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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO DECIMOSESTO
    • III
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III

La Falchi era in quella condizione di mezza ebrietà, che non concede più alla lingua di esser cauta, che addensa le tinte ad ogni nostra qualità caratteristica, e, se un'indole non è buona, la fa diventar bieca e pericolosa:

Così è, caro signor conte, essa continuava: se io arrivo a dire che Beauharnais sarebbe un pessimo re, bisogna proprio che questa sia una verità chiara come la luce del sole, la quale non si può negare, qualunque sia il colore degli occhiali che portiamo; perchè, se dicesse questo il mio signor marito, vada, si potrebbe dire che parla per dispetto... Ma son io che parlo; io che, siamo sinceri, non mi sono poi fatta pregar tanto allorquando... Il signor conte ride... pure non vorrei per tutto l'oro del mondo che un soldato petulante, un francese che ci disprezza, un re nominato da noi avesse il diritto di penetrar nelle famiglie a mettere sottosopra la pace domestica, a canzonare i mariti, ad insultare i fratelli, a farsi beffe degli amanti... e che so io. Torno a ripetere che non parlo per me; nè me la piglio calda per il mio avvocato... che è il marito più caro e più comodo di questo mondo... un vero scaldaletto... che quando annoja lo si dà alla cameriera da portare in cucina...

Il conte Aquila, contro il suo solito, non potè trattenersi dal ridere a queste parole.

Or tornando alla prima mia idea, quantunque io non abbia studiato molto, e non conosca molto la storia, più d'una volta ho sentito a dire che fu sempre per cose di donne che i principi e i tiranni furono creduti impossibili, e furono messi fuori di combattimento, da chi non pativa che venisse offesa la nazione nella sua parte più viva e più delicata.

È vero, o non è vero?

Dunque, in questo genere, relativamente al vicerè, io so tante e tante cose, che sarebbe veramente pericoloso per noi il mettere nelle sue mani il nostro paese. In questi ultimi anni poi, fors'anche perchè i Milanesi s'inasprirono seco, egli è diventato manifestamente nemico degli Italiani. A tutti è noto quel che avvenne col general Pino: tutti sanno le ingiustizie d'ogni sorta fatte da lui ai soldati italiani, quando per qualche cosa si trovavano in competenza coi soldati francesi. E da qualche tempo, per coronar l'opera, è diventato anche avaro fino alla spilorceria. Il signor conte si ricorderà bene del modo saporito con cui l'incisore Rosaspina si vendicò della di lui avarizia.

Non me ne ricordo.

Oh è bella, bella davvero. L'incisore dedicò due anni fa una sua stampa al vicerè, il quale non si degnò nemmeno di far rispondere all'artista, nè di mandargli quel dono consueto per il quale, in conclusione, si fanno le dediche. Or che cosa fece il Rosaspina? quando pubblicò ultimamente una nuova incisione, dica un po', signor conte, a chi ne fece la dedica?

A chi?

A Sua Altezza l'uomo di Pietra. Vi piace?

Davvero che è saporita. Ma, tornando a noi, se le troppo frequenti ingiustizie fatte dal vicerè ai nostri, se l'ostentazione di un disprezzo che sinceramente non può sentire, se la grettezza e l'avarizia, delle quali però è la prima volta che sento a parlare, possono e devono dar da pensare seriamente a chi volesse mettere quest'uomo sul trono d'Italia, per il resto non state a darvi un pensiero. Cara signora, se voi stessa non mi aveste preceduto col dirmi, che sarebbe toccato al vostro signor marito a far di questi lamenti, davvero che mi fa senso come una bella signora come voi, tutt'altro che disposta a imitar le sante, siasi messa a sfoggiar tanta morale sul fatto che al vicerè piacciono le dame. E a chi non piacciono? Bisogna poi tener conto della posizione e delle tentazioni. Se, per un supposto, al luogo del vicerè si potesse mettere S. Luigi Gonzaga o S. Francesco d'Assisi, in meno d'un mese vedremmo impegnati l'uno e l'altro in qualche avventura galante. Sono cose da non badarci nemmeno. Eppoi bisogna considerare che il principe venne giovanissimo a Milano, e col tempo daranno giù i bollori; d'altra parte, sentite, chi è padre, o marito, o fratello, o amoroso, ci pensino loro. State tranquilla, che chi sa fare il padre e sa fare il marito, può mettere alla porta anche il vicerè. Diavolo! non è più il tempo del diritto di coscia.

Caro conte, io sono disposta a credere e a giurare in tutto quello che ella dice; perchè fui assicurata da chi ne sa, che ella è una gran testa; mi accorgo però che in queste faccende la sua sapienza non vale la mia. Oh... è un pezzo ch'io sento a dire che i buoni mariti fanno le buone mogli, e che quando essi custodiscono bene la casa, non c'è ladro che possa introdursi... Ma c'è un male, caro signor conte, un gran male; ed è che questa sentenza venne pronunciata dai soli uomini, senza sentire il parere delle donne, che in tali argomenti hanno voce in capitolo... Ora io le so dire che è precisamente quando i mariti stanno sempre intorno alle loro mogli, che a queste viene una gran voglia di cambiar aria, e ai cacciatori di professione entra la smania addosso di tentare la caccia proibita. Mi ricordo del mio primo anno di matrimonio, quando anche il mio signor avvocato si mise in testa di fare il cane da pagliajo, e ringhiava se qualche altro cane di razza più fina entrava in casa; ebbene, posso assicurarla, che se ho lasciata passare la luna di miele fu un vero miracolo, e che appena spirato quel termine, proprio in un giorno che mio marito mi fece una scena tragica, che mi pareva il Blanes quando ha il turbante di Frosmane, proprio allora gli piantai il mio primo corno; carissimo corno, saporito tutto quel mai che si può dire. Fu precisamente così; e ancora mi vien voglia di ridere quando penso a quell'avventura.

Tutto va bene, rispondeva il conte ridendo e divertendosi molto dello spettacolo di quella insolita sfacciataggine; ma pensate che, parlando, siete uscita di strada, e avete trovato la maniera di darvi torto da voi stessa.

In che maniera?

È presto capito. Se voi trovate tanto giusto che le donne facciano il loro comodo...

Io non ho detto questo...

Ma all'entusiasmo con cui ne parlate... bisogna conchiudere...

Io parlo di quello che ho fatto io... eppoi sì... giacchè è detta... la lascio andare... Le donne hanno tutto il diritto di fare il loro piacere; e in ogni modo, anche senza avere l'approvazione del ministro di giustizia e dell'arcivescovo, non verranno mai da voi altri a chiedervi il permesso quando...

Ebbene, vi piglio in parola; e tornando al punto da cui siamo partiti, il principe Beauharnais è nato fatto per convertire in obbligo legale i vostri desiderj.

Ed ecco ciò che non voglio. Credevate, signor conte, che queste tre bottiglie da me vuotate mi avessero fatto uscire di testa il mio argomento... Tutt'altro... Anzi sento che lo chambertin mi ha rischiarato mirabilmente le idee... Torno adunque a dirvi che con quella facilità che abbiamo noi donne di fare spuntar le corna anche sulla testa la più grande, la più nobile e la più perfetta, è necessario che il vicerè vada all'inferno...

Ma non vi accorgete della contraddizione?

Che altri non mi abbia a comprendere, può esser possibile... ma che voi, signor conte, col vostro ingegno non mi arriviate, è assai strano.

E vi capisco sempre meno, continuava il conte con quel sorriso tra lo sprezzo e l'indulgenza onde si tien conto delle parole di chi sembra soverchiamente esaltato dai vapori vinosi.

Oh adesso poi mi sentirete a sfoggiare eloquenza; mi sento in vena, e voglio ripetervi le parole dette una sera da Ugo Foscolo... A proposito del quale mi fanno ridere gli asini che pretendono gli sia stata tolta la cattedra per incapacità. Altro che incapacità! Badate: io che non ho fatto nessun studio e non ho mai potuto pigliar gusto a nessuna lettura, pure ho imparato infinite cose quella sola volta che per tutta una sera l'ho sentito parlare, e a gridare, e a tuonare, e a mettere in un sacco tutti quelli che stavano in conversazione, compresi i chiacchieroni di mestiere, e i colleghi di mio marito, che per la smania di contraddire, non so che cosa direbbero. Ebbene, sapete che cosa ha detto Foscolo? mi pare d'avervene già parlato; ha detto, dunque, che un principe donnajuolo e che pretende abusare della condizione regia nel fatto di donne, è il più detestabile tiranno che mai possa darsi... e citò non so che fatto della storia romana, per cui i re se ne andarono a spasso per una bricconata di un giovinotto che aveva tutto il carattere di Beauharnais.

Oh guardate che cosa vi arrivo a dire... Vi arrivo a dire che se mio marito, fingendo di conoscere il vicerè, gli avesse regalato un carico di legnate, quando mi faceva la corte, quella sarebbe stata la prima e la sola volta che la gelosia d'un marito, che di solito mi fa ridere, mi avrebbe dato piacere. Un marito può, anzi deve chiudere gli occhi su tutti gli zerbinotti che pizzicano sua moglie... ma quando è il vicerè che pizzica... e il marito lascia fare... il marito è un asino se non è un... voi mi capite.

Qui cominciate ad aver ragione... Ma voi, che sfoggiate delle teorie così splendide... perchè non avete messo alla porta il vicerè, quando...?

Oh bella! perchè tutte le cose lasciate sono perdute... e perchè le donne hanno l'obbligo di esser deboli... Ci chiamate il sesso debole per disprezzo, e poi pretendete che si debba esser forti soltanto allora che preme a voi. Siete veramente curiosi, i miei cari uomini... Ma ripigliando il filo, ecco perchè è da mandar al diavolo chi, abusando della debolezza delle donne, vuol schiaffeggiare sfacciatamente tutta la nazione nelle persone dei mariti e degli amanti... Ho parlato bene adesso?

Benissimo... ma mi permettete di dirvi una insolenza?

Questa sera permetto tutto.

Ma non andar poi in collera...

State tranquillo...

Se molte donne, senza aver le vostre teorie, vi assomigliano in pratica, ve ne sono però alcune, e non poche, di tale e tanta virtù e tanta dignità, da far arrossire e indietreggiare anche un principe il quale avesse tutte le voglie e tutta la forza di farle valere.

Non sono del vostro parere; in coscienza non posso esserlo. Tutte le donne, dal più al meno, sono le stesse; la virtù che oggi fa meraviglia, cade domani, e non c'è da farsene stupore. Nella mia esperienza, tutte le donne che ho conosciuto, d'ogni risma e d'ogni conio, anche di quelle che parevan nate per far la madre badessa, la santa Teresa, la santa Cecilia, e che so io... ebbene, venne il loro giorno... e alle tentazioni, quando furono fatte da un diavolo simpatico, non seppero resistere e...

Oh... qui poi vi sfido.

Accetto qualunque sfida.

E torno a dire che chi fa la moglie è il marito...

Davvero?

Sì.

Ebbene... io mi do vinta..: se però mi saprete accennare una sola di queste eccezioni, una sola di queste donne che nacquero sante e rimasero sante per la virtù del marito.

Il conte Aquila, quantunque tenesse conto della sbilanciata loquacità della Falchi, pure fu punto da quell'insistenza. Non gli pareva vero che, almeno per complimento, quella donna non avesse fatto eccezione della moglie di lui. Stette così alquanto in silenzio, perchè avrebbe voluto sentire da altri quello ch'ei fermamente pensava; ma poi, ad onta del suo carattere orgoglioso e duro, non seppe dominarsi così che non prorompesse con accento severo e con voce alterata:

Ebbene, signora, che cosa mi sapreste dire, per esempio, di mia moglie?

A queste parole la Falchi diede in uno scroscio di risa sfacciato e infernale; così infernale che il conte impallidì in modo da parere un cadavere. Succedette un terribile silenzio. La Falchi vuotò un altro bicchiere di chambertin.

 




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