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Ma per spiegare al lettore più cose che forse non ha
compreso al primo, giova sapere come la contessa Clelia fosse stata bene
accolta dalla famiglia Salomon per virtù della lettera di donna Paola Pietra:
giova sapere, che se la persona e il nome della contessa stettero nascosti per
alquanti giorni in Venezia, a poco a poco ne trapelò qualche notizia tra
persona e persona che, frequentando la piazza di San Marco, portarono in piazza
la notizia medesima; la quale venendo ad intrecciarsi al fatto che si
attendevano al teatro di San Moisè in Venezia, per la stagione di primavera, la
celebre ballerina Gaudenzi, e, per la stagione futura di carnevale, il non men
celebre tenore Amorevoli, presto, insieme alla notizia ch'era già corsa
dell'arresto di lui avvenuto a Milano pel contrattempo d'una tresca amorosa, e
pel sospetto d'un delitto di più grave importanza, tali e tanti parlari si
sparsero e racconti e congetture e sospetti e domande e lettere scritte
espressamente a Milano, e risposte avute con gran sollecitudine, che si diffuse
per tutta Venezia la novella che la contessa Clelia V..., la fatale Elena di
quella seconda Iliade, erasi rifuggita in Venezia appunto e dimorava in casa
Salamon. Però non si può dire quanto fosse generale il desiderio di vederla, di
avvicinarla, persin di ammirarla; di esaminare dappresso se era poi tanto bella
come si diceva, se il tenore era stato di buon gusto, se non aveva avuto torto
a sfidare tanti guai, a farsi arrestare, a serbare un pericoloso silenzio, a
rinnovare insomma quasi la tragedia di Antonio Foscarini per amore e rispetto e
venerazione di lei. E la curiosità fu tanta, che il ponte che attraversava il
rio San Polo, di repente si vide frequentato a tutte l'ore del giorno da gran
numero di persone, per osservare se mai da qualche finestra si mostrasse la
testa della donna che era l'oggetto del discorso universale. La contessa
Clelia, a cui la buona famiglia che l'alloggiava riferiva quel che dicevasi
nella città, stavasene celata dietro le finestre per vedere tutti senza essere
veduta; ma tra i moltissimi notò una figura che assai le diede da almanaccare.
Quella figura era d'un giovane gentiluomo, gentiluomo, almeno, per quanto
appariva al di fuori, e per la ricchezza dell'abito e pel veladone di broccato
e per la spada col fodero di velluto bianco; giovane tanto che forse non
arrivava ai vent'anni, ed oltracciò di tant'avvenenza di corpo e di una
bellezza così baldanzosa di volto, che quand'anche ella avesse il pensiero
altrove, lo avrebbe distinto fra gli altri, anche se non le fosse sembrato
d'averlo visto tante e tante volte, e più facilmente a Milano che in altro
luogo. Quel giovane passò un giorno, passò due, passò tre giorni per di là e
più volte quotidianamente; se non che ella potè accorgersi che non veniva
coll'intenzione della moltitudine, la quale attraversava il ponte e gettava
un'occhiata al palazzo Salomon; ma sibbene ci veniva per fermarsi a volgere lo
sguardo ad una finestra del palazzo dirimpetto che stava presso al ponte, alla
qual finestra compariva anche una fanciulla. Chiesto di chi era il palazzo, a
donna Clelia fu risposto che apparteneva al patrizio Zen; ma non serviva che
d'alloggio alle figlie di lui, le quali per educazione vivevan separate dal
resto della famiglia; chiesto chi era la fanciulla, le fu detto essere la
maggiore delle figliuole di quel gentiluomo; la qual giovinetta, che forse non
aveva quindici anni e rappresentava il tipo più vetusto e più legittimo e più
completo della beltà veneziana, era la sorella maggiore di quella Cecilia, che
doveva col tempo, sposata al patrizio Tron, diventar celebre ed ispirare al grande
Parini la famosa ode intitolata: Il Pericolo.
Donna Clelia, per accertarsi se quel giovane era colui
veramente ch'ella sospettava, o almeno per raccogliere un indizio di più onde
avvicinarsi alla verità, lo additò un giorno ad uno della famiglia nel cui seno
ell'abitava; affinchè senza farsi scorgere lo codiasse e lo sentisse a parlare
con qualcuno. L'incarico venne accettato, e senza molta difficoltà, come ognuno
può imaginarsi, in quel dì stesso venne riferito alla contessa che colui
parlava il dialetto milanese. Questo bastò perchè donna Clelia potesse ritenere
d'essersi apposta infallibilmente. In conclusione ella aveva creduto di
ravvisare in quel giovane un tale Andrea Suardi detto il Galantino, che a
diciasette anni era stato lacchè nella casa del marchese F... ed erasi reso
famoso per la straordinaria velocità delle sue gambe, e per avere riportato tre
volte il primo premio e la bandiera bianca nelle corse, che, secondo voleva
allora il costume, le case più ricche di Milano, in certi determinati giorni
dell'anno, facevan fare ai loro più riputati lacchè, onde vedere chi lo aveva
più abile e più veloce. Quel giovinetto era dunque diventato una specie di
celebrità del suo ceto, e siccome era di un'avvenenza non comune, ch'egli
accresceva vestendo la livrea di lacchè con un'eleganza insolita, così veniva
da tutti i grandi signori e accarezzato e regalato abbondantemente, ma il
giovinetto, di mente svegliata ma di trista indole, era stato guasto da tante
carezze e da tanta fortuna. Essendo manesco e rissoso, ad ogni momento il
padrone, che gli voleva bene, bisognava pagasse le busse, le bastonate e, una
volta, persino una coltellata che, ubbriaco, aveva appoggiato ad un collega
nell'acciecamento di una rissa. Essendo discolo, e ch'era peggio, essendo bello,
aveva messo a mal partito più ragazze del popolo; e il padrone, il quale aveva
della debolezza per quel fanciullo, cresciutogli in casa da un vecchio
carrozziere, s'era trovato costretto più d'una volta a pagare indennizzi e a
far sospender reclami. A tutto ciò aggiungevasi, che diventato anche giuocatore
e non bastandogli più nè il salario nè le mancie ordinarie e straordinarie, e
avendo debiti di giuoco da pagare, un giorno rubò alcune monete d'oro al
padrone; fatto che, per non essere stato scoperto, rinnovò più volte; ma alla
fine, essendo caduti i sospetti su di lui ed essendo stato perciò tenuto
d'occhio, fu visto una mattina da due servitori entrare bel bello nella stanza
del signor marchese mentre dormiva, prendere una borsa da un tavoliere e, vuotatala
per una buona metà, mettersi il danaro in tasca. Fu allora che, riferito e
provato il furto, il giovane lacchè venne scacciato sui due piedi dalla casa
F...
Il marchese vietò ai due servitori di raccontare il fatto in
pubblico, e per qualche tempo continuò il salario al giovane Suardi, il quale,
trovandosi ozioso e fuggito da tutti, ognuno può pensare come potesse avviarsi
al ravvedimento. Se non che, nell'occasione di una corsa straordinaria avvenuta
a Milano tra i lacchè delle varie città di Lombardia, essendo quei di Milano,
per esser mancato l'intervento di lui, rimasti gli ultimi, con grave offesa
della gloria municipale, il giovane Galantino si offerse allora di battersi coi
tre lacchè vincitori, i quale eran di Brescia, di Cremona e di Lodi; e la sfida
andò di maniera, che la gloria di Milano riuscì per virtù sua a rimettersi al
primo posto, tanto che egli ricevette doni da tutte le parti, e si rifece in
gala. - Inoltre, per quella vittoria, un gran signore di Napoli, che era venuto
allora a stare a Milano, prese il Suardi al proprio servigio, benchè dopo pochi
mesi lo avesse licenziato, onde il giovane ritornò presto alla vita scioperata
di prima. - Ora la contessa Clelia aveva veduto molte volte quel giovinetto lacchè,
e anch'essa, pur nella sua severità scientifica, aveva applaudito e di cuore a'
trionfi di lui, come avean fatto tutte le dame alle quali, com'è naturale,
doveva essere simpatico quel giovane così bello e così alacre. - È dunque
facile a comprendere come, ad onta del veladone di broccato e dei due orologi e
delle ricche trine e della parrucca ad ala di piccione e del cappellino a tre
punte listato d'oro, e di tutta quella trasformazione, dell'abitino succinto di
lacchè all'abitone prolisso di gentiluomo, a lei facesse colpo quella figura e
quella faccia veduta tante volte; faccia caratteristica quant'altra mai, perchè
ad un profilo finissimo, ad una bocca quasi da fanciulla, ad un incarnato
bianco e rosato, che parea quello di una educanda non ancora trilustre, facean
contrasto due occhi neri, vivacissimi e pieni di fuoco, ma d'un taglio così
traditore e d'una luce tanto sinistra, che a lungo lasciava disgustato chi lo
guardava.
Che il giovane Suardi, ossia il Galantino, come veniva
comunemente chiamato a Milano, da questa città fosse passato a Venezia, non ci
era nulla di straordinario, sebbene non fosse questo il luogo più adatto alla
sua professione di lacchè; ma quel che ragionevolmente doveva promuovere di
grandi sospetti era quello sfoggio repentino del suo abbigliamento e quell'aria
di profumatissimo gentiluomo ch'egli si dava. La contessa, quando lo vide la
prima volta sul ponte, pensò ch'egli avesse fatto una gran vincita al giuoco, e
bizzarro qual era e amante della eleganza e del lusso, come ne aveva dato un
saggio anche a Milano pur nell'umile sua livrea di lacchè, attendesse allora a
gettare i guadagni in fretta e in furia nel recitare per poco tempo la parte
del gran signore; ma a questa prima congettura ne tennero dietro delle altre,
essendole nota la cagione per cui era stato cacciato dalla casa F..., e fece
così altri sospetti di più grave natura. - Quando poi s'accorse del motivo pel
quale più volte al giorno capitava su quel ponte, e vide la giovane Marina Zen
aspettarlo ansiosa al balcone, e una notte, gettargli anche un letterino;
fremette d'indignazione, e sentì una pietà profonda per quella giovinetta, che,
cedendo alle prime effervescenze del sangue ed agli arcani desiderj del cuore,
si era lasciata cogliere da quel vago aspetto di giovane, onde impaziente lo
attendeva, e mestissima lo vedeva discendere dal ponte e dileguarsi. - Donna
Clelia, nella sventura congenere in cui versava, aveva trovata quella nuova
sollecitudine per i pericoli altrui, e un timore sinceramente affannoso che una
fanciulla sbocciante allora allora dall'infanzia, cresciuta in tanta
distinzione di natali, bella e fragrante come una rosa, ingenua al punto di
abbandonarsi all'insidia per non sospettarla, fosse per cadere negli
avvolgimenti di quel furfante mascherato.
Lo spirito, la bontà e il senno di donna Paola erano in quel
punto, trapassati nella contessa; tanto riuscì efficace il contatto della
virtù, che per lei fu una consolazione l'imitarla.
Da due notti il giovane Suardi, quando tutto dormiva,
entrava nel rio in gondola; la fanciulla veniva ad una finestra del pepiano,
come la chiamano i Veneziani; ed egli salendo al di sopra del felze, alzandosi
in sulla punta de' piedi, e protendendo la mano, poteva toccar quella della
fanciulla che, volendo e disvolendo, pur gliela concedeva. La contessa Clelia
stava in sull'ali, e se non s'intromise prima in verun modo fu perchè, dopo
pochi minuti, in quelle due notti, la fanciulla erasi ritirata, il giovane era
disceso, e la gondola, movendo muto il remo, erasi dileguata. Pur quelle visite
notturne, continuando, potevano esser causa d'irreparabili sventure, onde la
contessa pensò che fosse debito suo il vegliare assidua e attenta. E in fatti,
in quella notte in cui abbiam visto la contessa Clelia al balcone mentre le scintillava
il pianeta di Giove in sulla testa, quel Giove tanto abile a trasformarsi per
tendere insidie alle giovani beltà più celebrate della mitologia; nel punto che
si smezzava in seno la passione propria e la pietà per la passione altrui,
s'accorse della gondola consueta che procedeva nel rio; e di lì a poco, ferma
che fu la gondola, vide affacciarsi la Marina, e tosto impegnarsi un dialogo
sommesso e una corrente elettrica di sospiri affidati all'aria. Il Suardi
stava, come di solito, sul felze; ma, ad un certo punto, come un leopardo che
spicchi un salto traditore, gettò una corda al balcone, e di slancio fu al
contatto del viso della fanciulla. Se non che, quasi contemporaneamente, si
spalancarono a battere rumorosamente sui marmi le imposte della finestra del
palazzo dirimpetto; e il Suardi sentì una voce squillante di donna a gridargli:
Galantino! La fanciulla si ritrasse e chiuse i vetri; egli si volse a saettare
la pupilla ardente, come un serpe inferocito percosso nella coda. Il raggio
della luna, per una divisione che era tra palazzo e palazzo, penetrato allora
nel rio, illuminava la finestra dove stava ferma donna Clelia in tutta la
maestà della sua faccia di Minerva. Ci fu un istante di profondissimo silenzio
e quasi terribile. Il Galantino ravvisò la contessa.
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