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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO SETTIMO
    • IV
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IV

- Bravo il nostro pittore, disse lord Crall; il vostro spirito, per maturare, ha bisogno, come i cavoli dell'agro lombardo, di essere ingrassato dal concime. Voi avete trattato da pari vostro questa faccenda, ma io la tratterei da par mio, ossia con tutta la serietà di cui può essere capace un uomo che ride due o tre volte in un anno; e vorrei che i signori commissarj della Ferma venissero una qualche volta in casa mia; una volta sola, e vi assicuro che, senza tener conto delle conseguenze, io farei tal cosa da insegnar la giustizia col mezzo della violenza. Giacchè pur troppo mi accorgo che contro a certi mali ci vogliono rimedj speciali. Ma intanto mi scusi l'abate Parini, se questa volta me la piglio anche con lei.

- Con me?

- Precisamente con lei per quanto io le sia obbligato da tanta gratitudine. Prima di tutto, a che essere ammesso, pe' suoi meriti straordinarj alla confidenza del conte Firmian, che mi dicono avere l'istinto del bene, senza parlargli chiaro, e senza dimostrargli lo scandalo dell'ultimo editto? In secondo luogo, a che avere tra le mani l'arme onnipotente di una gazzetta, lasciata in suo arbitrio, senza adoperarla quando più freme il bisogno? A Roma la Ferma venne abolita in virtù delle gazzette; è una gazzetta che fuori di qui scarica assiduamente le sue armi per ferire la Ferma. Ma le armi degli ignoti valgono poco. Vuolsi che la verità sia fatta risuonare da un uomo venerato dal pubblico e rispettato dagli stessi uomini del potere, perchè sia riconosciuta siccome tale da tutti; ed io sono certo che se nel gazzettino di Milano uscisse una catilinaria dell'autore del Giorno contro agli arbitrj de' fermieri, questi si conterrebbero alquanto, o l'autorità penserebbe a contenerli.

- Mi piace la vostra franchezza, giovane generoso, rispose il Parini, ma quel che torna inutile non va fatto. L'autorità che un uomo d'ingegno e di cuore s'è legittimamente acquistata, finisce a spuntarsi quando il pubblico s'accorge che, per quanto ella sia generosa, non viene ascoltata. Avete veduto che risultamenti ebbe la notizia che ho spacciato sull'abolizione de' castroni. Lodi da Voltaire, lodi da Federico di Prussia, lodi da tutte le teste quadre d'Europa. Fin qui va benissimo. Ma gli elefanti canori continuano a contaminare le scene; e tutti gli anni genitori spietati offrono sul bacile, in sacrificio all'arte musicale, la parte migliore de' loro figliuoli... ed io... io son posto nella schiera di coloro che tengono, da quelli che in apparenza lodano l'ingegno, sprezzandolo in fatto, il permesso di garrire a deserto. Del rimanente ho parlato al conte Firmian di quello che tanto vi cuoce, e per consolarvi, vi dirò che qualche cosa si farà, e l'editto verrà in gran parte riformato; e poi c'è qui il consigliere Verri che...

- Io spero, prese la parola il Verri, di poter venir in aiuto dello scherzo serio del nostro pittor Londonio e della vostra giusta indignazione, lord Crall. L'abate Parini, protestando sul gazzettino e contro l'autorità di chi ha fatto l'editto e contro i fermieri che lo usufruttano colla più schifosa interpretazione, sapete che avrebbe raccolto gran lode dai buoni, e basta lì... ma si sarebbe inimicato il governatore, e sarebbe stato perseguitato, Dio sa in che modo, dagli interessati alla Ferma; e il pubblico non ne avrebbe avuto nessun vantaggio. Queste cose, caro mio, bisogna pigliarle blandamente; e poi quando si vuole inoculare ai grandi e ai piccoli, a chi comanda e a chi obbedisce il senso della giustizia e della moralità, sapete che cosa bisogna fare? bisogna far sì che la giustizia e la moralità trovi un posto sul libro mastro del dare e dell'avere, e farle comparire non più austeramente vestite e colle mani vuote, ma addobbate sfarzosamente, e col cornucopia versante dobloni nelle casse dell'erario. Non è che la finanza, la quale in certi casi, confederandosi colla giustizia, può, facendo i proprj, far anche gl'interessi della povera compagna, quasi sempre derelitta. È un pezzo che lavoro a queste cose, e già ho aperto gli occhi a chi li aveva chiusi naturalmente e a chi li teneva chiusi per convenienza. Persuaso di questo, ho cominciato a fare indagini insistenti per redigere un bilancio dello stato del commercio nel ducato milanese, che feci pubblicare senza perder tempo. Io sapevo benissimo che, a discoprire gli altari e a togliere il velo ai misteri, più di uno avrebbe guaito, e qualcheduno anche di quelli che stanno più in su. Il che di fatto avvenne, ed ebbi accusa d'avventato e d'imprudente; perchè non si voleva che io mettessi il pubblico a parte delle mie rivelazioni; e si amava piuttosto che dalla mia testa le versassi nella testa altrui, senza che nemmen l'aria se ne accorgesse. Ma io sapevo quel che mi facevo, prima di tutto perchè fatto palese il falso movimento di un congegno della gran macchina civile, chi la governa è costretto ad operare a suo dispetto, e a suo dispetto spesse volte s'incammina a raccogliere gli applausi della moltitudine; poi, perchè di questi applausi, giacchè avevo fatto la fatica, desideravo averne anch'io la mia quota; e ciò mi pare che sia ragionevole. Intanto sono riuscito a far comprendere che l'innocente diletto di far strillare il pubblico sotto alle battiture dei fermieri costava allo Stato due milioni all'anno, e che però l'abolizione d'infinite vessazioni ne faceva entrar due nelle casse erariali. Quando gli atti magnanimi fruttano danari è facile a farli diventare contagiosi. Ecco perchè senza perdere gran tempo, sono riuscito a insinuare l'idea della Ferma mista. Questo è il primo passo, ed era il più difficile; il resto verrà da sè.

- Ma come avvenne, domandava il Parini, che i ventotto capitoli dell'editto del mese d'aprile, i quali hanno messo la costernazione in tutto il popolo, sono posteriori alla vostra nomina di consigliere del Consiglio d'economia, e alla vostra elezione a rappresentare il Governo nella Ferma mista?

- L'editto era già steso, e per quanto io abbia strepitato, lo si volle far impastare sulle cantonate della città, perchè i fermieri furono più forti d'ogni più forte ragione.

- E perchè, per il momento, soggiunse il Beccaria colla solita sua aria sbadata, due mila ducati nelle saccocce di chi porta l'armellino sotto la toga, pesano di più che due milioni nelle casse forti della finanza. In ogni modo puoi chiamarti fortunato, il mio Pietro, perchè appunto hai trattato una questione, in cui l'amore per il pubblico bene si trasmuta in oro sonante. Così potessi anch'io provare che la riforma del diritto penale è un buon affare di commercio da convertirsi in danaro; che in quarantott'ore scomparirebbero dai crocicchj gli squallidi apparati della tortura... Così qui il nostro abate Parini avesse potuto dimostrare che l'abolizione de' castroni è un lauto affare di finanza; chè allora avremmo veduto un decreto del Ganganelli a precedere gli encomi di Voltaire. - Così il suo Giorno e le sue Poesie... Ma che cos'è successo che lord Crall grida come uno spiritato?

Codesta repentina diversione del discorso di Beccaria era infatti provocata dalla voce di lord Crall, che tuonò improvvisa, come allorchè sorviene qualche disastro, o corre qualche ingiuria tra gl'interlocutori.

Che è, che non è, tutti si misero ad ascoltare. Un giovinotto, entrato allora in casa Ottoboni, avea raccontato che, cavalcando lungo il corso di porta Romana, e piegando, per la strada del naviglio, verso san Barnaba e le vie lì presso, avea veduta accorrere gran folla di gente per quei luoghi quasi sempre abbandonati; ed egli per curiosità tenne dietro alla moltitudine, e venuto al monastero di San Filippo, avea sentito come i commissarj della Ferma colla sbirraglia erano entrati a perquisire in convento; e siccome ad onta delle mille esorbitanze de' fermieri, pur era quella la prima volta che si attentavano di introdursi in un monastero, così la voce corsa v'avea chiamato e vi chiamava gran gente.

Lord Crall a quel racconto, in prima era rimasto immobile, poi non avea potuto trattenersi dal rompere in parole della più violenta esasperazione: e Spada e pistola ci sono, gridò... e qualcuno oggi la pagherà per tutti, e così dicendo, calcandosi il cappello a tre punte in testa, uscì come un invasato dalla casa Ottoboni.




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