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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO OTTAVO
    • VI
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VI

O giovinette leggiadre, fiorenti, appetitose, che avete tanta virtù da fermar l'attenzione persin di coloro che, sotto il cumulo degli affanni, del tedio, delle disillusioni, metterebbero volentieri la vita all'asta! o giovinette care e troppo care che, per le vostre qualità attraenti, vi trovate nella condizione precaria delle allodole, delle quaglie, delle gallinelle, dei tordi e delle tordelle, quando i cacciatori battono la campagna, e son tese nelle ampie tenute le brescianelle e le ragnaje! O giovinette, ascoltate il parere di un galantuomo. Non vi fidate mai della bella faccia e del bel vestito di un giovane ignoto che vi segua al corso, che vi aleggi intorno quando sedete a rinfrescarvi col sorbetto, che rinnovi le pazzie del conte d'Almaviva sotto al vostro balcone. Non vi fidate e, prudentemente, prima di lasciar cadere su di lui una di quelle occhiate eloquenti e compromettenti, che quasi hanno la forza di una cambiale, pigliatevi l'incomodo di domandar conto di esso, di farne assumere le più minute informazioni coll'esattezza di un impiegato di circondario. Io so quello che dico. Il viso ingenuo potrebbe essere la maschera di un perfido mascalzone. Il frac di panno sopraffino potrebbe coprire un debitore cronico, un avventore assiduo della Pretura Urbana. La faccia giovanile potrebbe appartenere al padre di una mezza dozzina di figli mantenuti, più che da lui, dalla moglie venutagli a noja. Però vogliate aver la bontà di confidarvi colle vostre madri e colle vostre sorelle maggiori, se non amate comprarvi affanni e spasimi, e correr pericolo di smarrir la freschezza e la beltà!...

Coloro che furono sì ciechi da credere immorale il nostro libro, si affrettino ad ammirare il sermone or ora fatto e non perdano questa bella occasione di cambiar di parere. Povera Ada! è dessa che ci mise sul labbro le caritatevoli parole.

Se, le prime volte che ella vide la figura del Galantino, e sopratutto quando cominciò a sentire sommosso il sangue da quel leggiadro aspetto, avesse domandato conto di colui alla governante, che, insieme colla livrea di casa Pietra-Incisa, andava a levarla dal convento; certo che la storia dell'ex-lacchè le avrebbe fatto torcere il viso inorridita, tutte le altre volte che si fosse incontrata in esso; perchè la forma esteriore non basta ad acciecare anche la più inesperta delle fanciulle; tanto più poi quando l'amore è ancora nel primo stadio della simpatia, e non è penetrato nel più profondo del cuore. Ma invece di parlare si tacque, per quell'astuzia istintiva che si mescola anche all'innocenza più ingenua, e pel pudore di nominare un bel giovane alla governante. Se per colui non avesse provato che una curiosità indifferente, il pudore non l'avrebbe trattenuta e l'astuzia non l'avrebbe costretta a tacere per tema che la governante, messa in sospetto, non fosse per cambiar strada in avvenire.

Ma in ogni modo, ella è degna di pietà, più che di biasimo, se inciampò nell'agguato, al pari di un'augelletta che, immatura sporgendo il capolino dal cavo dell'albero, è tosto ghermita dal cercatore di nidi.

Bensì, d'ora innanzi saranno più degne di biasimo che di pietà quelle fanciulle che, dopo aver fatto conoscenza colla giovinetta Ada, non vorranno ascoltare i nostri consigli, ed apprendere dalle sventure di lei l'utile lezione.

Intanto noi dobbiamo far silenzio, se, ascendendo verso Montepiatto, vogliamo vedere un quadro mobile e quasi immobile di tre figure femminili. Una donna di quarantacinque anni circa, seduta sotto il pergolato di un'umile casetta; a qualche distanza da lei, all'ombra di un castagno, adagiata sull'erba, una giovinetta piccola e rattratta, con un visino in cui brilla una vivace sebben mesta intelligenza, visino che sarebbe bello se non fosse troppo acuto; più in giù verso il lago, assisa, medesimamente sotto un castagno, un'altra fanciulla, la nostra Ada, assorta, muta, che volge lo sguardo sull'onda sottoposta, e lo gira lento lento, ma con moto macchinale, a seguire qualche vela che si dilunga.

È giorno di domenica: è quell'ora, dopo i divini ufficj, in cui la gente del contado è raccolta nelle casupole intorno al povero desco, e in cui il silenzio è profondo e diffuso in tutta la solitudine del lago; e per renderlo, a così dire, più presente al senso e penetrante più addentro nell'animo, dal giardino di qualche villa signorile par che apposta s'innalzi di quando in quando lo strido acuto di un pavoncello, ingrato come una trombetta fessa.

Chi è fresco d'un'eredità o ha vinto una lotteria, quegli a cui per una special benedizione del cielo la vita scorre normale, regolare, infallibile, come la sfera di un orologio a cronometro, tanto che, se c'è un pericolo, è forse che la soverchia pace gli può rallentare la circolazione del sangue, al punto da metterlo all'impensata sotto la protezione di Sant'Andrea Avellino, e felice notte! coloro che sono circondati da una prole sana e da una densa moglie fedele e a cui sono fedeli; coloro che benedetti dal papà, dalla mammina, dai parenti, dallo zio facoltoso stanno beatamente sfiorando il primo quarto della luna di miele, si capisce benissimo come possano lodare i romitaggi al monte e al lago; ma in quanto a noi comprendiamo assai meglio come fosse più che mai accresciuta la tristezza e l'infelicità di Ada dal momento che fu tratta a vivere in quella solitudine di Montepiatto.

Tornando al lago, fu sempre per noi un oggetto di maraviglia e un fenomeno degnissimo di studio lo spettacolo di quegli uomini dell'Inghilterra, che un bel giorno, dalla loro capitale di due milioni d'abitanti, fuggono per ritirarsi sul lago di Como, e colà, eccettuate le ore consacrate al sonno, vivono continuamente nel loro canotto, soli tra il cielo e l'acqua, veri nautili umani, e pensano e pensano senza riposo, quando però non pescano, sinchè arriva il giorno che un temporale spietato porta via e sommerge Inglese e canotto!

Povera Ada, te felice se la sorte ti avesse fatto dono delle qualità minerali di un Inglese in ritiro sul lago di Como!... Ma quanto eri diversa! e quanto la tua triste condizione doveva farti parere insopportabile quella sempre uguale solitudine, quelle scene ognora le stesse, quel cielo sempre riflesso da quel lago, quel guizzasole ognor ripetuto dall'increspare dell'onde, quelle barche e quelle vele andanti e ritornanti alla lontana, quella silenziosa natura, quelle voci di uomini così rare, remote e sonanti a lunghi intervalli! - Allora l'incessante cicaleccio delle sue colleghe, persino le gutturali sgridate delle suore maestre le ritornavano in memoria, gradite e desiderate in confronto! e nella solitudine, d'accosto al trasporto che le cresceva in petto per quegli che l'aveva ridotta in quel luogo, sorgeva un desolante sospetto... La Baroggi aveva nominato il Suardi; quel nome non era giunto nuovo alla Crivello, che nella casa paterna aveva sentito a parlare di esso, e però nelle sue assidue esortazioni per distogliere Ada dall'affetto colpevole, si valse di quanto sapeva onde salutarmente sgomentarla.

 




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