XI
Di questo personaggio abbiamo già avuto un abbozzo fatto
alla sfuggita dal signor Giocondo Bruni. Ora tocca a noi, se ci riuscirà, a
farne il ritratto compiuto.
Vi sono famiglie, segnatamente patrizie (e ciò per la
ragione che dànno più nell'occhio, e il pubblico ha il modo di seguirle
coll'attenzione), nelle quali s'è potuto notare, essere ereditarie certe tempre
di carattere, certe qualità morali, certe attitudini d'intelletto. La dinastia
sabauda conta una serie non interrotta d'uomini di studio. La casa Capponi, da
colui che fece cader la cresta dello spavaldo Carlo di Francia al vivente Gino,
non annovera che uomini di gran senno e di gran propositi.
In casa Belgiojoso si può far conto del perfetto gusto
musicale, delle voci di basso e di tenore sempre
avvicendate e di una intonazione impuntabile, che in questi tempi può diventare
un oggetto d'affezione. In certe case è
D'età in età
Ereditaria
L'asinità.
In alcune l'avarizia, in altre la prodigalità; in queste l'orgoglio,
in quelle la modestia, ecc. ecc. Il contino Alberico B...i nacque in una casa
dove dal capostipite fino a lui si alternarono, col sistema delle piastrelle e
della pila voltaica, un birbone d'ingegno e un birbone volgare; un ramo
pronunciatissimo di pazzia esaltata dalla protervia era poi stato comune a
tutti, e fu, come il cartone bagnato, mantenitore della corrente elettrica. Il
contino, fin da ragazzo, a chiarissimi segni mostrò di non essere un bastardo;
mostrò di poter appartenere alla classe dei birboni volgarissimi. Manesco e
crudele coi fanciullini più piccoli e più deboli di lui, per trafugar loro un
balocco, fu colto spesso dai servitori e dall'ajo a commettere tali atti da far
raccapricciare, e quando questi venivano riferiti alla madre, piuttosto severa,
allora dava saggi così cospicui d'indole bugiarda, che non era possibile
cavargli di bocca la verità nemmeno a strozzarlo. Ma, ciò che è peggio, questa
sua avversione a confessare la verità non si limitava a difendere sè stesso, ma
invadeva il campo dell'invenzione; per vendicarsi, si godeva a raccontar cose
gravissime a danno dei servitori, e con tale malizia e astuzia, che, a tutta
prima, non era possibile negargli fede; quindi, più d'una volta, accadde che
qualche servitore venne scacciato, che qualche frequentatore della casa si
vide, senza poter mai indovinare il perchè, male accolto dai padroni, e anche
messo alla porta.
Collocato in un collegio di gesuiti, primeggiò fra i
condiscepoli per una memoria straordinaria. Delle facoltà dello spirito, in
quell'età che esse si spiegano e si sviluppano, diede poi a divedere di non
avere di distinta che quella sola; le altre erano tutte mediocrissime. Però,
quando fu a quel punto degli studi che non basta soltanto imparare e ritenere,
ma bisogna produrre; più di un condiscepolo lo sopravanzò e di molto; e allora
quell'orgoglio, che in lui non aveva potuto destarsi prima, balzò fuori di
colpo, e insieme coll'orgoglio anche l'invidia; bugiardo com'era, e in quel
modo più infesto che abbiamo detto dianzi, mise sovente i condiscepoli in gravi
condizioni al cospetto dei maestri. Scoperto, ebbe più d'una volta, dai
compagni più generosi e più espansivi, delle formidabili tambussate, ch'egli
subiva a capo chino senza far motto, per rapportare poi tutto ai superiori. In
un collegio di gesuiti poteva essere tollerata la bugia, la calunnia, la viltà,
la denunzia; ma i cazzotti dati a buona guerra non potevano figurare mai nella
tabella delle cose permesse: onde esso riusciva sempre
a trionfare, e i generosi a portar sempre la
pena di tutto.
Uscito di collegio, passato all'università, risparmiato
dalla coscrizione militare per esser figlio unico; studiò legge dapprincipio,
poi si ascrisse alla facoltà medica, sollecitato non già dal nobile amore della
scienza, ma da un intento stranissimo e turpe, che noi non troviamo la parola
per poter definirlo. Egli nella sala anatomica si pasceva della vista dei
cadaveri muliebri sottoposti alla sezione; nè l'indole sua simulatrice bastò a
nascondere ai condiscepoli quella orrida sua bramosia; perciò un suo compagno,
osservatore acuto, lo chiamò la satiriaca jena. E questo fu l'altro istinto che
si sviluppò tra gli anni dell'adolescenza e della giovinezza; "chè ad ogni
fase della vita era destino che gli desser fuori tutte le prave tendenze onde,
nei tristi, ciascuna età dell'uomo può essere contaminata. Fu dunque un
libertino dei più dissoluti e osceni, e dello spettacolo delle donne andava sì
preso, che le divorava cogli occhi, e i suoi occhi assomigliavano, nella movenza
maligna e procace e in quel senso d'ineffabile disgusto che eccitava, a quelli
dell'ourang-outang e del mandrillo. A ventun anni s'invaghì d'una bellissima
giovinetta di nobile casato. Il suo non fu l'amore che deriva dalla squisitezza
del sentimento; ma quel furore voluttuoso fatto di grascia bollente; quel
furore ributtante che, in alcuni quadri barocchi, vediamo nei fauni che
inseguono qualche ninfa.
Siccome era profondamente dissimulatore, e nel collegio dei
gesuiti aveva condotta all'ultima perfezione quella sua qualità, così nella
casa di lei recitò così bene la parte di bravo giovine, che alla fanciulla non
dispiacque del tutto, e i parenti furono contentissimi di dargliela in isposa,
quand'egli ne fece la domanda. Povera giovinetta! Un canarino gentile dato in
dono a un fanciullo perverso, che in sul primo lo accarezza e lo bacia per la
novità, poi gli strappa la coda, poi gli spenna le ali, poi gli cava un occhio
con uno spillo, può dare qualche idea del come si trovò quella disgraziata
nelle mani di quel tartufo maniaco inferocito. Di tal modo ella visse con lui
cinque anni, e, per sua fortuna, morì di febbre perniciosa. Egli stette solo
per assai tempo, durante il quale gettò dietro alle donne danari a manate; poi,
venutogli un altro capriccio indomabilmente rapido, prese in moglie un'altra
giovine e ricca. Contava allora ventisette anni, e di fresco aveva accresciuto
l'asse paterno, alquanto dilapidato, coll'eredità di un grosso milione. Questa
seconda moglie era di carattere altero e forte, ed a coloro che si fecer lecito
di dirle, si guardasse bene di unirsi a quella bestia feroce, rispose: la
domerò io.
|