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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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X Il cielo rimase così per molto tempo ingombro di nubi minacciose al governo francese; ma un giorno, e fu il 5 maggio, corse una voce che, del resto, da molti era aspettata; la voce di una clamorosa vittoria riportata da Napoleone; essa venne confermata dal bullettino della grande armata, e cento colpi di cannone annunciarono officialmente la vittoria di Lutzen. Il cielo si rischiarò. Il vicerè Beauharnais ebbe l'accorgimento di ritornare a Milano subito dopo i cento colpi. Il negoziante Bignami, che era fuggito a Parigi e che era stato visto dal vicerè stesso, fu da questo confortato a ritornare subito a Milano, colla promessa che tosto il governo lo avrebbe rimborsato; e Beauharnais mantenne la promessa ed ajutò la casa Bignami; lo che fece pure con altre ditte commerciali, che avevano dovuto soffrir danno per i mancati pagamenti delle casse governative. In que' giorni avvenne a Milano un rivolgimento strano. Non pochi dei vecchi padri di famiglia, che nel 96 potevano contare dai quaranta ai cinquant'anni, avevano serbato qualche simpatia per il governo di Maria Teresa sotto cui eran nati, per il governo di Giuseppe II e di Leopoldo sotto cui eran cresciuti. Parliamo della parte meno squisita della popolazione; di quegli uomini di pasta volgare, onesti ma pregiudicati, inaccessibili alle idee nuove, testardi nelle loro consuetudini; di quelli che andavano ancora in calzoni corti, in calze e scarpe con fibbie; che portavano ancora la coda col chiodo, che per lungo tempo avevan serbato un austero silenzio con quei figliuoli che l'avevan tagliata senza il permesso; e che avean minacciato di scacciare il giovine di banco se mai avesse osato lo stesso: presso a poco come, in tempi a noi vicinissimi ed anche oggidì, sebbene rarissimamente, non si vuole da qualche padrone di negozio che il maneggiante porti i baffi, perchè crede incompatibile colla onestà il labbro coperto di peli. I figliuoli di costoro, cresciuti nelle idee nuove e attratti dallo splendore della gloria di Napoleone, non avean parole che d'entusiasmo per lui, e avean costretto a tacere i padri incorreggibili che crollavano la testa, ma che avean paura di compromettersi a parlar chiaro. Ora, pel cambiarsi dell'orizzonte politico dalla fine del 12 ai principj del 13, s'era cangiato scena anche nell'interno delle famiglie. I padri che credevano d'aver sempre avuto ragione, cominciarono a investire con sarcasmo e peggio i figliuoli. Questi, che per tanti anni s'erano avvezzati a non aver mai torto, non voleano lasciarsi soverchiare dalle vecchie ostinazioni ricalcitranti. Insomma l'ora del pranzo, che per consueto è consacrata alle consolazioni dello stomaco e alla pace domestica, diventò invece l'ora più tempestosa della giornata. Non eran molte quelle case dove ogni giorno non succedessero liti d'inferno per argomento politico. E per vero, il pubblico disastro in quegli ultimi giorni era andato tant'oltre, che a poco a poco ai giovani venne a mancar l'eloquenza, crescendo, di rimpatto, la petulanza dei vecchi e dei codini (allora questo vocabolo era in senso proprio e non traslato), al punto che non si poteva più vivere nelle loro mani. Ora può immaginarsi il lettore come le acque che s'eran gonfiate per deflusso retrogrado, rifiorirano impetuose e rumoreggianti quando venne la notizia della vittoria di Lutzen, quando s'udirono dal Castello i cento colpi di cannone; quando ritornò il vicerè; e come questi ebbe medicate, coll'intento di abbagliare il facile volgo, molte piaghe pubbliche e private, venne vivamente applaudito da quella parte di pubblico che gli stava d'intorno nell'occasione che comparve a una rivista militare. I giovani tornarono ad avere il sopravvento sui vecchi; i gallomani fecero tacere tutti quelli che erano affetti dalla tabe austriaca. E il medesimo avvenne in seno alla terza fazione, la quale era men frequente di uomini di vero ingegno: la fazione di coloro che ripugnavano dai ricordi austriaci come da un cadavere; e volevano sferrarsi dalle braccia della Francia imperiale come da un prepotente. Il conte Aquila, che era il capo di una dozzina di patrizj i quali costituivano appunto il nerbo di questa fazione, ricevette un colpo mortale dagli ultimi fatti, sebbene gli avesse e preveduti e pronosticati, e fosse persuaso che non dovessero aver che l'effetto di una meteora. Ma non s'era aspettato che il pubblico dall'oggi al domani si trasmutasse così repentinamente, ma non s'era immaginato che il vicerè, del quale negli ultimi mesi si era detto tutto il male possibile, e che partendo nel 1812 per la guerra, aveva attraversata la folla in mezzo al più cupo silenzio, dovesse al suo ritorno essere ricevuto da così festose acclamazioni. All'intento di scrutare il pubblico pensiero, egli s'era confuso nella folla quando il vicerè si mostrò alla rivista. Insieme col seguito di lui aveva veduto il colonnello Baroggi con accanto la moglie in assisa militare: gli parve il vicerè guardasse troppo spesso a quella virago, ricordante i tempi greci e romani; e allora, ricordandosi di ciò che aveva udito a Parigi dal giojelliere Manini relativamente alla protezione che Beauharnais avea accordato al Baroggi, sentì un nuovo e fortissimo dispetto per tal fatto. Non aveva veduto che una volta sola la moglie del Baroggi, e sarebbe morto piuttosto che rivolgere a lei una parola sola che significasse ammirazione e simpatia, tanto egli era superbo e duro e strano; pure il pensare che quella donna poteva essere posseduta precisamente da colui ch'egli da un mese abborriva con tutta la forza di un odio rovente, gli fece provare una sensazione indicibile. La moglie del Baroggi apparteneva a quel genere di donne fatali, che per dove passano lasciano il segno, anche a loro insaputa, anche contro l'espressa loro volontà. Il suo fascino consisteva non nell'esser più bella delle altre; chè anzi, a rigore di regole accademiche, parecchie potevano superarla; ma nell'essere una specialità che si distingueva da tutte; specialità accresciuta dal suo vestire soldatesco, e dall'elmo e dagli stivali alla dragona. Ad un maestro di pittura e scultura che avesse voluto far la critica artistica di quella donna, si poteva rispondere quel che rispose Cherubini al suo allievo Halévy, quando questi diceva che Rossini non sapeva l'armonia: Se non la sa, la inventa. Il lettore però non voglia accogliere le dicerie che allora corsero sul conto di lei. Donna Paolina non aveva amato che il suo Baroggi; esso era stato il primo e l'assiduo amor suo; era stata la liberissima scelta del suo cuore; il matrimonio venne fatto senza interrogar l'interesse, il dio consueto dei connubj; la simpatia reciproca di quei due giovani fu così forte e legittima e onnipotente, ch'era riuscita a superare tutti gli ostacoli che il mondo si affanna ad inventare, quasi iracondo che la natura possa qualche volta avere il suo libero corso. La vita del campo, e i pericoli continui delle battaglie, che alimentano tra i soldati le più profonde amicizie, contribuirono a mantenere ed accrescere quel santissimo affetto. Per quanto e per quante volte quella donna fosse stata tentata, e per quante splendide e geniali apparenze di amatori le fossero comparse dinanzi, ella non sentì per nessuno mai neppure una simpatia leggera; a Roma un ufficiale francese s'era gettato nel Tevere, disperato ch'ella non volesse corrispondere all'amor suo; ella fu dolente di quella sventura, ma non si cangiò. A Dresda un giovane generale di brigata, dopo averle indarno protestato amore, minacciò di vendicarsi, le giurò che avrebbe trovato il modo di rovinare la carriera di suo marito; se non che avendo tentato di mettere su di lei le mani villane, essa col piatto della sciabola gli ammaccò il viso in modo, che comparve deriso fra gli squadroni di cavalleria, e fu poscia degradato. In quanto al vicerè, è facile imaginarsi come, con quella sua indole procace e sulfurea, rimanesse preso la prima volta che vide quella donna, e, misurato il terreno in lungo e in largo con sguardo rapidissimo, facesse mille disegni di vittoria, di conquiste e d'impero; perciò promosse il Baroggi da capo squadrone a colonnello; gli fece tenere la Corona ferrea che, per verità, avea meritata più volte, ma che allora come adesso e come sempre, quando si tratta di decorazione, se non c'è chi la cerchi e la voglia per forza, non cade mai spontaneamente dall'alto come l'acqua piovana. Ai bivacchi militari e alla tenda vicereale invitò sempre lui, perchè c'era lei. Venne però a sapere le storie di Roma e gli fu poi riferita quella di Dresda, la quale gli fece l'effetto come di chi ha comperato uno stupendo cavallo e poi sente che ha il mal del montone; ed accostatosi a lei e tenutole più d'un discorso e calato qui e là lo scandaglio, non tardò molto ad accorgersi di fenomeni insoliti; d'un clima straordinario; della presenza, insomma, del diamante che taglia, ma non si lascia tagliare. Nè il vicerè, in questa circostanza, si comportò come tutte le altre volte che gli era riuscita a male una conquista. Non si sentì offeso; non si allontanò dispettosamente dalla donna desiderata; non si vendicò gettando insidie ai parenti, ai fratelli, al marito, o col sospenderli da qualche impiego, o coll'impedire una promozione. Per la prima volta non fece nulla di tutto ciò, e stette contento a poter veder spesse volte quella donna eccezionale, a sentirla parlare, a vederla sorridere. Siccome poi gli giunse all'orecchio che qualche voce maledica aveva messa anche colei nel novero delle donne ch'esso aveva corteggiate e gli avevano corrisposto, si sentì completamente appagato nell'orgoglio, e non cercò altro, senza tentare di distruggere quelle dicerie; che anzi fece di tutto, per quanto era in lui, onde accrescere le apparenze che potessero ajutare l'altrui credulità. In quanto a donna Paolina, ella si sentiva così in regola colla propria coscienza, così forte e superiore, che non si dava un pensiero al mondo dei sospetti e delle dicerie; nè altrimenti si comportava il colonnello suo marito. Egli, come Bajardo, era un cavaliere senza paura e senza macchia, malgrado quel tal bacio ricevuto dalla contessa A..., che per certe leggi del galateo mascolino non aveva potuto rifiutare; e ai più caldi tra i suoi amici, che, presente donna Paolina, gli avevano fatto osservare come taluno avesse notato la eccessiva deferenza che il vicerè mostrava per loro, rispondeva che, a voler tener dietro a tutte le fluttuazioni dell'opinion pubblica, non era sperabile di avere tregua mai; ch'egli non aveva altro fine al mondo che di essere contento di se stesso; che tutt'al più, se qualche voce più precisa gli fosse andata all'orecchio, e avesse conosciuto l'uomo che avesse parlato di loro, il suo squadrone avrebbe fatto giustizia. Ma lasciando il sereno ambiente della famiglia Baroggi, passiamo a delinear le scene dell'estrema catastrofe del regno italico.
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