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Ludovico Ariosto
La lena

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  • ATTO QUINTO
    • SCENA SECONDA
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SCENA SECONDA

 

Ilario solo.

 

ILARIO

Oh come netta me la facea nascere

quel ladroncel, se non m'avesse Domenedio

cosí a tempo mandato quel giovene,

il quale a caso, non già volontaria-

mente, m'ha fatto por gli occhi alla trappola

ne la qual per cader ero prossimo.

Volea, credo, egli Flavio indurre a vendere

le robe di nascosto, et in lascivie

fargli il prezzo malmettere, e sottrargliene

per sé la maggior parte; et io, credendogli,

avea di fare un'altra veste in animo,

et un'altra berretta, per rivolgergli

l'affanno in gaudio, ch'io credea che mettersi

dovesse pur, come di vera perdita.

Ma non mi so pensar perché tai termini

usi meco il mio Flavio, che 'l piú facile

padre gli sono, e quel che piú mi studio

di compiacere in ogni desiderio

onesto, ch'altri che sia al mondo. Voglione

solo incolpar questo giotton di Corbolo

ch'io non intendo che mi stia piú un atimo

in casa. Io vo' cacciarlo, come merita.

 

 

 




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