VII
"Il pensare continuamente, proseguiva il Baroggi, alla
condizione orrenda di quella infelicissima donna, mi popolò la mente di tante
idee, per le quali io mi attenderei di scrivere un libro così logico, così
facondo, così rovente d'ira generosa e tenero di pietà, da costringere tutti
quanti a riconoscere la necessità del divorzio. Se ci fosse il divorzio, quella
donna sarebbe salva; e chi sa quante e quante migliaja di donne vanno
consumandosi nel perpetuo tormento di questa vera Gehenna del matrimonio indissolubile,
dove l'uomo è il tiranno protetto dalla legge, e la donna è la schiava in
lagrime, a cui la legge non si degnò mai di volgere uno sguardo affettuoso. Ah
pur troppo, e già altri lo disse, dopo tante migliaja di volumi compilati dai
giuristi, manca perfino la definizione esatta dei diritti e dei doveri degli
uomini; restano ancora da determinare l'origine e i limiti della patria
podestà; e l'autorità coniugale vacilla in mezzo alle eterne dissensioni dei
legisti, i quali, per consueto, trattando le più gravi quistioni dell'umanità,
studiandola nell'interminabile apparato d'una fossile dottrina, e non nella
vita e non nella verità che, cercandola con amore, si presenta continuamente
agli occhi nostri.
"Che ne pensi or tu?"
Io concordo perfettamente nella tua opinione; ma le persone
di carattere severo e d'imaginazione paurosa si schierarono tutte a difesa del
matrimonio indissolubile. Esse credettero che, gettato il divorzio in mezzo
alla società, dovessero tosto sciogliersi tutte le famiglie e brulicar le
piazze di vedove afflitte e di figli abbandonati; il timore tenne luogo di
ragione, e fu riguardato come la miglior risposta alle objezioni degli
avversarj. I vecchi, in cui tutte le abitudini sono catene infrangibili e che
guardano con invidia i piaceri che non possono più gustare, senza rammentarsi
che spesso la sola stanchezza della vaga venere li condusse al talamo nuziale;
i vecchi tacciarono il divorzio di novità scandalosa, e credettero che questa
taccia bastasse per proscriverlo. I teologi, senza pensare che altro è lo
stato, altro la ragione, pretesero che le loro idee fossero norma a tutto
l'universo.
Ma, più che coi giuristi (disse il Baroggi), io l'ho coi
teologi, i quali audacemente si misero a trattare quest'arduo e delicato
argomento senza conoscerne la materia. Solitarj, senza famiglia, senza affetti,
essi non seppero e non poterono contare la somma de' tormenti che portava seco
il matrimonio indissolubile.
"Non è l'ordine domestico che predicano i teologi, ma
l'assoluta tirannia. Non s'accorsero che, in quel modo che l'esservi il padrone
in casa, non porta la conseguenza che i servi debbano star sempre
sotto il suo dominio quando egli viola i diritti della servitù, così la donna,
la moglie, che è qualche cosa più di un domestico, dovrebbe per lo meno essere
costituita nei diritti di un servo volgare.
"Il contratto matrimoniale racchiude un impegno di
protezione e d'obbedienza. Se il marito cessa di proteggere la moglie, questa
dovrebbe essere dispensata dall'obbedire. Se la protezione si cangia in
tirannia, non si dee condannar la donna ad essere perpetuamente la vittima.
"La coscienza respinge tra ira e pietà quella legge che
riduce allo stato passivo di schiavitù quel sesso, a cui, attesa la debolezza e
i bisogni, è necessaria la protezione della giustizia più che all'uomo, più
forte e naturalmente soverchiatore. I teologi parlano delle donne come un
sultano in mezzo al serraglio.
"Ma giacchè parliamo di teologi, che sono gli avversarj
più ostinati del divorzio, io voglio per un momento mettermi nei loro panni, e
far da teologo. Però, al pari di un uomo in cura d'anime, come un sacerdote pio
e casto, che cosa mi dovrebbe premere di più, se non che le leggi divine e
umane siano tali da rendere meno ovvio il sentiero de' peccati? Avendo perciò
in orrore l'adulterio, io devo dunque suggerire una legge, che spontaneamente
gli tolga le occasioni più tentatrici. E appunto col divorzio ottengono questo.
I teologi, ajutati dai giureconsulti teoristi e senza viscere, hanno creduto di
accordar molto proponendo e sancendo la semplice
separazione a mensa et thoro. E nella loro cecità non si sono accorti che hanno
aperto con questo mezzo un varco sterminato all'adulterio. In generale i
teologi, atrofizzati dall'ascetismo, perchè voglio concedere che non sieno
impostori; e i legulej, sotto l'inspirazione di una coscienza senile, hanno
meditato sugli interessi più gravi dell'umanità senza tener mai conto del fatto
capitale che l'uomo innanzi tutto è fatto di carne e d'ossa; che, per una legge
naturale, necessaria, irrevocabile, ha delle tendenze che non dipendono dalla
sua volontà, ma dall'economia fisiologica del corpo umano..."
Tanto è ciò vero, osservò l'avvocato, che questi avversarj
del divorzio ebbero la franchezza di dir seriamente, che ogni donna separata
dal suo sposo dovrebbe ritirarsi in una società religiosa, che è la sola alla
quale possa ancora appartenere. Essi dissero che questo asilo aperto al
pentimento, alla debolezza, alla infelicità, le offrirebbe nell'unione più
intima colla divinità la sola consolazione che debba ricercare e che debba
gustare una donna virtuosa che si è disgiunta da un marito ingiusto; così si
farebbe sparire dalla società lo scandalo di un essere che è fuori del suo
posto naturale, d'una sposa che non è più sotto la dipendenza del suo sposo,
d'una madre che non ha più autorità sopra i propri figli.
Ma sai tu che cosa fu già risposto a questi sragionatori di
professione? fu risposto che essi sentenziano colla logica di quel chirurgo, il
quale facendo un'operazione sopra una mano fratturata, dopo aver tagliato
quattro dita, tagliò in seguito anche il quinto affatto illeso, adducendo per
ragione che quel dito, rimanendo solo, potea sembrar
ridicolo. Ma, continuando il nostro discorso, se la filosofia razionale aprì le
porte dei monasteri alle vittime della superstizione, e ricusò di sancire dei
voti eterni che, dettati da un momentaneo entusiasmo, sono quasi sempre
seguiti da un lungo pentimento; perchè ciò non dee succedere anche per lo stato
conjugale? La debolezza, l'errore, le passioni inseparabili dell'uomo sembrano
annunziare che un contratto conjugale, che tiene il marito congiunto
indissolubilmente alla moglie per tutta la vita, in tutte le vicende
variabilissime della fortuna, è imprudente, e crudele, è assurdo.
"Nè la semplice
separazione distrugge tanto male. Essa vieta ad una donna onorata, disgiunta da
un marito brutale, i sentimenti d'un nuovo matrimonio, che soli possono
consolarla; per essa ciascuno degli sposi isolato, in preda alla noja, al
dolore, al vuoto dell'animo, respinto da una nuova legittima unione, costretto
a fuggir sè stesso, a cercar distrazioni, si trova insensibilmente trascinato
in mezzo alla dissipazione ed alla dissolutezza, giacchè sussiste in esso ed
agisce con tutta forza ciò che Tacito chiama irritamenta malorum."
Mi ricordo d'aver letto in un libro, dove tra l'altre cose
si svolgeva tale questione, queste parole che tenni a memoria, dove c'è il
rigore scientifico e la filosofia del sentimento: "Se la legislazione si
propone il problema: dato un desiderio costante negli uomini, fare in modo che
venga soddisfatto con pubblico vantaggio, senza pubblico pregiudizio, o col
minor pregiudizio possibile, il divorzio viene appunto a soddisfare i desiderj
più costanti del cuore umano, non solo senza pubblico pregiudizio, ma in modo
vantaggioso alla società; mentre la semplice
separazione, tormentando questi desiderj, nel soffocarli li costringe a
sfogarsi in un modo scandaloso e nocivo."
E ad onta di tale evidenza, rimane ancora nel mondo questa
piaga tremenda della società; nè valsero i consigli della storia, che ha sempre
dato ragione ai propugnatori del divorzio. Percorrendo in questi giorni, alla
biblioteca reale, un libro che parlava della giurisprudenza romana, lessi, che,
avendo l'imperatore Giustino ristabilita la legge che autorizzava il divorzio
di buona grazia, dopo aver protestato che operava contro il proprio volere, che
riconosceva giusta l'abrogazione fattane da Giustiniano, conchiudeva d'esser
stato costretto a ripristinarla, per i mali che immediatamente erano avvenuti
dopo l'abrogazione.
"L'esperienza lo aveva persuaso che quando i conjugi
avevan concepito vero odio l'uno contro l'altro, era impossibile riconciliarli,
e che un tal odio cagionava una guerra domestica, crudele e perpetua."
In coda al divorzio viene poi la tremenda questione del
celibato. È grande il numero dei celibi, perchè sono spaventati
dall'indissolubilità del nodo conjugale, e perchè, in generale, sia che si
parli di matrimonj, di servigi, di condizioni, o di paesi, la proibizione
d'uscire equivale alla proibizione d'entrare.
E ciò è tanto vero, che voglio raccontarvi un fatto,
lievissimo in sè, ma che viene a provar molto, e si può riferire a un infinito
ordine di cose. Nell'occasione di una vittoria napoleonica, a Fontainebleau si
doveva dare uno spettacolo di fuochi d'artificio. La quantità della popolazione
accorsa fu tale, che un segretario di Corte propose all'imperatore di chiudere
l'ingresso ai nuovi accorrenti. Non è giusto, rispose Napoleone; piuttosto fate
una cosa: alle porte di Parigi i gabellieri dicano ai cittadini che, chi vuol
uscire, per tutta la notte non potrà rientrare. Quest'ordine bastò. Una folla
innumerevole ritornò indietro, anzi che divertirsi a quella condizione.
Un tal fatto rivela la penetrazione e il tatto sicuro di
quel genio universale.
Se la giurisprudenza avesse i mezzi di prova che ha la
matematica, il matrimonio indissolubile non sarebbe entrato nel mondo ad
accrescere le miserie dell'umanità. Ma, dopo tutto, se i più ostinati avversarj
del divorzio potessero, anche per pochissimo, assistere alle scene che tuttodì
avvengono nella casa del conte B...i, scommetterei che non rimarrebbe più un
sostenitore del matrimonio indissolubile.
E intanto quella donna non può essere strappata al suo destino,
ed io devo tormentarmi senza speranza di poter alleviare tanta miseria; ora
invidiatemi, se potete, e continuate a dire che sono un capo strano, un uomo
incontentabile. Anche senza tener conto di questa piaga speciale e tutta mia,
non potete immaginarvi che strazio orrendo mi dà lo spettacolo di tante miserie
che la società ha inventate, che l'ingegno umano si affaticò ad accrescere, e
per le quali il buon senso impietosito non può versar che lagrime impotenti.
Il Montanara e il Suardi non seppero che cosa aggiungere. Il
discorso languì. Il Suardi andò a dormire. L'avvocato uscì a prender aria e a
veder com'era fatta una bell'alba di Parigi.
|