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Ludovico Ariosto La lena IntraText CT - Lettura del testo |
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PROLOGO
Ecco La Lena, che vuol far spettacolo un'altra volta di sé, né considera che se l'altr'anno piacque, contentarsene dovrebbe, né si por ora a pericolo di non piacervi: che 'l parer de gli uomini molte volte si muta, et il medesimo che la matina fu, non è da vespero. E s'anco ella non piacque, che piú giovane era alora e piú fresca, men dovrebbevi ora piacer. Ma la sciocca s'imagina d'esser piú bella, or che s'ha fatto mettere la coda dietro; e parle che, venendovi con quella inanzi, abbi d'aver piú grazia che non ebbe l'altr'anno, che lasciòvisi veder senz'essa, in veste tonda e in abito da questo, ch'oggi s'usa, assai dissimile. E che volete voi? La Lena è simile all'altre donne, che tutte vorrebbono sentirsi dietro la coda, e disprezzano (come sien terrazzane, vili e ignobili) quelle ch'averla di rietro non vogliono, o per dir meglio, ch'aver non la possono: perché nessuna, o sia ricca o sia povera, che se la possa por, niega di porsela. La Lena, in somma, ha la coda, e per farvila veder, un'altra volta uscirà in publico; di voi, donne, sicura, che laudarglila debbiate; et è sicura anco de i giovani, ai quali sa che le code non spiaceno, anzi lor aggradiscono, e le accettano per foggia buona e da persone nobili. Ma d'alcuni severi et increscevoli vecchi si teme, che sempre disprezzano tutte le fogge moderne, e sol laudano quelle ch'al tempo antico si facevano. Ben sono ancora de i vecchi piacevoli, li quai non hanno le code a fastidio et han piacer de le cose che s'usano. Per piacer, dunque, a questi e a gli altri che amano le foggie nuove, vien La Lena a farvisi veder con la sua coda. Quelli rigidi del tempo antico faran ben, levandosi, dar luogo a questi, che la festa vogliono.
Prologo primo de La Lena inanzi che fusse ampliata di due scene
Dianzi ch'io viddi questi gentilomini qui ragunarsi, e tante belle gioveni, io mi credea per certo che volessino ballar, che 'l tempo me lo par richiedere; e per questo mi son vestito in maschera. Ma poi ch'io sono entrato in una camera di queste, e ho veduto circa a sedici persone travestite in diversi abiti, e che si dicon l'un l'altro, e rispondono certi versi, m'avveggio che far vogliono una de le sciocchezze che son soliti, ch'essi comedie chiamano e si credono di farle bene. Io che so quel che detto mi ha il mio maestro, che fra le poetiche invenzïon non è la piú difficile, e che i poeti antiqui ne facevano poche di nuove, ma le traducevano dai Greci, e non ne fe' alcuna Terenzio che trovasse egli; e nessuna o pochissime Plauto, di queste ch'oggidí si leggono; non posso non maravigliarmi e ridere di questi nostri, che quel che non fecero gli antiqui loro, che molto piú seppono di noi in questa e in ogni altra scïenzia, essi ardiscan di far. Tuttavia, essendoci già ragunati qui, stiamo un po' taciti a riguardarli. Non ci può materia, ogni modo, mancar oggi da ridere, che, se non rideremo de l'arguzia de la comedia, almen de l'arroganzia del suo compositor potremo ridere.
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