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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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VI Amorevoli, per un movimento troppo spontaneo, balzò indietro tre passi a quel dàgli dàgli, risuonato improvvisamente nel silenzio della notte, e s'inferrajuolò sino al viso per un altro movimento spontaneo; nè egli aveva finito di coprirsi la faccia movendo, senza proposito determinato, in ritirata, che la contessa era già uscita, anzi fuggita dalla biblioteca, per fermarsi affannata sui gradini della scala che metteva alla sua stanza da letto, comprimendosi colla sinistra il cuore che parea volesse scoppiarle. Chiunque attende a far cosa che, se potesse, vorrebbe tener nascosta anche a sè medesimo, trema dello stormire non aspettato d'una foglia; figuriamoci poi d'una voce, anzi di più voci che squarcino l'aria intera in un momento che tutto per consueto dev'essere silenzioso, e che accusino la piena veglia di molte persone che avrebbero l'obbligo di dormire profondamente. - Amorevoli, sgomentato, s'accostava al muro di cinta e già stava per tentare il varco; chè le voci, anzichè cessare, facevansi più vicine, e con esse udivasi un rumore diffuso, come di molte pedate che battessero l'ortaglia. Ma un uomo, a pochi passi da lui, in quel punto stesso, colla velocità non avvertibile di un lepre, coll'elasticità di un saltatore di corda, balzò oltre il muricciuolo; e Amorevoli, trattenuto da quell'improvvisa comparsa, non ebbe tempo di raccapezzar le idee, che si trovò d'improvviso fra molti uomini che gli furono sopra afferrandolo pel mantello e gridando Ah... ci sei... è qui - l'abbiam côlto - non ci scappa più; - e in quella sorvenivano altri con lumi e con lampioni, stringendosi tutti d'intorno a lui, che, rischiarato da quelle fiamme messegli al viso per riconoscerlo, apparve in tutto lo splendore del suo ricchissimo vestito, con gran meraviglia di coloro che gli si serravano a' fianchi, i quali tosto per la magica virtù di quella serica marsina e di quelle trine sfoggiate e delle catenelle e degli anelli, mutarono il ci sei... nel chi siete e nel chi è lei? Ci fu un istante in cui nelle teste di quanti eran là corse un pensier solo, il pensiero che doveva essere un altro l'oggetto delle loro ricerche; e questo pensiero apparve così chiaro all'esterno, che un di loro, il più vecchio di tutti, uscì con asprissima voce a ricacciarlo indietro: - Ma cosa mai vi fa stupire, balordi, che state lì a contemplarlo come se fosse un'eccellenza? Che cosa vi credete?... È appunto questa catena e questa seta e questo bel gilè che ci voleva per conoscere il selvatico... È l'uomo senz'altro costui; vi sono i ladri cenciosi ed i ladri scialosi. Tutto dipende dalla qualità del furto. In questa comparivano lumi a molte finestre del palazzo V... e lo stesso conte ex-colonnello s'affacciò, degnandosi di parlare a quella gente, mentre i domestici erano già chiamati dal rumore. - Che cosa è successo? - Eccellenza, ci perdoni, fu côlto questo signore, vogliamo dire quest'uomo, nella stanza dell'illustrissimo signor marchese F... morto stamattina, come V. S. illustrissima sa bene... - No, che non fu côlto nella stanza..., usciva un altro ad interrompere... - Fuggiva quando noi ci siamo accorti del rumore. - Bisogna dir le cose giuste. - Perdoni, illustrissimo signor conte... ma noi siamo accorsi quando l'uomo fuggiva.... - Ma no, non è così... - Illustrissimo signor conte, dee sapere... Ma al signor conte illustrissimo scappò la pazienza, e disse al cameriere, già disceso in giardino: - Vieni su in camera, e conduci con te uno di questi uomini. Mentre il cameriere obbediva, gridava uno dalla siepe che divideva il giardino di casa V.... dal giardino del marchese defunto: - Qua tutti, presto.... che è venuto il signor tenente del Pretorio. Amorevoli non aveva mai parlato; nella sua testa era un tal cozzo di pensieri, che gli pareva di sognare, e solo volse lo sguardo alla finestra della stanza della contessa, quando vide uscir molti lumi dalle finestre del palazzo; poi ripiegò il capo come sdegnoso di vedere e di esser veduto. Bensì, quando sentì nominare l'ufficiale del Pretorio, provò qualche cosa entro di sè che assomigliava ad un sollievo. Ma fu di breve durata; chè un pensiero crudo come la fitta di un coltello gli attraversò la mente.... il pensiero che l'unica giustificazione che gli rimaneva per togliersi da quel tristo impiccio non era adoperabile per nessun modo. Egli aveva veduto fuggire un uomo; comprendeva che trattavasi d'un qualche delitto, sebbene non sapesse immaginarsi quale; ma nel tempo stesso pensava che si poteva fracassargli le ossa colla corda e il cavalletto, ma non strappargli di bocca il nome della contessa. Vi sono uomini, tutt'altro che esemplari, più donne che uomini se si bada alla mollezza del costume, alle abitudini da cui son tratti da condizioni speciali; ma che, in certe contingenze della vita, si son fatta una legge morale, la quale nemmen sanno dove l'abbiano attinta, ma che per loro è incontrovertibile. Una di queste leggi morali, a cui Amorevoli obbediva con religione di scrupolo, con quella religione onde taluni sono schiavi dei pregiudizj, i quali sono i padroni più despoti dell'uomo, era quella di non compromettere mai la donna colla quale aveva avuto od aveva tresche d'amore. Potea essere debole in tutto; in questo era un eroe; non lo sgomentava per nulla l'idea della colpa; ma lo facea fremere soltanto l'idea che altri potesse mettere in piazza il nome di una donna amoreggiata. Quando dunque gli si affacciò alla mente il pensiero, che a palesare il motivo della sua venuta in quel giardino, tutto si potea sventare, lo respinse come una abbominevole tentazione. - Avete sentito? - fu detto allora ad Amorevoli, - venite con noi; suvvia presto, che cosa state pensando? - Badate ai fatti vostri, e statemi un tantino discosti... so far la strada da me, senza essere sorretto. Spicciamoci. Amorevoli pronunciò queste parole in modo, che a quella gente passò la voglia di dir altro, e si avviarono. Per una callaja che era aperta nella siepe di divisione entrarono nel giardino del marchese F... Sotto l'atrio del palazzo li attendeva il tenente del Pretorio con un barigello, un guardiano e un fante, come allora venivano appellati. Il tenente del Pretorio aveva sentita la storia particolareggiata dell'avvenuto da chi era stato a chiamarlo. Però, quando vide Amorevoli: - È costui? - disse. - Sì, signore. - No - soggiunse Amorevoli imperterrito. L'uomo che cercate l'ho visto io a fuggire e a saltare il muro di cinta. Tant'è vero che questi uomini mi vennero addosso quand'io stavo di piè fermo. Senz'essere avvezzo agli interrogatorj come l'uom del Pretorio, a chicchessia poteva riuscir ovvia la dimanda che gli fece infatti il tenente: - Ma voi che cosa stavate facendo là? - Quest'è un altr'affare, e il signor tenente ha ragione di chieder questo; ma io risponderò in Pretorio, se vossignoria me lo permette. Intanto è bene che vossignoria sappia ch'io sono il tenore Amorevoli, al servizio di S. M. il Re di Spagna, e che oggi ho l'onore di cantare al Regio Ducal teatro di Corte. A' tempi di Tramesani, di Crivelli, di Rubini, in qualunque, trambusto costoro si fossero trovati, bastava che si nominassero per essere tosto riconosciuti; e lo stesso accadde al tenore Amorevoli, che vide spuntare sulla faccia dell'ufficiale un sorriso di rispetto e di bonomia. - Mi rincresce, signore, questo contrattempo, ma... - Comanda il signor tenente - interruppe allora il barigello - che si salga nella camera che fu aperta, o da questo signore o da chi è fuggito, e là, alla presenza di tutta questa gente, si stenda tosto la deposizione del fatto? - Benissimo - rispose l'ufficiale che s'avviò, pregando il tenore Amorevoli a seguirlo. Tutti in silenzio salirono lo scalone, sfilarono per due o tre anticamere, entrarono in un salotto dove era una gran tavola, sulla quale stavan fiaschi e bottiglie, tazze e bicchieri, che attestavano come quella gente, che avea vegliato a custodia della salma patrizia, avesse passato la notte a tracannare il vino della cantina del quondam marchese. Da questo salotto passarono nella camera in cui giaceva sul letto, avvolto in un lenzuolo, il corpo del defunto. Tutti dovettero entrar là, compreso Amorevoli che volea ritirarsi. - No, signore; si compiaccia di rimanere, disse il barigello, più risoluto e fiero e men musicale assai del tenente del Pretorio. - Quello è dunque l'uscio che fu scassinato? - Quello, sì signore - risposero tutti ad una voce; e il tenente e il barigello s'affacciarono all'uscio, e videro tra molta suppellettile, un rolò aperto. - È questa la camera? - Questa. E il tenente del Pretorio cogli altri retrocesse nel salotto, e là, fatte da un lato le bottiglie e le tazze, stese la seguente succinta relazione del fatto, che è quella che noi abbiam trovato allegata agli atti del processo, il quale diede a far tanto, in prima al tribunale criminale, di poi per tanti anni, e iteratamente e a lunghi intervalli, al foro civile. "Oggi, giorno 11 febbrajo dell'anno 1750, alle ore otto italiane, chiamati dagli uomini che vegliavano in casa F.... per custodire il cadavere del marchese A. F., morto la mattina del 10 corrente, abbiamo trovato aperto l'uscio della camera attigua a quella dove giaceva il cadavere, e di cui la chiave dal sullodato marchese F., per quanto asserisce un domestico della casa, qui presente, e per quanto è da verificare, venne consegnata un'ora prima della sua morte al molto reverendo preposto di S. Nazaro. - Al qual preposto, per asserzione dello stesso domestico, e sempre come sarà a verificare, il marchese F... disse aver messe carte importanti nel rolò della sua camera da studio, il qual rolò fu parimenti da noi trovato aperto. - Raccolte in seguito le deposizioni concordi delle otto persone qui presenti, tre domestici della casa, e cinque uomini di fuori, riferiamo come costoro, colpiti da un rumore in un momento che cessavano di parlare, e spaventati perchè veniva dalla stanza del morto, accorsero cionulladimeno, e videro in quella un uomo che usciva per l'uscio che stava a dritta del capezzale del letto. - Riferiamo inoltre come tutti si rimanessero prima spaventati, temendo non fosse il morto risorto, ma che poi fattisi animo, inseguirono l'uomo che era uscito, il quale pareva assai pratico della casa; perchè passando per gl'interni corridoj, giunse a un mezzanino, e di là saltò nel giardino... Che due lo inseguirono saltando pure di là.... ma che, smarritolo al salto della siepe... trovarono poi nel giardino di casa V... e presso il muro di cinta, una persona col mantello, che ora, alla nostra presenza, dice di essere il signor Angelo Amorevoli, cantante di camera di S. M. il Re di Spagna, e primo tenore nell'attuale stagione al Regio Ducale teatro di Corte; il quale però protesta di non essere lui altrimenti l'uomo fuggito, ed aggiunge di aver visto invece egli stesso a fuggire uno. "F. Baldini, tenente del Pretorio. - F. Rò, barigello. - G. Cialdella, guardiano". Stesa questa relazione, il tenente si alzò e disse agli uomini di casa F...: - Voi tutti domani sarete chiamati al Pretorio, e nessuno esca dalla città sotto pena d'arresto. In quanto a voi, signor Amorevoli, quando pure sia vero quanto asserite, bisogna che veniate a passare una notte al Pretorio... Domani... si farà quel che si farà... Amorevoli non disse una parola. Quando tutti furono al portone del palazzo, trovarono una frotta di gente che, sebbene ad ora tarda, dalle osterie vicine, era accorsa al rumore e alla vista delle guardie. - Tra quella frotta c'era Zampino, il servo del palco scenico, che riconobbe Amorevoli, ed ebbe il coraggio di gridare: - Che cos'è? che cos'è stato? che diavolo è successo? Ma signor Amorevoli.... Ma loro signori non sanno che è il primo tenore del teatro Ducale? È uno sbaglio, non può essere che uno sbaglio. - Taci, Zampino, e va' a casa - gli disse Amorevoli. Ma il tenente gli si rivolse, e sentito chi era desso: - Giacchè sei qui, soggiunse, la tua presenza può essere opportuna... e vieni con noi anche tu. - Dove? - Al Pretorio. - In prigione? - Sta' queto, Zampino. - Ma che diamine ha fatto, signor Amorevoli, in quel poco tempo ch'io stava mangiando il mio boccone all'osteria!... e quasi piangendo lo seguì. Ed in breve furon tutti al palazzo del Pretorio.
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