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Giuseppe Rovani Cento anni IntraText CT - Lettura del testo |
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X Per quanto durante la notte, nell'imperversare di un affanno, riesca impossibile di chiuder gli occhi al sonno, v'è pure un momento, vicinissimo all'alba, in cui è convenuto che si debba dormire; ma quel momento pare che, da un genio squisitamente acuto nell'inventar mezzi a tormentare l'umanità infelice, sia stato introdotto apposta fra il confine della notte e del giorno, perchè appunto, al risvegliarsi dopo un fuggitivo, più che riposo, assopimento, sia ancor più cruda la fitta del dolore. Felici coloro che non ebbero mai nella vita uno di questi quarti d'ora micidiali! Ma se la contessa Clelia, in cinque lunghi lustri, non ne aveva provato neppure uno, ne sentì per la prima volta l'amarezza in quel mattino, in cui il sole di febbraio entrato, come una punta che scatti, da un angolo della finestra, attraversò la stanza da letto, e a guisa di una lancia luminosa, venne acremente a ferirla negli occhi. Ella si svegliò in soprassalto, si alzò sul guanciale, girò gli occhi intorno, e, stata un istante in pensiero, mandò un sospiro amaro; uscì dalle coltri pesanti, e si vestì senz'ajuto di cameriera, che chiamò poi, dando una lieve e lenta strappata al campanello; e mettea la lentezza in tutto quello che faceva, perch'era irresoluta, e voleva e disvoleva, e pensava e ripensava più cose ad una volta. La cameriera entrò in silenzio, in silenzio l'acconciò, chè il tumulto e l'amarezza dell'animo erano sì evidenti nel volto della contessa, che nessuno avrebbe osato parlarle se non per rispondere alle interrogazioni; e in silenzio sarebbe partita, se, quando fu per uscire, la contessa non l'avesse chiamata per nome: - Lucia? - Cosa mi comanda? La contessa stette sopra di sè pensando ancora, poi soggiunse: - Chiamami Giovanni, il figlio del carrozziere. Dopo pochi momenti, entrò Giovanni - un servitore in livrea. - Sai tu dov'è casa Borromea?. - Lo so. - Lì presso c'è una casa vecchia. - Lo so. - In quella casa abita una signora, che si chiama donna Paola Pietra. - La conosco benissimo. - Bene. Va' là da quell'egregia signora. Bada di domandar prima s'ella è alzata, e se riceve a quest'ora, e ad ogni modo aspetta finchè sia possibile di parlarle. - Sì, signora. - Quando ti riescirà, le dirai che sei una livrea di casa V..., e che ti manda la contessa Clelia, la quale brama di sapere in qual ora di tutto suo comodo può recarsi da lei, per parlarle di una cosa urgentissima. Ma falle capire però che quest'ora dev'essere prima di mezzodì in ogni modo. - Aspetta... Se mai quella pia e umil donna ti dicesse di voler venir essa da me, le farai comprendere essere assolutamente necessario che vada io medesima in casa sua. Va', e fa' presto. Il servitore partì; la contessa si gettò a sedere, e richiamò la cameriera... e, ordinate alquante cose, la rimandò subito. Donna Clelia era più sconcertata che mai, e non potea star seduta, e l'irresoluzione le rientrò nell'animo, e persino il pentimento d'aver inviato il servitore da donna Paola; chè le pareva un atto imprudente e pazzo, e tanto più in quanto non aveva parlato che due sole volte a quella donna. Ma, d'uno in altro pensiero, si fermava a quello della Gaudenzi, e andava almanaccando i gradi di probabilità che ci poteano essere negli amori di colei con Amorevoli... e si indispettiva pensando che la Gaudenzi non fosse una sua pari; chè allora, almeno, avrebbe potuto avere un pretesto qualunque per recarsi a visitarla, e trovarsi con lei, e tentare e frugare e interrogare e scoprire il vero... Ma nel mentre stava dibattendosi in tanto contrasto di idee, tornò il domestico a dirle: che donna Paola Pietra era in casa, e che appunto la stava attendendo allora. La contessa Clelia a quella risposta che pur doveasi aspettare, si sentì dare un nuovo tuffo nel sangue e, quasi senza voce, tanto era oppressa: - Dirai al carrozziere, soggiunse, che attacchi tosto i cavalli; e tu sali a prendermi senza perder tempo. - Indi chiamata la cameriera, che comparve tosto: - Fa' venir qui, le disse, il cameriere del conte. Questo si mostrò subitamente. - Direte al signor conte, che questa mattina, per un atto urgentissimo di carità, debbo portarmi da quella donna Paola Pietra ch'egli conosce; e che prima di mezzodì sarò di ritorno. - Il cameriere accennò col capo che farebbe, e partì. La contessa, cominciando dal conte che la stimava forse assai più di quello che l'amasse, e giù giù fino all'ultimo gradino della gerarchia di quella casa signorile, aveva impresso in tutti una così alta idea della sua superiorità mentale, e d'un certo carattere fuori d'ogni ordine donnesco, e, per conseguenza, d'una virtù inaccessibile ad ogni sorta di pericoli, e quasi eslege da tutti i vincoli del galateo femminile, che andava, stava, dava ordini senza dipendere nè in poco nè in tanto da quell'autorità superiore, che in tutte le case e in tutti i tempi e presso tutte le nazioni, ad onta di qualunque rilassatezza indulgente del costume, è sempre il padrone marito. Il domestico salì a prenderla, ed ella uscì, e messasi in carrozza, in dieci minuti, con nuovissimo suo affanno, i cavalli si fermarono innanzi alla porta della casa dov'era l'abitazione di donna Paola Pietra. Preceduta dal servo che l'annunciò, ella pose il piede in una anticamera a pian terreno, nella quale, uscendo da un salotto vicino, le mosse incontro donna Paola. All'occhio esperto e penetrante di quella grave matrona, bastò uno sguardo, un solo sguardo, per comprendere che la contessa Clelia veniva da lei per qualche proprio cordoglio e non per cose d'altri: onde di punto in bianco cangiò il solito formulario gratulatorio e complimentoso del saluto, che qualche volta può amareggiare altrui colla crudezza del contrasto; lo cangiò nel sorriderle soavemente, e nello stendere la mano per stringer quella della contessa, che lasciò fare senza dir verbo. - Donna Paola intese che in quel momento un tale atto confidenziale, il quale forse in altr'occasione non sarebbe stato dicevole alla poca intimità in cui ella trovavasi colla contessa, era il solo che potesse riuscire conveniente. Egli è a questi atti sfuggevoli e che passano inavvertiti all'ottuso vulgo, che si riconosce di volo un'indole e un carattere privilegiato. Egli sta in codesti minimi atti il sintomo di quella squisita delicatezza, senza di cui non vi può essere interezza d'ingegno. Entrarono silenziose ambidue in una sala, e silenziose si posero a sedere. Per qualche tempo stettero così taciturne, perchè donna Paola, com'era naturale, aspettava che parlasse la contessa; ma visto che la titubanza le facea nodo alla lingua: - Per qual causa, ruppe essa prima il silenzio, la signora contessa ha voluto aver la degnazione di venire da me? Donna Clelia si scosse, e dopo un istante ancora di titubanza: - Per un fatto grave, rispose, e nel quale ella sola mi può aiutare... Vi fu ancora qualche minuto di profondo silenzio. La contessa non sapea risolversi a manifestare il proprio fallo; trattavasi di offuscare con una parola sola, e al cospetto di una donna insigne di virtù, quell'aureola d'onoratezza distinta e quasi eccezionale, di cui ella sapeva pure d'aver, sino a quel punto, fruito nel mondo, sebbene il cicisbeismo avesse trasmutato in peccato veniale e quasi gentile l'infedeltà coniugale; essa lo sapea, e ciò l'aveva ad usura compensata spesso di quell'aridezza invidiosa onde soleva essere trattata dalle sue pari. E dopo tutto questo ell'era venuta là a distruggere con una parola il solo vanto della sua vita; il solo, dopo quello della scienza, di cui, in quell'istante, non faceva più nessun conto; era venuta là per compire, quasi diremmo, un suicidio morale, comandato sì dal dovere, ma pur sempre un suicidio violento; onde se titubava e fremeva e avrebbe voluto lasciar quel luogo, senza farne altro, convien ben compatirla, poichè è durissima cosa il distaccarsi da quanto di più prezioso si possiede, e di cui il mondo tiene pur sempre conto. Alla fine alzando gli occhi, che avea sempre tenuti abbassati, in faccia a donna Paola, e leggendo in essa come un'espressione non definibile d'indulgenza soave e nel tempo stesso di acuta penetrazione, onde le parve di capire che quella donna venerabile avea in qualche parte compreso di che si trattava: parlò e raccontò tutto quello che noi sappiamo, e conchiuse, stringendo con forza convulsiva le mani a donna Paola, ed esclamando: - Or che si fa? Donna Paola, fattasi forte, per non amareggiar troppo la contessa, onde nascondere il profondo stupore dell'animo a quel racconto, stette anch'ella un momento silenziosa, poi soggiunse con un accento blando, e come se volesse far scorrere un balsamo refrigerante sull'arida piaga di quella che stava innanzi a lei come una colpevole: - Quel che si dee fare, voi già lo sapete, povera e cara donna mia; lo sapete e lo avete pensato. - Io? - Voi, mia cara. Vi sono tali partiti da prendere, in alcune gravissime condizioni della vita, partiti voluti dalla ragione, dal dovere, dalla giustizia, dalla generosità, che, anche nella più tempestosa irresoluzione dell'animo, è impossibile non balenino di colpo alla mente come la luce dell'evidente verità. Però anche a voi dev'essere già venuto in cuore ciò che dovete fare. Le paure, i falsi rispetti, i pregiudizj vi avranno, dopo, fatto rigettare il primo partito, ed anzi ve lo avran fatto parer detestabile. Io conosco queste cose purtroppo, cara mia, perchè le ho provate. Ma sempre si mette in salvo chi sa scansar le vie tortuose, e piglia la strada retta, e cerca il giusto. Ditemi ora la verità, mia cara, non avete già pensato a un tale partito? - Ah sì, voi dite il vero; ma nelle conseguenze io vedo un abisso che mi spaventa. - Lo comprendo... ma ciò che è necessario dev'esser fatto. - E tacque con un'espressione quasi d'autorità severa. - Il silenzio generoso di colui, continuò poi, il quale, per un'inezia (un'inezia, intendiamoci bene, in faccia all'infame delitto ond'è imputato), può condurlo, voi già lo sapete, fino alla tortura, perchè così comanda la legge, la quale vuol far scoppiar violentemente la verità dai corpi umani, come quando si preme la vena per farne uscir sangue... quel silenzio comanda che illuminiate la giustizia. Se voi dunque, confessando imperterrita e senza rispetti umani il vostro fallo, siete la sola che potete salvar colui, dovete farlo e tosto. Salvarlo e dimenticarlo, e non voler rivederlo, e non attendere di esserne ringraziata, e non riposarvi troppo nella compiacenza d'averlo salvato perchè guai! Vostro marito è sempre il vostro marito. Questa parola fece dare un guizzo come di paura a tutte le fibre convulse della contessa... che alzò gli occhi al cielo, quasi esclamasse: - Sono perduta! - Voi tremate, cara la mia donna, tremate come una foglia. Ma abbiate coraggio, non è detto poi... Infine non fu che un colloquio... Ben è vero che l'amor proprio e l'idea dell'onore talvolta è più forte e più violenta, e più inesorabile dello stesso amore tradito. Ma l'atto vostro generoso diminuirà la vostra colpa in faccia al mondo, e il mondo può essere mediatore d'indulgenza con vostro marito. Una riparazione fatta con coraggio generoso, quasi quasi concilia la colpa medesima col senso morale, e se vostro marito non perdonasse, il mondo condannerebbe lui. E voi nella stessa solitudine del ripudio, sarete ancor rispettata nella vostra nuova virtù; alla quale però è imposto, perchè possiate per sempre e davvero essere rispettata, di essere incrollabile per tutta la vita. La contessa taceva e perchè non trovava nulla che le facesse parer men saggio il consiglio di donna Paola e perchè, d'altra parte, non sapeva ancora indursi a prometterle di adempire quella risoluzione, necessaria in faccia al dovere, ma pericolosissima nel tempo stesso. - Quando poi considero, continuava donna Paola, il vostro ingegno e il vostro sapere straordinario, per cui siete un'eccezione tra le donne; tanto più mi accorgo che, nella solitudine della vostra nuova virtù, assai compensi potrete trovare alla vita. - Questo straordinario sapere, rispose la contessa, che il mondo m'invidia, è troppo poca cosa, donna Paola, per poter riempire il vuoto e il tormento della mia vita avvenire, credetelo a me. Io so d'esser tenuta orgogliosissima; ma, invece, non v'è nessuno che possa fare di me stima più severa di quella che faccio io stessa. Una donna non deve penetrare nel campo delle gravi discipline, dove improvvidamente io fui spinta, se non a patto di possedere un ingegno sterminato, un ingegno che possa essere un'eccezione anche tra i virili intelletti. Io ho imparato quello che mi fu fatto insegnare, prima per obbedienza, poi per puntiglio e per costanza di volontà; ma ora la mia indole di donna mi fa cadere spossata sotto il peso della mia inutile dottrina; perchè qui dentro ci sono passioni, donna Paola, che, se fossero svampate nella prima adolescenza, mi avrebbero lasciata ancor libera di me; ma invece, trattenute indietro, inconsapevole io stessa, dall'ordine dei miei studj e della mia educazione, ebbero campo di farsi più forti nel lungo riposo; ed ora che trovarono un'uscita, scoppiarono con tanta violenza, che il mio cuore non può fermarle, non può sopportarle più; onde ormai tremo e temo di me stessa. E fece una lunga pausa. - Guardate invece, seguì poi, quell'ammirabil donna di Gaetana Agnese. Ella poteva e doveva affrontar la scienza. La natura le concentrò tutta la forza nella testa, e lasciò nel cuore una calma inalterabile, che la fece inaccessibile ad ogni affetto umano. È a queste sole condizioni che una donna può uscire dalla sua natura, e può e deve entrare nel campo altrui per raccogliervi compenso e conforto e pace. - L'Agnese non è già una semplice eccezione tra le donne, bensì è un grand'uomo tra gli uomini, laddove io non sono che la più infelice del mio sesso. Perchè, vedete, questa istessa mia grande riputazione di dotta, di austera e di superba, chè tale io sono riputata pur troppo, e sì a torto, renderà ancor più vergognosa e più detestabile la mia caduta in faccia al mondo. Donna Paola rimase come percossa a quest'ultima considerazione della contessa, e non rispose, tanto le sembrò amaramente vera; ma tosto, assumendo modi più risoluti e quasi crudi, come se volesse far forza alla propria pietà che l'ammolliva: - Quando un partito, disse, è comandato dalla necessità e dal dovere, non giova guardar oltre; tutte le conseguenze possibili non entrano nel conto. Se, fatto il dover vostro, all'uscio vi attendesse la morte, converrebbe morire; dico così per dire, cara la mia donna, soggiunse poi subito, pentita d'aver detto troppo; perchè, del resto, io sono convinta che l'applauso generale accompagnerà il vostro atto generoso. La contessa Clelia stette alquanto silenziosa a quelle parole, poi stringendo nelle proprie la mano di donna Paola con affannosa gratitudine, si alzò, e disse: - Quand'è così, il vostro consiglio sarà adempiuto. Oggi stesso mi recherò in Pretorio... e tutto sarà finito. A queste parole donna Paola, abbracciando la contessa: - Permettete, le disse, che io vi faccia una preghiera. - Una preghiera? - Se mai, fuori di qui, foste per cangiar d'avviso, e la desolazione vi consigliasse qualche altro passo... per carità, venite prima da me, ve ne supplico. - Ci verrò, ma per dirvi come sia stato seguito il vostro consiglio. Nè vi furono altre parole, e la contessa partì riabbracciata da donna Paola Pietra. e risalì in carrozza.
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