XXIX
Il precetto di Orazio Nec pueros coram populo Medea
trucidet, ci comanda di calar il sipario e d'impedire che l'occhio del pubblico
penetri ad assistere all'orrenda cena che i compagnoni della Teppa imbandirono
alle colpevoli dame che fecero parlar troppo di sè nell'anno 1820, e delle
quali non vogliamo che oggidì si sospetti nemmanco il nome. La cena d'Alboino e
il cranio di Cunimondo poterono esser narrati e descritti e dipinti; ma la
vendetta dei Teppisti non potrebbe trovar grazia presso nessun'arte, nè posto
in alcun libro che non venisse inspirato dalla nefaria musa dell'Aretino. Che
se noi l'abbiamo accennata di volo e in ombra, fu solo per mostrar come un
governo corruttore, lasciando libero il freno al disordine ed alla
scostumatezza per avvelenare tutte le fonti della virtù, sia occasione che
anche degli uomini non perversi e perfino onesti, tentati dall'invito o dalle
circostanze, possano di cosa in cosa e di abuso in abuso pervenire a tali
eccessi, che essi medesimi ne debbano poi rimaner pentiti. Il Bichinkommer fu
il primo ad accorgersi che si era andato troppo oltre nell'esecuzione di quel
disegno, ch'egli avrebbe voluto non aver mai pensato; e fu anche il primo,
quando, per molti indizj, potè intravedere che la barbara commedia, in quella
notte minacciava di convertirsi in un'atrocissima tragedia, a consigliare di
entrare presso le dame e i loro commensali onde impedir conseguenze ancor
peggiori.
Per fortuna esso fu ascoltato ed obbedito; le dame furon
fatte uscire, e i nani inferociti si dovettero placare a bastonate; tanto è
vero che troppo spesso una serie di violenze non può essere troncata che da una
violenza estrema.
Il giorno dopo, tutte le signore, in altrettanti fiacres che
furono fatti venire dal Bernacchi, vennero rinviate a Milano, con tutte le
precauzioni necessarie perchè non potessero sapere in che luogo erano state.
Madama Falchi fu trattenuta per l'ultima alla Simonetta, onde sottoporla alle interrogazioni
del Bichinkommer ed alle intimazioni del Granzini e del Bernacchi, e cavarle di
bocca come furon fatti sparire i documenti appartenenti all'archivio dello
studio Macchi-Agudio. Se non che la Falchi, dotata, come sappiamo, d'una natura
assai affine a quella delle tigri, invece di subire l'effetto delle umiliazioni
e degli insulti, s'era venuta inferocendo pel dolore stesso delle ferite. Così
stette forte e chiusa e imperterrita, e perfino minacciosa, tanto che fu
rimandata anch'essa in città senza nessun'utile conclusione. I compagnoni
tornarono a Milano; il barone Bontempo, che, ad eccezione del Granzini e del
Bernacchi, era il solo conosciuto dalle dame, lasciò a buoni conti il Palazzo
della Simonetta, e si recò nel Cantone Ticino ad aggiustare i conti col fattore
delle terre che possedeva a Mendrisio, e ad informarsi come era andata la
vendemmia in quelle parti là. Ma se il palazzo della Simonetta e il suo eco
rimasero silenziosi, un rumor sordo era già corso per tutta Milano. I padri, i
mariti, i fratelli, i parenti delle dame malcapitate, sebbene queste avessero
volontà di tacere, le costrinsero a parlare, e il poco che palesarono di quel
ch'era loro seguito, bastò perchè tutte quelle famiglie strepitassero: e
rimostrando questi e tanti altri disordini avvenuti di quei giorni per opera
della Compagnia della Teppa, con un ricorso sottoscritto da molte persone,
invocarono dalle autorità competenti un provvedimento che mettesse fine a quel
flagello pari e peggiore d'ogni altra peste. È poi facile immaginare ciò che
fece l'avvocato Falchi, sebbene la reduce avvocatessa, per timore delle
rivelazioni del Granzini intorno all'assassinio del ministro Prina,
raccomandasse il silenzio e la prudenza.
E questa volta, tutta l'astuzia e il talento e il fervore
generoso del Bichinkommer non valsero che ad accrescere le disgrazie vecchie ed
a crearne delle nuove, come già era accaduto al grande Napoleone, che nelle
battaglie di Francia, che sono il capolavoro del suo genio, non trovò che
disastri e l'ultima rovina.
Il notajo Agudio, migliorando di salute e fatto interrogare
dal marchese F... sul fatto delle lettere che aveva scritto al barone Gehausen,
mandò a dire e a protestare ch'egli non sapeva nulla, e che quegli scritti
presentati in suo nome e colla sua firma non potevano essere che una
falsificazione. Le minaccie fatte dal Bichinkommer alla Falchi e riferite da
lei al marito, mostrarono che ci doveva essere un piano prestabilito, in cui
più d'una persona poteva aver parte a danno del marchese F... e a vantaggio del
Baroggi; e per ultima conclusione si venne a sospettare di quest'ultimo,
siccome della sola persona interessata in quest'intrigo. Il crotalo Alberico,
che strisciava sott'erba e tirava a farsi prestare i centomila franchi dal
marchese; e che dopo la scena del Monte Tabor, volentieri, data l'occasione,
avrebbe messo l'arsenico nel bicchiere del Baroggi, lavorò con perfidissima e
vile astuzia contro di lui, per rovinarlo in tutti i modi.
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