Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Rovani
Cento anni

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO DECIMOTERZO
    • III
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

III

La condizione in cui, nell'ultimo libro, lasciammo il Baroggi e donna Paolina rispettivamente all'ava e alla madre, erasi presentata come una delle più felici risoluzioni di una crisi pericolosa. Pareva che l'intromissione del vecchio Lorenzo e di Giocondo Bruni avesse in realtà fatto un miracolo. L'orgoglio di donna Clelia, che in lei era andato crescendo colla vecchiaia al pari delle sue folte sopracciglia; la paura che Ada avea de' suoi rimbrotti, e peggio del lontano marito, aveano ceduto innanzi allo spettacolo presente della figliuola, che avrebbe potuto soccombere all'affetto e al dolore e, più ancora, al fatto del grave pericolo in cui ella s'era messa, fuggendo così imprudentemente dalla casa. Sotto all'azione di una gioja inaspettata, e nel primo istante che cessa la causa di un grande dolore, tutti gli uomini, anche i più ostinati, sono disposti a concedere quello che mai non vorrebbero in nessun altro momento della vita; un avaro può fare un atto di carità; un uomo aspro e intrattabile può diventar pietoso; a un padre snaturato può essere strappata una parola indulgente. Tuttavia, se questo è vero, è anche verissimo che quegli atti, imposti dalla violenza, diremo così, del fatto eccezionale, portano con sè il carattere della violenza stessa, che è quello di non poter durare. Cessate le cagioni che agli uomini fecero come cangiar natura, la natura ritorna tosto alla prova, e spesso con più fierezza di prima; quasi a vendicarsi di chi avea saputo sopraffarla e domarla.

La contessa Clelia, dopo aver concesso che il capitano Baroggi sposasse donna Paolina, tentò ogni cosa per trarre in lungo l'atto indiscutibile del matrimonio. Sperava che il tempo e la fortuna potessero improvvisare e mettere innanzi qualche ostacolo ugualmente indistruttibile. L'orgoglio del sangue, pur troppo, era in lei tenacissimo. Diremo di più: la rivoluzione di Francia e le nuove idee e le leggi nuove che decretarono l'abolizione della nobiltà, le avevano inasprito quell'orgoglio stesso; come avviene sempre di un sentimento antico e profondo che vien contraddetto e vietato dal comando della forza pubblica.

Donna di forte ingegno, convalidava l'opposizione al nuovo ordine di cose con tutto l'apparato del sofisma scientifico. Però sosteneva le idee vecchie delle caste privilegiate col duplice elemento, e del sentimento naturale che non può distruggere sè stesso, e dell'amore del sistema, che, nelle persone di scienza, si pone innanzi a tutto il resto, con ostinazione e persino con ira. Non si ricordava, la vecchia contessa, diventata crudele, che nei giovani anni non aveva consultato il blasone allorchè la voce di un tenore, figliuolo di un sarto, le sussurrò all'orecchio parole d'amore. Quando pensiamo alla tenerezza speciale che noi sentivamo per questa donna allorchè aveva venticinque anni; quando pensiamo che avremmo fatta moneta falsa per lei onde aiutarla in quell'amore di contrabbando, non ci par vero che dovesse venir il tempo d'odiarla; di odiarla, sì, perchè noi odiamo con tutta l'enfasi di un odio implacabile tutti coloro che vogliono distruggere, colla violenza di una falsa legge, l'unica legge legittima della natura, che suscita gli affetti, e li riscalda e s'affanna perchè trovino il loro adempimento. Ah! vecchia contessa scellerata, e come, riandando nella memoria tutti gli spasimi atroci della tua violenta passione, non imparasti ad avere pietà delle passioni altrui! come anzi imparasti a farti torturatrice longanime di due cuori predestinati ad intendersi! E doveva egli esser questo il modo di compensarci della cura assidua che ponemmo nel tentare di renderti in addietro così cara e attraente ai lettori?

Ma ella, che comandava in casa e dominava la figliuola, e quando parlava metteva a tacere tutti quelli che non volevano quel ch'ella voleva, trovò dunque il modo di trarre in lungo il matrimonio, senza quasi accorgersi, perchè la crudeltà pregiudicata è cieca, che la povera Paolina languiva e consumava in quella comandata aspettazione di ciò che era la condizione della sua vita. Del rimanente, le considerazioni della contessa non in tutto derivavano da male intenzioni; bensì da quella consueta falsissima credenza, che il tempo, se mai si riusciva a dividere quelle due creature, avrebbe fatta la cura radicale d'ogni piaga, e impedito chi sa quanti guai possibili nell'avvenire. Modo assurdo di ragionare, che è invalso nei padri, nelle madri, negli zii e nei tutori, onde s'affannano a provocare nel presente un dolore fortissimo e inevitabile, per stornare dei dolori futuri ipotetici, che forse non nasceranno mai, e che non vivono se non nell'immaginazione di quanti abusano dell'autorità che la legge umana loro ha accordato. Ma il fatto è tale, e per ora non c'è rimedio.

E la contessa si appose nelle sue speranze, chè l'accidente preparò infatti l'occasione di prolungare di più quel matrimonio.

Siccome eran tempi di guerra, venne al capitano Baroggi l'ordine improvviso di partire col reggimento entro ventiquattr'ore per Piacenza. Oh Dio! che colpo orrendo fu quello per la fanciulla, che colpo per il Baroggi, quantunque se l'aspettasse.

Quel distacco sembrò loro non una sospensione più o meno lunga dei loro desiderj, ma un colpo di scure, una condanna di morte; e si tennero perduti, perduti irremissibilmente. Chi considera codesti affanni nella calma di un'anima indifferente, può riderne e crollare il capo di pietà sprezzante, ma chi soffre e si tormenta, non per questo cessa di soffrire e di tormentarsi. Il mondo ha pattuito di sentir compassione e di attestarla perfino in pubblico, anche fingendo, se uno è assalito da una fiera malattia corporale; ma le malattie dell'animo, il mondo ha stabilito di pigliarle in canzone; a meno che la portantina dell'infermiere non venga a trasportare al desolato manicomio chi ha smarrita la ragione spaventata dal peso insopportabile della sventura.

Un ordine di guerra non potendosi trasgredire per nessun conto, il capitano Baroggi dovette partire, e partì. Al pari dell'accusato innocente, che sente chiudersi dietro l'uscio del carcere, dove ha da rimanere Dio sa per quanto tempo, così rimase donna Paolina nella casa materna, disperata, trasognata, quando all'ora consueta della visita quotidiana non vide entrar più il suo giovane amico dalla solita porta, alla quale il suo sguardo irrequieto volgevasi più e più volte, se la sfera dell'orologio mai avesse segnato un minuto di più!

Prima di partire, com'è naturale, ella e il Baroggi fermarono di scriversi, per trovarsi in quella comunicazione spirituale e d'immaginazione, che è l'unico sollievo nel dolore della lontananza. Ma anche qui nacque un incaglio, che la nonna pretese di legger prima le lettere così del capitano, come della nipote. Pretesa assurda e tirannica, e tale da rendere illusoria ai fidanzati la consolazione dello scrivere. Le lettere ove due innamorati si versano interi nell'effervescenza dell'affetto e dell'affanno, possono elle subire prima la censura dei vecchi rugiadosi e dei giudici indifferenti e spietati? Di quelle lettere adunque non ne furono scritte che un pajo, e anche queste per obbedienza; poi donna Paolina, nella più fiera desolazione dell'animo, si concentrò in sè stessa e si tacque. Piuttosto che scrivere quello che non pensava e non sentiva, piuttosto che distruggere la parte più viva di ciò che le dettava il sentimento in tumulto, si accontentò del silenzio. Ma che nacque da ciò? Nacque che il Baroggi, per molti e molti giorni aspettando lettere indarno, colla immaginazione inesausta dell'amore che, non pago de' suoi naturali affanni, inventa sciagure e miserie che non ci sono e fantastica sospetti d'ogni sorta, si mise in testa che donna Paolina, in quel breve lasso di tempo, si fosse cangiata a suo riguardo. Già qualcuno che praticava in casa V..., ed altri che conoscevan lui e la famiglia, avevangli sussurrato all'orecchio qualche amoretto che la fanciulla aveva avuto fin da quando trovavasi in collegio; gli avevan nominato qualche giovane patrizio, che, nelle vacanze autunnali, trovandosi a villeggiare sul Lario, s'era inteso con lei molto bene, onde eran corse lettere, e si erano ricambiati saluti e sospiri e addii.

Qualcuno pretese persino d'essere stato testimonio accidentale di colloquj furtivi, e d'aver visto la fanciulla a notte alta uscire clandestinamente sull'aereo terrazzo ad aspettar l'amante. Avevano esagerato l'indole troppo espansiva e tumultuosa della fanciulla, e i bollori del suo sangue adolescente, più forti di quello che comportasse l'età e l'educazione casalinga. Avean gettato sospetti di una eccessiva volubilità, per cui la fanciulla potè avere molti amanti in poco tempo. Il bel mondo, insomma, com'è suo costume, non avendo a far altro, si dilettò anche allora, come sempre, a passare il tempo lacerando, senza darsene per inteso, quella giovinetta riputazione; come una mano villana, quasi senza saperlo, va sfogliando una rosa appena sbocciata.

Il Baroggi, finchè s'era trovato in compagnia della fanciulla, bevendo la voluttà dell'affetto corrisposto non aveva mai dato importanza a quelle dicerie, solo accagionando di mal animo e d'invidia quelli che gli avevan parlato in quel modo. Ma tutte quelle accuse, che non gli avevan lasciato che una traccia lieve nella memoria, quando vennero a mancar le lettere, levarono il volo repentino, come augelli di sinistro augurio, ad oscurargli la vista e a circondarlo di sospetti orrendi. Un sospetto basta che appena spunti, che tosto è gigante e veloce, e trascina la immaginazione spaventata a inventar fatti, che non stanno nemmeno al possibile.

La cosa si prolungò per qualche tempo. Il capitano non scrisse più lettere nemmeno lui. Il silenzio del Baroggi provocò in donna Paolina i medesimi sospetti ch'egli provava per lei. Ella ricordavasi degli amori galanti che aveva avuto colla contessa A..., colla R..., con altre di Milano. "Quel che ha fatto qui, potrà farlo altrove", pensava; e si tormentava pensandolo, e non aveva requie e non mangiava e non dormiva, e dimagrava un giorno più dell'altro... ma continuava in lei l'ostinazione di tacere e di non scriver più lettere... Codesta ostinazione era generata dall'idea che il suo Baroggi (e ciò avveniva nei momenti meno infelici, che non dubitava di lui), stanco di quella lontananza senza corrispondenza, avrebbe preso qualche partito disperato e risolutivo.

In casa, intanto, la contessa Clelia, vedendo quella sosta delle lettere, quel silenzio della fanciulla, che non parlava mai, che non si lamentava mai, perchè il dolore, quand'è profondissimo, è muto, si argomentò di poter finalmente tentare una parola per dissuaderla da quel matrimonio.

Ma lo sguardo onde la disgraziata fanciulla saettò la nonna, appena si accorse dove andava a finire il suo discorso, fu tale, che la contessa non ebbe più il coraggio d'andare avanti, e non ne fece altro per allora, senza però dimettere la speranza che un giorno o l'altro si sarebbe piegata al suo volere.

Quanto al Baroggi, dopo aver continuato per tanti giorni a sopportare un dolore morale superiore a qualunque spasimo fisico, risolse di mandare a Milano un giovane, col quale erasi stretto in amicizia a Piacenza e al quale aveva confidato la condizione deplorabile in cui trovavasi. L'amico accettò l'incarico, e venne a Milano. Recossi in casa V..., perchè non c'era nessuna ragione che la visita fosse clandestina. Trovò le tre donne insieme. Naturalmente il discorso cadde sul Baroggi, e sul quando sarebbero finite le pratiche per conchiudere il matrimonio. La contessa Clelia colse un pretesto per far uscir di camera la fanciulla, la quale obbediente in apparenza, come una pecora avvilita, uscì senza far motto. Ma quanta disperazione l'amico del Baroggi lesse in quell'obbedienza muta!

Questa volta però la contessa, volendo troppo, ruppe l'incantesimo della sua inesorabile autorità. Se donna Paolina non fosse uscita in quel punto, non sarebbe nato quello che nacque.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License