XII
Quando al conte B...i morì la prima moglie, si disse da
taluno che quella morte immatura era stata la conseguenza degli assidui
patimenti onde il marito l'aveva torturata. Questa diceria però era corsa
vagamente pel mondo; chi lo conosceva intimamente, non si rifiutava a prestar
fede a quanto si andava buccinando; quelli che lo conoscevano superficialmente,
e che al teatro, al caffè, nelle liete brigate lo trovavano uomo compagnevole e
festoso, credettero e non credettero; nessuno però diede a quella voce
l'importanza che meritava. Nessuno sapeva immaginarsi in che modo l'avesse
potuta torturare al punto da farla morire. Agli egoisti gaudenti del bel mondo
non pareva vero che si potesse uccidere una donna senza pistola, senza
coltello, senza corda, senza veleno... La novella sposa pensò anch'essa come
costoro, e piena di fiducia entrò nella casa maritale. Per qualche tempo le
cose camminaron bene; anzi trionfalmente, al segno che essa ebbe a dire che
tutti gli uomini possono essere e buoni e cattivi, e che dipende dalle donne il
farli piegare piuttosto in un verso che nell'altro.
Ma i gaudj non si protrassero nemmeno un anno. La nuova
donna aveva cessato di piacere al conte; però dalle gentilezze ei passò tosto
alle persecuzioni. Queste persecuzioni non erano gravi; anzi eran minute; ma
quotidiane, assidue, incessanti, e non lasciavan tempo al fiato di rifarsi nel
polmone. L'indiano si difende e si salva dal leone e dalla tigre, ma cade
affranto se nugoli di vespe lo assalgono e gli avventano senza tregua il loro
pungiglione. Il conte Alberico contraddiceva a tutto: il suo studio maligno
consisteva nell'osservare che cosa piacesse o non piacesse alla moglie, per far
sempre tutt'all'opposto; se essa prediligeva
la compagnia di qualche cara amica, egli si comportava in modo che questa fosse
costretta a non entrargli più in casa. Se a lei era antipatico qualche omaccio
parassita e vile, che facesse la corte a lui per scroccargli i pranzi, ei gli
prodigava ogni maniera di gentilezze, e sopratutto lo voleva aver sempre
seco in casa, in carrozza, in palco, in villa.
Ma, quello che costituì il tormento massimo di quella donna
che, nonostante la sua forza d'animo, cominciò a perdere l'allegria, la
freschezza e la rotondità, fu la continua burrasca in cui venne a trovarsi
avvolta per ciò che riguardava la servitù. Egli pretendeva, senza dirlo (ma
ciascuno se ne accorgeva) che la servitù odiasse e trattasse male la padrona; e
siccome ciò, se avveniva per qualche poco, non poteva continuare, allora egli
si rivoltava contro la servitù, ed or con un pretesto, or con un altro,
scacciava la cameriera, scacciava il cocchiere, scacciava il cuoco. I servi si
rinnovavano; sobillati da lui, in sul principio si comportavano indegnamente
colla padrona, ma presto, accorgendosi della tristizia inqualificabile di lui,
piegavano pentiti verso di lei, e si studiavano di risarcirla dell'offese. E
allora egli ricominciava le persecuzioni, gridava, strepitava, qualche volta
percuoteva; e i servi si licenziavano uno dopo l'altro, ed altri comparivano, e
si tornava sempre al medesimo barbaro giuoco.
In un mese si cambiarono tanti servi e camerieri e cuochi, che la casa del
conte B...i pareva l'ufficio d'indicazione del mediatore Mustorgi. Nè le
vessazioni dovevano fermarsi qui. La signora si trovò incinta. In quella
circostanza i suoi portamenti furono tali, a giudizio dei servi impietositi, da
far sospettare che egli, intendente com'era di medicina, cogliesse ogni
occasione per sconcertarla nella gestazione.
Quando giunse il giorno che la signora si sgravò, egli col
pretesto che, invece d'un maschio, era venuta in luce una bambina, s'infuriò,
gridò, ululò, sbattè imposte, e, a tutti gl'indizj, parve che, coi sussulti e
gli sgomenti tanto pericolosi alle puerpere, mirasse a provocare una flogosi
violenta che gli portasse via la moglie in poco tempo. Il professor Strambio,
chiamato dalla levatrice inorridita, prese allora di fronte il conte Alberico,
e gli diede un lavacapo con minaccia di peggio. E allora colui a infingersi, a
umiliarsi, a protestare un immenso affetto per la sua cara moglie, a dichiarare
ch'egli era tutto stravolto pel timore che aveva di perderla; laonde il dottor
Strambio, non sapendo a chi credere, se ne andò crollando il capo, e non si
fece più vedere.
Queste scene atroci si ripeterono: la madre e la sorella di
quella povera donna stavan sempre in timore di
qualche sventura quand'ella trovavasi incinta; condizione già pericolosa per sè
stessa, ma che in quella casa e con quel marito assomigliava ad una sentenza di
morte sempre sospesa sul capo. Di tre figlie
che ebbe, l'ultima nacque morta, e la disgraziata madre ebbe a subire una
malattia lunga, che le guastò al tutto la complessione.
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