Scena
sesta
Nicoletta
(in domino e maschera in mano), e detti.
NICOLETTA (entrando) Buona sera a questi
signori; (a Goldoni) buona sera, caro marito.
GOLDONI Buona sera Nicoletta!
PLACIDA (con molta cortesia) Oh! Madama
Goldoni!
NORINA (come sopra) Oh! Madama Goldoni!
ROSINA (come sopra) Oh! Madama Goldoni!
PLACIDA (avvicinandosi e prendendole la mano
con molta cordialità) Ben trovata; come sta? E come sta il signor don
Pedro?
NORINA (come sopra) E il signor don
Fulgenzio?
ROSINA (come sopra) Stanno bene tutti e
due? Padre e figlio?
GOLDONI (fra sé) Anche contro la mia povera
moglie!
NICOLETTA Che significa ciò! In mezzo a questa
cordialità mi si fa certe dimande, e con certo tono.... Carlo sapete cosa
vogliano dire queste signore?
GOLDONI (fra sé) Ah! risparmiamole questa
amarezza. (Forte e dissimulando) È uno scherzo, vogliono scherzare...
nulla piú che scherzare. Conoscono in parte l'aneddoto delle due copie del
romanzo Pamela, e scherzano su questi tuoi due sciocchi adoratori. (Alle
attrici dissimulando) Vi racconterò poi per disteso questa storiella, e
vedrete se non è vero, come vi dicevo, che è una storia ridicolissima, e che
solo la piú maligna e stizzosa cattiveria potrebbe trarne soggetto di
maldicenza.
NICOLETTA Ma come? qualcuno forse avrebbe sparlato
di me?
GOLDONI Oh! non ti dare pensiero: qualche pessima
lingua, qualche invidioso della tua riputazione illibata... gente che non
merita d'essere curata. (Alle attrici) Non è vero, signore mie? (A
Nicoletta) Ma non temere; anche sopra costoro posso fare le tue vendette; (scherzando
apparentemente ma con una tinta di sentimento) perché è vero ch'io non ho
le carceri, né i piombi, né i pozzi del Palazzo del Doge, ma ho a mia
disposizione il palco scenico, questo bel tavolato, che val bene la gogna e la
berlina della Repubblica, quando io lo voglia. - Ma tu sei venuta a prendermi
per andare al San Samuele a sentire la satira di Zigo?...
NICOLETTA Sí, ho preso il domino anche per
voi: è in gondola.
GOLDONI Va bene. - Signori, vado a sentirmi
fischiare al San Samuele: vi prego stasera a far sí che mi fischino anche al
Sant'Angelo! - (A Medebac conducendolo un po' avanti) Senza piú
inquietarmi, senza piú strepitare, ma con tutta la calma e la tranquillità, vi
avverto, caro Medebac, che al finire di quest'anno non sarò piú il vostro
poeta. (Parte con sua moglie).
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