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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO DECIMOSESTO
    • XII
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XII

E così, incominciò il conte Aquila, che cosa ci porta di bello da Parigi?

Le porto un NIHIL, signor conte.

Che cosa significa questo nihil?

La vera posizione dell'Europa, della Francia e dell'Italia in tal momento.

Vale a dire?

La parola nihil è composta di cinque lettere, ciascuna delle quali rappresenta un regnante che se ne va a spasso. Questa nuova interpretazione della parola latina fu fatta a Parigi in questi ultimi giorni. Dieci dì fa, in tutti i caffè di Parigi, una tale parola metteva in esercizio l'acume di tutti gli avventori.

Or che cosa le pare, signor conte, che possa significare N?

Oh! Napoleone.

Benissimo, ella è già in via, e può andare avanti da sè... dunque prosegua: che cosa significa I?

Re che comincino coll'I non ne conosco.

Traduca il nome in latino.

Allora sarà un fratello di Napoleone.

Benissimo.

Joseph.

Joseph, re di Spagna; poi viene un'H.

S'ha ancora a far la traduzione latina?

Mi pare.

Dunque sarà l'altro fratello: Hieronimus, il re d'Olanda.

Ottimamente.. e l'altro I?

L'altro fratello è Luigi... Ludovicus.

Lo tengo per l'ultimo, e avremo provveduto alla lettera L. Or rimane l'I di mezzo.

Non può essere che Murat, Giovachino, Joachim.

Ecco fatta la spiegazione del nihil, l'estremo risultato di tanta potenza, e di tanti re sfumati in nebbia. Queste satire bastano a dimostrare qual è lo spirito pubblico di Parigi. Ma qui ne tengo un'altra, ed è il ritratto dell'imperatore.

Oh vediamo!

Ecco qua.

Come? l'imperatore con quattro gozzi?

Bisogna guardare a quello che 'è scritto su ciascuno di essi.

Veggo un S, un I, un R, un E.

Che vuol dir Sire.

Il sale non abbonda in questa combinazione di lettere.

Adagio, signor conte. Tutte insieme significano Sire, ma ad una ad una hanno altri significati: S vuol dir Spagna, I Inghilterra, R Russia, E Egitto, ossia tutti i regni e imperi che Napoleone s'è provato di ingojare, e gli si fermarono nella gola, trasformandosi in quattro enormi gozzi.

Caro signor Bruni, la ringrazio dei nihil e dei quattro gozzi imperiali. Queste satire sono più fedeli del barometro. I giornali possono dir quello che vogliono; i bullettini dell'armata possono divertirsi ad alterare le cifre del dare e dell'avere come un contabile del demanio; ma la gran voce del pubblico europeo non inganna e non s'inganna quando appende sui canti delle pubbliche vie le sue sentenze capitali in istile bernesco. Anche la mano di Meneghino può scrivere il suo mane thechel phares, e consacrare a morte i contemporanei Baldassari. Oggi, allorchè il domestico venne a riferirmi quel che fu scritto sulla porta della casa del ministro delle finanze, ho pensato che per quell'uomo tutto è finito.

Io giunsi in tempo di leggere il cartellone.

Che cosa vi si diceva precisamente?

Oh, uno scherzo semplicissimo, ma tremendo. V'era scritto: Casa d'affittare: Ricapito al dottor Scappa.

Il pubblico, malgrado di tutte le bugie del Giornale Italiano; malgrado ch'abbia sempre sentito a magnificare le luminose e continue vittorie dell'esercito francese, è riuscito a comprendere, senza tanti studj, che un esercito di 500 mila uomini che dalla Slesia ritorna al Reno e si concentra nelle fortezze della Francia, non va innanzi ma indietro; e nel tempo stesso ha capito che è un modo affatto nuovo di vincere quello del vicerè, il quale a forza di battere il generale Hiller, ha dovuto cedergli il Tirolo, il Mincio e il territorio Veneto. E la viceregina fu fatta partire immediatamente, nonostante il suo stato di salute. Ho sentito dire che il ministro Veneri s'è messo giù colla febbre; che Luosi è diventato graziosissimo co' suoi subalterni. Soltanto il ministro Prina è insensibile a tutto, e ride dei colleghi tremanti; e questa sera ha voluto perfino mostrarsi dal suo palchetto.

Egli si diletta a sfidare l'opinione pubblica. Ultimamente, quando si trovò scritto su tutti i muri: Prina, Prina, il giorno si avvicina; poco tempo dopo inventò la tassa sui capitali ipotecarj. Ora non mi farebbe gran senso, se presto mettesse una tassa sugli affitti, a proposito della sua casa d'affittare.

È una gran testa però, bisogna confessarlo.

Una gran testa! e chi non saprebbe fare altrettanto? non è questione di testa qui, ma di coscienza. Allorchè la forza costringe all'obbedienza i cittadini, non c'è sacrifizio che lor non si possa imporre. Il talento d'un finanziere non consiste in un sistema perpetuo d'espilazioni vessatorie; ma bensì nell'aprire nuove fonti di pubblica ricchezza, giovando allo Stato senza nuocere al cittadino. Ora il ministro Prina fece tutto all'opposto: non ha servito che ai capricci istantanei dell'imperatore, senza pensare alle conseguenze; egli ha fatto come quegli agenti che, per non sentire i rimproveri del padrone giocatore e violento, invece di pensare a migliorare le campagne, mettono mille angherie sui contadini, i quali un bel giorno finiscono poi col dar fuoco al fienile e col mettere la falce al collo dell'agente. Ora se qui sta la testa, io non so che cosa dire. Ma oramai siamo allo stringere del nodo.

Dopo tutto, se c'è un uomo al quale il regno d'Italia dovrà render grazie infinite, è appunto il ministro Prina.

In che modo?

È presto capito. Avendo messo le mani in tasca a tutti, ha disgustato tutti; e così dato un disastro, ha reso impossibile la durata del governo.

Per questo lato merita una statua, è verissimo.

Ma ora mi permetta, signor conte, di fare alcune considerazioni. Quand'io sento parlare d'un governo che cade, domando sempre qual sarà il suo successore. Io vengo da Parigi. A Parigi già si pensa ai Borboni. Posso dire che non v'è altro pensiero colà. Ma c'è una cosa che mi rincresce, ed è che vogliono intrigarsi dei fatti nostri; e pretendono non ci sia altri che l'Austria, la quale possa sanare le nostre piaghe. A Parigi ci sono degli agenti austriaci. Io ne ho conosciuto uno, che, se non mi sono sbagliato, mi pare d'averlo visto là in fondo a un tavolino da giuoco. Sarebbe bene che ciascuno di noi lo avvicinasse. Egli va facendo reclute.

Fatemelo conoscere, che lo tasterò io, disse il conte Aquila.

Or vado ad assicurarmi se è lui; dopo il signor conte potrà fare il resto.

 




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