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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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V Poche pagine addietro abbiamo parlato d'un colonnello Landrieux, capo dello stato maggiore della cavalleria, stato eletto dalla congregazione segreta stabilita in Milano per volere di Bonaparte, quale operatore principale onde promuovere rivoluzioni nello Stato di Venezia. .Questo colonnello Landrieux abitava in casa Annoni, e là quotidianamente si radunava la congregazione bonapartista. Qui si rivolse dunque il cittadino Suardi. Entrato nel palazzo, quando mise il piede sul primo gradino dello scalone, sentito che alcuno parlava al disopra della propria testa, si fermò per un atto macchinale, e ascoltò il seguente dialogo: Tutto va bene, tutto procede colla sicurezza di un esito felice. Ma, prima di venire agli atti definitivi, c'è un passo da fare. Che passo? È necessario lasciar da parte il banchiere Suardi. Io non so ancora come costui abbia potuto introdursi nella nostra società. Il Suardi naturalmente aguzzò le orecchie, anche per sentire se gl'interlocutori discendevano. Tu hai ragione, continuava uno di quegli interlocutori; ma come si fa adesso? Come si fa? Non gli si dice più nulla, e si fa tutto senza di lui. Se le cose andassero bene, come pare, il Suardi ne menerebbe gran vanto, perchè costui non fa nulla senza il suo perchè; e il general Bonaparte non mancherà di rimproverarci d'aver messo a parte di un'impresa così solenne un uomo che... già non è possibile che il generale non venga a sapere all'ultimo la vita e i miracoli di questo furfante milionario. Il Suardi si ritrasse, perchè sentiva che gli interlocutori discendevano. Si nascose in un androne, e stette là sin che vide a partire i due maldicenti, che eran Porro e Caleppio. Quando il Suardi entrò nel palazzo Annoni, non aveva nessun disegno nuovo in testa; era venuto là per assistere alle dispute della congregazione, a cui era stato ammesso dal colonnello Landrieux, e nulla più. Ma le parole udite e il dispetto che ne provò, gli fecero spuntare in testa improvviso e adulto un pensiero. Avendo potuto stringersi in amicizia col colonnello Landrieux per mezzo del capitano Baroggi, volontieri aveva fatto parte della congregazione, perchè, col conoscere per disteso i piani degli avversarj, egli avrebbe potuto governare più sicuramente i proprj. Ma dopo ciò per lui sarebbe stato meglio che la congregazione bonapartista non potesse dare effetto ai suoi maneggi; per la qual cosa sarebbe stato necessario che chi ne aveva la direzione principale, all'insaputa dei colleghi, virasse di bordo e cangiasse strada. Il colonnello Landrieux era stato introduttore al Suardi per gli appalti dell'esercito, e però aveva avuto dal Suardi stesso il suo lauto boccone da mangiare. Quel colonnello non era più dunque nè trasparente nè liscio come uno specchio, bensì presentava delle scabrosità, alle quali un uomo abile poteva attaccarsi. Un'altra qualità distingueva quel colonnello, qualità che poteva riuscire eccellente nelle mani del Galantino. Esso era un giuocatore disperato. Bensì, per essere piuttosto valente e fortunato, non esibiva sempre quegli angosciosi alti e bassi che offrono il cuore insanguinato agli avoltoj di professione. Il Galantino si ricordò pertanto del passato, e rammentatasi la propria abilità, risolse di tenerla in pronto per il bisogno. Improvvisato così a mezzo un progetto, il Suardi ascese lentamente lo scalone, e quando fu alla porta dell'appartamento del colonnello, s'incontrò negli altri soci della congregazione segreta, che uscivano in quel punto. Troppo tardi, cittadino Suardi. Non è mai troppo tardi. Quel che avrei dovuto dire a voi tutti lo dirò al colonnello, che poi ve ne farà comunicazione. Ma dov'è il capitano Baroggi? S'è fermato col colonnello, per cose che riguardano il reggimento. A rivederci dunque stasera in teatro, dove ci sarà un chiasso del diavolo, perchè so che è stato proibito il nuovo ballo di Lefèvre. A rivederci, tutti risposero; e il Suardi, fattosi annunziare, entrò dal colonnello. Quando fu in camera, salutato in prima il colonnello, si rivolse poscia al Baroggi, e: - Ho un'incumbenza da darti, gli disse. Il capitano Baroggi si alzò da sedere, spiegando, senza volerlo e senza pensarci, tutta l'aitanza disinvolta e leggiadra della sua giovanile figura, nata fatta per l'assisa e gli spallini e i calzoni di pelle e gli stivali alti. Aveva nel corpo quella eleganza poderosa e accentata del discobulo greco; con una di quelle faccie, care le mie donne, che non si sanno definire; perchè c'era in quelle vaghe linee la sprezzatura del soldato, la severità e persino l'asprezza, se, a un guizzo repentino dei muscoli, tutte quelle impronte non fossero scomparse per dar luogo ai loro opposti; perchè la fronte, se si spianava, era serena come quella d'una fanciulla; e se l'occhio perdea il lampo virile e crudo di chi, a cavallo, eccita alla carica e alla strage lo squadrone, assumeva una soavità quasi infantile, nella quale tuttavia parevano nuotare l'arguzia e la seduzione. Il ritratto in miniatura che noi possediamo di questo bel capitano, eseguito in allora dal distinto pittore ed incisore Evangelisti, ci fa trovare qualche somiglianza tra la sua faccia e quella del Tancredi, che il pittore Riva dipinse nel suo quadro di concorso, premiato dall'Accademia di belle arti tanti anni sono. Ma com'è, dirà taluno, codesta strana combinazione per la quale tutti i giovani personaggi che entrano successivamente in iscena in questo libro, hanno tutti ricevuto dall'autore l'obbligo di essere bellissimi e carissimi e interessantissimi? Il tenore Amorevoli faceva diventar matti soltanto a vederlo; il Galantino, quando fu spogliato, per esser messo alla corda, mostrò un tal collo e un tal petto e braccia tali, che persino il senator Morosini ne mandò un'esclamazione di maraviglia. La contessa Clelia pareva una Minerva perfezionata. La contessina Ada era sua madre ingentilita. La ballerina Gaudenzi aveva i capelli, gli occhi e il naso della Diana Efesia. Recentemente, ovvero sia nella sera del ballo del papa, il tumulto della folla fu placato dalla comparsa di tre donne in costume di libertà, delle quali se l'una era bella, l'altra era più bella ancora. Ed ora compare in iscena questo capitano dei dragoni, il cui volto e la cui persona son fatti cogli ingredienti degli dei e degli eroi più riputati; e precisamente col sistema onde fu messa insieme la Venere greca, che ebbe in prestito le cosce appetitose di Taide, la schiena provocatrice di Frine e le diverse bellezze di sette fanciulle. Com'è dunque questa faccenda? La faccenda è naturalissima; e se il lettore ne stupisce, vuol dire che l'ultima fase dell'arte, che ha messo in trono il brutto, dal Triboletto e del Quasimodo di Victor Hugo al gobbo Esopo di Bartolini, lo ha preparato a credere impossibile la bellezza perfetta. Ma questa bellezza c'è e, per trovarla, basta cercarla. Nel caso nostro poi, oltre la testimonianza del Bruni, che sta garante per noi, di alcuni dei nostri personaggi esistono ancora i ritratti, eseguiti per mano di pittori più o meno distinti, compreso appunto questo del capitano Baroggi. Or, tornando ai fatti, il Galantino, col permesso del colonnello, disse al Baroggi: Ho un'incumbenza da darti, la quale chi sa quanti te la invidieranno. Di che genere ella è? Del miglior genere. Si tratta di portare un mazzo di viole ad una signora. È proprio necessario per questo la persona di un capitano di cavalleria? Non è necessario, ma è utile; seppure è utile far la conoscenza della più bella donna di Milano. Ma chi è questa donna? È la contessa A..., che desidera proteggerti. Ella stessa me lo disse ora colla sua bocca di rose. Va e ringraziami; trent'anni fa avrei finto di non capire, e ci sarei andato io stesso. Il colonnello Landrieux, messosi a ridere, ed entrato a far parte di quel discorso: Ah, ah, disse, se a voi dispiace l'incumbenza, il mio caro capitano, passate il mazzo di viole a monsieur Chapier, l'intendente di guerra, che è innamorato pazzo di questa vostra bella contessa, la quale, mentre sciala con tutti, s'è messa in testa di far l'avara e la pinzochera con lui. Tanto che tutti ridono alle sue spalle, ed egli si dà per disperato, e dice di voler uccidere tutti gli amanti di lei. Il Galantino era benissimo informato di tutto questo, e allorchè s'incontrò colla contessa, se fu sollecito a prometterle che le avrebbe mandato il bel capitano, fu perchè aveva bisogno e della contessa e del capitano per tirare in ballo l'intendente Chapier, il solo che gli fosse d'impaccio nel fatto degli appalti. Però, seguendo le parole del colonnello: Se la cosa è così, disse, allora bisogna essere pietosi, il mio bel capitano, e tentar di placare la bella contessa, e introdurre da lei monsieur Chapier. Perchè no? disse il giovine Geremia; e così sbadatamente rispondendo, si calcò l'elmo in testa, e mosse per uscire. Va dunque entr'oggi da colei, gli replicò il Suardi, e fa in modo che lo Chapier sia introdotto in quella casa. Certo che ci divertiremo. Intanto che il capitano partiva, il colonnello Landrieux disse al Suardi: Voi volete che quell'istrice d'intendente, oltre alla ferita della contessa, riceva qualche colpo anche dallo squadrone del capitano. Oh! soggiunse ghignando il Suardi, non ne avrei nessun dispiacere. Ed ora parliamo dei nostri affari, colonnello. Ma intanto che que' due parlano, pensiamo che or ora entrò in scena un personaggio nuovo, anzi più d'un personaggio; e coi nuovi personaggi, nuovi annunzj di curiose combinazioni. Prima una congiura; poi una contro-congiura; poi un amore non platonico subodorato; poi la minaccia di qualche duello che faccia chiasso; poi il Galantino che va tentando successivamente varj uomini, per ottenere, almeno pare, di farli lavorare tutti in una evoluzione grandiosa. Davvero che, mettendoci nei panni dei lettori, ci par di camminare colla benda agli occhi, tenuti a mano da gente maliziosa; ma possiamo anche assicurare, che è vicinissimo il momento che lor si toglierà il fazzoletto, e vedranno chiarissimamente dove si trovano.
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