Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Rovani
Cento anni

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO DECIMOSESTO
    • IV
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

IV

Quand'ella lo ebbe vuotato e deposto sulla tavola, e, tornando a guardare il conte con occhi lucentissimi, accennava di voler continuare a parlare:

L'ora è assai tarda, disse il conte, con una calma profonda, e come se avesse assistito ad un discorso indifferente. È tardi, e ho bisogno di riposo.

Ma aspettate, caro conte, chè a me pare d'incominciare adesso la mia giornata, tanto sono in lena...

Voi potete aver ragione, ma io devo andare a dormire e tirò furiosamente il campanello per chiamare il cameriere.

A sentire la voce bassa e lenta e quasi dolce del conte, e a vedere il furore convulso con cui non tirò ma strappò il campanello, non parea vero che quei due diversi atti venissero da lui solo.

Il cameriere entrò.

Fatemi lume, che voglio salire in camera, gli disse; e anche voi vogliate fare altrettanto, soggiunse poi piegandosi tranquillamente verso la Falchi. E si alzò e partì. Buona notte, madama, esclamò quando fu sulla soglia del salotto.

La Falchi, uscito che fu il conte: "Che originale è costui! pensò tra sè. Un altro mi avrebbe tempestato di domande... Egli invece se ne va a letto... Non avrei mai creduto che un uomo così duro e severo, come mi dicono, fosse anch'esso una così buona stoffa di marito!"; e fermandosi su quest'idea, e pensando ad altre cose, a poco a poco il vapore dello chambertin le lavorò sugli occhi in modo, che chinò il capo e s'addormentò e così profondamente, che la donna di servizio, avvisata dal cameriere, che era stanco di far la guardia fuori dell'uscio, dovette entrare per svegliarla e condurla poscia in camera.

Ma seguiamo il conte Aquila nella sua camera.

L'orgoglio gli aveva comandato di far tutto perchè non uscissero altre parole dalla bocca oscena della Falchi, ed in sul primo, era come fuggito da colei. Non pertanto, quando fu solo, ripensando a quelle risa infernali, si sentì assalito da un desiderio furibondo di appurarne le vere cagioni; e fu per uscire ed entrare dalla Falchi per chiederle conto de' suoi modi oltraggiosi... ma si trattenne e un raggio lieve e fuggitivo di consolazione gli rischiarò l'anima affannata. Si consolò pensando che la Falchi era manifestamente ubbriaca; che, per conseguenza, non era a far caso nessuno delle di lei parole; ch'egli era stato un pazzo a darci peso; che non meritava la pena di più oltre pensarvi. Ma quel lampo, lo ripetiamo, dileguò nel punto che aveva guizzato, e:

Se non fosse stata ubbriaca, avrebbe taciuto, pensò... e una tale idea lo percosse in modo, e il dolore che ne provò fu di quel genere che mette gli uomini nella tentazione di ammazzarsi.

Si mise a sedere, e fece ogni guisa di congetture. Riandava colla memoria tutta la vita della contessa sua moglie e non giunse a trovare un momento solo in cui gli sembrasse avere colei meritato un rimprovero; considerava che il metodo rigoroso ch'egli avea imposto alla vita di lei, che il non averla mai perduta di vista un momento, e il non averle mai lasciata libertà di sorta, rendeva assolutamente impossibile che quella donna desse esca alla calunnia e alla maldicenza. E si confortava un istante, ma per immergersi poi subito nei più disperati e strani pensieri. L'indole dura e fortissima del conte Aquila piegò in quella notte allo spasimo del sospetto del sospetto che è sovente ancora più tormentoso della più crudele verità appurata. Eppure non amava sua moglie; non l'aveva mai amata. Non era mai stata per lui che la donna incaricata di portargli dei figli; il solo sentimento ch'essa ingenerava in lui non era che l'orgoglio di chi possiede una rarità universalmente apprezzata e desiderata. Ma è appunto l'orgoglio, ma è l'amor proprio offeso che alimenta la più tremenda gelosia... perchè la gelosia che non deriva dall'amore, non potrà mai essere placata dalla pietà.

Il giorno dopo, nell'ora della colazione, in cui il conte soleva vedere la Falchi alla table d'hôte, aveva pensato di non vederla altrimenti, e giacchè non c'era più nessun motivo di trattenersi a Parigi, aveva presa la risoluzione di partire senza nemmeno salutarla, per rompere di colpo ogni relazione con quella donna perversa. Ma la puntura tormentosa del dubbio non gli permise di fermarsi in quella risoluzione; e si venne anzi cambiando al punto da sentire irrequietudine ed impazienza nell'aspettazione dell'ora consueta. Giacchè la Falchi aveva lanciato un primo motto, egli voleva saper tutto il resto, e si affannava nel desiderio di conoscere ogni cosa con certezza. E venne l'ora, vide la Falchi, sedette a tavola con lei; ostentò umore lieto e cortesia; e l'impazienza lavorò tanto sull'animo di lui, che fu il primo a riappiccare i fili del discorso lasciato sospeso la notte prima.

Sono contento, madama, che le vostre belle guance abbiano ripreso il loro incarnato naturale, e che beviate acqua fresca. Jeri notte, bisogna confessarlo, eravate un po' sostentata, e ho troncato la continuazione di un certo discorso che... voi mi capite... jeri notte c'era pericolo di sentir le cose alterate... mentre è la verità rigorosa e intera ch'io voglio conoscere. Voi siete una dama piena d'esperienza. Io sono un uomo di mondo e filosofo, e, in quanto alle donne, so compatirle ed amo l'indulgenza. Abborro i mariti che vanno in furore e sono capaci di commettere delle violenze, se, per combinazione, le loro mogli hanno guardato piuttosto a dritta che a sinistra. Catone il Censore, uomo duro e inesorabile in tutto, e un modello di virtù romana perfino coi Romani, nelle cose che interessavano sua moglie, non guardava tanto per il sottile; bensì amava di sapere, per poter perdonare e sapersi regolare. Era un vero filosofo. Dunque vogliate spiegarmi. madama, la ragione del vostro strano ridere di jeri sera.

La Falchi tacque un momento, poi disse:

Mi rincresce, caro signor conte, di non aver saputo trattenermi. Ma anche voi un momento fa avete detto ch'io era un po' sostentata. Quando si è un po' allegri, non si misurano le parole, e fanno male a chi le sente. Ma ora non vogliate dare alcuna importanza a quanto io dissi jeri sera. In una certa sfera di cose, non avendo nessuna opinione delle donne, cominciando da me, ho osato di tirar dentro nel coro anche la vostra signora. Ecco tutto. Sia dunque per non detto quello che fu detto, e cambiamo discorso.

Il conte, stato un momento perplesso, soggiunse poi:

Jeri notte avete fatto male a ridere in quel modo; ma oggi fate peggio a tacere. Se non parlate, io andrò fantasticando cose che forse non son vere, e che possono aggravare la condizione di chi può essere l'oggetto de' miei dubbj.

Un momento fa mi avete detto che siete filosofo, ma ora parlando così, mi fate vedere che siete un uomo come gli altri.

Il filosofo non ama l'ignoranza; bensì, quando intravvede un fatto qualunque, vuol conoscerlo appieno, per sapersi regolare con calma e con sapienza. Parlate dunque e dite tutto.

La Falchi stava per rispondere, quando entrarono nella sala comune altri forestieri, coi quali così il conte come la Falchi avevano in quei giorni fatto conoscenza. Il colloquio adunque fu sospeso, e per più di un'ora il conte dovette adattarsi a parlar di cose, che deviandolo dal suo pensiero fisso, lo annojavano terribilmente. Tra quei forestieri v'era l'avvocato Gambarana, venuto da Milano e chiamato a Parigi dal marchese F... che ci stanziava da qualche tempo.

E così, avvocato, gli chiese la Falchi, che effetto ha fatto al marchese F... la notizia del testamento trovato?

Quando un ricco signore è in pericolo di perdere la metà di quello che possiede, vedete bene che non può essere molto tranquillo.

Ma, e credete voi?...

Io non posso parlare, madama, e molto meno con voi; già vi sarà noto che il colonnello Baroggi scelse per avvocato patrocinatore il vostro signor marito?...

Avete ragione, e non vado innanzi.

Ma questo testamento da che parte è saltato fuori? chiese il conte Aquila che conosceva il marchese F...

È quello che non si sa. Il giorno 14 del passato gennajo, il presidente del tribunale civile di Milano riceve un grosso piego, lo apre, e nell'interno dell'involto trova scritto: Testamento olografo del marchese F... morto il 21 febbraio dell'anno 1750. È una bagatella di sessantatrè anni fa. Da questo testamento appare che l'erede universale del marchese defunto è un tal Baroggi, che morì nel 92 caposquadra delle guardie di finanza, e che fu il padre del colonnello Baroggi che noi tutti conosciamo.

Tra i forastieri che alla tavola comune mangiavano, sentivano e non parlavano, v'era il noto giojelliere e minutiere Giovanni Manini di Milano, il quale aveva bottega sotto il coperchio de' Figini e serviva la Corte. Era venuto a Parigi per liquidare de' conti arretrati, e il giorno prima avea parlato al vicerè Beauharnais, tornato allora allora dalla Russia a Parigi.

Egli dunque ascoltò per un pezzo; poi disse con quell'accento di compiacenza orgogliosa d'un negoziante alla moda che per la sua condizione è ammesso alla confidenza dei grandi che serve:

Di quest'affare me ne parlò jeri il vicerè stesso. Loro signori già mi conoscono. Io sono il giojelliere di corte.

Ah sì!... disse il conte Aquila.

Io ebbi l'onore di fornire le gioje all'illustrissima contessa sua moglie.

E come ha fatto il vicerè a sapere e a interessarsi già di questa notizia?

Pochi giorni fa ritornò di Russia lo stesso colonnello Baroggi colla bella sua moglie. Il vicerè ha della predilezione per questo colonnello; le male lingue dicono che sia per la moglie; ma io non so niente. Quello che so è che il vicerè mi disse jeri queste precise parole: "Voi, che non siete più giovane, dovreste sapere qualche cosa di un testamento stato rubato dallo scrigno del marchese F... nel 1750, la notte stessa della sua morte." Nel 50, io non ero nato, gli risposi, ma di questo fatto mi parlò cento volte mio padre, nominandomi il preteso autore del furto.

E chi sarebbe questo autore preteso? domandò il vicerè.

La cosa è delicata, altezza, allora io dissi. Le dicerie fanno presto a compromettere un galantuomo, e non vorrei che un vecchio, il quale deve aver passato di un pezzo gli ottant'anni, dovesse, per cagion mia, avere dei dispiaceri in sull'orlo del sepolcro.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License