Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Rovani
Cento anni

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO DECIMOTERZO
    • VII
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

VII

Uno dei più grandi spropositi, o, per dir meglio, uno dei tiri più assassini che la natura ha fatto all'umanità, è quello di non aver voluto, attraverso alla vita, tener sempre in accordo le facoltà della mente e del sentimento colle qualità appariscenti del corpo. Il corpo invecchia e perde d'anno in anno tutte le sue seduzioni; e perchè la crudeltà riesca ancora più squisita, il volto, che è sempre in vista, le perde ancor più presto. Nel tempo istesso che l'intelletto può sfolgorare in tutta la sua forza giovanile, e il sentimento può ancora esaltarsi colla foga di un'esistenza che s'affaccia per la prima volta al tumulto della vita, il corpo mostra i segni della dissoluzione, che stornano ogni simpatia. Allorchè un uomo viene a trovarsi in codesto funesto sbilancio tra le attrattive corporee e i desiderj dello spirito, può ben dire d'esser tisico in quarto grado. Una tale condizione si rende sempre più grave, quando negli anni della giovinezza abbia avuto il dono o il malefizio della beltà, che è il biglietto d'ingresso al teatro delle seduzioni, degli incanti, della voluttà dell'esistenza; e diventa ancora peggiore, pericolosa e inquietante, quando un uomo, pur in quell'età in cui non sono permessi che gli affetti per i beefsteak e il vino di dieci anni, conserva tuttavia qualche raggio della gioventù. Quei raggi, se pur vibrano splendidi e ardenti quando vibrano, serbano però la pessima qualità dei soli di temporale, che vengono, ma vanno tosto, e lasciano lo spettacolo della natura più desolante di prima. Nell'istante che quei raggi brillano, la giovinezza inesperta e ardente può mostrare per essi delle tendenze affettuose; e allora chi ha avuto la disgrazia di non saper stare sul proprio, se pure riesce a sentir rinnovate per un momento le gioje degli anni giovanili, può anche, quando non sia uno stordito, contare sulla certezza di essere in brevissimo tempo abbandonato e soppiantato. Il conte Achille S... si trovava nel colmo di tutte le condizioni suaccennate; e per disgrazia aveva anche l'ultima, di non essere uno stordito, e di essere espertissimo della vita. Sapeva di aver passata la gioventù; sapeva che, tutt'al più, poteva far l'effetto di un fuoco d'artifizio; ma conoscendo di possedere ancora dei bei momenti, per usare una frase da teatro, cercava le tentazioni, e si adagiava in quelle, e amava illudersi.

D'indole irritabilissima e bisbetica fin dalla prima giovinezza, ossia fin da quel tempo che tutto gli andava a gonfie vele, quei caratteri gli si inviperirono durante la sua più matura virilità, e tra le cause di ciò vi fu appunto quella particolare condizione in cui venne a trovarsi ad onta della sua vita distratta in molte occupazioni e specialmente nelle cure della milizia e della guerra, la quale era in lui una vera passione. Lusingato ancora dalle donne perchè gli rimanevano delle qualità attraenti e brillanti, egli sentendosi del sangue e della foga giovanile, si lasciava attirare nel loro vortice; ma poi, pensando ai proprj anni e alla distanza che intercedeva tra l'età e l'impeto del sentimento, non si fidava della sorte che gli era pur sempre cortese di lusinghiere avventure, e viveva continuamente in timore del domani e sempre iracondo e geloso. Il fatto dell'abbandono della bella vivandiera di Bordeaux, che lo aveva posposto ad una recluta del 17°, finì a renderlo sempre più diffidente. Ma il decrepito e volgarissimo adagio, che il lupo lascia il pelo e non il vizio, basti a spiegare, come, nonostante l'età e la recente sconfitta, e la sfiducia di sè e d'altrui, non sapesse resistere alla tentazione di avvicinarsi alla fanciulla Paolina, e non potesse poi raffrenare l'esaltazione della gioja e della vanità soddisfatta, quando nel contegno di colei gli parve di scorger tutti i segni di una vera simpatia.

Chiunque in fatti si fosse trovato ne' panni del conte S... poteva avere ragionevolmente tutto il diritto di creder che donna Paolina gli si fosse repentinamente incapricciata dietro.

Tanto è ciò vero, che tutti gli astanti credevano lo stesso, sebbene alla maggior parte non paresse nè naturale nè giusto.

Alla stessa fanciulla, una notte, per una sola parola che le disse il conte, il quale del resto, in ogni cosa, sempre erasi comportato seco coi più squisiti riguardi, balzò repentinamente un sospetto, che le fece gelare il sangue, e che la persuase senza più a mettere in esecuzione il proprio disegno.

Quando la fortuna ci è nemica, di quanti elementi si ajuta, e come sa convergerli tutti a danno nostro!

Donna Paolina, staccatasi dal conte S... un momento dopo sentita quella parola che la mise in iscompiglio, s'avvicinò al capitano Baroggi, e gli disse in tronco:

Stanotte quando partiremo di qui, voglio finir tutto e palesarmi a mio padre.

Bada a te, che ciò non sia per il peggio.

Continuar questa vita non è sopportabile in nessun modo. Meglio star peggio che star così.

Detto questo, si distolse da lui e si gettò a sedere, pensando seriamente quello che doveva fare.

Ella, quantunque fosse assai giovine, pure aveva già quel che si dice un carattere, e quell'altra dote ancor più rara nell'adolescenza, la sicurezza determinata delle azioni.

Fermò dunque risolutamente il partito di palesarsi in quella notte stessa al padre; pensò al modo più conveniente di prepararlo; s'immaginò il dialogo che ne sarebbe derivato; le conclusioni che si sarebbero sviluppate. "Egli ha per me una deferenza speciale, pensava; di questo posso esser certa; d'indole bisbetica, iraconda, insofferente, come lo vuole il giudizio comune; con me, con me sola è gentile, amabile, quasi direi cedevole, obbediente. Quando sentirà, quando saprà ch'io sono la sua figliuola, naturalmente dovrà crescere in lui, in forza di questa rivelazione, quell'affetto che senti spontaneamente senza conoscermi. Non si protragga dunque più oltre un tempo così prezioso, e forse domani sarò felice."

Ma qui si fermò, e ripensando l'ultima parola che il conte le aveva rivolta, si andava conturbando, e diceva fra sè stessa: Io ho tardato forse un po' troppo. Dovevo parlargli jeri l'altr'jeri. Ma forse a quella parola io ho dato un significato di cui egli non aveva l'intenzione. Ma, in ogni modo, quand'anche fosse vero quello che penso, non è possibile che si converta a mio danno. Non è possibile.

Non sapeva la fanciulla, perchè la naturale acutezza non poteva tener luogo d'esperienza, che l'amore è l'ideale dell'egoismo e dell'avidità; che vuol tutto per sè e a modo suo; che esso, fintantochè gli affari vanno a seconda, è lieto, è caro, è soave, è condiscendente, è tutto quello che si vuole che sia. Ma se la fortuna gli volta l'occhio e gli succede un rovescio, le medesime furie sono lente ministre ai suoi comandi, e diventa un tiranno crudele, vendicativo, implacabile.

Or continuando, donna Paolina, mentre stava meditabonda e grave in quel modo, era, senza che se ne accorgesse, l'oggetto degli sguardi di tutti.

Oh beato colui, diceva uno, che la rende cotanto pensierosa!

Oh come è cara, seduta così in quell'abbandono!

Oh guarda com'ella sembra la meditazione travestita da soldato!

E il conte che la vide in quella posa e la contemplò a lungo, lentamente poi le si accostò, e: A che pensate? le disse.

Pensavo a una cosa, rispose donna Paolina, per cui mi è necessario parlare con voi a lungo.

Io sono sempre disposto all'obbedienza. Partendo di qui con vostro marito e col resto della compagnia, faremo la via più lunga del solito, e avremo tempo di parlarci.

Il conte S..., dando all'aria estremamente pensosa e preoccupata della giovinetta un'interpretazione troppo lontana dal vero, credette che le parole di lei non fossero altro che un piano inclinato ad una dichiarazione esplicita. L'amore è poeta lirico, e i suoi voli sono spesso temerarj.

Or venne l'ora che gl'intervenuti alla veglia lasciarono gli appartamenti del general Massena. Come avviene in tali ritrovi, nel partire si univano in varie compagnie, a seconda che portava il bisogno di far la medesima via per la vicinanza delle dimore. Il capitano Baroggi diede il braccio ad una Aldobrandini, bellissima donna, la quale credendo che donna Paolina si fosse incapricciata del colonnello, e ciò al capitano non desse molt'ombra, aveva messo l'occhio a quel posto, quando mai fosse rimasto vacante; anzi aveva già inoltrato la sua petizione ambidestra, con quel garbo astuto e insidioso di cui le donne sono maestre inarrivabili. Altri s'erano uniti ad altre. E donna Paolina s'era appoggiata al braccio del conte S..., il quale, rallentando il passo, lo misurò in modo da rimanere l'ultimo della processione.

Dunque, o cara, che cosa avete a dirmi? Così il conte pel primo cominciò un dialogo, dal quale si attendeva di esser fatto retrocedere al mondo primiero della sua fortunata gioventù.

Oh! io sono infelice, rispose donna Paolina.

Tanto le donne esperte quanto le fanciulle inesperte vanno sempre d'accordo nel mettere innanzi quest'antifona, allorchè vogliono stringere qualcuno nella loro rete. E però il conte S..., che in tanti amori passati ricevette sempre quelle petizioni muliebri, segnate appunto col perpetuo bollo dell'infelicità, non ebbe torto se a quell'esordio del dragone angelico: Or ci siamo, pensò; ma non poteva andare altrimenti! Tanto si teneva certo!

Io sono infelice, continuava la fanciulla, e voi solo, una vostra parola può farmi la più felice delle donne.

A queste parole fece succedere alcuni istanti di pausa, perchè un grande spavento l'assalì nel punto di avviare un discorso con cui giocava, a dir così, tutta la sua fortuna. Alla sua volta, il conte S... stava in sull'ale, nell'aspettazione ansiosa di quella sentenza risolutiva che, secondo lui, doveva cangiare in certezza il suo desiderio e la sua speranza.

Perdonatemi, colonnello, riprese poi donna Paolina, se oso farvi una domanda: Che cosa avete pensato di me la prima volta che mi vedeste?

Che cosa ho pensato... non saprei dirvelo: cento cose e nessuna. Ma spiegatevi meglio.

Voglio dire, che giudizio avete fatto di me, vedendomi in compagnia di un giovane capitano?

Ma non siete voi sua moglie?...

Donna Paolina taceva.

Il mio giudizio dunque fu, proseguiva il conte, che il capitano fu il più fortunato degli uomini nel trovare una così avvenente e cara sposa.

Donna Paolina tacque a lungo; poi, tutto a un tratto, fermandosi e stringendo fortemente la mano al conte:

Ah, non è vero che noi siamo marito e moglie! Non lo si volle da chi aveva l'autorità di volerlo. Noi siamo fuggiti insieme, per non morire d'affanno.

Il conte cominciò a non capire, e a turbarsi senza sapere perchè.

Questa nostra condizione, seguiva la fanciulla, è tale che non può continuare. Io mi figuro un giorno o l'altro di venir staccata per forza da lui; Dio! che sarebbe mai di me, se ciò avvenisse. Certo che non potrei più vivere.

Il conte pensava intanto fra sè: Dunque mi sono ingannato!

Il pensiero formulato non fu che questo, ma l'animo del conte era rimasto stranamente percosso; tanto il colpo era stato inatteso; nè sapeva trovare una parola per risospingere il discorso della fanciulla, che ancora s'era messa a tacere.

Alfine, per non sembrar dappoco e anche per tirare indietro, se fosse stato possibile, quel po' di sospetto che già aveva gettato nell'animo della fanciulla con quella tal parola che il lettore sa, riassunse il consueto suo fare disinvolto e bizzarro, spingendolo fin quasi alla caricatura:

Cara la mia ragazza, disse poi, vi siete messa in un brutto impiccio; brutto assai, cara. E in un impiccio ancor peggiore si trova il capitano perchè, in conclusione, voi siete minorenne, e il capitano, volere o non volere, vi ha portato via colla forza della seduzione. Capisco che sarà stato colla migliore intenzione. Diavolo! sono incapace di dubitarne. Capisco che il capitano non avrà dovuto pregar troppo; non è vero, cara mia? Siamo sinceri qualche volta. Voglio anche ammettere che i parenti avranno tutti i torti, e che l'autorità farebbe meglio a non impicciarsi in queste cose; ma i parenti ci sono, e l'autorità dà sempre ragione ai parenti. Povero capitano! Mi rincresce, mi rincresce davvero. Mi rincresce per voi, mi rincresce per lui, tanto mi è simpatico. Ma ora, alla mia volta, devo domandarvi per che ragione avete detto tutto questo a me?

Per che ragione? perchè so che voi conoscete quei di casa mia, e che...

Che cosa?

E che siete conoscentissimo di mio padre.

Io conosco vostro padre?... Ma chi è vostro padre?... Ma perchè non mi avete mai detto niente?...

Perchè avevo paura, come ho paura...

Paura di che?

Qui la fanciulla fermò il passo. Erano ai piedi della scalea di Trinità de' Monti. Gli altri della compagnia erano già saliti.

Ella tirò a sè d'improvviso il braccio che il conte teneva sotto il proprio; con ambe le mani prese e strinse la mano del conte; poi, gettandosi in ginocchio, la baciò bagnandola di lagrime.

Ma che è questo? ma che fate? diceva il conte. Ma badate che potete esser vista...

Ah! prima ch'io continui a parlarvi, datemi una promessa.

Ditemi di che si tratta, e vedrò...

Promettetemi di aiutarmi, e di far tutto dal canto vostro, perchè io e il capitano possiamo diventar marito e moglie.

Ma come posso dare una promessa senza conoscere alcuna delle circostanze che...

Vi assicuro che voi potete tutto; vi assicuro che una parola vostra può bastare a renderci felici..

E continuava a stare in ginocchio, ad onta degli sforzi del conte per rialzarla. Ma il conte, a un tratto, ritirò a sè le mani che la fanciulla stringeva, lasciandosela cadere ai piedi come una Maddalena penitente.

Un lampo, come quello che viene dal fulmine, aveva di repente solcato il bujo del suo pensiero.

Spesse volte, nelle vicende umane, un fatto istantaneo, un motto, un gesto, rischiara a un tratto una successione di accidenti, sui quali per gran tempo il pensiero era trascorso inavvertitamente. Quando il conte sentì dalla bocca del capitano Baroggi ch'esso era nativo di Milano, e che era di Milano anche la fanciulla che avea seco, dovendo pure risovvenirsi d'avere una figliuola di quella età, non par vero, come un tal pensiero non lo dovesse grado grado guidare a scorgere nel volto della fanciulla le traccie evidenti della somiglianza propria e della materna; non par vero, come non abbia sentito la tentazione di domandare qual era il cognome della famiglia di lei; non par vero, come lo stesso attaccamento eccezionale e straordinario ch'essa avea mostrato per lui, non dovesse, insieme colle altre circostanze, condurlo sulla via giusta per la quale si poteva arrivare a scoprire la verità.

E certo, se non ci fossero stati gli estremi avanzi della gioventù che lo portarono issofatto su di un altro terreno, egli avrebbe saputo ogni cosa prima che altri avesse parlato. Ora gli ultimi atti di donna Paolina, rimovendo appunto ogni idea d'amore, gli fecero di colpo balenare dinanzi quella verità che non aveva mai cercata; di modo che, quando donna Paolina tremante singhiozzante gli confessò di essere sua figlia, la rivelazione fu inutile, perchè egli aveva già tutto indovinato. Se non che quella parola pronunciata tolse il conte dall'affannoso stupore in cui trovavasi, e, senza alcun riguardo, mandando un grido, che era tra l'esclamazione dell'uomo e il fremito della fiera, respinse di forza la figlia, che cadde stramazzoni sul terreno, ed egli fuggì.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License