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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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VI Il colonnello, al ricominciare dell'azione, si alzò, e detto al capitano che lo consigliava a recarsi la sera a veglia negli appartamenti del generale, dove per consueto si raccoglieva il fiore de' cittadini e dei forestieri, si allontanò lentamente, e ritornato al suo posto presso al general Massena, gli parlò in modo, che questi impose all'ufficiale d'ordinanza di recarsi, prima che finisse lo spettacolo, a invitare formalmente il capitano Baroggi e la sua donna. Proseguiva intanto l'azione. Già, Cassio aveva declamato tra gli applausi generali que' versi: Enfin donc l'heure approche où Rome va renaître: La maîtresse du monde est aujourd'hui sans maître. Già Bruto, nel dialogo con Giulio Cesare, aveva destato entusiasmo, e strappato le lagrime ai veraci repubblicani, segnatamente a quel passo dove, gettandosi ai piedi di Cesare, esce in quelle parole per verità sublimi: César, au nom des dieux, dans ton coeur oublies; Au nom de tes vertus, de Rome et de toi-même, Dirai-je, au nom d'un fils qui frémi et qui t'aime, Qui te prefère au monde, et Rome seule à toi, Ne me rebute pas!... Il terz'atto adunque, fino a questo punto, piacque assai più degli altri due, e lo spirito repubblicano si era talmente impadronito di tutti gli spettatori, che anche alcuni patrizj delle più illustri case di Roma, e che non era usciti senza fede in nessun Dio, ma per non sapere a che appigliarsi; anche qualche dotto memore ancora della protezione pontificia e cardinalizia; anche qualche pagnottista, di quelli che hanno l'intelletto e il cuore nel ventre, pur si sentirono scossi a quelle parole; e colti all'improvviso in quel momento, e costretti a votare, certo avrebbero messa la palla bianca nell'urna repubblicana. Se non che, tutto questo entusiasmo finì per produrre un uragano, non molto piacevole al capocomico Rosier e all'appaltatore. Come fu già detto, dal palazzo Spada era stata trasportata sulla scena, che rappresentava il Campidoglio, la statua di Pompeo. La parte men colta del popolo, la quale costituiva, com'è naturale, i quattro quinti del pubblico, non avendo letto prima la tragedia di Voltaire, credeva, e per verità ne aveva tutte le ragioni (chè per una semplice esposizione poteva bastare il palazzo Spada), che la statua di Pompeo non a caso fosse stata trasportata sul palco; e però, nell'estrema accensione della sua ira repubblicana, aveva rivolta tutta l'aspettazione al momento in cui i congiurati avrebbero trafitto il tiranno, ed esso, dignitosamente avvolto nella toga, sarebbe caduto a' piedi del simulacro del rivale. Ma Voltaire aveva troppo studiato Orazio, ed essi non conoscevano quel passo: .........Non tamen intus Digna geri promes in scenam...... Nec pueros coram populo Medea trucidet. Come dunque sanno tutti coloro che hanno letto la tragedia di Voltaire, questi, colto il punto in cui Dolabella intrattiene i Romani colle lodi di Cesare, fa scoppiare di dietro alle scene le grida dei congiurati: Meurs, expire, tyran; courage, Cassius; e fa uscire, momenti dopo, questo Cassio appunto col pugnale in mano a gridare come un invasato: C'en est fait, il n'est plus; e impegnasi tra Cassio e Dolabella una gara a chi più riesce a tirare a sè il popolo: Peuples, secondez-moi, frappons, perçons ce traître. Peuples, imitez-moi: vous n'avez plue de maître. Ma il popolo vivo e presente, ch'era assai più repubblicano del popolo romano della storia e dell'archeologia, dando ragione a Cassio e a tutti i suoi amici, non voleva però che dell'uccisione di Giulio Cesare se ne facesse un segreto di consorteria; onde da un punto all'altro dell'anfiteatro cominciò una tempesta di grida: E muoja dunque Giulio! muoja, muoja! È morto! gridò allora stentoreamente uno del popolo. - E risorga, per Cristo... vogliamo vederlo noi a morire... vogliamo. Gli attori si arrestarono a quel tumulto inaspettato, senza conoscere di che si trattasse. Qualcuno s'interessò a far loro sapere la cagione dell'ira pubblica. E qui si avviò un dialogo tra pubblico e attori. Gli attori eran forti dell'autorità di Voltaire; il pubblico accennava la statua di Pompeo, e voleva che Cesare fosse trascinato là, e là fosse trafitto... E in quella un uomo di Trastevere, tarchiato e terribile e con una testa da Caracalla: E son qua io, gridò, per Cristaccio! dov'è sto Giulio? dov'è? ch'io lo spaccerò io, lo spaccerò. Quel popolano di Trastevere fu in breve seguito da gran moltitudine di compagnoni, che tutti si misero a gridare ad una voce: morte a Cesare! vogliam vedere Cesare morto! Il tumulto andò tant'oltre, che l'appaltatore si recò dal generale Massena, supplicandolo perchè provvedesse a metter fine colla forza a tanto disordine. E che ci ho a far io? Tocca a voi a tirarvi di impaccio, rispose il generale. Dopo tutto, che difficoltà avete a improvvisare in vista del pubblico e ai piedi della statua di Pompeo la scena che avete gridato di dentro? Nessuna difficoltà, ma Giulio Cesare è fuggito. Come fuggito? Per paura che il popolo lo pigliasse davvero per il Cesare di diciotto secoli fa, lasciò andar giù in fretta e toga e manto, rivestì i proprj panni e se ne andò. Ma in che modo se ne andò, se il palco è nel mezzo dell'anfiteatro? Tanto fa, non c'è più. Bisogna che il popolo non l'abbia riconosciuto. Il fatto strano fece ridere anche il generale, che rideva poco e aveva tutt'altro per la testa; poi soggiunse: Se l'antico e vero Cesare avesse fatto come costui, forse il mondo avrebbe pigliata un'altra strada. Ma or che si fa, generale? Sentite come il popolo urla laggiù. Guardate che già piglia d'assalto il palco scenico. Il generale non si moveva, e guardava, e non dava ordini. Pareva che prendesse gusto a quella scena. Difatto il popolo penetrò a furia nell'edificio capitolino, innalzato con trabacche per far scena; ne snidò tutti i congiurati in toga: Cassio, Casca, Cimbro, il medesimo Bruto, che è tutto dire; investendoli e lor domandando fieramente che cosa avevano fatto di Giulio Cesare. Se non che a un altro uomo del popolo scappò detto: Ebbene, se è fuggito il tiranno, pigliamoci questo Marc'Antonio che sta qui e ammazziamo lui. Non l'avesse mai detto! Tutta la furia del popolo si rivolse di colpo contro il povero comico incaricato di quella parte odiosa; il quale cadde svenuto per la gran paura. Fu allora che il general Massena mandò tosto colà un picchetto di granatieri a far finire l'atroce burla. Per chi dall'alto del Colosseo avesse guardato con intento filosofico quella scena, quel miscuglio d'antico e di moderno; quella statua di Pompeo che parea davvero far retrocedere tutti gli spettatori a diciotto secoli addietro; quelle toghe e quei manti misti alle giacchette de' Trasteverini; in ultimo i granatieri della repubblica nuova che vennero a spianar le bajonette contro un popolo che mostrava d'amar tanto la repubblica vecchia, e che voleva saziar la vista nello spettacolo della morte di Cesare, ben poteva trovare. argomento di peregrine considerazioni. Or chi avrebbe mai pensato, tra quanti erano congregati in quel famoso ricinto, che, nonostante la memoria di Giulio Cesare fosse tanto odiata da destare un commovimento per tutta Italia, e un rigurgito di tutti gli Italiani repubblicani in Roma, per assistere ad uno spettacolo, che, dato nel Colosseo, pareva dovesse riuscire solenne e pieno di grande significanza; chi allora avrebbe pensato, ripetiamo, che fra poco stava per scaturire dal repubblicano Bonaparte la seconda edizione del Cesare antico? Ma lasciando le inutili considerazioni, e tornando ai nostri personaggi, l'ufficiale d'ordinanza, nel momento che i granatieri del general Massena comparvero sul palco scenico a respingere i popolani inferociti, si recò di nuovo presso il capitano Baroggi, al quale richiamò in prima le parole del colonnello; poi si rivolse a donna Paolina, per significarle che il generale Massena invitava anche lei a volere onorare la consueta veglia, ch'esso offriva ne' suoi appartamenti ai repubblicani di Roma, d'Italia e di Francia. Ora quando il Baroggi e donna Paola lasciarono il Colosseo e si trovarono districati dalla folla, che a vortici li aveva circondati e oppressi finchè si trovarono in quelle vicinanze, ricominciarono più seriamente che mai la loro consulta. Il mio partito, diceva il Baroggi, è che si debba partire, e senza perder tempo, e meglio stasera che domattina. Così si fugge il pericolo presente, questo è vero; ma nemmeno si provvede all'avvenire. Ma com'è che non dividi, mia cara, il mio pensiero, se pure alla sola vista di tuo padre minacciavi di cadere in isvenimento? E che vuoi? Questo mio padre, ho un presentimento che pure debba esser lui quello che ci debba far uscire da questa condizione di pena e di paure continue. Egli mi pare uomo più bizzarro che cattivo. È un soldato valoroso, questo lo dicon tutti; di più è un repubblicano caldissimo, e fu dei primi a far guerra alla nobiltà. Ora, qual fu la nostra più gran nemica? codesta nobiltà appunto che alla contessa Clelia sembra Vangelo. Tu parli benissimo: ma io ne ho conosciuti assai di questi repubblicani stati ricchi e stati nobili... Ho provato anche a stuzzicarli. Or piglia la più superba e pinzochera damazza del biscottino, e credi, che in confronto può parere un sanculotto. Non hai veduto come egli si scontorse, quando gli dissi ch'io non era altrimenti nè il Baroggi figlio del banchiere, nè un parente del Baroggi guardia d'onore? Anche a te è riuscito di veder questo? Il Baroggi in quel breve colloquio col conte aveva perfettamente indovinato il vero; ma donna Paolina, per sua disgrazia, non fu dello stesso parere, e tanto disse e ridisse, che la sera e l'uno e l'altra furono nelle sale del general Massena. Il lettore non si metta in isgomento, chè noi non descriveremo quelle gioconde veglie. Già quasi tutte le grandi celebrità artistiche, come letterarie, e patrizie, e muliebri, erano uscite di Roma. Il Canova era andato a pigliar aria nel Veneto: Pompeo Battoni stava godendo il fresco alla Riccia: il Piranesi erasi riparato a Ercolano: Vincenzo Monti, mutati i panni, già assisteva a Milano al rogo cui venne condannata la sua Basvilliana: Winkelmann moriva asfissiato per non poter più bere l'acqua di Trevi. Solo era rimasto in Roma a far il triumviro l'archeologo Visconti. In quanto ai cardinali (parliamo dei dotti e dei celebri, e di quelli che si ha la curiosità a vederli e a sentirli a parlare), innanzi tutto non sarebbero mai andati a far la loro corte quotidiana a un soldato; ma quel che meglio si dee sapere, è che in Roma non ce n'era più nemmeno uno, anche a metter fuori la mancia d'un milione di scudi romani. Delle donne, celeberrime per casato e per beltà, le Braschi, le Borghesi, le Massimi, le Buoncompagni, le Santa Croce, le Rezzonico, ecc., ecc., avevan tutte preso il volo ben lungi, in coda ai loro zii e cognati e fratelli principi; non rimaneva dunque che la nobiltà dei gradi più bassi; poi le bellezze borghesi nate in seno alla ricca mercatura, e che vedute dall'occhio dell'artista e da un amante sincero delle belle donne, facevan lo stesso effetto delle assenti. Diciam tutto questo perchè il lettore comprenda il motivo della descrizione mancata. Se presentassimo l'elenco di tutti gli intervenuti, egli non conoscendo nessuno di costoro, non potrebbe prendervi interesse di sorta. In ogni modo, colle belle donne patrizie e mezze patrizie, e colle altre, gli ufficiali dell'esercito repubblicano passavano le loro notti lietissimamente, prolungando i giuochi e le danze ad ora tardissima. Nè il colonnello S..., sebbene avesse toccato i suoi quarant'otto anni, si era ancora ritirato dal campo sdrucciolevole della danza e della tresca amorosa. La cosa è precisamente così; nè serve, o lettori, crollar la testa in aria d'increduli. Ma egli era ancor bello ed elegante della persona; ma egli era snello e nerboruto; ma, a lume di sera, due lustri buonamente scomparivano dalla sua faccia; ma innanzi tutto, si credeva giovane; e a questo mondo ognuno è quello che crede di essere. Intanto già qualche beltà di prima fila, sebbene non più celibe, guardate che errore! gli si era sfregata presso lusinghiera e carezzosa; intanto già qualche ufficialetto, che contava venti o venticinque anni meno, aveva ricevuto da lui qualche colpo invincibile, ed era stato messo fuori di partita. Intanto... ma intanto fece senso a tutti, che donna Paolina, l'angelico dragone che aveva fermato l'attenzione di tutti gli spettatori del Colosseo, la prima sera stessa che venne a quella veglia, bella di quella bellezza fatale che fa classe da sè e non appartiene a nessuna scuola, come il genio, avesse mostrato già tanta propensione per quel colonnello, che poteva essere chiamato la Ninon del suo sesso e della sua classe; tanta inclinazione da ballare con esso lui quattro contraddanze in due ore; e da lasciare in un canto il bellissimo capitano Baroggi.
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