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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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III Chiesto se per avventura trovavasi in casa madamigella Gaudenzi, e sentito ch'ella non era mai uscita in tutta la giornata, il giovane Pietro Verri si fece annunciare senza dare il proprio nome, ma semplicemente come chi aveva cose importanti da comunicare ad essa. - Dopo alcuni momenti, insieme colla fantesca ch'era corsa a riferire quella visita, uscì la Gaudenzi senza nessuna delle affettazioni tanto comuni alle donne di teatro di gran cartello, le quali, in tutti i tempi, e forse una volta più ancora d'adesso, arrivavano a far parer umili fin le dame che serbavan gelose le tradizioni dei tre Filippi di Spagna. Ma la Gaudenzi era la figliuola schietta della natura, e l'animo suo versava allora in tal condizione che, all'annuncio, d'una persona che avea a significarle cose di rilievo, non poteva aver sì gelida calma da stare immobile nella camera di ricevimento, posando accademicamente il corpo sul seggiolone e mettendo in vista, impressa nel cuscino dello sgabello, la punta delle scarpine di raso. - Signore, disse la Gaudenzi al conte Verri con una semplicità piena di vezzo, si degni di restar servito; e precedendolo e schiudendo ella stessa le porte, lo pregò ad entrar nella sala, e gli presentò la sedia con quella disinvoltura onde un uomo avrebbe potuto comportarsi con una donna. - L'ingenuità era pari tanto nel giovine Verri quanto nella Gaudenzi; ma il primo era timidissimo, mentre la seconda, dall'abitudine ad affrontar le mille pupille del pubblico, aveva contratta quella scioltezza, quasi diremmo virile, che forse, a chi era avvezzo al profumato galateo delle aule dorate, potea parer soverchia; ma che in quella giovinetta così bella, e in quell'eleganza spontanea e quasi non voluta d'ogni suo movimento, si vestiva di un incanto specialissimo. Pietro Verri la contemplava muto, e andava pensando come non fosse sempre vero quel che comunemente avea sentito dire, che cioè le beltà da palco scenico non debbano mai esser vedute in camera. - Signora... disse poi, e stentava a trovar le parole, tanto era impacciato dalla sua timidezza. Dovete dunque sapere, madamigella, riprese tosto, che dall'eccellentissimo signor capitano di giustizia fui prescelto all'onore... Quell'onore non era certamente la parola che più facesse al caso; ma sovente chi ha l'abbondanza delle idee nella mente, affatica in certe particolarissime circostanze a trovar la parola adatta, quella parola che pur verrebbe sulle labbra di qualunque più meschino sfrontato. - Io fui dunque prescelto a protettore del sig. Lorenzo Bruni, vostro tutore... - Mio padre e benefattor mio, assai più che tutore, potete dire, o signore... Ma in grazia, chi siete voi?... Per quanto egli fosse sgombro da qualunque pregiudizio e da qualunque benchè minimo orgoglio di sangue, pure provò un'interna soddisfazione nel poter pronunciare quella parola conte; e tutto ciò perchè sentiva come, mettendo innanzi quella parola, egli veniva a liberarsi dall'importunità della propria timidezza; mentre forse la ballerina che lo atterriva col suo fare disimpacciato, a quel titolo sonoro si sarebbe potuta mettere in gran riguardo, e avrebbe subita quella soggezione di cui egli s'accorgeva d'aver gran bisogno. Quanti inesplicabili accidenti in questa nostra povera natura umana! - Illustrissimo signor conte, io la ringrazio della degnazione per la quale ha voluto venire da me; e ora, giacchè ella è il protettore giuridico del signor Lorenzo, mi voglia dire la verità, la verità schietta, la verità intera. Oh s'ella sapesse da quante persone io mi recai in questi giorni, quante preghiere ho fatte per vedere di poter conoscere come veramente stesse la condizione del signor Lorenzo! ma non ho trovato che faccie arcigne e parole fredde, e giri e rigiri di frasi, dalle quali appariva chiaro che si voleva piuttosto ingannarmi che dirmi la verità. - I magistrati, cara mia, hanno il debito del segreto, e bisogna aver loro un certo riguardo... D'altra parte il signor Lorenzo Bruni è in una condizione speciale per aver insultato in pubblico il decoro di una delle più cospicue case di Milano... - Ma guardi, signor conte, che tentazione fatalissima è venuta a quel benedetto uomo di mettere, per amor mio, in così grave pericolo sè stesso, e di far tanto male a quella povera contessa... ch'io non conosco... e per la quale darei la metà del mio sangue perchè non fosse avvenuto quel ch'è avvenuto. Ma Lorenzo fu tratto di cervello dall'ingiustizia del pubblico, e dal desiderio che lo tormentava di poter trovare il modo di convincer tutti del quanto fosse assurda la diceria che il sig. Amorevoli... - E qui la Gaudenzi abbassò il capo, tutta soffusa di rossore, e soggiunse tosto: - Ma non è egli vero, signor conte, che quando un uomo, quando una donna, quando una fanciulla, trovandosi sola con se stessa, può giurare di non aver cosa alcuna a rimproverarsi, non dovrebbe temer di sfidare tutte le calunnie di questo mondo, anche in silenzio, perchè quel che non si sa oggi si sa domani, e la verità esce in fine all'aperto per sua propria virtù?... Devo però confessarle, signor conte, che quando il pubblico mi ricevette, schiamazzando e insultandomi, anch'io non so quel che avrei fatto allora per vendicarmi... e la mia disperazione in quel momento nessuno se la può imaginare, e forse fu per avermi veduta in quella condizione, che Lorenzo non badò più ai mezzi, e giurò di far balzar fuori la verità ad ogni modo, e il modo fu de' peggiori, perchè, ecco a che s'è ridotto, pover'uomo!... E due lagrime lente le rigaron la guancie. - Ma io, continuava, non so farmi capace, signor conte, che vi possa essere così grave delitto nell'aver messo una maschera ad una festa da ballo... In fin de' conti, che intenzione era la sua? Quella di far vedere che il pubblico aveva torto e che io era innocente... Ben è vero che offese gravissimamente una nobil donna, ma, per quanto sento a dire, pare che questa nobil donna... fosse davvero la... e allora... di chi è la colpa?... Pietro Verri sorrideva e compiacevasi di sentir quel discorso vivo e animato, e reso più attraente dall'accento veneto, chè, se non lo abbiam mai detto, lo diciamo adesso, la Gaudenzi parlava il dialetto veneziano, quantunque, pel tramutarsi ch'ella faceva continuamente di luogo in luogo, lo avesse tant'o quanto alterato. - Cara mia, sapete voi che cos'è la legge? - Cosa so io? ma la legge dovrebb'essere tutto ciò che è giusto. - Ed ella infatti si propone la giustizia... ma non sempre la raggiunge, nè lo può; perchè la legge bisognerebbe che potesse trasformarsi all'infinito come tutti gli accidenti umani, e tener dietro a tutte le bizzarrie della fortuna. - E così qualche volta chi ha ragione paga i debiti di chi ha torto... È questo l'intercalare del signor Lorenzo. Ma mi vorrebb'ella dire di grazia, signor conte, per qual motivo il metter maschere ad una festa da ballo fu posto nel numero dei delitti? - Per i cattivi usi che se ne fecero troppo spesso dagli uomini cattivi. - Ma allora si dovrebbe punire il cattivo uso e non l'uso delle cose: sarebbe bella che fosse proibito a parlare, perchè parlando si possono dire delle calunnie! - Oh che sapienza è l'ignoranza! pensava tra sè Pietro Verri, mentre sorrideva alla Gaudenzi. - Attendete dunque, soggiunse poi, a mettere il vostro bel cuore in pace; poichè se la legge fu fatta per un fine ragionevole, non è poi detto che non si debba tener conto della buona intenzione di chi l'ha trasgredita, trasportato da un nobile riguardo e da una nobile passione... - E di chi l'ha trasgredita, continuò vivacissimamente la Gaudenzi, perchè in quel momento non c'era altro mezzo di far cessare una perfida calunnia. - E per questo io mi confido di poter riuscire ad alleggerire al possibile la condizione del vostro signor Lorenzo. - Come ad alleggerirla? domandò piena di dolorosa meraviglia la Gaudenzi... Ma non è a sperare che lo possan mandare assolto in su due piedi?... - Tranquillatevi, cara mia, ma per bene che vadan le cose, converrà pure che voi siate disposta a un lieve sacrificio... - Qual sacrificio?... dite, dica, io son parata a tutto. - È un sacrificio che non dipende dalla vostra volontà, ma solo dalla vostra pazienza; perché mi rincresce a dirvelo, cara mia, ma per un sei mesi almanco converrà che vi adattiate a restar priva della vista del signor Lorenzo... - Oh... questo non sarà mai, signor conte; io mi scioglierò in lagrime ai piedi del signor governatore, e otterrò la grazia. E se il governatore starà inflessibile, metterò sossopra mezzo mondo. - Tranquillatevi, e prima di far passi, lasciate che io faccia i miei; che se fosse necessaria la vostra cooperazione immediata, ho io la persona che, se è possibile far miracoli, ella li sa fare davvero... Ma la Gaudenzi più non badava a quelle parole, e, alzatasi, misurava in lungo e in largo e concitata la camera, cogli occhi pieni di lagrime e col labbro inetto a proferir parola, perchè un tremito convulso stava per farla dare in uno scoppio dirotto di pianto... Il Verri le teneva dietro coll'occhio, pieno di commozione anch'esso e d'ammirazione, e assalito da un sospetto, come da un lampo che baleni improvviso. Le anime squisite, anche senza lo scaltrimento di una lunga esperienza, tengono il filo d'Arianna per misurare, senza smarrirsi, il labirinto del cuore umano. Diciamo questo, perchè di fatto, quel ch'egli sospettò, era vero. - Un mese prima, chi avesse detto a quella cara e semplice ragazza: scommettiamo che voi siete innamorata del signor Bruni, ella non avrebbe data altra risposta che una delle sue consuete risate baccanti e sonore... Ma il giorno in cui Lorenzo venne arrestato, e i giorni in cui ella provò, per quel distacco, una costernazione che mai non aveva provato in vita sua, non si potrebbe dir bene in che modo, ma le si depose inavvertito nell'animo un lieve germe di amore, che fruttificò di dì in dì, a seconda della natura appunto dei germi. - Ben è vero che ella non sapeva ancor nulla, e a chi di nuovo le avesse chiesto, se era innamorata, di nuovo ella avrebbe risposto, se non con una risata, certamente con un sorriso accompagnato da un lieve agitar della testa; ma, in conclusione, l'amore lavorava e limava nell'animo suo con tutta la forza di un amore a cui non manca più nessuna delle sue attribuzioni. - Sentite... Interruppe il Verri con questa parola il passo concitato della Gaudenzi. Ella si fermò in faccia a lui, attirata da quel sentite, e come chi spera sempre qualche consolazione da tutti gli accidenti del discorso. - Da quanti anni, egli continuò, il sig. Lorenzo Bruni veglia alla tutela della vostra giovinezza? - Oh da moltissimi anni! Io era una ragazzina senza padre e senza madre, e ballavo a Venezia al teatro di San Moisè... Chi mi curava non era allora che questa buona e paziente mia zia... Ma si viveva a discrezione degli impresarj che guadagnavano, non tocca a me il dirlo, alle nostre spalle, eppur non ci facevano che soprusi e angherie, n'è vero, zia? Il signor Lorenzo Bruni volle difenderci una volta da un appaltatore usurajo e ottenne di farlo stare al dovere... onde ci fece tener tanti danari, quanti certamente non potevo dire d'aver meritati. Ma questo è poco, perch'egli si prese cura della mia educazione; e siccome ei veniva da Parigi, ed avea vedute tutte le più celebri ballerine e conosceva la danza più di chi ne fa professione, tanto fece e consigliò, che riuscì a tirarmi indietro dall'arte viziata... Onde quel poco che sono, lo voglia credere, illustrissimo signor conte, non lo debbo che a lui. - E tutto, entrò a dire la zia, senza neppure un'ombra d'interesse, perché i mettimale che vedevan con dispetto quel suo tanto adoperarsi in pro della ragazza, mi andavan susurrando all'orecchio che lo avrebbe fatto per arricchirsi... Ma invece, se non ci ha perduto, non ci ha guadagnato, perchè la bilancia non è più giusta di lui: e i quartali ei non volle nemmen toccarli, e collo scrupolo va tanto in là, ch'ei vuole che dalle mani dell'impresario passino nelle mie; e se provvede a collocarli a buon frutto, desidera ch'io medesima vada a consegnarli... Oh... ci creda, signor conte, che per noi è una gran disgrazia a rimanere senza quell'uomo d'oro. - Ho caro d'aver sentito tante lodi di quel bravo uomo; così mi lusingo di farle comparire opportunamente nella difesa... - E può aggiungere, signor conte, i discorsi pieni di consigli, di sapienza e di virtù onde il signor Lorenzo era instancabile a vantaggio di questa ragazza... perchè lo creda, signor conte, ma quel signor Lorenzo, se è un uomo probo, è anche un uomo di gran talento. E la bella Gaudenzi stava per venire in ajuto della zia; ma in quel punto ch'ella stava per parlare, giunsero all'orecchio del conte Pietro Verri, il quale era là quasi in attitudine di magistrato, i primi tocchi della campana della piazza de' Mercanti. Il giovane patrizio si alzò, come scosso disgustosamente da quel suono, e, tagliando di colpo tutte le fila sospese del discorso, si licenziò, e fu molto se ebbe l'animo di rinnovare alcune parole di consolazione alla fanciulla. Ma che mai c'era di tragico in quella campana della piazza de' Mercanti, dirà il lettore, da mettere i brividi al giovine Verri? - Cari miei, saranno inezie, ma l'eccellentissimo senatore conte Gabriele era un uomo di ferro, e guai se avesse saputo che suo figlio non era già rincasato prima della campana; che una sera in cui il giovane Pietro, trattenuto in certe calde discussioni al caffè Demetrio, giunse a casa un'ora dopo... Filippo II non guatò così bieco il grand'ammiraglio, quando gli tornò innanzi coll'annunzio d'una battaglia navale perduta e della flotta distrutta, come fece allora il conte Gabriele con suo figlio Pietro, il quale per rientrare nelle grazie del signor padre dovette metter sossopra tutto il parentado. S'affrettò egli dunque a saltelloni giù per le scale, divorò la strada, e tutto trafelato giunse a casa quando la campana non aveva ancor finito di dare i suoi tocchi; si recò a far riverenza e a dar la felicissima notte al signor papà, poi si chiuse in camera per stendere la difesa di Lorenzo Bruni.
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