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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO DECIMONONO
    • XV
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XV

L'idea della ricchezza possibile aveva in addietro lavorato così fortemente nella testa di quelle due sante persone del signor Giacomino e della sua metà, ch'eransi rassegnati a non più veder monsignore per casa, e a lasciar che la fanciulla seguisse la propria vocazione. Ma l'idea della ricchezza certa, subentrata in un momento che l'impresario Barbaja aveva ridotta ad una inaspettata diminuzione di prezzo il merito vocale di Stefania, fu così forte e formidabile da far loro conchiudere, che i figliuoli devono sempre obbedire; che la giovinezza non sa quel che si fa; che se Stefania aveva tanta passione per il canto, poteva continuar a cantare anche in casa del conte B...i. Ma Stefania, interrogata, rispose ricisamente che non voleva maritarsi; che quel signore lo conosceva di vista, e non gli piaceva niente affatto, perchè era brutto e perchè, per certe parole che aveva avuto la sfacciataggine di rivolgerle sul palco scenico del teatro Filodrammatico, doveva anche essere disonesto. Allora il signor Giacomino che frequentava le quarant'ore montò sulle furie; disse che il conte Alberico era abbastanza un brav'uomo ed anche un bell'uomo, senza essere una meraviglia; che in quanto alle parole dette o non dette, tutti i giovanotti quando parlano a donne di teatro hanno sempre quei modi e quello stile, e che era ridicolo il pigliarne scandalo.

Stefania rispose con un certo slancio stizzoso, che all'uomo delle quarant'ore parve insopportabile, e al tutto sconveniente col rispetto che i figliuoli devono ai genitori; onde su quella cara e leggiadra testina lasciò andare uno scappellotto plebeo, che fece dar la fanciulla in un dirotto pianto di dolore e di rabbia. Il diavolo insomma era rientrato in casa Gentili, nascosto sotto la sottana del suo gran nemico Opizzoni. È difficile immaginare le vessazioni assidue che quei due santi fecero soffrire alla loro figliuola. Una mattina la madre la prese alle strette, perchè confessasse se mai avesse un altro amante: Stefania rispose di no; e alle repliche materne protestò e giurò, per finire a piangere come una disperata. Nel frattempo monsignore tornò più volte in casa Gentili. I genitori parlarono sempre in nome della figliuola; e questa sentì una mattina che monsignore tutto beatificato: "Ah son ben contento, esclamò, ch'ella sia felice d'accettar la mano di colui." Il conte B...i ebbe così il permesso d'andarle in casa. E i modi di lui, siccome aveva dell'ingegno ed era educatissimo ed ipocritissimo, furono così cortesi ed anche così ameni e disinvolti che, per la prima volta, Stefania si sentì alquanto placata e risolse di dir di sì, anche per fuggire le domestiche torture, e benchè non le paresse vero di dover sposare un uomo la cui bocca, allorchè s'apriva, presentava il desolante spettacolo dei troppo felici esperimenti dell'in allora celebrato dentista Bonella.

I parenti di Stefania che, finchè durò l'opposizione di essa, avean sentito in fondo alla coscienza certe fitte intermittenti di rimorso, pur nell'esaltazione e nel dispetto che provavano nel trovare la figliuola tanto indocile e nella certezza di far l'uso il più legittimo della potestà paterna; assaporarono l'ebbrezza di una felicità non mai provata prima, nel vedere che finalmente non solo ell'erasi piegata al loro desiderio, ma pareva anche contenta: onde diede lor fuori un amor paterno e materno così sviscerato che le prodigarono ogni sorta di carezze, di gentilezze, di delicatezze. Pareva quasi ch'ella fosse diventata la padrona di casa, perchè la madre adempiva ad ogni suo desiderio colla sollecitudine e la sommessione quasi d'una fantesca; e il padre era diventato dell'umore il più gajo, e al desco quotidiano era sollecito di servir la figliuola per la prima, chiamandola già contessa Stefania, così tra il serio e il buffo. Monsignor Opizzoni, che, essendosi accorto in principio dell'avversione della fanciulla per quel matrimonio, rigorosamente coscienzioso com'era, aveva già pensato di non parlarne altro; provò una soddisfazione ineffabile quando fu convinto che la fanciulla era contenta. Ringraziò il cielo con tutta la espansione del suo animo santo, e recatosi in casa del conte Alberico, gli fece, come suol dirsi, una paterna così calda, così eloquente, nel mettergli innanzi tutti gli obblighi a cui andava incontro nel legare per sempre alla propria vita quella della fanciulla; gli parlò con tanta effusione delle qualità squisite e maravigliose di lei, gli raccomandò con un fervore così appassionato, perfino colle lagrime agli occhi di provvedere con ogni sforzo, con ogni cura a farla felice, che per verità, chi avesse ascoltato quel discorso, avrebbe dovuto piangere di tenerezza.

 




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