VI
E allora ascoltate: Io vivo come un uomo che, per necessità
di circostanze, deve attendere di essere percosso da un dì all'altro da una
sventura suprema e irreparabile; da una di quelle sventure che fanno incanutire
in ventiquattr'ore. La mia vita è attaccata alla vita ognora in pericolo di una
donna bella e leggiadra fin dove può immaginarsi; virtuosa sino ad essere in
assidua violenza tra le aspirazioni più legittime del cuore e le leggi crudeli
di un dovere arbitrario; infelice in tutta quell'intensità ed estensione che
può derivare dalla più sensitiva indole propria e dalla più spietata
persecuzione altrui. Io amo questa donna; ed ella, pur senza volerlo, mi ama;
dico senza volerlo, perch'ella condanna codesto amore e vorrebbe liberarsene,
ma deve subirlo come un morbo affannoso, come uno spasimo fisico, perchè i
preti le spaventarono la coscienza fino a farle credere ch'è vietata ogni
spontanea affezione, pur se rimanga nella sfera più alta ed immateriale. I
preti hanno fatto il sensale di matrimonio nella sua casa. I parenti le han
fatto violenza perchè sposasse un uomo che i preti hanno scelto; i preti
l'avvolsero in una rete di paure inestricabili. E l'uomo alla cui vita essa fu
legata, come quando s'intrecciavan le membra de' condannati nella ruota del
tormentatore, quest'uomo è un assassino; ma un assassino protetto dalla legge,
titolato milionario; che ha voluto impadronirsi di questa donna divinamente
bella, non per altro che per placare i momentanei ardori del senso lascivo, e
punirla poi di morte, saziata la fame; press'a poco come quando l'orrida
Caterina si faceva accarezzare dall'improvvido coscritto, per consegnarlo poi
al boja.
"Quest'uomo aveva già ammazzate due donne prima di
sposare quest'infelicissima. Per il complesso delle sue abitudini perverse, nel
momento d'andar all'altare, era l'oggetto dello schifo e del ribrezzo generale.
Or sai tu per che strano motivo i preti non solo permisero ma vollero questo?
il motivo è specioso e acuto. Con un matrimonio provvidenziale, pensarono,
placando la torbida natura di un tal uomo, potremo salvare un'anima. A queste
possibilità fu sacrificata l'innocenza, come quando nella gabbia del leone
febbricitante, per tentar di placarne le irrequietudini, si mette una gazzella,
nella presunzione che il leone la risparmii e faccia amicizia seco."
Ma, domandò il Montanara, conosco io le persone di cui
parli?
È facilissimo che tu le conosca. L'assassino è il conte
Alberico B...i La vittima infelice è quella Stefania Gentili che avrete sentito
a cantar al teatro Re, se siete arrivati in tempo, perchè non vi cantò che due
o tre sere sole, non avendo i preti permesso che si contaminasse sul palco
scenico.
Ma chi sono questi preti?
Ho detto i preti, ma il prete veramente fatale fu uno solo:
un monsignore del Duomo.
Ma ora dove stanno costoro?
Il monsignore è a Milano, vivo e vegeto e santo;
tutt'intento, senza saperlo, a rovinar famiglie, a guastar teste, a spaventar
coscienze. Il conte Alberico è qui in Parigi con sua moglie; se voi spingete
l'occhio oltre il ponte e, saltando due case, lo fermate all'angolo della
terza, potete vedere dove abita. È al terzo piano di quel palazzo barocco. Col
cannocchiale io posso vedere la leggiadra figura di quella vittima moribonda.
Egli la condusse qui; innanzi tutto perchè, fuori dell'aria nativa, ella non
può avere il più efficace dei rimedj al male che l'affligge; in secondo luogo
perchè, sotto colore di viaggiare, non ha preso con sè nè servi, nè cameriere,
che la proteggessero e curassero; poi perchè, non essendo conosciuto a Parigi,
può dar ad intendere tutto quello che vuole, può persino calunniare sua moglie
ed essere creduto; infine per non aver testimonj agli assidui maltrattamenti
ond'egli, esacerbando di continuo il malore di lei, riuscirà a troncare
prestissimo quel tenue filo di vita che ancora le è rimasto. E nemmeno vuol
permettere che ella si ponga sotto la cura di un medico valente. Men danno che
io la faccio visitare dal dottore Broussais; ma ella è condannata a medicarsi
di nascosto, perchè il conte, dopo aver scialacquato due o tre milioni, ora è
diventato avaro fino alla demenza, e mette a rumore tutta la casa e rovescia
tavole e sbatte usci e minaccia tutti, se gli è posta tra le mani la polizza
dello speziale.
Ma in che relazione sei tu con lui?
Ora in nessuna; benchè egli sappia che io mi trovo a Parigi,
e fors'anche per qual ragione son qui.
"Per amor di lei io ebbi in addietro la debolezza di
farmi intrinseco suo, sebbene sapessi quant'egli mi fosse avverso, e come in
più circostanze avesse tentato di rovinarmi in tutti i modi possibili. Ma
trovatomi seco nell'occasione d'un viaggio che insieme colla moglie ei fece a
Firenze, accolti come buona moneta i complimenti della sua bocca bugiarda,
finsi di non sapere nulla; e per pietà di lei e, dirò anche, per l'estrema
simpatia, che, come sempre ella mi aveva
ispirata, m'ispirava ancora, ebbi per molto tempo l'abitudine della sua casa,
dove con tutti gli sforzi dell'animo ond'io ero capace, comprimeva gli sdegni,
per tentar colla mia presenza di rendere più ammansata quella bestia feroce.
E cominciò allora il tuo amore con lei?
Amore no. Ella mi pareva troppo bella e troppo preziosa per
me. Non era che amicizia e pietà. Bensì il mondo, considerando le apparenze,
credette altrimenti, ma s'ingannò... e se voi non mi credeste ora, ascoltate, e
ne avrete le prove. Lasciata Firenze per certi miei affari, e passato a Napoli,
qui la mia avversa fortuna mi diede a conoscere una giovinetta; infelicissima
quando io la conobbi, perchè ciò avvenne nel punto che il fidanzato l'aveva
abbandonata. È il mio destino di non interessarmi che agli infelici. Questa
fanciulla, dopo qualche tempo, mi fece capire che, per trovar pace, ella
riponeva ogni sua speranza in me. Bellissima qual'era e d'indole straordinaria
e di cuore ardentissimo, mi mise addosso un sì terribile incendio, che allora
per la prima volta compresi l'antica sapienza, la quale inventò la formola
della camicia di Nesso che arse ed esulcerò le membra del fortissimo Ercole.
Tutto l'entusiasmo che può suscitare l'amore, lo provai a quel tempo. Credetti
di avere finalmente raggiunto un lato della possibile felicità.
"Ma fu per poco; e quella felicità, cotanto acuta, sembra
che la nemica fortuna abbia voluto farmela assaggiare compiutamente, perchè mi
dovessero poi riuscire più terribili le amarezze del disinganno. Assentatomi da
Napoli per poco tempo, quando ci tornai, tutto era cangiato. Quella fanciulla
erasi lasciata cogliere dalle insidie di un altro, che pure l'abbandonò
prestissimo; e fu sì procelloso il travolgimento, che quando ella mi rivide ne
fu atterrita, e non ebbe nemmeno le forze di dissimulare un istante. Io mi
trovai così posposto ad uno scalzacane mentitore, che a lei si era annunziato
addirittura come sposo, e ai parenti di lei come milionario, senza voler far
l'una cosa ned esser l'altra. Chiusi dentro di me tutto il mio tormento, e mi
affrettai per le poste, onde parteciparlo a colei che, sentendo per me la
santità dell'amicizia, sola mi poteva consolare. Quell'angelo di donna mi
confortò, e mi disse ch'ella non mi avrebbe di certo trattato così; e me lo
disse in modo da farmi comprendere ciò che mai non avrei sospettato. Ti ripeto
che io non sapeva credere che quella donna potesse degnarsi di amar me.
"La cosa si rinfuocò sempre
più, sebbene ella non esprimesse chiaramente, nè io parlassi. Passò qualche anno.
Io frequentava la casa. Il conte perdurava nelle sue assidue vessazioni, ed io
gli venni in odio, non per altro motivo che perchè vedeva in me un naturale
protettore di sua moglie; chè di me e di lei non poteva, per altre ragioni,
lamentarsi in nessun modo. Un dì si venne a un sì fiero alterco, che non mi fu
più permesso di vegliar da vicino quella cara ed infelicissima donna. Il conte
abbandonò Firenze, licenziò tutti i servi; seppi dappoi da un amico che egli
pretese che ella viaggiasse affatto sola con lui a Parigi, per fermar in questa
città la loro dimora. Ed ecco perchè son qui. Ed ora voglio tu mi dia il tuo
parere in una grave questione, tu che sei fortissimo in giurisprudenza."
|