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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO DECIMONONO
    • XXVII
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XXVII

Come già fu detto, la polizia austriaca, così instancabile e vessatrice nel sorprendere e punire le azioni che più o meno le paressero dannose al governo, chiudeva poi un occhio, con iscopo deliberato, su tutti quegli atti che turbavano la pace e la sicurezza cittadina. Non è possibile ammettere che la polizia austriaca non abbia repressa e distrutta in sul primo suo nascere la Compagnia della Teppa per aver trovato degli ostacoli insormontabili. Come vedremo, appena lo volle, potè farlo. Ma a lei premeva di deviare la gioventù dalla serietà della vita; e godeva che si fiaccasse nella corruzione e nel disordine; e però, per tre anni consecutivi, permise che i placidi cittadini fossero esposti ad ogni sorta d'insulti e di soperchierie, le quali, se non toccavano la sfera rigorosamente criminale, offendevano però il pubblico e privato costume, e più d'una volta furon cagione di mali assai gravi.

Nè ai reclami de' cittadini la giustizia provvide mai a soddisfare compiutamente. A ciò s'aggiunga, che le ingiurie e le persecuzioni di cui tante buone persone eran fatte segno, appartenevano a un ordine di cose che insieme colla pietà provocavano anche il ridicolo.

Quindi nella maggior parte un'invincibile ritrosia a mettere in pubblico gli scandali ch'erano avvenuti nelle tenebre; perchè più d'una volta accadde che, portate ai circondarj le querele, i pubblici funzionarj, per quanto fossero onesti e disposti a far giustizia, non seppero sempre comprimere gli scoppî di risa, allorchè gli offensori, quasi tutti giovinotti senza pensieri e senza cure, pieni di salute e di allegria e di comica giovialità, esponevano le loro storie di fatto, a rettifica delle querele avversarie; onde succedeva che, a processo chiuso, chi aveva avuto il danno in segreto, non avea ottenuta altra soddisfazione che di trovare anche le beffe in pubblico. Per questa condizione di cose, i disordini vennero ad aggravarsi ed a moltiplicarsi sempre più. Quasi tutta la gioventù di Milano, quella eziandio che era portata alla vita ragionevole e tranquilla, trovò opportuno di aggregarsi alla Compagnia della Teppa, se non foss'altro, per essere rispettata dai colleghi prepotenti; laonde sempre più vennero a mancare i difensori alle persone oltraggiate. Una tale comodità imbaldanzì ad affrontar imprese d'un ordine più pericoloso e più alto; si pensò a maltrattare anche persone distinte; si concertarono vendette d'ogni genere, contro uomini e donne della classe ricca e patrizia; se non che, per fortuna, la famigerata compagnia, in questo medesimo eccesso, venne a trovare il germe della propria distruzione. E un fatto curioso è da notare, che negli ultimi mesi della sua vita, per insinuazione dei migliori, tra' quali il Bichinkommer, essendosi voluto assegnare qualche scopo utile alle imprese bizzarre e violenti, e quasi tentar di giustificare col fine l'iniquità dei mezzi, questa per avventura fu la causa principalissima che le diede il tracollo, perchè avendo essa preso di mira alcuni uomini tristi e potenti, incontrò in essi quella reazione valida e distruttrice che non trovò mai nel tribolare il prossimo innocente e tranquillo. Tra le ultime imprese bizzarre e comiche, ma nel tempo stesso violenti e turpi, quella che abbiamo incominciato a raccontare fu probabilmente la più efficace ad accelerare il suo termine; e fu precisamente allora che si adoperarono i mezzi più strani ed iniqui coll'intento di fare la giustizia più generosa.

Il rapimento del nano fiorajo della via dei Pennacchiari e la sua deportazione alla Simonetta, suggerì dunque a quei capi strani il ratto dei nani più noti e più velenosi che possedeva Milano. La caccia durò qualche tempo; le imboscate furono molte; i nani celebri, i quali sapevano che si volevano metter le mani su di loro, giocarono per un pezzo di astuzia onde involarsi e trafugarsi; ma i monelli della città tenevan bordone alla compagnia, e al pari dei levrieri e dei bracchi che avvisano il cacciatore della presenza del selvatico, svelavano il nascondiglio dei nani inseguiti, il come e il quando ne uscivano, e, colto il punto, eran tutti addosso, come sul cignale, quando, tentato e ritentato, finalmente sbuca infuriato dal covo. Allorchè i compagnoni ebbero messo insieme una cacciagione di una dozzina di nani, pensarono di non farne altro, e di raccoglierli tutti in un luogo solo per dar loro un lauto banchetto, e poi rinviarli in pace alle loro dimore. Ma il Bichinkommer fu causa che di quella schiera di gnomi si cavasse un partito, e si venisse in seguito a stabilire il modo onde poter dare una pratica applicazione a quella stramberia che non aveva nessun fine in se stessa.

 




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