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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO DECIMOTERZO
    • VIII
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VIII

Non essendoci noi mai trovati nella condizione del conte S..., la sua ci si presenta come una malattia affatto nuova del cuore umano, sulla quale non abbiamo mai avuta l'occasione di esercitare nessun studio anatomico. Bisogna adunque che tiriamo ad indovinare e a congetturare e a slanciare ipotesi; e poi, colla sfacciataggine di un filosofo che si diverte ad andare a caccia del vero primo, vendere per cose provate le persuasioni del nostro pensiero.

Quando il conte S..., lasciata cadere la propria figliuola, si diede a fuggire come un uomo uscito di senno, bisogna confessare che le cagioni di quella repentina esaltazione erano state così forti, così eccezionali, da rimanere in dubbio chi fosse in quel momento più degno di pietà, se lui o la figliuola. E tra le cagioni mettiamo anche quelle che procedevano dalle cattive e inveterate abitudini della sua vita, dal carattere speciale della sua mente e del suo cuore, dai pregiudizi naturali e avventizj della sua educazione, dalle medesime sue colpe. Al cospetto di un morbo fisico, grave e doloroso, il paziente desta sempre compassione in chiunque non appartenga al tribunale della Santa Inquisizione. Pel filosofo che osserva i dolori umani coll'intendimento della cura e non della vendetta, il primo suo sentimento è la pietà e il desiderio di alleviar le pene. Egli assomiglia al medico razionale e galantuomo, che non abbandona l'ammalato, nè lo maltratta, quand'anche sia stato la cagione del proprio male.

Un padre anche il più mite di carattere, che trovi una propria figliuola nella posizione di donna Paolina, certo che non potrà mai reprimere, a tutta prima, il dolore e l'indignazione. Ora il conte S... era tutt'altro che mite. In aggiunta, quantunque egli ostentasse il più radicale repubblicanismo, pur s'indispettiva quando alcuno affettava di non sapere ch'egli era nobile. Era un fatto interno, ch'egli medesimo quasi ignorava, ma non per questo era men forte. Amava la nobiltà, e con dispiacere vedeva abbattuti i suoi privilegi; e se in una gara, in un duello tra un nobile ed un uomo senza titoli, vinceva o perdeva il primo, senza sapere il perchè, ei gioiva o s'indispettiva per lui. Era quella una malattia del sangue insieme e dell'educazione.

Ora la sua figliuola, secondo lui e secondo tutti, s'era disonorata fuggendo, e si sarebbe disonorata anche fuggendo col più illustre personaggio; ma ciò non bastando, per rendere ancor più grave la colpa, essa era fuggita con un giovane di tanto inferiore alla sua condizione; con un figlio di una guardia di finanza.

Nè qui finivano le esacerbazioni; ma al dolore paterno, che ha una maniera affatto propria di manifestarsi, veniva, nell'istante fuggitivo almeno, a mescolarsi un altro dolore, affatto nuovo, acuto e spasmodico più ancora del primo; e, ciò che è peggio, un dolore che si vergognava di sè stesso, per trovarsi al cospetto e in compagnia di quell'altro dolore, il quale almeno, se era acuto, era anche legittimo. Oh! mettiamoci un momento ne' panni del conte, e se non siamo farisei, confessiamo che era ben degno di compassione, e che nessuno più di lui poteva rendere verosimile l'iperbolica similitudine del poeta, che, per rinfrescarsi, si sarebbe gettato in un vetro bollente.

Lasciando ora da parte le cagioni, e concentrando tutta la riflessione sugli effetti che provò il conte S... quando da Trinità de' Monti volse il passo accelerato alla caserma dove aveva l'alloggio, possiamo assicurare che la conflagrazione del suo cervello fu tale, che un minimo grado al di là di quella misura sarebbe bastato per farne un caso interessante per lo studio di un alienista psicologo. La caserma era presso San Pietro in Vincoli; quel lungo tratto di strada lo fece senza accorgersi, portato macchinalmente dalle gambe. La sentinella che gli gridò il chi va là, lo fece fermare dinanzi alla porta. Qui stette un momento sopra di sè, poi rifece quasi di corsa tutta la strada già fatta. Nel silenzio della notte produceva uno strano effetto in chi vegliava il tintinnio de' suoi grossi sproni, che fioco si annunziava da lungi, facevasi forte e aspro da vicino, e tosto decresceva e moriva nell'aere lontano.

Nel primo tumulto e nel primo scoppio dell'ira, senza quasi la coscienza di quanto operava, era fuggito lasciando la figliuola svenuta; ma, lungo il cammino, quel nodo orrendo di tanti affetti si venne come sciogliendo ne' suoi diversi elementi, tanto che presentandoglisi ad uno ad uno alla riflessione che ritornava, egli potè raccogliere qualche idea, e pensare e prendere alcun partito.

Abbiamo detto in altra occasione, che sotto al cumulo di tante male tendenze ond'era viziato il carattere del conte S..., in fondo in fondo, si poteva rinvenire anche qualche bontà e qualche affetto generoso; egli è per questo che, dopo il primo schianto dell'ira, gli entrò nel cuore un impeto di pietà. Allora, come a rifascio, dietro al pensiero della figliuola conosciuta in così strana guisa, gli si schierarono nella memoria e l'immagine dell'angelica sua Ada, e i tanti affanni che quella poveretta ebbe a provare per lui, e l'idea della disperazione in cui essa doveva trovarsi in quel punto per la fuga della figliuola; e per questa medesima figliuola, attraverso al dolore e all'ira, metteva in lui una affannosa mescolanza di compiacenza paterna e di compassione, la quale grado grado crebbe al punto che fu tutto in affanno pel timore ch'ella avesse dovuto soffrire troppo e per la caduta e pel deliquio, e che, abbandonata e respinta da lui in quel modo spietato, dovesse poi morirne d'angoscia.

Ritornò dunque fino al piede della scala della Trinità de' Monti, ma non vi trovò più, come avrebbe dovuto aspettarsi, se fosse stato più in calma, nè la figlia, nè altri. Pensò allora di recarsi alla casa di lei; ma fu il pensiero d'un istante, perchè, subentrata l'ira, lo risospinse alla caserma, dove entrò a notte altissima, aspettato dall'ordinanza che da tante ore sonnecchiava, svegliandosi spesso di soprassalto, per tema dei rimbrotti di lui.

Egli entrò, e:

Va, e chiamami qui subito, disse all'ordinanza. il colonnello Paoli e il Ballabio.

Essi sono già a letto da più ore.

Va e svegliali, ti dico! Ma, aspetta che ci andrò io.

Detto questo, uscì seguito dall'ordinanza che gli faceva lume. Bussò alla porta dell'alloggio del colonnello Paoli. Non essendogli risposto, picchiò forte, tanta era l'impazienza ond'era agitato. Alfine s'aprì l'uscio, e comparve l'ordinanza del Paoli; e si sentì la voce iraconda di lui che gridava:

Che cos'è? chi batte a quest'ora?

Abbi pazienza! gridò allora colla sua voce sonora il colonnello S...; abbi pazienza; ho bisogno di te.

Le parole contrastavano col tono alto, aspro, iracondo.

Nondimeno il colonnello Paoli:

Evvia, entra, rispose.

Il conte entrò.

Scusami, ripetè poi. Domani avrò un duello. Lo voglio io; faccio conto su di te e sul Ballabio. Sarete, come tante altre volte, i miei padrini.

Va bene; ma che diavolo è successo? Due ore fa eri l'uomo più gajo e più lieto del mondo.

Gajo, sì gajo sentirai. Ma il duello sarà a morte; a morte, capisci tu? Voglio che Roma ne abbia a inorridire. Ora, disse all'ordinanza, va a chiamare il colonnello Ballabio. Digli che venga qui subito.

L'ordinanza partiva, e un quarto d'ora dopo entrava il Ballabio in mutande, cogli stivali alla dragona e il mantello sulle spalle. Intanto il colonnello Paoli, seduto sul letto, seguiva coll'occhio il conte S..., che passeggiava fremebondo.

Che cosa è successo? chiedeva il giovane Ballabio alla sua volta, messo in apprensione da quella scena muta.

Il conte si fermò guardò fisso il colonnello macchinalmente, tanto era sprofondato ne' propri pensieri:

Siedi, gli disse poi, siedi. Domani il capitano Baroggi morirà o morirò io. Tu, come al solito, farai da secondo insieme col Paoli.

Sempre disposto. Ma che cosa è avvenuto?

È quel che voglio sapere anch'io, prese allora a dire il Paoli. È mezz'ora che il colonnello è qui, e non m'ha ancor detto di che si tratta. Nè vorrei che fosse poi un nonnulla, un affare da ragazze; perchè allora, caro colonnello, scusami, ma è tempo di finirla.

Tempo di finirla?

Sì, colonnello, se mai quella fanciulla cogli stivali e gli sproni t'avesse riscaldato il cervello...

Il conte si piantò allora nel mezzo della stanza, e:

Sapete voi altri chi è quella ragazza? Voi altri non lo sapete.

No.

Essa è mia figlia.

Oh!!...

Essa è mia figlia e il capitano l'ha sedotta a fuggire. Ma il capitano morirà, morirà, morirà...

E nel ripetere quella parola, la voce gli si andò innalzando fino all'urlo... dopo di che, spossato dall'angoscia, cadde a sedere sul letto dell'amico.

I colonnelli Paoli e Ballabio, passate alquante ore della notte in compagnia del conte Achille, e tentato indarno di ridurlo a più miti e ragionevoli consigli, alla mattina del dì successivo, nella loro qualità di padrini, si recarono dal capitano Baroggi, che alloggiava in piazza del Popolo.

Il capitano e donna Paolina, in quella desolata condizione che è facile imaginare, stavano risolvendo di lasciar Roma in quel dì stesso, quando i due colonnelli si fecero annunciare. Non era il caso di rimandarli, per quanto i due giovani desiderassero di star soli, e così furon fatti entrare. Donna Paolina era in veste femminile, e sul viso portava i segni del pianto recente. Il giovane capitano era tutto scombujato e stravolto; però, infilata in fretta l'assisa di dragone, accolse i due venuti con tutta quella cortesia che gli fu possibile, e li fece sedere.

Signor capitano, disse il Ballabio, credo che indovinerete il motivo della nostra visita.

Potrei sospettare qualche cosa; ma cogliere nel punto giusto non saprei veramente. Sareste forse colleghi ed amici del conte S...?

Per l'appunto, capitano, e ci rincresce di esser qui con un'altra veste, di cui volontieri avremmo fatto senza.

Parlate, signori.

Il conte colonnello S... si crede e si chiama offeso e disonorato da voi; disonorato nei rapporti della famiglia e nella fama dell'unica sua figliuola. Perdoni, signora, disse poi il Ballabio rivolgendosi a donna Paolina, s'io mi faccio lecito di parlare così. Ma pur troppo abbiamo dovuto accettare da vostro padre il delicatissimo mandato. La fortuna potrebbe però fare in modo che ciò sia per il meglio.

Comprendo tutto, rispose accigliato il Baroggi. Ma il conte avrebbe almeno dovuto sentir noi due prima. Io non ho disonorato nessuno, e fu appunto per conciliare ogni cosa col decoro del casato, che in faccia a Dio e alla santità delle intenzioni ed alla sapienza degli uomini non guasti dagli infesti pregiudizj di casta, io solennemente dichiaro costei mia moglie; è appunto, ripeto, per conciliar tutto col dovere, col decoro della pubblica opinione, che noi intercediamo il perdono e l'ajuto del conte colonnello.

Il nostro mandato non ci permette di entrar giudici in materia. Soltanto devo dirvi, e potete immaginarvi se ciò mi addolora, che il conte colonnello S... vuole da voi una riparazione d'onore, e col solito mezzo delle armi.

Donna Paolina, a queste parole, si alzò di slancio, fece due passi verso il colonnello Ballabio, tentò di parlare, ma si mise di nuovo a sedere, mandando un lungo sospiro e premendo la fronte sul palmo della mano destra.

Il Ballabio, dopo aver sogguardato a lungo quell'infelice, fece segno al Baroggi che desiderava continuar a parlare fuori della presenza di lei. Ma, il giovine capitano, sempre ad alta voce:

Vi comprendo, vi ringrazio, esclamò. Ma ella può e deve sentir tutto. Non a caso veste l'assisa e cinge lo squadrone; ha l'intelletto e l'anima affatto virili, e può sentir tutto. Che c'è altro adunque di così grave, ch'ella, s'ella non fosse, dovrebbe lasciarci soli?

Giacchè lo volete, devo dirvi che il duello porta una condizione.

Donna Paolina alzò la testa e stette attenta.

E quale?

Che il duello dev'essere...

All'ultimo sangue?

A morte!

Nè ciò basta, soggiunse l'altro, padrino.

Proseguite.

Dobbiam dirvi che il duello, quando non avesse un esito definitivo la prima volta, dovrà ripetersi finchè uno dei due combattenti rimanga morto sul terreno.

E così sia, proruppe eccitata donna Paolina; ma dite a colui, il quale non solo non è padre, ma non è uomo, che a questa condizione se ne contrappone un'altra (e qui donna Paolina si alzò terribile nell'atteggiamento e nella guardatura), e questa è, che se il capitano rimanesse ucciso, la figlia, sul medesimo terreno, debba combattere col padre. Così faremo inorridire anche Roma, che fu la patria d'ogni più mostruosa virtù.

Il Baroggi guardò a lungo la sua Paolina con un atteggiamento, che non si può rendere a parole; la prese per mano, la baciò sulla fronte; poi si rivolse ai due padrini, come per volger loro la parola, ma stato un momento sopra pensiero, si cavò l'assisa, aperse la camicia sul petto, e:

Guardate qui, signori, disse... Tolga il cielo, e spero che voi mi crederete, ch'io voglia adesso vantarmi di ciò che non è altro che la conseguenza del mio pretto dovere; ma soltanto mi preme farvi sicuri che io non fui mai un vile, e che non temetti e non temerò mai i pericoli. Tre volte io caddi ferito...

Non abbisogna che lo diciate. Basta, guardarvi in viso...

Vi ringrazio... ma ora, in questo momento, al cospetto di codesta circostanza affatto nuova e inattesa e inaudita, non si tratta già di affrontar pericoli vantaggiosi all'umanità, pericoli che possono essere una virtù e una gloria...; si tratta bensì di acconciarsi a diventar un assassino... un parricida... qualche cosa di ben abbominevole...

Che dite... capitano? interruppe il Paoli; vi prego a non ripetere quanto avete detto, perchè...

Vi comprendo, colonnello, e vi domando perdono!... Ma vi supplico nel tempo stesso a ponderare seriamente il caso in cui ci troviamo.

Ho pensato, abbiamo pensato a tutto; potete ben crederlo; ma vi sono circostanze e consuetudini e leggi speciali alle quali bisogna piegarsi e obbedire.

Consuetudini e leggi dell'arbitrio e del pregiudizio, che sono un'offesa dell'ingenua natura e della ragione assoluta... Dite adunque al colonnello S... che mi domandi un'altra riparazione, e sarò sempre disposto a fare il suo desiderio.

A queste parole, il Ballabio guardò in faccia all'altro padrino, quasi a dire: Pur troppo, costui ha ragione. E quegli si alzò, e dopo aver misurato la camera innanzi e indietro, si accostò al Baroggi e dolcemente lo prese per mano.

Molte campagne ho fatte, gli disse poi; ho quarant'anni, attraversai la vita di affanno in affanno, ed ebbi nove duelli, sempre provocato dagli altri, e colla persuasione di essere sempre io dalla parte della ragione; una volta poi mi son trovato in una circostanza pressochè uguale alla vostra. Ci ho pensato, chiesi consigli, volli e disvolli... ma alla fine... mi sono battuto. Io abborro il duello e i duellanti, e il mondo che chiama vile chi rifiuta di battersi... ma non importa che un uomo sia o non sia un vile; importa che sia creduto tale. Ascoltate dunque me, capitano; non rifiutate; battetevi, e mettete ogni cosa nelle mani della fortuna.

Se si hanno ad osservare i patti come furono posti dal conte, alla fortuna non rimane a far nulla. Uno dei due ha da morire, e le condizioni non sono uguali tra noi. S'io vengo ucciso, che sarà mai di questa mia donna? S'io uccido il conte, come potrà patire costei di vivere coll'uccisore di suo padre? Egli è per questo, o signori, ch'io non potrò mai battermi a giusta gara con lui. Non è questo il momento delle vanterie; ma costei lo sa, nelle sale di scherma io fui chiamato l'invincibile. Non credo che ciò costituisca nessun merito, ci vuol ben altro; è un'abilità affatto materiale, e di cui non tenni e non tengo nessun conto; ma è però una circostanza per la quale, secondo tutte le probabilità, io posso dire di portar sicuri i miei colpi. Ora, accettando di misurarmi col padre di costei, io sentirei obbligo di lasciarmi ammazzare, e di condurre l'orribil gioco in modo, come se io non sapessi tener ferro in mano. Ecco perchè mi rifiuto. Vi prego adunque di riferire tutto ciò al conte; vi prego di protestargli, ch'io non ho mai creduto di portar offesa nè all'onor suo, nè a quello della sua casa. Credevo inoltre che un prode soldato della repubblica francese non dovesse avere gl'illiberali pregiudizj di quella casta, per distruggere la quale una falange gloriosa di pensatori e di eroi riputò azione santa il versar torrenti di sangue sull'altare della patria. Vi ripeto di ripetere ciò al conte; e mi lusingo che vorrà cambiar propositi.

 




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