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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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IX "Settantasette anni fa, precisamente in questo stesso mese di giugno, non mi ricordo bene il giorno, ma press'a poco intorno a quest'ora, verso il tramonto, io mi trovavo in casa di donna Paola Pietra con mia madre, quand'entrò in quella sala terrena, dove mi par di trovarmici ancora, la contessa Clelia V..., ed era la prima volta che la vedevo. Io non avevo che dodici anni, poco su poco giù, ed ora che siamo nel 1842, potete immaginarvi, in tanto numero d'anni, attraverso a tanti avvenimenti, essendomi trovato in tanti luoghi d'Europa, che sterminata folla di gente m'è passata innanzi agli occhi; pure la figura di quella donna, come l'ho veduta nel punto che metteva il piede in quella sala, non mi è mai uscita, e non m'uscirà mai più dalla memoria." Di queste precise parole del signor Giocondo Bruni, anche noi ci rammentiamo tanto bene che ne par di sentirle ancora; e ancora, dopo sedici anni, ne sembra di veder vivo quel vecchio quasi novantenne, nel punto che, fatto pausa alle ultime parole, socchiuse un momento gli occhi, disturbati dalle persone che ci passavan davanti (trovandoci noi adagiati sur uno dei sedili delle mura di porta Orientale che guardano il Resegone); socchiuse dunque gli occhi e stette così un momento, quasi contemplasse coll'imaginazione riproduttrice quel quadro ch'ei voleva dipingere a noi, che, nella curiosità giovanile, lo andavamo importunando di mille interrogazioni per addentrarci nei minimi particolari di que' fatti. "Io stavo seduto, così continuava il signor Giocondo Bruni, su d'una gran seggiola coi cuscini di marocchino entro ai quali mi perdevo, e di dove mia madre m'aveva ingiunto di non muovermi, perchè in quella mia età, curioso qual era, andavo guardando e toccando gli oggetti ch'eran deposti su' tavolieri, e, visto una spinetta aperta, m'ero provato a far correre la mano sulla tastiera. Ma quando entrò la contessa, il suo aspetto era tale, ch'io per la meraviglia non potei trattenermi dal sorgere in piedi. La sua bellezza era di quel genere che io chiamerei terribile, e forse me ne son fatta questa idea perchè entrò così corrucciata e stravolta da mettere in apprensione chi la guardava. Ella non vide, almeno mi parve, nè mia madre nè me; e a donna Paola che le mosse incontro:. "- Come sta dunque mia figlia, chiese tosto, e si lasciò andare sul canapè. "- Stavamo appunto parlando di ciò qui con madama Gaudenzi, rispose donna Paola che non sembrava aver più la voce di prima, tanto le si era affievolita. "- È dunque gravemente ammalata? "Donna Paola, a queste parole, passò la propria mano sulla fronte della contessa, e con un fare dolce dolce: "- Ho bisogno che vi mettiate in calma, la mia cara Clelia. No, non si tratta di malattie... "- Ben m'accorsi dalla lettera che ci covava sotto qualche mistero. Or dunque? "- Or dunque vi supplico a star forte contro quello che sono per dirvi. "A queste parole la contessa balzò in piedi, e: "- Ditemi adunque tutto ad un tratto, e ammazzatemi con un colpo solo... io sarò forte. "E dopo di ciò torse la testa, e guardava precisamente me, nel punto che, mandando un gran sospiro, oh Dio!! esclamò. E donna Paola, con una calma che certo doveva costarle sudori: "- Tutto è però disposto, disse. Io, il conte vostro marito, il signor capitano di Giustizia... il Senato... abbiamo fatto, si è fatto tutto quello che dovevasi in questa circostanza, e da un momento all'altro aspetto una buona notizia; perchè non è possibile che tanta gente spedita in tutte le parti sulle loro tracce non giunga a trovare la figliuola del marchese Crivello che è scomparsa dal monastero insieme colla vostra... "Donna Paola non ebbe finito di parlare che la contessa, mandando, non già un grido, ma un singhiozzo rantoloso, si rovesciò indietro... io credetti... morta. Mia madre e donna Paola le furono tosto intorno; mia madre sostenendola, donna Paola chiamandola per nome e baciandola. Io era tutto spaventato; e a riscuotermi, la medesima donna Paola, la quale a un tratto pareva diventata un'altra, essendo scomparsa ogni traccia della sua soavità: "- Dà una strappata a quel campanello, mi gridò, quasi fosse in collera con me. Io obbedii... e comparve una livrea che, vista la scena, ritornò tosto con due donne. "Queste, essendosi fatte presso alla contessa con acque odorose ed altro, ed accingendosi a spogliarla, io fui mandato fuori; e mi ricordo benissimo, come se fosse adesso, che, passando vicino alla contessa, non potei a meno di soffermarmi a guardarla. Il vestito di drappo azzurro, illuminato da un ultimo raggio di sole che entrava per la finestra del giardino, dava a quel volto una tinta di cielo e avvolgeva quel gruppo di donne come in un'atmosfera di luce particolarissima. "Uscito e messomi a sedere in anticamera, sur una di quelle cassapanche vecchie cogli stemmi che si vedon nelle case de' gran signori, confuso e sbalordito, assistetti alla scena della servitù che andava e veniva, riceveva ordini, li trasmetteva d'uno in altro. Dopo qualche tempo, una di quelle cameriere ch'erano state chiamate a soccorrere la contessa, uscì, e, nominato un servitore: - Fate attaccar subito, disse, e andate allo studio dell'avvocato Agudio dove troverete il giovane avvocato Strigelli. Gli direte che la signora padrona lo prega di venir tosto qui. Dopo andrete dal signor abate Parini, e pregatelo pure a voler lasciarsi vedere entro la giornata. Rientrata la cameriera, partito il domestico, passò una mezz'ora buona, ed io fui lasciato là solo con un altro servitore; nè mia madre usciva, nè io sapeva quel che succedesse di dentro, ed ero pieno di inquietudine e d'impazienza. Quando volle Iddio, uscì mia madre finalmente, e, chiamatomi, mi disse d'entrare a fare il mio dovere colle signore prima di partire; Allorchè rientrai, la contessa era seduta sul canapè, alquanto ricomposta, se volete, ma abbattuta così da far compassione. Donna Paola le sedeva presso e le teneva stretta la mano. Nel punto che mia madre mi sospingeva leggermente verso la contessa, questa mi guardò e mi sorrise in prima sbadatamente; poscia tornò a guardarmi con più attenzione, e mi dette un bacio; finalmente, continuando a guardarmi, voi non sarete per credere, diede in uno scoppio di pianto, nascondendosi la faccia nel fazzoletto. Ed io, che cosa volete? mi diedi a piangere anch'io dirottamente. Forse vedendo me fanciullo presso mia madre, più insopportabile erale ricorsa l'idea della sua figliuola smarrita; forse pensando che io era il figlio di quel Bruni che era stato la cagione d'ogni suo disastro, e fors'anco associandosi il pensiero di mio padre coi fatti di tanti anni prima e col pensiero di Amorevoli; di nuovo, per tutto questo cumulo di memorie e di dolori e d'affetti, sentitasi a lacerare il cuore, la disperazione s'impadronì di lei e le lagrime le sgorgarono a furia. Questo ho pensato molti anni dopo, perchè allora io non ho saputo che piangere. Mia madre non avrebbe mai dovuto ricondurmi innanzi a quella infelicissima donna. Ma pochi sono così esperti del cuore umano e degli umani dolori da conoscere quelle squisite delicatezze onde si rompe la via a nuovi affanni. Così dunque passò quel giorno, e venne l'ora che mia madre ed io uscimmo di là; fu nel punto in cui v'entrava l'avvocato Strigelli che ho sentito a nominare; quello appunto mandato a chiamare molto tempo prima." Staccandoci intanto dal nostro buon Giocondo Bruni, il racconto del quale, per quanta cura gli abbiam messo intorno a conservarlo nella sua evidente ed affettuosa semplicità, ci accorgiamo di aver non poco guastato, torniamo a ripigliar la parola noi medesimi. L'avvocato Strigelli, giovine di venticinque anni, era l'occhio diritto del decrepito avvocato Agudio. Quando entrò, sapendo naturalmente ogni cosa ed avvisato inoltre dal servo che la contessa era arrivata e che aveva voluto morir di dolore alla terribile notizia, si contenne come voleva la circostanza. In quel momento la contessa Clelia, appoggiato il braccio al dossale del canapè, nascondeva ancora la faccia nel fazzoletto, e continuava a singhiozzare. Donna Paola allora si alzò, e stesa la mano al giovine Strigelli: - Non potete immaginarvi, disse, che strazio mi dà questa infelicissima donna; poi parlandogli sommessa all'orecchio e volgendo gli occhi al cielo, con atto anch'ella di sconsolata: Se questa benedetta fanciulla, soggiunse, non si rinviene tosto, costei non può certo resistere a sì fiero colpo. Ah è stata una gran disgrazia, caro mio, una gran disgrazia! e quasi mi pento d'averla fatta venire a Milano prima che non si fossero esaurite tutte le indagini... e a queste parole si volse, guardando a lungo la contessa che continuava a singhiozzare. Il giovane Strigelli la guardava esso pure tutto compunto. - È però sempre meglio che si trovi qui, egli osservò poi. - Voi mi consolate, togliendomi il rimorso di tante lagrime. V'ho inoltre mandato a chiamare per un consiglio. Ah confesso che dopo tante sventure non mi fido quasi più di me stessa. Ora sentite lei. E si avvicinò a donna Clelia, e dopo averla riabbracciata e baciata e fattale come una soave violenza: - Fatevi coraggio, cara, le disse, è qui l'avvocato che v'ha patrocinata e difesa. Parlategli dunque. Allora donna Clelia, asciugatasi gli occhi e lasciando cader la mano in abbandono, alzò un viso tutto scombujato e guardò lo Strigelli. - Perdonatemi, disse, se vi ricevo così. Vi ringrazio che siate stato così sollecito. - Ma che mai dice, contessa? Sarei volato ad una sua parola, e sono qui tutto per lei. Or si degni di comandarmi. Ricompostasi alla meglio, donna Clelia ripetè all'avvocato Strigelli quel che prima aveva detto a donna Paola dell'inaspettato incontro col Galantino, dell'insistenza importuna onde colui aveva tentato di avere un abboccamento con lei a Lodi, e come tutto la induceva a credere ch'esso era partito per recarsi espressamente a Bologna per cercare di lei. Lo Strigelli ascoltò attentamente e con grande stupore, poi soggiunse: - Altro che accordargli un abboccamento, signora contessa, quando il Suardi si presentasse! anzi il mio parere sarebbe quasi di mandarlo a cercare quando non venisse subito... Si sa mai, contessa! Tutto può servire in questa circostanza e bisogna metter da parte ogni riguardo. Ma perchè non sentirlo a Lodi, senza perder tempo quand'egli chiese di parlarvi? - E chi si poteva fidare di quel ribaldo? - Comprendo benissimo... tuttavia... ma qui si fermò con quell'atto di chi improvvisamente è assalito da un pensiero curioso e strano, non mai avuto nè sospettato prima, e, dopo aver fatti due o tre passi per la camera: - Ma sa cosa devo dirle?... esclamò tutt'a un tratto. - Che?... - Un filo è trovato, contessa. Or tutto è chiaro. Vuol ella sapere chi ha fatto scomparire le fanciulle dal monastero? Ma già lo ha indovinato... - Il Galantino?... esclamarono ad una voce la contessa e donna Paola. - Il Galantino, sì signore. Sono tanto sicuro di ciò come di nessun'altra cosa al mondo... e non averlo mai pensato prima, nè io, nè loro, nè altri, ciò pare impossibile, eppure il fatto mi par così chiaro!... Donna Paola e la contessa si guardavano stupefatte. - Non si ricorda forse donna Paola d'avermi detto un dì che costui fece intendere più volte di voler pure vendicarsi della contessa?... - Sì... - Non è noto a tutti che questo ribaldo fortunato fa aperta professione di sedurre donne e fanciulle, e con tanto più di voglia quanto più sono al disopra di lui? E non è di sua proprietà un'ortaglia e un casamento per deposito di mercanzia, contiguo affatto al monastero di San Filippo?... e la visita de' fermieri non può forse essere stata fatta espressamente per provocare un disordine che desse luogo e agevolezza?... loro mi comprendono. Ma ora è caduto egli stesso nelle sue medesime insidie... Oh, si consoli, contessa. L'idea d'aver trovato il filo che potea guidare a scoprir tutto, in sulle prime, come avea messo in bocca al giovane Strigelli quel si consoli, mise pure un soprassalto di gioia repentina e nella contessa e in donna Paola. Ma fu un sentimento fuggitivo, chè quasi contemporaneamente: - Ahimè! uscì con accento di disperazione ad esclamar la contessa mettendosi le mani ai lati della fronte. E senza che aggiungesse altro, tosto la compresero e divisero il suo ribrezzo il giovane Strigelli e donna Paola. - Eppure, che volete? soggiunse l'avvocato dopo un lungo silenzio. Io ho de' felici presagi. Io so, e lo sanno tutti, che il Suardi, dacchè s'è fatto così ricco, desidera ardentemente di far dimenticare il passato col presente, con beneficj, con carità, con atti generosi; che volete? ho sentito a benedire il suo nome da quelli che lautamente furono soccorsi da lui nell'occasione che in borgo San Gottardo avvenne, nello scorso mese di marzo, quel terribile incendio di cui rimangono ancora i guasti. Io ho de' felici presentimenti, e prego la contessa a sperar bene. - Ma che presentimenti? - Codesti ribaldi saliti in fortuna son capricciosi... chi sa che non abbia voluto vendicarsi per aver poi l'orgoglio di confortarla, contessa?... Le faccio osservare che insieme colla sua figliuola è scomparsa una figlia de' Crivelli che, per la forma infelicissima del corpo, è tutt'altro che atta ad ispirare amore in chicchessia. - E dunque?.... - E dunque conviene aspettare ch'ei si presenti, mandarlo a chiamare; se non che, pensandoci meglio, è più conveniente che esso venga di sua voglia. - Ma io non posso resistere a questo tormento dell'aspettare. - Non tarderà a lasciarsi vedere, lo creda a me. Si figuri, contessa, se chi per veder lei s'era messo espressamente in viaggio per Bologna, voglia lasciarsi attendere adesso ch'ella e in Milano. Lo Strigelli parlava in tal modo, com'è facile a credere, non già perchè fosse certissimo di quello che pensava, nè delle congetture che aveva fatto e nemmeno di ciò che aveva detto parergli cosa tanto chiara; ma vedeva la necessità di confortare la contessa in qualunque maniera, anche con pietosi inganni. Non per nulla però donna Paola avealo mandato a chiamare, conoscendo la straordinaria acutezza e la prontezza di veduta prodigiosa di quel giovane giureconsulto, che abbiam conosciuto un po' tardi, ma che vedremo in seguito aver molta parte in questa azione. Avealo poi anche mandato a chiamare perchè a suo tempo informasse la contessa del come era corsa ed erasi chiusa la lite giuridica col conte V... Inoltre avea bisogno di lui per l'intralciata condizione in cui versava lord Guglielmo; ed affinchè volesse prendersi egli l'assunto di farsene difensore innanzi al criminale, chè lo Strigelli, non avendo peranco varcato i venticinque anni, trovavasi ancora nel tirocinio di protettore dei carcerati al Capitano di Giustizia. La sera, quando venne l'abate Parini e Paolo Frisi e l'avvocato Fogliazzi, e gli altri intrinseci di casa, si tenne, quasi a dire, consulta su tutta quella matassa di cose. È a sapere che, dopo gl'interrogatorj fatti subire e a lord Guglielmo e a Lorenzo Bruni e agli altri detenuti, erasi constatato appartenere essi veramente alla società segreta dei Franchi Muratori. Anzi in quel dì stesso da un notajo, da un attuaro e da una mano di fanti del bargello era stata improvvisamente invasa la loggia di San Vittorello, e quanti si eran trovati in quel convegno, tutte persone e giovani delle prime famiglie di Milano, tra gli altri un figlio dello stesso capitano di Giustizia, furono tutti quanti tradotti nelle carceri suppletorie del Pretorio. Non mai s'era veduta tanta severità contro una conventicola che per tanti anni era stata, se non permessa, tollerata; onde pareva che tutto in que' giorni volesse piegar terribilmente al peggio. E adesso uscendo da casa Pietra e recandoci in Pantano, in casa Suardi, noi vi udremo il padrone di casa, tutt'altro che di buon umore, in serio colloquio col sotto-tenente Baroggi. - Già io v'ho fatto riflettere che non c'era poi tanto da ridere, diceva il Baroggi, e che la cosa era e doveva diventare ben più grave di quel che pareva. - Se non hai altro a dire, puoi anche tacere. - A questo mondo è meglio temere assai, che sperar troppo. Non si sa mai quello che può succedere. - Io so prevedere i pericoli da uomo ragionevole. Ma ho però anche una gran fiducia in me. Guai chi si perde d'animo. - Questo lo so. - Ma dimmi un po' tu... Sei di parere che ella mi riceverà quando sarò alla sua anticamera? - Mi parrebbe di sì. - Aspetta. Giacchè m'hai dato mano una volta, non ti rifiuterai ad ajutarmi anche adesso. In conclusione sei un po' compromesso anche tu in questa faccenda. Se io cado... tu mi comprendi... giù tutti e due. - Non vedo questa necessità... - Giù tutti e due... e addio per sempre alla tua fortuna... Tu sai quello che voglio dire. - So quello che volete dire; ma non credo niente, perchè è da troppo tempo che mi andate conducendo di camera in sala; e qual possa essere codesto gran segreto che deve fare la mia fortuna, non comprendo. - Comprenderai, ma ora pensiamo ad altro. Domani mattina tu metterai giù questa tracolla e questa sciabola, e vestirai una delle mie più sfarzose marsine con panciotto di teletta d'argento: lascia fare a me. Voglio che tu veda in anticipazione la figura che farai a Milano fra una decina d'anni, così in via d'esperimento. In tal modo trasfigurato ti rechi in casa Pietra, e ti fai annunciare per parlare alla contessa. - Ma perchè tutto questo? - La ragione è semplicissima. Non voglio più affrontare un altro rifiuto. Mi scapperebbe la pazienza, e... guai se mi scappa la pazienza! Tu dunque ti presenti, ella ti riceverà, tu le dirai le mie intenzioni, cioè che debbo parlarle, ma per cosa che deve premere più a lei che a me. Una volta ch'ella m'accolga, sta pur tranquillo, niente mi può resistere e la vittoria è mia, anzi nostra. - Ebbene, io anderò. - Domani mattina. - Non si può tardare di più. - La mia guardaroba è tutta a tua disposizione. - Un vestito semplice sarà meglio d'uno sfarzoso. - Ognuno ha i suoi gusti. Fa dunque quello che più t'aggrada. E si lasciarono.
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