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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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XXIX Il precetto di Orazio Nec pueros coram populo Medea trucidet, ci comanda di calar il sipario e d'impedire che l'occhio del pubblico penetri ad assistere all'orrenda cena che i compagnoni della Teppa imbandirono alle colpevoli dame che fecero parlar troppo di sè nell'anno 1820, e delle quali non vogliamo che oggidì si sospetti nemmanco il nome. La cena d'Alboino e il cranio di Cunimondo poterono esser narrati e descritti e dipinti; ma la vendetta dei Teppisti non potrebbe trovar grazia presso nessun'arte, nè posto in alcun libro che non venisse inspirato dalla nefaria musa dell'Aretino. Che se noi l'abbiamo accennata di volo e in ombra, fu solo per mostrar come un governo corruttore, lasciando libero il freno al disordine ed alla scostumatezza per avvelenare tutte le fonti della virtù, sia occasione che anche degli uomini non perversi e perfino onesti, tentati dall'invito o dalle circostanze, possano di cosa in cosa e di abuso in abuso pervenire a tali eccessi, che essi medesimi ne debbano poi rimaner pentiti. Il Bichinkommer fu il primo ad accorgersi che si era andato troppo oltre nell'esecuzione di quel disegno, ch'egli avrebbe voluto non aver mai pensato; e fu anche il primo, quando, per molti indizj, potè intravedere che la barbara commedia, in quella notte minacciava di convertirsi in un'atrocissima tragedia, a consigliare di entrare presso le dame e i loro commensali onde impedir conseguenze ancor peggiori. Per fortuna esso fu ascoltato ed obbedito; le dame furon fatte uscire, e i nani inferociti si dovettero placare a bastonate; tanto è vero che troppo spesso una serie di violenze non può essere troncata che da una violenza estrema. Il giorno dopo, tutte le signore, in altrettanti fiacres che furono fatti venire dal Bernacchi, vennero rinviate a Milano, con tutte le precauzioni necessarie perchè non potessero sapere in che luogo erano state. Madama Falchi fu trattenuta per l'ultima alla Simonetta, onde sottoporla alle interrogazioni del Bichinkommer ed alle intimazioni del Granzini e del Bernacchi, e cavarle di bocca come furon fatti sparire i documenti appartenenti all'archivio dello studio Macchi-Agudio. Se non che la Falchi, dotata, come sappiamo, d'una natura assai affine a quella delle tigri, invece di subire l'effetto delle umiliazioni e degli insulti, s'era venuta inferocendo pel dolore stesso delle ferite. Così stette forte e chiusa e imperterrita, e perfino minacciosa, tanto che fu rimandata anch'essa in città senza nessun'utile conclusione. I compagnoni tornarono a Milano; il barone Bontempo, che, ad eccezione del Granzini e del Bernacchi, era il solo conosciuto dalle dame, lasciò a buoni conti il Palazzo della Simonetta, e si recò nel Cantone Ticino ad aggiustare i conti col fattore delle terre che possedeva a Mendrisio, e ad informarsi come era andata la vendemmia in quelle parti là. Ma se il palazzo della Simonetta e il suo eco rimasero silenziosi, un rumor sordo era già corso per tutta Milano. I padri, i mariti, i fratelli, i parenti delle dame malcapitate, sebbene queste avessero volontà di tacere, le costrinsero a parlare, e il poco che palesarono di quel ch'era loro seguito, bastò perchè tutte quelle famiglie strepitassero: e rimostrando questi e tanti altri disordini avvenuti di quei giorni per opera della Compagnia della Teppa, con un ricorso sottoscritto da molte persone, invocarono dalle autorità competenti un provvedimento che mettesse fine a quel flagello pari e peggiore d'ogni altra peste. È poi facile immaginare ciò che fece l'avvocato Falchi, sebbene la reduce avvocatessa, per timore delle rivelazioni del Granzini intorno all'assassinio del ministro Prina, raccomandasse il silenzio e la prudenza. E questa volta, tutta l'astuzia e il talento e il fervore generoso del Bichinkommer non valsero che ad accrescere le disgrazie vecchie ed a crearne delle nuove, come già era accaduto al grande Napoleone, che nelle battaglie di Francia, che sono il capolavoro del suo genio, non trovò che disastri e l'ultima rovina. Il notajo Agudio, migliorando di salute e fatto interrogare dal marchese F... sul fatto delle lettere che aveva scritto al barone Gehausen, mandò a dire e a protestare ch'egli non sapeva nulla, e che quegli scritti presentati in suo nome e colla sua firma non potevano essere che una falsificazione. Le minaccie fatte dal Bichinkommer alla Falchi e riferite da lei al marito, mostrarono che ci doveva essere un piano prestabilito, in cui più d'una persona poteva aver parte a danno del marchese F... e a vantaggio del Baroggi; e per ultima conclusione si venne a sospettare di quest'ultimo, siccome della sola persona interessata in quest'intrigo. Il crotalo Alberico, che strisciava sott'erba e tirava a farsi prestare i centomila franchi dal marchese; e che dopo la scena del Monte Tabor, volentieri, data l'occasione, avrebbe messo l'arsenico nel bicchiere del Baroggi, lavorò con perfidissima e vile astuzia contro di lui, per rovinarlo in tutti i modi.
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