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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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V Il Baroggi a queste parole s'interruppe; e, dopo un breve silenzio, continuò: Da quel giorno gli errori si accumularono agli errori. Ma tutti i governi d'Italia ne commisero. A Milano si lasciarono in ingiusta dimenticanza gli uomini che, per la vastità della mente, più eran fatti per governare la cosa pubblica. Il popolo sapiente ebbe colà dei capi incompleti. Quando, nell'aprile da Venezia passai a Milano, la piaga pubblica era già per incancrenirsi là. A Firenze invece un popolo troppo simile alla garrula e volubile Atene, non volle aver fiducia nel fortissimo ingegno di Guerrazzi. Qui in Venezia i ladri si introdussero a manomettere il pubblico danaro, non accorgendosene l'intemerato Manin, dall'ideale della sua onestà fatto incapace a sospettare l'altrui perfidia. In pochi giorni scomparvero diciasette milioni dalla cassa dell'erario: a Parigi vive un ricco che prima era un povero operajo qui, e non si sa dove abbia preso i denari. Io non lo nomino, ma voi già sapete a chi accenno. Io vorrei che i giuristi inventassero una pena speciale, infamante, straziante, per questi ladri del pubblico patrimonio. In quanto a Manin e Tommaseo, certo che furono i primi, i più coraggiosi e più virtuosi cittadini di Venezia; ma la fatalità volle che tra loro ci fosse uno strano squilibrio di pensiero e d'aspirazioni. Manin innamorato di questa sua cara Venezia smarrì nell'intensità dell'affetto municipale l'estensione dell'ambito italiano; ecco perchè respinse in principio la proposta di un governo lombardo-veneto; poi di far centro Venezia di un governo italiano; in ultimo di aderire alla Costituente. Tommaseo invece, portato, dalle contratte abitudini della sua mente e de' suoi studj, a percorrere le indefinite regioni dell'ideale, ed a considerare l'umanità nel suo più vasto significato, non istette contento ai limiti della sua cara Italia; ma delle affezioni sue amò far parte a tutti i popoli della terra. Scrisse note diplomatiche di consiglio e d'amore a tutti, perfino alla Germania. Non vi scuotete, signor Sternitz, io vi conosco, vi amo, e vi ammiro, perchè non mi sembrate un uomo nato in quelle parti là; ma io non amo la Germania, l'incorreggibile Germania, incorreggibile perchè la sede del suo morbo cronico sta nella testa de' suoi pensatori e nella sua filosofia. Quasi dappertutto la scienza va innanzi beneficando; là invece si affatica a' danni dell'umanità.
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