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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO SECONDO
    • XII
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XII

A queste parole donna Clelia si alzò, fece alcuni passi, e si recò in sull'uscio, con aria sbadata in apparenza, ma per vedere se qualche servitore fosse lì presso; poi ritornò all'obliqua scherma di quel dialogo, disposta a parlar chiaro e a non lasciarsi intimorire.

- Sentiamo dunque, ella disse, qual'è la cosa che pretendete usufruttare per voi.

- Una cosa semplicissima, signora contessa, ed è questa, che, dal momento che in Venezia ella è la sola che sappia quel che io sono stato una volta, voglia così aver la compiacenza di non guastare con delle importune rivelazioni la mia condizione d'adesso. La qual cosa spero che la signora contessa non mi vorrà negare, anche per riguardo a ciò, che, se io, per esempio, andassi a Milano, e qualcuno mi chiedesse dove sta al presente donna Clelia V... io non avrei certamente l'obbligo di tacere; e allora, a che scopo mettersi in carrozza; e correre a rompicollo per togliere la lena a chi poteva venir dietro, se il signor conte non dovesse far altro che attaccare i cavalli di posta, noleggiar la gondola di Mestre, e venire a Venezia, a ripigliarsi la sua moglie?

- Parliamo di voi, disse allora con piglio assoluto la contessa; di voi e de' vostri bisogni, e lasciamo agli altri la cura dell'altre cose. - Il Galantino fu punto dall'accento altero più che dalle parole di lei; onde si alzò anch'esso, e volendo come insegnarle ad essere un po' più umile, assunse un fare triviale e sguajato.

- Ma sapete però ch'è bella, signora contessa?... di tante donne e gentil donne, di tanti guarnelli e guardinfanti che stanno a Milano, chi avrebbe detto che la più fredda doveva essere la più calda, e che le balzane meglio impiombate dovevano poi essere le più leggiere? Però, bisogna confessarlo, la signora contessa è stata di buon gusto, e vivano gli artisti da teatro; anch'io, per esempio, se trovassi una donnetta di quelle che s'imbellettano in camerino, potrei mettere da un canto la contessina bionda, e appagare così i rigori della sua protettrice.

- Senti, Galantino, vuoi tu ch'io suoni il campanello, e dica al servitore di condurti alla gondola? Bada che in questa casa capitano patrizj del Gran Consiglio, procuratori e avogadori, e se io dicessi loro chi sei tu e chi eri tu e cosa tu hai fatto, e come tu vesta da gentiluomo essendo stato un lacchè, per tentar le figliuole dei nobiluomini veneziani, presto ti metterebbero al bujo; a Venezia si fa presto, e sarebbe per loro un tratto d'indulgenza a scrivere al Senato di Milano; e siccome chi si traveste e si vende per quello che non è mette di grandi sospetti, non so quel che il Senato di Milano farebbe di te quando il Senato di Venezia pensasse a consegnarti al Pretorio del confine del ducato, perchè t'inviasse dritto al Capitano di Giustizia! Sappi, che il tuo nome passò per più bocche la notte che i servitori di casa F... vider l'ombra d'un uomo a fuggire dalla stanza del marchese...

Queste ultime parole furono di tanta forza, che il volto del Galantino corrugato allo scherno, si spianò a un tratto, come se gli si rilasciassero tutti i muscoli; e il colore incarnato e vivace, per la prima volta forse, fuggì da quella faccia tanto bella quanto sfrontata.

Ora convien sapere, che tra i molti sospetti venuti alla contessa sul conto del Galantino, quando lo vide per la prima volta a Venezia in quello sfarzo, fece presa nell'animo suo anche questo, che la ricchezza di lui fosse la conseguenza di quel delitto, e ciò per la ragione, che la mattina del giorno successivo all'arresto dell'Amorevoli, quando a tutti quanti in casa V... pareva inverosimile e assurdo che il tenore potesse aver avuto interesse a quel trafugamento, un servitore tra gli altri, entrò a dire: Scommetterei che è stato il Galantino. Quel sospetto gettato là da un servitore parve una gran sciocchezza, perchè fu subito fatto osservare che il Galantino non avrebbe mai fatto lo sbaglio di aprire uno scrigno dove non v'era che della carta scritta, essendo noto il suo attaccamento sviscerato all'oro e all'argento sonante... e una risata generale mandò per allora quel sospetto agli atti di casa V..., donde non era mai uscito o, almeno, non ne era uscito in modo da poter viaggiare sino al Pretorio. - Ora, che la contessa, in quelle strette di cuore e in quella febbre d'amore, avesse dovuto occuparsi di quell'indizio criminale, il lettore sarà abbastanza ragionevole per non pretenderlo. - Ma quelle parole del servitore, - Scommetterei che è stato il Galantino - parole che erano scomparse affatto dalla memoria della contessa, le si riprodussero tali e quali, alla vista di lui in Venezia, come quando torna a dar fuori una macchia untuosa non ben lavata dalla saponaria. Non gliene avrebbe però mai fatto motto in quel dialogo, se il Galantino non l'avesse stuzzicata con quella baldanza (e qui fece un errore indegno di lui), baldanza che una dama di condizione non poteva sopportare. Dopo tutto, convien confessare che la contessa si comportò con più fermezza e colpo d'occhio di quello che si sarebbe potuto aspettare; onde ci pare non sia sempre vero che lo studio della scienza dei corpi celesti tolga agli intelletti la facoltà di saper distrigarsi bene anche delle cose terrestri.

Intanto però il Suardi aveva avuto tempo di ricomporsi, e insieme col colore che gli era tornato sulle guancie, gli ritornò anche in petto la fidanza; per la quale riprese di nuovo il fare squisito del gentiluomo che aveva dimenticato per un momento con tanto suo danno.

Pur troppo un piè messo in fallo può balzare dall'amenità di un luogo montano in un precipizio.

- Signora contessa, disse poi, ella mi fa torto, o, per dir meglio, ella fa torto a sè stessa, dando luogo a sospetti di simile natura. Che ho a far io col defunto marchese F...? che interessi mi legano a lui? poichè, se non mi fu riferito il falso, credo che si tratti di un testamento...; ella dunque vede bene, signora contessa, che egli è vero ch'io fui il suo lacchè, e che, se quel signore ebbe qualche vanto al mondo, fu per aver avuto il primo lacchè di Lombardia a' suoi servizj, ma ciò non fa ch'io sia un suo parente.

Donna Clelia taceva, ma nella sua testa era penetrata la convinzione che quel che aveva sospettato era vero.

Nella bilancia della giustizia legale, il rossore, il pallore e lo smarrimento sono imponderabili morali; ma nella bilancia dell'uomo valgono più della stessa colpa confessata.

Bene, qualche volta dà il caso che, nelle nature eccessivamente sensitive, il rossore ed il pallore compajono per quelle arcane movenze dello spirito, che si conturba pur al semplice annunzio delle colpe altrui, ma ciò non poteva succedere in quella natura di cuoio del lacchè Galantino: il quale, se potè sgomentarsi alle parole della contessa, fu perchè era tutt'altro che preparato a sentirle, e la sorpresa lo rovinò; chè, sotto il lavoro immediato della sorpresa, l'uomo di solito smarrisce il suo carattere abituale.

Ma alle parole del Galantino così rispose la contessa:

- Io ti dico quel che si pensa di te a Milano, non già quello che ho pensato io, nè che penso adesso. Io non sono la giustizia, e basta che io pensi e provveda a me. Ti dico soltanto che può bastare un sospetto a perdere un uomo, e che perciò ti giova arar dritto e prudente, e non immischiarti colle famiglie patrizie di Venezia e non toccar le loro figlie, perchè l'orgoglio dei Veneziani è tale, che guai se scoprissero quello che tu sei... chè d'uno in altro fatto... si potrebbe... tu mi comprendi...

- Obbligarmi a non far la corte a nessuna delle belle patrizie veneziane, rispose il Galantino, è un pretender troppo, signora contessa, nè io so se in questo, quando mai si presentasse una bell'occasione, potrò accontentarla. Pur d'una cosa trovo che è mio dovere l'esaudire i suoi desiderj; perchè, se la signora contessa conosce la famiglia Zen e ne ha preso a proteggere la bella figliuola, io mi asterrò da questa pratica, sicuro per altro di far un gran dispiacere alla ragazza, del qual dispiacere voglia ella, signora contessa, pigliarsi tutta la responsabilità.

Donna Clelia non rispose, e il Galantino si licenziò, grazioso, sorridente e gajo, in apparenza, come un damerino a cui la dama adorata gli avesse detto di sperare.

Quando la contessa rimase sola, chiamò il servitore cui raccomandò di non lasciar mai più entrare quel signore, poi si mise a fare tra sè e sè una consulta su ciò che gli restava ad operare in quella circostanza.

Pensò a quello strano e quasi inverosimile concordo di accidenti, pel quale, in un modo lontanissimo da tutte le previsioni imaginabili, venne a scoprire, o credeva almeno, l'uomo che era fuggito in quella notte fatale dalla casa F... e da cui era nato tutto il parapiglia. - Per quanto però ella ne tenesse la convinzione, e a sè stessa avesse potuto giurare che il Galantino e non altri era l'autore del trafugamento; pure rifletteva che la convinzione morale è una cosa troppo lontana dalla certezza fisica, per poter così di leggieri mettere nelle mani della legge inesorabile un giovane che, per quanto fosse tristo e avesse tutta la capacità a quel delitto, pure non si poteva assolutamente escludere dalla possibilità la sua innocenza in quel caso speciale. Considerava poi che non era facile a trovare la cagione verosimile del trafugamento consumato da quell'ex lacchè di casa F...; perchè e documenti scritti e testamenti non avevano nelle sue mani nessun valore utile per lui. Ella sentiva inoltre un'avversione invincibile a farsi denunziatrice di un fatto a danno altrui, anche data la piena certezza della colpa, anche data la certezza che, a tacerla, si potesse recar mali gravissimi ad altri. Son le solite lotte dell'intelletto e della logica col dominio del sentimento o di quei sentimenti che, generati da controversi principj e da pregiudizj, si piantano nel cuore dell'uomo a trattenere i consigli della ragione e della coscienza. Siccome poi la comparsa in giudizio del lacchè Galantino, come reo imputato del trafugamento, poteva aprir la porta alla prigione del tenore Amorevoli, così l'eccesso di questo desiderio era d'impaccio a donna Clelia, la quale avrebbe voluto che il vero balzasse netto e schietto sul banco del giudice, senza che ella vi dovesse aver parte. In ogni modo, dopo aver messo a contatto e in disputa nel suo cervello tutti i pro e tutti i contro, pensò di scriverne alla sua consolatrice e consigliera donna Paola Pietra, sotto condizione del più profondo segreto.

 

 




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