XII
Stefania, sbalordita, confusa, commossa, si avviò a casa.
Mille volte aveva pensato, che se fosse stata ricca, avrebbe potuto esser
padrona di sè e ridursi a viver sola; ed ora che aveva in mano la facoltà di
farlo, non sapeva come risolversi; non sapeva come dirlo al conte; le pareva
che questi dovesse leggerle in volto ogni mistero, ogni segreto. Venne l'ora
del pranzo..
Il conte e la contessa sedettero a tavola. È inutile dire
che il conte da anni non aveva mai una parola cortese per lei. Nelle occorrenze
quotidiane della casa, quando la necessità voleva che si parlassero, eran
risposte tronche e acerbe per parte di lui, erano sguardi obliqui e severi.
Sedettero adunque a tavola, la contessa taceva; il tumulto che aveva nell'animo
le aveva colorite le guancie straordinariamente, ond'essa pareva tornata alla
soave freschezza de' suoi diciott'anni. La leggiadria del suo volto e della sua
figura era un incanto anche allorquando il pallore del patimento investiva le
sue guancie; possiam dunque immaginare quel che dovesse parere con quelle rose
ricomparse, sebben fittizie.
Il conte la guardò di sott'occhio, e la riguardò più volte:
Che cos'hai oggi che sei così rossa? le disse. So che il
principe Demidoff, che ha dieci milioni di rendita ed è un bel giovane, ti ha
lodata... Sei stata forse a fargli visita?...
Non so nemmen chi sia questo principe Demidoff, e non
capisco che cosa tu voglia dire...
Il conte si diede a ghignare con disprezzo.
La contessa si alzò da tavola, saettando il conte con uno
sguardo di nobilissimo sdegno. L'esordio strano con cui il conte l'aveva
interrogata relativamente al suo rossore, diede a lei il coraggio di parlare.
Sai tu perché sono infuocata in viso?
Che?
È la gioia che provo nel doverti dare una consolazione.
Oh!
Sì, signore; potrò finalmente liberarti della mia presenza
odiosa...
Diamine! che cosa è successo?
È successo che, siccome non passa giorno che non ti lamenti
d'aver dovuto spendere e spandere per me, al punto da ridurti quasi in miseria
per colpa mia, il cielo ha voluto ajutar te e me.
Il conte, senza parlare, guardava fissa la contessa.
Su tutti gli angoli di Parigi avrai visti gli avvisi della
grande lotteria di Baden-Baden...
Il conte si alzò, protendendo il collo e il muso, e
strabuzzando l'occhio felino...
Un dì, saranno or due mesi, entrai da un cambiavalute che
teneva quell'affisso a' lati della bottega, presi un biglietto di quindici
franchi. Stamattina passando da quello stesso cambiavalute seppi d'aver
guadagnato quarantacinque mila fiorini novantamila franchi circa. Ecco tutto.
Ora posso cessare di vuotare la povera tua cassa.
Il conte si staccò dalla tavola repentinamente, e misurò tre
o quattro volte innanzi e indietro la camera, come una jena in gabbia.
Perchè non m'hai detto mai nulla? gridò poscia.
Perchè era inutile, e, secondo il tuo costume, potevi
rimproverarmi d'aver sciupato quindici franchi; or te lo dico, perchè ti deve
far piacere che anch'io possieda un capitale che dà un'entrata sufficiente per
vivere con decoro.
La risposta che diede il conte fu un calcio nella tavola che
rovesciò in terra piatti e bottiglie.
Accorse una fantesca.
Che volete voi qui? le gridò il conte; e accompagnò l'urlo
ferino collo scagliarle dietro una terrina, che le s'infranse sulla schiena.
La contessa dignitosamente e fieramente atteggiata, era
riparata dietro una poltrona; teneva fra le mani un trinciante, non a caso ma
ad arte, perchè sapeva che al conte, tanto vile quanto perverso, bisognava far
paura in qualche modo. La sventurata però tremava dal capo a' piedi come una
foglia investita dal vento.
Ed ora chiederà il lettore: come si può spiegare quella
repentina escandescenza del conte?
Una infesta mescolanza di cause tutte morbose aveva fatto
impeto sul suo sangue.
Egli aveva bisogno di una vittima su cui sfogare i suoi
perversi umori; quella povera donna, e perchè era moglie e perchè era
inesorabilmente avvinta alla povertà dei genitori, era la sola su cui potesse
esercitare un'autorità assoluta e continua; i domestici potevano
schiaffeggiarlo e piantarlo su due piedi, com'era successo tante volte. Ma la
moglie bisognava che s'acconciasse a star lì sempre
stretta a quella catena d'inferno.
C'era un altro fenomeno stranissimo, ma vero. Egli, nei
momenti men truci e quando nel corpo incarognito gli si ridestava il
titillamento erotico, considerando la bellezza sempre
superstite della moglie e udendola lodare da quanti la vedevano, sentiva
l'orgoglio di essere nel pieno dominio di quella creatura; però mentre la
martoriava di continuo, pur talvolta si compiaceva di possederla, e nei giorni
che, per il malore, la bellezza di lei scompariva nella pallidezza eccessiva,
la insultava con parole di spregio, ma non perchè la spregiasse, sì perchè,
sebbene ei ne fosse la causa volontaria, vedeva che, continuando ella a dar giù
a quel modo, ei non avrebbe potuto più dire: Fra quante donne conosco, la mia è
ancora la più leggiadra di tutte. Ora all'annunzio inaspettato ch'ella
possedeva quasi centomila franchi, comprese di colpo tutto quello che poteva
nascer da ciò. Non poteva più insultarla, perch'ella era in condizione di
abbandonarlo quando voleva; vedendola, per quel rossore che aveva provocate le
sue prime strane interrogazioni, più attraente del consueto, le parve più
tormentosa l'idea di doverla perdere, e per conseguenza di essere costretto a
deporre le armi ai piedi di lei, se pur voleva conservarla; oltre a ciò sentì
anche la fitta dell'invidia nel pensiero ch'egli non poteva più umiliare la
moglie col richiamarle la sua povertà; e prima e dopo e in mezzo a tutto ciò
serpeggiava anche il truce pensiero che ella, mettendosi in salvo, poteva
guarire, onde a lui non rimaneva più mezzo di disfarsene. Queste cause che noi
designiamo ad una ad una, lo assalirono insieme e lo irritarono sino a
quell'estremo da dar prova di tutti i fenomeni della vera pazzia. Ma egli non
era pazzo nè sempre nè abbastanza per essere
chiuso in un manicomio; come non era così legalmente scellerato da poter essere
appeso ad una forca.
Ah! pur troppo quell'improvvisa scoperta del dottor Broussais
e l'atto delicato e generoso ed eccezionale del Baroggi, che pareva dovesse
togliere di mezzo ogni ulteriore occasione di sventure possibili, fu invece la
causa definitiva di altri e irreparabili disastri.
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