Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Rovani
Cento anni

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO TERZO
    • IV
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

IV

Là chiuso, si diede a passeggiare tutto pieno e invasato del suo argomento, lodandosi seco stesso dell'aver fatto visita alla ballerina Gaudenzi, perché dall'osservazione attenta di quella beltà, di quella virtù, di quella schiettezza, di quel dolore, e dai particolari che in sì caldo accento erano usciti dalla bocca stessa di lei, e costituivano il più completo e appariscente ritratto di Lorenzo Bruni, s'accorgeva che gli eran venute nuove idee e nuovi fervori; però gli pareva di poter alla fine scrivere una difesa tale da conquidere trionfalmente l'animo dei giudici, pur senza omettere nessuna verità nuova e coraggiosa. L'animo e l'ingegno del Verri era di quella tempra saldissima, che dal momento che una cosa vera o creduta vera gli facea forza, non gli era più possibile, per nessun conto, nè dissimularla nè tacerla, non che falsarla. Poteva adattarsi alla più sommessa obbedienza in casa, a non star fuori oltre i tocchi della campana della piazza de' Mercanti, a non andare in teatro solo, a non frequentare certe conversazioni; ma non poteva piegarsi a far proprie le idee e le convinzioni di suo padre, dal momento ch'egli ne aveva di assolutamente contrarie.

Si mise dunque a tavolino, e con velocità animata dalla concitazione empì tre o quattro fogli di carta. Noi abbiam veduto un ritratto giovanile di Pietro Verri, che press'a poco potrebbe dar l'idea della sua faccia quand'egli era preoccupato di qualche forte pensiero: occhio vivace, arguto e tanto quanto espanso, che sembra inseguire un'idea balenata d'improvviso; guancia calma e fiorente, naso breve e bocca soavissima, la quale quasi sempre si osserva in coloro che hanno squisitezza e di mente e di cuore.

Quand'ebbe finita quella non breve scrittura, se la lesse tutta ad alta voce, e si stropicciò le mani come pago d'aver detto tutto quello che voleva dire; se la rilesse poscia... e cominciò e pentirsi di alcune espressioni troppo ardite, e di quelle segnatamente dove metteva quasi in istato di accusa l'autorità giudiziale. Volle rimediarvi, e cancellò tutto quel brano; ma poi s'accorse che ad ometterlo si distruggeva tutto l'edificio, e si taceva la sola verità insolita e coraggiosa che poteva dare alcun merito a quella difesa; onde rifece il periodo, ammorbidendo soltanto le frasi, decorandole di vocativi pieni di sommessione, e conservando intatto il concetto. Infine pensò che il miglior partito era di far la versione di quella difesa in lingua latina; e ciò per due ragioni: la prima, che l'idioma del Lazio, costringendo l'intelletto degli ascoltatori a fare un breve lavoro, prima di averlo tutto quanto tradotto in parole schiette e lampanti, la verità si ammorbidiva nel trapasso dal latino all'italiano, e le toglieva di far l'effetto di un sasso scagliato altrui senza pietà; la seconda ragione consisteva in ciò, che suo padre era innamorato della lingua latina, e le poche volte che lo aveva veduto sorridere con insolita compiacenza fu sempre nelle occasioni che egli stesso aveagli dato a leggere qualche proprio scritto latino. Così dunque pensò, e così fece. Ma ci voleva ben altro. Lavorò buona parte della notte e il giorno successivo a far la traduzione; poi al terzo dì la presentò al Capitano di giustizia. Non ci pare qui il luogo opportuno di riportare per intero quella lunga difesa, nè tampoco di darla tradotta, nel nostro italiano; chè troppe cose sono in essa riassunte, le quali già furon dette e ripetute da noi in più luoghi; soltanto diremo come l'esordio toccasse alcune idee generalissime intorno alla genesi ed allo scopo della legge, nel quale intese a far campeggiare il concetto, che tutti debbono essere eguali in faccia ad essa; poi venne a parlare delle leggi statutarie, poi delle gride e ordinanze suggerite da casi speciali; poi si fermò all'ordinanza del ministro plenipotenziario governatore di Milano, conte Palavicino, relativa alle maschere-ritratti, lodandone assai l'opportunità e la saviezza.

Ma qui parlò dell'intento che aveva quell'ordinanza, la quale proibiva le maschere non per sè stesse, ma per i gravi e deplorabili danni che, adoperate da uomini iniqui, avevano prodotto; faceva allora acutamente intendere come la prava intenzione e il delitto consumato per mezzo di essa erano i soli elementi che costituivano il caso della penalità e della sua misura. E poi, piegando la parola al fatto speciale del Bruni, mostrava che non avendo egli avuto nessuna prava intenzione, anzi l'intenzione essendo stata lodevole come di chi protegge e difende chi sopporta ingiustamente una calunnia; e, per risultato, non esibendo la consumazione di nessun delitto, ma sibbene lo scoprimento di una verità che ridondava a vantaggio dell'innocente e a danno di chi veramente era in colpa; venivasi con ciò a costituire un caso specialissimo, pel quale quell'ordinanza doveva cessare dalla sua forza attiva, e, in ogni modo, doveva consigliar d'interpellare il voto dell'eccellentissimo governatore per una grazia straordinaria. Ai quali argomenti che mettevano in chiaro l'assenza d'ogni colpa per parte del Bruni, di cui tesse l'elogio riferendo le attestazioni della stessa Gaudenzi, della quale pure lodò la vita senza rimprovero, come portava la pubblica opinione; fece osservare che non sarebbe avvenuta nemmeno la materiale contravvenzione alla legge, se la magistratura non si fosse imposta un obbligo che veniva a ferire il diritto comune, l'obbligo cioè di considerare come intangibile dalla legge e persino dai sospetti la nobiltà di una persona, dalla quale precisamente si dovevano incominciare le indagini. E qui riferiamo un passo, che ci pare assai squisito: "Nè io credo nemmeno che potesse andar offeso il carattere della nobile contessa se fosse stata interpellata in giudizio; chè forse quelle voci vituperose che or circolano in pubblico contro di lei, sarebbero state trattenute da una parola detta in tempo al giudice; così invece, tanto più l'opinione si compiace a denudare e ad esagerare le colpe di una persona, quanto più s'accorge che la magistratura discende dal suo nobile seggio, al punto di tentar di scambiarle le carte in mano e d'ingannarla."

Questa difesa, quando fu letta, fece l'effetto che naturalmente doveva fare, quello cioè di tirar addosso al giovane Verri tutta l'iracondia della magistratura.

Quasi contemporaneamente a questo scritto, fu presentata al Capitano di giustizia la difesa di Benedetto Arese, una cosettina magra e che per se stessa non poteva certamente essere il tocca e sana per le disgrazie del cantante di camera di S. M. il re di Spagna. - Ma quanto lo scritto del giovane Verri aveva provocata la collera e lo spirito di contraddizione e negli attuari e negli assessori e nel vicario e nell'eccellentissimo capitano marchese Recalcati; e, allorchè fece il suo passaggio d'ufficio al Senato, anche in tutti i senatori e nel loro presidente; altrettanto trovò lode e fautori quella dell'Arese. - In simile maniera noi vediamo nelle accademie e letterarie e scientifiche e artistiche, le quali, per consueto, portano inalberato sul frontone il vessillo del Così faceva mio padre, accordarsi la medaglia d'onore a colui che nell'opera prodotta lusinga l'amor proprio de' giudici e sta ligio ai sistemi invalsi, e non avendo la forza di camminar colle proprie gambe, s'appoggia al braccio altrui.

Quella difesa dell'Arese fu dunque tale, che dispose gli animi a far maturare una sentenza d'assoluzione a favore del signor Amorevoli. Se non che un bel giorno fu presentato d'urgenza un libello dell'avvocato Carl'Antonio Agudio, patrocinatore del figliuolo della signora Celestina Baroggi, nel qual libello si esponeva il fatto del testamento olografo stato scritto dal marchese F... dietro dettatura del dottor Macchi notaio, a favore del figlio suddetto della Baroggi; riferiva che tra le carte del detto marchese non s'era più trovato il testamento in discorso; si conchiudeva, che essendo noto il trafugamento delle carte che stavano nello scrittoio di esso, l'avvocato patrocinatore e il reverendo proposto di S. Nazaro, tutore del figliuolo della Baroggi, facevano istanza perchè si rinnovassero le indagini più severe, allo scopo di rinvenire il trafugatore; e nel tempo istesso facevan rispettosamente intendere che, sebbene le presunzioni a danno del costituito signor Amorevoli paressero prive di fondamento, l'eccellentissimo capitano di giustizia, quando mai nell'alta sua saviezza credesse di mandarlo assolto, adoperasse tuttavia in modo che non potesse evadere dalle ulteriori possibili inquisizioni dell'autorità criminale.

Aveva in pubblico fatto gran senso che, in quel non breve tempo trascorso dalla cattura dell'Amorevoli, non si fosse proceduto con tutti i mezzi reclamati dall'importanza del caso, segnatamente per l'interesse del figlio della Baroggi, che dicevasi essere stato istituito erede universale dal marchese F...; e però il reverendo proposto di san Nazaro aveva ricorso all'avvocato Agudio, il quale godeva fama di gran legista, e quel che più importa, di gran galantuomo, e ciò che meglio preme ancora, di grande ostinato; e il solerte proposto avea fatto capo a lui come a quello che potea aver la forza di conservare nella sua dritta strada la trattazione d'un affare che per mille circostanze poteva essere deviato.

Tornando ora all'Amorevoli, s'egli non avea motivo di lodarsi troppo della fortuna, venne però chi dovea trarlo d'imbarazzo. Allorchè donna Paola Pietra ricevette l'ultima lettera dalla contessa Clelia, dove, colla raccomandazione del segreto, le era fatta la rivelazione intorno al lacchè Suardi; ella nella sua saviezza pensò che non era a tener conto nessuno di quella raccomandazione di segretezza; invece, senza por tempo in mezzo, fece una seconda visita al marchese Recalcati, al quale raccontò il fatto del Galantino, e della vita sfoggiata che colui conduceva a Venezia, e come eranvi tutte le ragionevoli presunzioni che il trafugatore fosse stato colui medesimo.

Quel nome del lacchè Galantino fu per il marchese Recalcati come uno di quei lampi, che, solcando di tratto il fitto bujo, lasciano vedere la posizione degli oggetti circostanti; tanto che uno che abbia smarrita la via, si raccapezza, ed esclama: Ora comprendo per qual parte si dee camminare. - Laonde non sono a dire le feste e le accoglienze ch'egli fece e i ringraziamenti che espresse a donna Paola per quella improvvisa e non aspettata rivelazione. - Lasciandolo ora nel pieno godimento di quella scoperta, saltiam via due giorni, che in faccia a cento anni sono un bicchier d'acqua in faccia al mare, e rechiamoci in casa Verri, in un giorno che l'illustrissimo signor conte Gabriele dava un pranzo quasi diplomatico.

La sfera dell'orologio percorreva l'arco di quella mezz'ora o di quel quarto d'ora che precede il momento solenne, in cui il cameriere in gran livrea diventa un personaggio importante, vogliamo dire, in cui grida dalla soglia: In tavola. In una sala d'aspetto, ferveva, o diremo meglio, languiva la conversazione tra molte persone divise in varj gruppi, ciascun de' quali constava di elementi tra loro affini. - Gravi personaggi di toga e di spada, conti e marchesi e cavalieri che non avevano altro peso da portare che il diploma d'accademico Trasformato, dame e matrone e giovani donne e spose - non una fanciulla. - Il conte Gabriele Verri stava parlando in un angolo della sala col marchese Beccaria, lo zio di Cesare.

- Vedo pur troppo, caro marchese, diceva il conte Gabriele, che questo mio figliuolo, pel quale non ho risparmiato nè cure nè dispendj, vorrà essere la mia croce.

- Ve l'ho detto più volte; bisognava lasciarlo a Roma maggior tempo, o a Parma; la sua vivacità fu sempre eccessiva e bisognava metter acqua e cenere sul fuoco. Vi sono certi temperamenti, che, a lasciarli svampare prima del tempo, diventan acidi come il vino mal turato.

- Ma... volevate che a ventidue anni lo tenessi ancora in collegio?...

- In collegio no... ma mettergli accanto un uomo di proposito, un sacerdote di vaglia...

- Se la mia severità non è valsa a nulla, che cosa volevate che facesse un prete?

- Voi vedrete quel che ne farò io di Cesarino, perchè bisogna che ne prenda io stesso la cura. Suo padre è troppo dolce. Se si vuole, il fanciullo è pieno d'ingegno, e in collegio lo chiamano il piccolo Newton; ma quanto è maggiore l'ingegno, tanto son maggiori i pericoli; ond'io veglierò... così avessi vegliato ne' giorni che da Parma venne a Milano questo carnevale; perchè si trovò spesse volte col vostro Pietro... il quale non so che malefizj abbia fatti a quel ragazzo, che mi venne fuori un giorno con certi propositi, i quali non mi piacquero niente affatto.

- Davvero?

- Per l'appunto.

- È dunque bisogno di qualche provvedimento serio a riguardo di mio figlio... Son dieci giorni che mi venne in mano quella difesa, e quando l'ebbi letta non ho più permesso ch'ei mi comparisse dinanzi. Ma quel che più mi fa dispiacere si è, che non manca d'ingegno... e quello scritto... mi dà a divedere che, se fosse meglio diretto, potrebbe...

- Ma dove è andato a pescare tutte quelle idee, diciamolo pure, rivoluzionarie contro i nobili e contro le autorità? Ma sapete che c'è voluto un bel coraggio?

- È questo appunto ciò che m'affligge, e tanto più che... son cose che si pena a dirle... ma pur troppo s'è fatto male a non far caso della contessa, in quel malaugurato processo... A mio dispetto devo dirlo, e Pietro non sbagliò nell'affermare che, conosciuta in tempo la verità, si poteva sopir tutto senza che ne trapelasse nulla al di fuori. E così... un dì un fatto, un dì un altro... ci ridurremo alla fine... ve lo dico con crepacuore, a perdere la fiducia del popolo, e allora...

E qui si fermò come colpito da una dolorosissima idea, indi soggiunse dopo alcuni momenti:

- E adesso c'è quest'affare del testamento del marchese F... e del lacchè..., che è una spina acuta e pericolosa, la quale può aprir piaghe profonde, e trarsi dietro cento malanni. Ah, marchese, qui sotto c'è qualcosa di seriissimo, e guai se... Il marchese Recalcati me ne fece or ora un motto... che tosto gli ho troncato in bocca... perchè se una parola è pronunciata fuor di tempo e a sproposito... ne scaturisce un'iliade di sciagure...

Il marchese Beccaria guardava fisso il conte come a sorprendergli nell'occhio il segreto del pensiero; poi soggiunse:

- Se un sospetto lo fa uno, lo può fare un altro, e lo ponno fare cento; e tanto più quelli che patrocinano il figliuolo della Baroggi... poichè, a dir la verità, questo contrattempo del lacchè... qualcuno già deve averlo pagato il lacchè a fare il colpo... e chi mai poteva avere interesse a ciò, se non...

- Zitto... la marchesa D*... è là, e ha intenzione di dar la figliuola al figlio del conte e ci potrebbe sentire...

- Ma in conclusione, che si pensa di fare?

- Non ci possono essere due partiti in affare di tanta delicatezza... La giustizia dee fare il suo debito senza essere impacciata da nessun riguardo. Anzi si è già scritto al Senato della serenissima Repubblica di Venezia perchè, se siamo in tempo, passi tosto alla cattura del lacchè; soltanto è mestieri che di tal fatto si mantenga un segreto profondissimo, e non si facciano scandali; perchè guai se il popolo s'accorge che il contagio viene da quel ceto a cui la provvidenza ha ordinato di essere d'esempio e di edificazione a tutti gli altri. - Ma c'è un'altra cosa, marchese caro, che mi ha passato l'anima, ed è che, ieri l'altro, Pietro, mentre stava supplicando sua madre a farsi mediatrice di pace tra lui e me... d'uno in altro discorso vennero a toccare, non so come, un tal tasto; e a Pietro scappò detta... questa frase ribalda: - Se il conte F... fosse un sensale di piazza, a quest'ora il capitano di giustizia gli avrebbe già fatto mettere le manette. Convien dunque che oggi teniamo con lui un discorso serio e dolce nel tempo stesso. Oggi ho dato, posso dire, questo pranzo d'invito per lui, perchè, necessariamente, non ne potendo venir escluso per decoro, io avrò l'occasione di volgermi a lui senza cedere; ed egli d'accorgersi che io non sono poi un uomo inesorabile. Così dopo il pranzo, noi lo faremo chiamare in un'altra camera, e gli terremo un discorso che valga ad insegnargli la prudenza, ed a provargli che è sempre in via di bene tutto quello che noi facciamo; e che finchè uno è giovane, l'esperienza la deve apprendere dai vecchi. Ah pur troppo, caro marchese, la gioventù ha preso aria in questi tempi, e bisogna ricorrere all'astuzia perchè non sian crollate le basi di una salda autorità paterna.

Ed or lasciando che questi rigidi vecchi se la intendano col giovinetto Pietro, ritorneremo a Venezia, e volgeremo i passi verso il calle del Ridotto.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License