Opizzoni in un momento ch'ei trovavasi in casa Corali, pensò, franco com'era e risoluto, a coglier subito quell'occasione per trovarsi col prete e giungere in tempo ad impedire che per eccesso di zelo rovinasse una famiglia.

Ecco il maestro Brambilla, disse tosto il signor Giacomo all'Opizzoni, felice di vedere un soccorso inaspettato in un momento che non sapeva più cosa rispondere alla tempesta dei rimproveri e delle argomentazioni onde l'Opizzoni lo andava soffocando.

Nel loro genere, così il maestro come monsignore, avevano quell'individualità distinta e caratteristica, da meritare di essere collocati, secondo l'espressione volgare, nella classe degli originali.

Tanto l'uno quanto l'altro erano due galantuomini della più specchiata onestà; tanto l'uno quanto l'altro erano continuamente sovreccitati dagli slanci del cuore, al punto da uscire quasi sempre da quei confini che la prudenza dell'egoismo suole imporre agli uomini: ma l'uno era agli antipodi dell'altro in quanto al modo di pensare. Questi due originali, se non si conoscevano ancora di vista, si conoscevano per fama, onde al primo trovarsi a contatto, si diedero un'occhiata vicendevole lunga ed acuta. Come tutti gli uomini di cuore, che sono convinti delle proprie idee, essi erano intrepidi, per così dire, ed espansivi, e non balbettavan mai quando si trattava di esporre il loro pensiero, si lasciavano imporre da nessun ostacolo, da nessun rispetto umano, da nessuna autorità. Però non è a fare alcuna meraviglia se alle prime parole l'Opizzoni investì il maestro ex-abrupto e senza flessuose circonlocuzioni.

Ella è il signor maestro Brambilla?

Per l'appunto.

Ella ha dunque voluto togliere a questa buona famiglia quella pace modesta, che nella vita mondana si cerca sempre e non si trova quasi mai?

Io faccio il maestro di musica, e non faccio il prete; ma avendo, con grande mia soddisfazione, scoperto nella loro figliuola un vero prodigio di natura, così ho creduto mio dovere di avvisarne i genitori, i quali lo avrebbero certamente trascurato.

E adesso questi due cristiani hanno già per la testa dei grilli che non ebbero mai; e già son tutti agitati da cento desiderj e certe speranze, e vedono già la loro figliuola diventare una principessa. Se poi tutto questo andasse in fumo, ella avrebbe fatto veramente un'opera meritoria.

Io non ho detto a questi signori che la loro figliuola diventerà una principessa; ho detto che, mettendo a buon partito le qualità straordinarie che la natura le ha dato, diventerà certissimamente, collo studio e col tempo, una grande artista: questo io ho detto e promesso, e questo oggi ripeto e mantengo.

E quando, concedendo pure tutto ciò ch'ella dice, costei sarà diventata una grande artista, che cosa crederebbe lei d'aver fatto?

Che cosa ho da credere?... Credo che se io fossi venuto in questa casa, e dopo aver sentito a cantare questa ragazza, avessi taciuto e non avessi fatto quel che ho fatto, sarei stato o un grand'asino, o un gran birbone; sempre, inteso, nella mia qualità di maestro di musica, che conosce l'arte propria, e l'ama, e desidera il suo maggior progresso.

Sarebbe ben meglio che quest'arte non fosse mai venuta nel mondo.

La musica?

La musica, sì, la musica.

Ma davvero che ella, monsignore, non mi sembra quel prete dotto che ho sentito tanto a decantare! Ma la creazione non è forse un'armonia sola? E non si suol sempre dire: il concento, l'armonia delle sfere? Ma gli angioli non cantano in cielo? E non si vedono a suonare la viola e il violoncello in tanti quadri di chiesa? Il re Davide non cantava? Santa Cecilia non ha un posto riservato in paradiso come suonatrice d'organo emerita? Ma cosa dice mai, monsignore? bestemmiar la musica, volerla proscrivere, crederla funesta al mondo!... Ma so bene che mi canzona... A questi patti bisognerebbe mettere in pensione anche il Padre Eterno, che è il primo maestro di musica!

Ella ben sa, signor maestro, ch'io non parlo della musica sacra. Così la musica non fosse mai uscita di chiesa! Parlo della musica teatrale; parlo dell'arte melodrammatica. La corruzione del costume, l'effeminatezza, i peccati divenuti oggetti di moda e di gara nel bel mondo, datano precisamente dal giorno che la più pericolosa delle umane passioni fu portata sul palco scenico, e, vestita di melodie maliarde, accese di più fatali ardori il sangue della gioventù.

Ma, in questo caso, monsignore, bisognerà incolparne il sangue che si lascia accendere, e non la musica. Del rimanente, quando la pioggia di fuoco cadde sovra Sodoma e Gomorra, il melodramma era forse stato inventato da Peri? la Gafforini aveva cantato? Rossini aveva scritto il Barbiere di Siviglia? Se si dovessero abolire e manomettere e distruggere tutte le cose che possono diventare pericolose, non so più che cosa dovrebbe conservarsi. Taglieremo i vigneti perchè vi sono degli uomini che si ubbriacano? Estirperemo i gelsi perchè vi sono delle donne che vestono di seta a scapito della saccoccia dei mariti? Romperemo la faccia a tutte le belle ragazze, perchè i giovanotti corron pericolo d'andar in rovina per loro? Idee piccole, monsignore, idee false, idee storte.

Io sto in confessionale, caro signor maestro, e lei sta all'organo. Dal confessionale io vedo tutto il mondo sotterraneo che agli altri non è dato di penetrare. Io posso sapere quali sono le classi sociali, quali le professioni, quali le condizioni, dove il cattivo costume si fa strada più facilmente. Ora devo dirle, signor maestro, che per la mia esperienza ormai lunga, mi riesce provato che la corruzione imperversa colla sua massima forza appunto in quella, ora pur troppo numerosissima, schiera d'uomini e donne che, o cantando o recitando o ballando, divertono il pubblico in teatro. Queste orecchie hanno sentito orrori da far fremere non solo un prete, ma anche un libertino a cui fosse rimasto appena un barlume di onestà. Se pertanto, conoscendo questa buona famiglia; se assistendo con vera e continua mia gioja ad uno spettacolo quotidiano e veramente esemplare di pace domestica, di onestà, di modestia, di abitudini religiose, e per conseguenza d'inalterabile contento, desidero col più intenso ardore, e Iddio mi è testimonio, che ciò si mantenga, mi pare d'aver ragione. Onde farò uso di tutte le mie forze e di tutta la mia fermezza affinchè, per un apparente fortuna, che io ritengo invece una disgrazia sostanziale, per la porta dell'arte corruttrice e della ricchezza non entrino in questa casa tutte le miserie di cui il mondo si lagna, e che sino ad oggi questa casa, per una benedizione speciale del cielo, affatto non conosceva.

 




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