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Ludovico Ariosto La lena IntraText CT - Lettura del testo |
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SCENA PRIMA
Chi non si leva per tempo, e non opera la matina le cose che gl'importano, perde il giorno, e i suoi fatti non succedono poi troppo ben. Menghin, vo' ch'a Dugentola tu vada, e che al castaldo facci intendere che questa sera le carra si carchino, e che doman le legna si conduchino; e non sia fallo, ch'io non ho piú ch'ardere. Né ti partir, che vi vegghi buon ordine; e dir mi sappi come stan le pecore, e quanti agnelli maschi e quante femine son nate; e fa' che li fossi ti mostrino c'hanno cavati, e che conto ti rendano de' legni verdi c'hanno messo in opera; e quel che sopravanza, fa' che annoveri. Or va', non perder tempo. Odi: se avessino un agnel buono... Eh no, fia meglio venderlo. che diventato voi foste sí prodigo! Ti levi sí per tempo? Che disordine è questo tuo? Saria ben convenevole che, poi che voi mi vestite sí nobile- mente, e da voi le spese ho sí magnifiche, che fino a nona io dormissi a mio commodo, e 'l dí senza far nulla io stessi in ozio. Fo quel ch'io posso, Lena: maggior rendite de le mie a farti cotesto sarebbono bisogna; pur, secondo che si stendono le mie forze, mi studio di farti utile. Questo è il tuo solito, di sempremai scordarti i benefizii. Sol mentre ch'io ti do, me ne ringrazii; tosto c'ho dato, il contrario fai subito. Che mi deste voi mai? Forse repetere volete ch'io sto qui senza pagarvene lire ogni anno coteste, senza il commodo c'hai d'essermi vicina; ma tacermelo voglio, per non parer di rinfacciartelo. Che rinfacciar? Che se talor v'avanzano minestre o broda, solete mandarmene? Anch'altro, Lena. Forse una o due coppie di pane il mese, o un poco di vin putrido? O di lassarmi torre un legno picciolo, quando costí le carra se ne scarcano? Hai ben anch'altro. Ch'altro ho io? deh, ditelo: non saria a te portarle, né possibile a me di darle. Una saia mostratemi, che voi mi deste mai. Non vo' risponderti. Qualche par di scarpaccie o di pantofole, poi che l'avete ben pelate e logore, Mi donate alcuna volta per Pacifico. E nuove ancor per te. Non credo siano in quattro anni tre paia. Or nulla vagliono le virtuti ch'io insegno, e che continuamente assai, nol voglio negar. Ch'a principio ch'io venni a abitar qui, non sapea leggere ne la tavola il pater pure a compito, È vero. Né pur volgere un fuso: et or sí ben dice l'offizio, sí ben cuce e riccama, quanto giovane che sia in Ferrara: non è sí difficile punto, ch'ella nol tolga da l'esempio. Ti confesso ch'è il vero: non voglio essere simile a te, ch'io neghi d'averti obligo dov'io l'ho; pur non starò di risponderti, se tu insegnato non le avessi, avrebbele alcun'altra insegnato, contentandosi di dieci giulii l'anno: differenzia mi par pur grande da tre lire a dodici! Non ho mai fatto altro per voi, ch'io meriti nove lire di piú? In nome del diavolo, che se dodici volte l'anno dodici voi me ne dessi, non sarebbe premio sufficïente a compensar la infamia che voi mi date; che i vicini dicono publicamente ch'io son vostra femina. Che venir possa il morbo a mastro Lazaro, che mi arrecò alle man questa casipula! Ma non ci voglio piú star dentro: datela ad altri. Non vo' che sempre mai mi si rimproveri ch'io non vi paghi la pigione, et abiti in casa vostra: s'io dovessi tormene di dietro al Paradiso una, o nel Gambaro, non vo' star qui. Io ci ho pensato quel ch'io voglio: datela a chi vi pare. e venderolla. Quel che vi par fatene: vendetela, donatela, et ardetela, anch'io procacciarò trovar recapito. (Quanto piú fo carezze, e piú mi umilio a costei, tanto piú superba e rigida mi si fa; e posso dir di tutto perdere ciò ch'io le dono; cosí poca grazia me n'ha: vorria potermi succhiar l'anima.) (Quasi che senza lui non potrò vivere!) (E veramente, oltreché non mi pagano la pigion de la casa, piú di dodici altre lire ella e 'l marito mi costano l'anno.) (Dio grazia, io son anco sí giovane, ch'io mi posso aiutar). tanta superbia: io non voglio già vendere la casa, ma sí ben farglielo credere.) (Non son né guercia, né sciancata.) condurre o Biagiolo o quel da l'Abbaco a misurarla, e terrò in sua presenzia parlamento del prezzo, e saprò fingere un comprator. Non han danar, né credito per trovarne alcun'altra: si morrebbono di fame altrove. Vo' con tanti stimoli da tanti canti punger questa bestia, che porle il freno e 'l basto mi delibero.)
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