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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO VENTESIMO
    • VI
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VI

E allora ascoltate: Io vivo come un uomo che, per necessità di circostanze, deve attendere di essere percosso da un all'altro da una sventura suprema e irreparabile; da una di quelle sventure che fanno incanutire in ventiquattr'ore. La mia vita è attaccata alla vita ognora in pericolo di una donna bella e leggiadra fin dove può immaginarsi; virtuosa sino ad essere in assidua violenza tra le aspirazioni più legittime del cuore e le leggi crudeli di un dovere arbitrario; infelice in tutta quell'intensità ed estensione che può derivare dalla più sensitiva indole propria e dalla più spietata persecuzione altrui. Io amo questa donna; ed ella, pur senza volerlo, mi ama; dico senza volerlo, perch'ella condanna codesto amore e vorrebbe liberarsene, ma deve subirlo come un morbo affannoso, come uno spasimo fisico, perchè i preti le spaventarono la coscienza fino a farle credere ch'è vietata ogni spontanea affezione, pur se rimanga nella sfera più alta ed immateriale. I preti hanno fatto il sensale di matrimonio nella sua casa. I parenti le han fatto violenza perchè sposasse un uomo che i preti hanno scelto; i preti l'avvolsero in una rete di paure inestricabili. E l'uomo alla cui vita essa fu legata, come quando s'intrecciavan le membra de' condannati nella ruota del tormentatore, quest'uomo è un assassino; ma un assassino protetto dalla legge, titolato milionario; che ha voluto impadronirsi di questa donna divinamente bella, non per altro che per placare i momentanei ardori del senso lascivo, e punirla poi di morte, saziata la fame; press'a poco come quando l'orrida Caterina si faceva accarezzare dall'improvvido coscritto, per consegnarlo poi al boja.

"Quest'uomo aveva già ammazzate due donne prima di sposare quest'infelicissima. Per il complesso delle sue abitudini perverse, nel momento d'andar all'altare, era l'oggetto dello schifo e del ribrezzo generale. Or sai tu per che strano motivo i preti non solo permisero ma vollero questo? il motivo è specioso e acuto. Con un matrimonio provvidenziale, pensarono, placando la torbida natura di un tal uomo, potremo salvare un'anima. A queste possibilità fu sacrificata l'innocenza, come quando nella gabbia del leone febbricitante, per tentar di placarne le irrequietudini, si mette una gazzella, nella presunzione che il leone la risparmii e faccia amicizia seco."

Ma, domandò il Montanara, conosco io le persone di cui parli?

È facilissimo che tu le conosca. L'assassino è il conte Alberico B...i La vittima infelice è quella Stefania Gentili che avrete sentito a cantar al teatro Re, se siete arrivati in tempo, perchè non vi cantò che due o tre sere sole, non avendo i preti permesso che si contaminasse sul palco scenico.

Ma chi sono questi preti?

Ho detto i preti, ma il prete veramente fatale fu uno solo: un monsignore del Duomo.

Ma ora dove stanno costoro?

Il monsignore è a Milano, vivo e vegeto e santo; tutt'intento, senza saperlo, a rovinar famiglie, a guastar teste, a spaventar coscienze. Il conte Alberico è qui in Parigi con sua moglie; se voi spingete l'occhio oltre il ponte e, saltando due case, lo fermate all'angolo della terza, potete vedere dove abita. È al terzo piano di quel palazzo barocco. Col cannocchiale io posso vedere la leggiadra figura di quella vittima moribonda. Egli la condusse qui; innanzi tutto perchè, fuori dell'aria nativa, ella non può avere il più efficace dei rimedj al male che l'affligge; in secondo luogo perchè, sotto colore di viaggiare, non ha preso con servi, cameriere, che la proteggessero e curassero; poi perchè, non essendo conosciuto a Parigi, può dar ad intendere tutto quello che vuole, può persino calunniare sua moglie ed essere creduto; infine per non aver testimonj agli assidui maltrattamenti ond'egli, esacerbando di continuo il malore di lei, riuscirà a troncare prestissimo quel tenue filo di vita che ancora le è rimasto. E nemmeno vuol permettere che ella si ponga sotto la cura di un medico valente. Men danno che io la faccio visitare dal dottore Broussais; ma ella è condannata a medicarsi di nascosto, perchè il conte, dopo aver scialacquato due o tre milioni, ora è diventato avaro fino alla demenza, e mette a rumore tutta la casa e rovescia tavole e sbatte usci e minaccia tutti, se gli è posta tra le mani la polizza dello speziale.

Ma in che relazione sei tu con lui?

Ora in nessuna; benchè egli sappia che io mi trovo a Parigi, e fors'anche per qual ragione son qui.

"Per amor di lei io ebbi in addietro la debolezza di farmi intrinseco suo, sebbene sapessi quant'egli mi fosse avverso, e come in più circostanze avesse tentato di rovinarmi in tutti i modi possibili. Ma trovatomi seco nell'occasione d'un viaggio che insieme colla moglie ei fece a Firenze, accolti come buona moneta i complimenti della sua bocca bugiarda, finsi di non sapere nulla; e per pietà di lei e, dirò anche, per l'estrema simpatia, che, come sempre ella mi aveva ispirata, m'ispirava ancora, ebbi per molto tempo l'abitudine della sua casa, dove con tutti gli sforzi dell'animo ond'io ero capace, comprimeva gli sdegni, per tentar colla mia presenza di rendere più ammansata quella bestia feroce.

E cominciò allora il tuo amore con lei?

Amore no. Ella mi pareva troppo bella e troppo preziosa per me. Non era che amicizia e pietà. Bensì il mondo, considerando le apparenze, credette altrimenti, ma s'ingannò... e se voi non mi credeste ora, ascoltate, e ne avrete le prove. Lasciata Firenze per certi miei affari, e passato a Napoli, qui la mia avversa fortuna mi diede a conoscere una giovinetta; infelicissima quando io la conobbi, perchè ciò avvenne nel punto che il fidanzato l'aveva abbandonata. È il mio destino di non interessarmi che agli infelici. Questa fanciulla, dopo qualche tempo, mi fece capire che, per trovar pace, ella riponeva ogni sua speranza in me. Bellissima qual'era e d'indole straordinaria e di cuore ardentissimo, mi mise addosso un sì terribile incendio, che allora per la prima volta compresi l'antica sapienza, la quale inventò la formola della camicia di Nesso che arse ed esulcerò le membra del fortissimo Ercole. Tutto l'entusiasmo che può suscitare l'amore, lo provai a quel tempo. Credetti di avere finalmente raggiunto un lato della possibile felicità.

"Ma fu per poco; e quella felicità, cotanto acuta, sembra che la nemica fortuna abbia voluto farmela assaggiare compiutamente, perchè mi dovessero poi riuscire più terribili le amarezze del disinganno. Assentatomi da Napoli per poco tempo, quando ci tornai, tutto era cangiato. Quella fanciulla erasi lasciata cogliere dalle insidie di un altro, che pure l'abbandonò prestissimo; e fu sì procelloso il travolgimento, che quando ella mi rivide ne fu atterrita, e non ebbe nemmeno le forze di dissimulare un istante. Io mi trovai così posposto ad uno scalzacane mentitore, che a lei si era annunziato addirittura come sposo, e ai parenti di lei come milionario, senza voler far l'una cosa ned esser l'altra. Chiusi dentro di me tutto il mio tormento, e mi affrettai per le poste, onde parteciparlo a colei che, sentendo per me la santità dell'amicizia, sola mi poteva consolare. Quell'angelo di donna mi confortò, e mi disse ch'ella non mi avrebbe di certo trattato così; e me lo disse in modo da farmi comprendere ciò che mai non avrei sospettato. Ti ripeto che io non sapeva credere che quella donna potesse degnarsi di amar me.

"La cosa si rinfuocò sempre più, sebbene ella non esprimesse chiaramente, io parlassi. Passò qualche anno. Io frequentava la casa. Il conte perdurava nelle sue assidue vessazioni, ed io gli venni in odio, non per altro motivo che perchè vedeva in me un naturale protettore di sua moglie; chè di me e di lei non poteva, per altre ragioni, lamentarsi in nessun modo. Un si venne a un sì fiero alterco, che non mi fu più permesso di vegliar da vicino quella cara ed infelicissima donna. Il conte abbandonò Firenze, licenziò tutti i servi; seppi dappoi da un amico che egli pretese che ella viaggiasse affatto sola con lui a Parigi, per fermar in questa città la loro dimora. Ed ecco perchè son qui. Ed ora voglio tu mi dia il tuo parere in una grave questione, tu che sei fortissimo in giurisprudenza."

 




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