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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO DECIMOTTAVO
    • VII
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VII

Il Suardi rimase muto; l'ira che lo investì alle parole del marchese fu di quel genere che pel momento toglie al labbro la facoltà di parlare.

Ma, oltre il dispetto che gli venne dall'imperterrita tracotanza del marchese, ciò che lo fece ammutolire fu il ritorno di un pensiero che già gli si era sollevato in mente; che, cioè, l'autorità giudiziaria, come aveva sentenziato essere falso il testamento, poteva per le ragioni medesime sentenziare essere una invenzione perversa anche la relazione e la confessione di suo padre. La pessima fama paterna, l'antecedente giudicato, la riputazione, la nobiltà, l'autorità di casa F... costituivano degli antecedenti e delle circostanze tutte favorevoli al marchese, tutte contrarie al Baroggi.

Allorchè si è convinti che un fatto è vero; che una ingiustizia si compie; che altri stanno commettendo un'azione iniqua, a gravissimo danno di qualcuno, e nel tempo stesso si considera come la legge non sia sufficiente a venire in soccorso di chi ha ragione, come la fortuna abbia saputo congiurare in tutti i modi perchè la verità stessa e la stessa giustizia si presentino sotto una falsa luce, l'animo riman colto da una specie di disperazione che scompiglia lo spirito e fa dare in tali schianti d'ira da farci uscire dalla necessaria moderazione e da spingerci a commetter degli atti che quasi ci costituiscono in colpa.

Infatti il Suardi, dopo aver taciuto per un pezzo:

Or ben mi accorgo, proruppe alzando e guatando con occhi biechi il marchese dal capo alle piante; ben mi accorgo che ella è il degnissimo figlio di suo padre e il più degno nipote di suo nonno, razza d'infami e di ladri, che protetti dalla nobiltà, dalle apparenze, dai milioni, dalle parentele, dagli amici satelliti, dai clienti vili, dalla stessa autorità che si lascia corrompere volontieri; che facendo l'ipocrita, biasciando ostie sugli altari per dare pubblico spettacolo di religione e di santità al popolo credenzone, commettono impunemente ogni sorta di colpe. Ladro fu il vostro nonno, ladro il padre vostro e più ladro di tutti, voi, signor marchese; e ve lo dico a chiare note, e se vi credete offeso, vi sfido. In questa faccenda io non ho interesse di sorta. Anzi è a mio danno se mi son lasciato indurre a mettere nelle mani dei Baroggi quella carta di cui io poteva disporre a mio beneplacito. Ma l'idea di una iniquità rimasta impunita per tanti e tanti anni; ma il pensiero che quella povera donna stata tradita dal vostro infame prozio meritava una vendetta postuma; ma il considerare che il vostro padre scellerato non ha mai saputo dare nemmeno un soldo di carità a chi era stato defraudato di tanti milioni; ma più di tutto, il vedere che anche oggi l'ultimo dei Baroggi, che è un mio amico, è sul pendìo della povertà insieme colla madre, nata di famiglia nobilissima e che s'illustrò gloriosamente insieme col marito sui campi napoleonici; tutte queste cose mi han fatto risolvere a dar corso a questa giustizia, mi han fatto risolvere, perfino a turbar la memoria del padre mio. Or vede, signor marchese, che disprezzo ella mi deve inspirare; ma già dovevo sapere che non era a sperar nulla da un nemico del paese, da uno che ha fatto tornar qui quella maledetta peste dell'Austria, da uno che congiura coi Gesuiti a infestar le coscienze, a guastare la gioventù, a corrompere la generazione. Razza di ladri siete voi tutti; razza di ladri e, in un bisogno, anche di spie.

Il marchese aveva gli occhi fuor delle orbite; spalancò l'uscio, chiamò i servi a gran voce.

Tutta la famiglia, accorse.

Scacciate, gridò il marchese, questo furfante dalla mia casa.

I servi, in quattro o in cinque, si accostarono al Suardi; ma esso non ci vedeva più; e al primo sentirsi tocco dalle loro mani, alzò il nodoso bambù, lasciandolo cadere come un flagello sulle loro schiene passamantate. Nacque un parapiglia e uno strepito che mise a rumore tutta la via.

La folla si fermò sotto le finestre e innanzi al portone.

Molti salirono le scale ed entrarono nell'appartamento. E di lì a non molto un picchetto di poliziotti, di quelli che vennero chiamati in seguito, con poco gloriosa antonomasia i soldàa della sgiaffa, capitanati da due gendarmi, entrarono presso il marchese; e, dopo aver sopportate alquante percosse dall'inferocito Suardi, s'impadronirono di lui e lo trassero a Santa Margherita.

 




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