Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Rovani
Cento anni

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO DECIMONONO
    • XXVIII
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

XXVIII

 

Molte volte ho pensato fra me, disse un giorno il Bichinkommer al barone Bontempo, come si potrebbero punire quelle donne che fanno uso della propria bellezza per tormentare e tener continuamente in sulla corda i giovani inesperti; quelle tra le elegantissime patrizie, che, dopo aver dato un calcio al marito, all'amante italiano, fanno sfacciatamente all'amore coll'ufficialità austriaca; come si potrebbero punire quelle, che, sebbene agiate, permettono che i giovani vadano in malora per soddisfare alla loro ambizione e ai loro capricci, e, rovinati, li abbandonano poi alle risate, alle fischiate del bel mondo. Come si potrebbe, tanto per venire a qualche caso pratico, far piangere a calde lagrime, siano poi d'ira o di pentimento non importa, quella signora C... (e qui nominò una famosissima beltà perfida, della quale noi dobbiamo tacere il cognome) che fu vista a ridere in palchetto il dì dopo che il suo adoratore erasi abbruciato il cervello per lei; e ballar tutta notte al veglione con un ulano, il quale sparlava poi animalescamente di tutte le nostre donne, facendo un sol fascio delle Messaline e delle Lucrezie? E non converrebbe una lezione tremenda a quella contessina che rubò il fidanzato alla figliuola dell'avvocato B... e fu causa che si sciogliesse un matrimonio, quasi pervenuto alla presenza dell'altare, non per altra ragione che perchè quell'innocente ragazza aveva meritate le lodi del suo cavalier servente? La legge non arriva e non può arrivare sin qui, ma nel tempo stesso è duro che certe colpe speciali non debbano aver pene speciali e proporzionate. Queste donne io vorrei che si potessero condannare a un perpetuo disonore, ma a un disonor fisico e materiale, non ideale; ci vuol altro. Io, per esempio, le metterei in compagnia di questi gnomi ributtanti e furibondi, farei chiudere le porte, e buona notte. Non capisco, come nell'Inferno di Dante, che, sebbene ignorante, ho voluto leggere per averne un'idea, non siasi immaginata una pena consimile per tormentare sino alla disperazione l'orgoglio e la crudeltà di tali scelleratissime carogne.

Questa strana idea il Bichinkommer la mise fuori così per passatempo e senza credere che si potesse in nessun modo attuare; ma il barone Bontempo:

È un peccato, soggiunse, che un progetto simile non abbia ad effettuarsi. Però bisogna pensarci, caro mio; come si son trafugate altre donne e ragazze, trafugheremo anche queste; così rideremo noi e vendicheremo gli altri.

La cosa è pericolosa più di quel che sembra. Son tutte signore altolocate, e che hanno aderenze cospicue e potenti.

Tanto meglio; l'auto-da-fè sarà così più segnalato e meritorio.

E qui adesso non istaremo a raccontare minutamente come questo disegno, messo là per bizzarria, fu poi maturato seriamente e messo in esecuzione con tutti i mezzi necessarj perchè riuscisse. Le insidie, gli agguati, i trabocchetti, i rapimenti hanno un modo quasi sempre uguale di processo e di sviluppo, onde, senza annojare il lettore, lasceremo la sua fantasia in piena libertà di far le nostre veci, concludendo solo che quando la Falchi fu tratta alla Simonetta, quelle donne di cui parliamo più sopra, vi erano state trasferite fin dal giorno prima.

Esse erano tutte della classe più alta e più ricca; scelte tutte fra le più orgogliose e beffarde che avevano abusato della beltà, come i più tristi dei dodici Cesari avevano abusato del potere. Non parliamo delle tre nominate dal Bichinkommer, e che furono le prime ad esser rapite e trasportate alla Simonetta. Quelle eran già famigerate in Milano per le colpe che sappiamo, le altre avevan tutta la capacità a delinquere, e se non si erano segnalate per la profondità della perfidia, era estesissimo il terreno sul quale l'aveano esercitata. Una poi era stata amante riamata del barone Bontempo; ma, dopo le più fervide proteste, dopo il più infuocato epistolario, dopo l'assicurazione di un amore duraturo vita natural durante, un bel dì il barone si trovò accolto come un estraneo, licenziato su due piedi, senza nemmeno il beneficio degli otto giorni che suole accordarsi ai servitori; e tutto ciò perchè un principe di Lichtenstein, che vestiva la sfarzosa uniforme d'ussero, sembrò più conveniente alle mire della damina.

Il barone Bontempo, quantunque avesse fermato di non vendicarsi altrimenti di quell'ingiuria, riputando essere la vendetta indegna d'un gentiluomo, non seppe poi resistere alla tentazione di metter colei nel novero delle condannate, quando il Bichinkommer con fantasia ariostesca gl'improvvisò lo strano progetto. E così anch'essa, come una starna ferita, fu messa nel carnaio ed inviata al cuoco perchè l'acconciasse in salmì. Allorchè la Falchi, condotta a mano dal barone, con apparenza di cortesia cavalleresca, comparve sulla soglia della sala, quelle donne avevan l'aspetto di altrettante regine Zenobie trascinate dietro al carro del trionfatore; ed eran cupe ed acide come le Longobarde quando videro le proprie dimore invase dai Franchi. I dodici nani, per un'altra idea bizzarra, erano stati travestiti in abiti teatrali, somministrati dal vestiarista della Scala, e potevan benissimo far la prima figura in qualunque cenacolo di Paolo Veronese.

Eccovi, o nobilissime signore, disse allora il barone, un'altra compagna assai degna di voi. Credo bene ch'ella vi sia nota. Fu per aspettar lei che vi ho fatto attendere quarantott'ore in questa casa. Non credo però che vi possiate lamentare. Ora vi annunzio che domani potrete far ritorno alle vostre case, e intanto vi prego ad accettare una cena. Ho anche pensato a non lasciarvi sole; ma siccome nè io nè questi miei amici non siamo abbastanza degni di voi, così, come vedete, ho fatto ricerca dappertutto per mettervi in mezzo ad una schiera d'uomini rari e sperati come ova di Pasqua. Ciò che determina l'alto prezzo delle cose, più che la bontà e la bellezza, è la rarità. Tutto quello adunque che si è potuto fare per voi, s'è fatto con amore e con coscienza, e mi lusingo che ci sarete grate. Questi signori, che per renderli sempre più degni delle vostre signorie ho fatto vestire in costumi di re, di duchi, di baroni, spero sapranno rendersi amabili al vostro gusto squisito; e tanto più quando si saran diguazzati come anitre nel fumoso liquore spremuto da' miei vigneti, e quando sentiranno gli effetti di un certo ingrediente gentile, che è tratto da quell'insetto che i naturalisti iscrissero nell'elenco dei Coleotteri, ed appartiene alla famiglia degli epispastici. Or vi lascio alle gioje che vi ho preparate, e la fortuna vi sia propizia.

Quando il barone ebbe ciò detto, un servo gallonato spalancò una porta, da cui trapelava un gran chiarore; vi si fermò, e disse ad alta voce: In tavola, signori.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License