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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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VII Tornando ora al racconto, quando il Galantino, passando a cavallo sotto al balcone di casa Ottoboni, attrasse gli sguardi e provocò i parlari delle donne allegre e voluttuose che vi stavano radunate; in quel punto, agitando molti disegni in capo, pensava di volgere la corsa verso la casa propria, dove avea fatto dire al sotto-tenente della Ferma, Giulio Baroggi, che si trovasse in sul tramontare della giornata, che egli avea gran bisogno di parlargli. E il Baroggi fu pronto alla chiamata, tanto che, quando il Suardi scavalcò nel cortile della propria casa, quello lo stava aspettando da quasi mezz'ora. Il Suardi salì appena il portinajo gli nominò il sotto-tenente, ed entrato nell'anticamera, e vistolo a passeggiare innanzi e indietro: - Attendi un istante che vengo subito, gli disse. - Faccia i suoi comodi, rispose quegli, levandosi il cappellino, e calcandoselo di nuovo in testa quando il Suardi si ritirò. Vestito della sua verde assisa, coi rivolti bianchi al petto, alle maniche ed alle falde, colle uose di panno nero che gli giungevano a mezza coscia, colla sciabola cinta non senza una certa trascuratezza che aveva il suo vezzo, col cappellino a tre punte tanto piegato in sulla banda destra, che il sopracciglio veniva quasi tagliato a metà; nel passeggiare innanzi e indietro per l'anticamera presentava quell'aspetto eteroclito che, assunto per una consuetudine indeclinabile, sembra farsi quasi una seconda natura in tutti quelli che, senza appartenere alla milizia regolare, portano divisa ed armi in servizio degli ordini civili, e nelle frequenti scaramuccie coi contrabbandieri, sono esposti ai pericoli della guerra, essendo ascritti al men glorioso esercito della pace. Tuttavia le mosse ch'ei faceva nel passeggiare, più che quelle di una guardia di finanza vera e reale, parevano quelle di un attore che ne caricasse le apparenze per rappresentare un personaggio. Chè di tanto in tanto, e per atti fuggevolissimi, la trivialità, quasi assunta per proposito, tradiva una certa eleganza nativa, avendo esso la taglia spigliata e leggiadramente costituita, e la fisonomia e i contorni e i tratti del volto belli e gentili. Bensì sul fondo bianco e pallido della faccia, nella regione dei zigomatici segnatamente, si vedea soffusa una tinta come di rosso di mattone, la quale non pareva naturale, sibbene artificiosamente sovrapposta, ed era infatti l'insegna dell'acquavite e del rack di cui faceva tanto abuso. Esso non contava che ventun anni, ma ne dimostrava buonamente una mezza dozzina di più, perch'era torbida la tinta dell'occhio, il quale però, sotto all'ampio e puro arco del sopracciglio, girava con guardatura intelligente ed espressiva e soave, quando era in calma. Dopo brevissimi istanti rientrò il signor Suardi, e disse lesto e sommesso al Baroggi: - Andiamo di là che t'ho a parlare di un affare urgentissimo... Quante ore abbiamo? aspetta, e già tardi... - e così dicendo condusse il Baroggi in un gabinetto vicino. - Sai, continuava il Suardi, che in sull'imbrunire i commessi della Ferma devono fare una minuta perquisizione nel convento di San Filippo Neri, perchè, per sicurissime informazioni, sappiamo che v'è nascosto in gran quantità del tabacco forastiero. Il Baroggi guardò il Galantino con un lezio del volto significantissimo. - Chi ve l'abbia gettato non si sa... perchè non par vero nemmeno che la madre badessa, per il suo privato consumo e per quello delle suore coadjutrici... basta... qualcuno sarà stato... e a noi non importa nè di chi nè del come nè del quando; quel che preme si è che la perquisizione non torni inutile... E voglio che anche tu sii presente... essendo necessario che quella gentaglia di commessi e guardie e sbirri sia tenuta in freno... tu mi capisci. - Capisco benissimo. Ma capisco anche che si può fare un buco nell'acqua.. e che questa volta era meglio chiudere un occhio e lasciar che il tabacco marcisse in convento, anzichè liberare il volo ai falchetti e gettarli tra quelle povere rondini. Il malumore della città è al punto, che un minimo fatto di più basta a convertirlo in una tempesta da ammaccar il capo di chi si lascerà cogliere. Figuratevi poi questa bagattella. Fin ad ora non fu mai fatta perquisizione in nessun monastero... Torno a ripetere, mi pare che questo voglia essere un colpo falso, di quelli che feriscono e fanno saltar le dita a chi tiene l'archibugio. Il Galantino tacque un momento, con un certo atto di preoccupazione, poi soggiunse: - Ma, caro mio, la legge c'è, e se ci fu pel convento dei Cappuccini, e per quello dei Barnabiti... e per casa Visconti e per casa Arconati... ci può e ci dev'essere anche per la casa delle monache. Chi sono infine quelle pettegole? i signori che hanno fatta la legge dovevano pensarci loro... - Ma sapete, signor Galantino... già qui si può parlar chiaro, che nessuno ci sente... sapete che quell'editto fu una grande iniquità... e dacchè Milano è Milano non s'è mai vista la magistratura a tenere il sacco ai... che cosa si ha da dire?... ai birboni e ai ladri... come in quest'occasione?... - Come? ai birboni e ai ladri? - So quello che dico... e quand'esce una legge di quella conformità, chi ha l'incarico di farla eseguire ha naturalmente il mandato di fare il ladro e il birbone... Ed io dichiaro di aver dovuto essere e l'uno e l'altro, quantunque a mio dispetto. E, giacchè si ha a dire la verità tutta quanta, ho avuto caro che voi m'abbiate fatto chiamare, dal momento che avevo un ardente desiderio di parlarvi... - Parlarmi? e di che? - Di questo, che se fosse possibile farmi passare dal corpo delle guardie negli ufficj d'amministrazione, a me parrebbe di toccare il cielo col dito. - Io t'ho fatto nominar sotto-tenente perché sapevo che un tal posto impingua le saccocce. - E ve ne ringrazio e tanto, chè, dopo mia madre, siete voi il solo uomo a cui mi professi obbligato in tutta questa mia vita maledetta... - Maledetta... perchè tu l'hai voluto... tu bevi, tu giuochi, tu gozzovigli, tu spendi e spandi, e poi tua madre piange... ed io... - Voi mi avete sempre soccorso, e torno a ripetere che a voi solo io sento l'obbligo della più profonda gratitudine... ma... - Che? - Quando un uomo è nato per correre ad un fine e riesce ad uno opposto; quando un uomo si sente la mente e il cuore fatti per riuscir bene in una certa vita, e dal bisogno è invece costretto a far quello che gli ripugna... allora è necessitato a violentar la natura propria, ubbriacandola, affinchè non si risenta del peso insopportabile che gli è imposto. Quando ho bevuto e la testa mi si esalta, posso vivere tra quella masnada di briganti che ho d'attorno. Quando ho bevuto, e il mio cuore è addormentato e i miei sentimenti sono soffocati, posso anch'io dar mano alle nequizie che si compiono per obbedire la legge. Del rimanente, sarebbe ora minor male se ci fosse il pericolo di affrontarla: ci sarebbe almeno il merito del coraggio. Ma così è una vigliaccheria senza esempio. Io so che il boja è più abborrito dell'assassino... il mondo almeno la pensa così, e c'è il suo perchè... Ora noi siamo ancor peggiori di lui, chè, se non altro, egli uccide i colpevoli, mentre noi ci facciamo il più tristo giuoco de' galantuomini. - Non so che dire, e può darsi benissimo che tu abbia ragione, ma se domani vuoi lasciar giù questa giubba color pistacchio e questa sciabola, bisogna che tu stasera, anzi fra pochi momenti, lor faccia guadagnare il ben servito. - Vale a dire?... Non afferro bene. - Vale a dire che tu devi far parte della spedizione del monastero. - Io? - Tu. - Ma perchè? Il Galantino stette un momento perplesso, poi soggiunse: - Perchè voglio che il conte Alberico F... vada al diavolo e crepi di bile. Il Baroggi si fece attento. - Caro Giulio, tu sei il primo al quale faccio una tale confidenza; ma in conclusione ho stabilito di prender moglie... - Niente di più naturale e di più facile. - Naturale sì, facile no... Non per la moglie, ma per quella che voglio io; e quella che voglio io è nientemeno che la promessa sposa del conte Alberico (il lettore comprenderà come questa fosse un'invenzione del Suardi), e tutto è pronto, e si dice che il bello e leggiadro e profumato e viziato conte, messi da parte i suoi cento amori, e lasciatine gli avanzi alla servitù come si fa cogli stivali e colle calze smesse, siasi innamorato perdutamente di quella che piace a me. Ma il conte non l'avrà e non la sposerà... e tu mi devi ajutare. - Io?... Ma che cosa posso far io? - Sai tu dove sta di casa quella che piace al conte e piace a me?... non lo sai? ebbene te lo dirò io: sta di casa nel monastero di San Filippo, ed è piaciuta anche a te... - A me? - Tu l'hai veduta e guardata e lodata un giorno in cui, mentre passeggiavi con me, ella mi passò vicino, accompagnata dalla livrea di casa Pietra-Incisa. - Chi?... quell'angelo?... - Quello appunto... ma oggi ha da volar via, e sei tu quello che gli dee fare spiegar l'ali e farlo uscire, non dalle finestre... guai! ma da un uscio che t'indicherò. - Ma che vi pensate? Io non sarò mai per far questo. - Tu lo farai. - E quand'anche avessi tutta la miglior volontà di obbedirvi, non vedo nessuna via da poterne uscir fuori ... Prima non la conosco, colei... ed ella non conosce me ... e poi una fanciulla non è una puledra da farsela venir dietro passo passo soltanto col darle a veder lo zuccaro. - Senti, Giulio; la cosa non è facile e, se vuoi, nemmen troppo probabile; possibile però mi pare che sia. Forse, da che ci sono al mondo conventi di monache, è la prima volta che un decreto della magistratura ingiunge ad una truppa di giovinetti armati e caldi d'acquavite, di entrare tra la santità e l'innocenza, come se fosse in caserma; non s'è mai sentito che il pastore il quale ha in custodia le pecore si confidi alle volpi ed ai lupi per guardarle dai cani. Non c'è che dire. L'autorità ha perduta la testa... ma conviene approfittare di questo capogiro, di questa ubbriachezza non mai udita, perchè scommetto che ciò non sarà mai per avvenire una seconda volta. Ora tornando a noi, la novità del caso metterà una tal confusione nella testa di quella povera badessa, e di quelle semplici e buone suore maestre e coadjutrici e sorveglianti, che le monache e le monachelle giovani e le educande si spanderanno per i corridoj e per i cortili con un gusto matto. Tu un momento fa hai parlato di puledre: ebbene... metti che il fuoco s'appigli ad un fenile, e da quello ad una scuderia. È già molto che i palafrenieri pensino a salvar la pelle, senza tener dietro ai cavalli che, rotta la catena e la cavezza, si spanderanno per la città con trotto vivace e allegro, e coi nitriti della libertà. Ho tenuto conto di tutto, e il mio piano non è una pazzia. - Quasi. - La possibilità della riuscita c'è, e ciò mi basta. Dunque cosa intendi di fare? Bada intanto che è un affare d'urgenza e non c'è tempo da perdere. - Non so che dire... io non mi prendo questo impegno. - Che? - Dite quel che volete, chiamatemi ingrato... sconoscente. Dirò che avete ragione, ma per quest'impresa io non mi movo. Mi son dato alla crapula per stordire la testa e far il callo alle bricconate legali....figuratevi se nel giorno stesso che voglio cangiar professione e vita... posso commettere una vilissima scelleraggine... posso ingannare... trafugare una povera ragazza... per metterla nelle mani di chi... domando mille perdoni, ma di chi non è certamente un santo. Il Suardi, a queste parole, guatò in prima torvamente il Baroggi, poi fece due o tre passi per la camera concitato e convulso; poi si piantò in faccia al sotto-tenente, pigliandolo per mano colla sinistra, e mettendogli la destra sulla spalla. - Tu credi, Giulio, che di questa fanciulla io voglia farmi un giuoco osceno e crudele. T'inganni. Pure mi piaci, e ti voglio bene ancor più di prima, e ammiro il coraggio onde rifiutasti di dar mano a un'azione, perchè temevi fosse per essere scellerata. Ma t'inganni, Giulio. Io ho trentacinque anni... e in parte puoi immaginarti e in parte lo sai, quante e quante donne mi corsero dietro... semidee e semidonne; la lista di Don Giovanni potrebbe parer la polizza del tuo pranzo in confronto. Ebbene... questa è la prima volta ch'io mi sento innamorato, innamorato alla follia, innamorato al punto da compromettere tutta la mia esistenza, e tutta la mia ricchezza accumulata con tanti pericoli e con tanta fatica, per il desiderio che mi tormenta di poter avere in moglie questo angelo del paradiso, che è venuto quaggiù per fare il miracolo di convertire al bene i demonj dell'inferno. Io non vanto nessuna nobiltà, ma, siamo sinceri, il mio blasone potrebbe sempre essere la coda del diavolo in campo rosso. Eppure, da qualche tempo, io mi sento tutt'altr'uomo... e se questa fanciulla potesse mai diventar mia moglie... certo che il mio avvenire sarebbe la più luminosa ammenda del mio passato. Dunque?... - Posso ammirarvi, posso anche compiangervi, ma non posso ubbidirvi... ve l'ho già detto. Sono stanco di fare il servitore d'anticamera nel palazzo dell'iniquità. Io non nego che voi abbiate delle buone intenzioni... ma ingannare, insidiare una fanciulla... perchè, in fin dei conti, voi siete padrone di essere innamorato di lei, ma ella non è poi obbligata a diventar vostra moglie. - Quella fanciulla è innamorata di me, come non lo fu mai nessuna delle tante donne e fanciulle che ho conosciute.... - Quand'è così, andate voi stesso; la vostra presenza farà certo più effetto della mia. Tutto quel che si può fare... è che... indossiate la mia montura, e facciate suonar questa sciabola sul lastrico del convento; giacchè mi sembra che vi prema di non essere riconosciuto... e ciò è troppo naturale. - Caro mio, tu hai studiato più di me, ma sei più giovane di me... e sarai sempre men dritto, meno esperto e men ragionevole di me. Sei contento a prestarmi sciabola e montura, e non vuoi prestarmi la mano. Ma giacchè abborri il male, e non vuoi commetterlo credendolo tale, se ritiri la mano devi ritirare anche la sciabola. In conclusione hai paura di esporti per me. - Paura? lo sanno i contrabbandieri di confine... lo sanno gli spalloni che sono armati di tutto punto, quasi come i soldati del reggimento Clerici. - Se dunque non hai paura... prestami mano, chè a far riuscir bene l'impresa non basto io solo; ma guarda come sei caparbio e a torto. Tu facendo il mio piacere fai quello della fanciulla, fai crepare di rabbia il conte Alberico; tu che l'hai tanto colla casta dei nobili, fai sì che un ramo d'un loro antichissimo albero s'innesti su d'un albero plebeo, benchè carico di frutti e di fiori: tutto ciò tu fai ajutandomi. E qui si fermò come colpito da un forte pensiero, poi continuò: - Infine... sai tu quel ch'io posso fare per te?... sai che da un atto, da un atto solo e rapido della mia volontà, dipende che tu dall'oggi al domani diventi a un tratto uno de' più gran ricchi del ducato di Milano...! Il Baroggi si scosse a tali parole, e lo guardò fisso, e colla pupilla penetrativa parve addentrarsi in quella del Suardi, che si fermò ad un tratto impallidendo, poi: - Vieni con me, soggiunse; e lo trasse in una camera attigua. Il Suardi si tolse allora una piccola chiave che aveva in uno dei due taschini dei due orologi; salì su di un seggiolone di cuojo, accostò la mano per alzare un lembo della tappezzeria di damasco verde, foggiata a tenda; poi si rivolse ancora più pallido di prima, e ridiscese... e accostò la bocca all'orecchio del Baroggi. Questi era muto, e il cuore gli batteva per l'affanno della curiosità e dell'aspettazione.
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